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Autore: Pandora_2_Vertigo    29/12/2015    1 recensioni
Kristina sbarca a Denver per abbandonare una vita monotona e triste, svuotata dalla perdita del padre, un anno prima per un incidente stradale.
A Denver troverà un nuovo quartiere, nuove conoscenze, ma anche nuove ombre a cui prestare attenzione.
- Si può sapere dove cavolo eri finita? – Fred mi accoglie in casa.
- All’ospedale avevano bisogno di qualcuno che facesse un doppio turno… - non gli dico nulla di quello che mi è successo. Anche perchè dire ad un cacciatore che un vampiro mi ha sedotta, portata nel suo rifugio, ha bevuto del mio sangue e infine mi ha baciata, non mi sembra questa grande idea. Che avrebbe pensato di me?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kristina'
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16.

Non può sparire così tutte le volte.
Lascio un biglietto a mio fratello, dicendogli che Julian ha eliminato Helena, la sosia di Erika, e che mi sto recando da lui (scrivo anche l’indirizzo).
Arrivo all’appartamento con un taxi.
Slago le scale ed entro senza bussare, so di trovare aperto.
Nessuno, vuoto. Strano.
Mi siedo su divano di pelle, decisa ad aspettarlo.
Poco dopo la porta si apre.
- Che ci fai qui? –mi chiede mentre si toglie il cappotto nero e lo lancia sul divano affianco a me.
Non è molto contento di vedermi.
- Non te ne puoi andare così ogni volta – esordisco – e poi… volevo ringraziarti. È bellissima.
- Bene, l’hai fatto, ora sloggia. – mi dice senza nemmeno guardarmi in faccia.
Si reca all’immensa vetrata e guarda fuori.
- Ma si può sapere perchè ti comporti sempre male con me? Che ti ho fatto? – gli urlo dietro.
- Te ne devi andare, qui non sei al sicuro. Io sono un pericolo per te.
- Sempre con questa storia. – sbuffo.
Mi alzo e mi avvicino a lui.
- Ma non capisci? Presto Samuel verrà a cercarmi, ho eliminato la sua amichetta. Già non gli stavo moto simpatico…
Finalmente si gira. Gli sono dietro e subito gli circondo i fianchi con le mie braccia, appoggiandogli la testa sul petto.
- Sei tu che non capisci, non capisci niente. Sei un testone – sussurro.
Alza un braccio e me lo posa sulla testa, accarezzandomi i capelli. Scende fino al collo e con due dita mi solleva il volto, per posare le labbra sulle mie, dischiuse. Pronte ad accoglierlo. Un bacio dolce.
- Ma che bei piccioncini!
Ci stacchiammo sorpresi. Samuel seduto sul divano ci fissa con un sorriso ironico. Julian mi si para davanti, per proteggermi.
Samuel si avvicina tranquillo, ma con un pugno lesto lo colpisce e lo scaraventa contro la vetrata, che si frantuma. Mi scanso appena in tempo. Vedo il suo corpo precipitare di sotto, mentre l’ombra del vampiro malvagio lo segue all’esterno.
Urlo il suo nome invano, poi corro lungo le scale e arrivo di sotto rumorosamente.
Sono uno di fronte all’altro, in mezzo alla strada, pronti ad affrontarsi. Samuel si voltò verso di me. - Non ci provare – ringhia Julian.
Riporta la sua attenzione al suo avversario. Scattano insieme, fulminei. Uno verso l’altro. Si scontrarono a metà della loro distanza, liberando un rombo fortissimo. Grazie al mio allenamento posso seguire, almeno in parte, il loro scontro. Julian è nuovamente in difficoltà, inferiore anche se non di molto.
Nonostante questo combatte fiero come un leone, colpisce, affonda con gli artigli, accusa i colpi e reagisce, sempre, ogni volta più forte, caparbio. L’altro lo sovrasta in rapidità, in scaltrezza.
Continuo a seguirli per quel che riesco fino a che non me li ritrovo proprio davanti. Julian a terra e Samuel sopra di lui, con un ghigno maligno sul volto.
Lo graffia sul petto. Vedo lembi di stoffa volare in aria, il petto bianco squarciarsi sotto il mio sguardo, vedo comparire ferite rosse, da cui non usce una goccia di sangue.
Frugo nella borsa alla ricerca del pugnale e una volta trovato, più rapida che posso attacco Samuel. Lui si accorse dei miei movimenti, spostandosi, così riusco solo a ferirlo lievemente al volto. Ora una linea rossastra ora gli corre lungo tutta la guancia sinistra.
Ringhia cupo, cercando di ferirmi coi suoi artigli. Faccio un balzo indietro per evitarlo. Lancio uno sguardo a Julian. E’ ferito ma non grave, si riprenderà presto, devo solo concedergli ancora qualche istante.
Un dolore lancinante mi colpisce alla pancia. Mi sono distratta; quel maledetto ne ha approfittato subito, artigliandomi e lacerandomi la pelle. Mi porto la mano libera alle ferite.
Osservandolo, lo vedo infuriato. Ormai ha perso ogni controllo. Con un pugno al volto mi scaraventa a terra. Mi assesta poi un calcio allo stomaco, aprendo maggiormente le ferite che mi ha inflitto poco prima. Il braccio che ho usato per proteggermi la pancia non è servito a molto e ora è dolorante anch’esso.
Samuel ruggisce nell’aria fredda della città. Non brama più il mio sangue, vuole distruggermi. Provo a rialzarmi, ma non riesco a muovermi, il dolore si sta diffondendo lungo tutto il corpo e nonostante le mie capacità di guarire rapidamente, le ferite non sono poi così leggere.
Mentre respiro affannata, mi sovrasta pronto a finirmi, immagino. Lo guardo fiera. Non lo pregherò di risparmiarmi.
Sento un tonfo. Vedo Samuel inarcarsi e urlare, per poi accasciarsi lievemente in avanti. Alle sue spalle Julian. Lo ha colpito alla schiena.
Lo colpisce nuovamente, sempre alla schiena, sempre nello stesso punto e poi un colpo al volto e un calcio alle ginocchia per fargli perdere l’equilibrio.
Si accascia.
Julian respira velocemente, in affanno. Lo solleva di peso e lo lancia dall’altra parte della strada. Incassato il colpo, Samuel si rialza lentamente. Riprendono a lottare rapidi e fulminei. Io indebolita non riesco a seguirli bene.
Sento meno dolore, così provo ad alzarmi, ma una fitta mi colpisce alla pancia. È troppo presto. Provo a strisciare verso il bordo della strada, per appoggiarmi ad un muro. Sento un ruggito, poi un tonfo e vedo un corpo all’altro lato della strada accasciarsi lungo il muro.
Simultaneamente un ombra mi copre la visuale. Alzo lo sguardo per trovare Samuel che mi fissa. Julian non ce l’ha fatta. È lui quello steso a terra.
In quel momento capisco la reale potenza del mostro che mi sta davanti. Io non potrei mai nulla contro di lui.
Mi solleva in aria prendendomi per un braccio.
Urlo per il dolore. Mi lancia a terra poco distante, ruggendo come un animale feroce.
Cado di schiena, facendomi spalancare gli occhi e la bocca, ma da quest’ultima non riusce ad uscire alcun suono.
Passi. Si avvicina di nuovo mi risolleva, sempre allo stesso modo.
Capisco che continuerà così fino ad uccidermi, molto lentamente. Vuole farmi soffrire.
Questa volta atterro sul braccio dolorante. Per la terza volta mi solleva. Ci fissiamo negli occhi. Rossi, assassini, bramosi.
Uno sparo. Cado a terra nello stesso punto in cui mi ha raccolta. Della polvere si posa sui miei capelli.
- Kris!
Sento urlare il mio nome. Vengo sollevata, dolcemente questa volta.
Riconosco il profumo. Mio fratello mi stringe a se.
- Kris, come ti senti? Rispondimi!
- S-samuel?
- Tranquilla, non è più un problema.
Mi accorgo che sta camminando, mi sta portando via.
- Julian?
- Cosa?
- Come sta Julian? – sospiro.
- Qui non c’è nessuno Kris.
Non può essere.
L’ho visto a terra. Ferito contro il muro. Non può essere stato eliminato.
- No - riesco ad urlare.
Provo a muovermi, a liberarmi dalla presa ferrea di Fred.
- Stai calma, dove vuoi andare? Ti ho detto che non c’è nessuno!
- J-julian – urlo.
Fred si ferma, ma mi tiene vicino a se. Si volta verso l’altro capo della strada per mostrarmi la scena.
Rimane solo un mucchietto di polvere dove poco prima giacevo a terra. Nient’altro. Una folata di vento gelido la trascina via con se. Rabbrividisco.
- Sù, ti porto in ospedale.


- Sei pronta a tornare a casa?
- Certo fratellone! – rispondo allegra.
Comincio a non sopportare più l’odore di medicinale e le pareti bianche dell’ospedale. Una cosa è lavorarci, un’altra è stare immobile in un letto ad aspettare, aspettare, aspettare.
Finalmente mi hanno permesso di togliermi il camice da degente e rimettermi i miei vestiti. Fred me ne ha portati di nuovi e cestinato quelli con cui mi aveva trovato.
- Ancora non mi hai detto da dove arriva quella croce.
Mi guardo il polso. Avevo rimesso il monile regalatomi da Julian al suo posto appena mi era stato possibile.
- E’ un regalo. – lo liquido svelta.
- È suo?
- Ha importanza? – dico dura.
Si che ha importanza, rispondo dentro di me. Cancello subito quel pensiero e tutti i ricordi ad esso connessi. Ripensare a lui provocava solo dolore.
Non è tornato e non tornerà mai, mi auto convinco. Respiro profondamente, rimandando indietro le lacrime. Niente lascia pensare che si sia salvato dallo scontro. È sparito, non ha lasciato alcuna traccia. Non è tornato nel suo appartamento, non si è fatto sentire. Non è rimasto nulla di lui nemmeno in strada. In fondo, dentro di me, non avrei mai accettato l’idea di una sua “morte”.
Prima o poi sarebbe tornato. Ne sono convinta.
- Andiamo dai, Erika e Will ci aspettano da basso. – mi incalza dolcemente.
- Certo.


Le ferite riportate erano gravi, ma guarirono rapidamente.
L’aveva vista che respirava ancora tra le braccia del fratello, sarebbe stata al sicuro dopo quella notte. Samuel non c’era più.
Era in gamba, se la sarebbe cavata.
Ora aveva bisogno di sangue al più presto per rimettersi in forza, per andarsene.
Vede un vagabondo in un vicolo. Ubriaco, addossato ad un muro, sembra dormire.
Arriva silenzioso e rapido. Lo afferra e gli morde il collo, succhiando più che può, senza perdere una goccia di sangue, fino a saziarsi.
Quando non sente più il battito del cuore del clochard lo lascia a terra, senza vita.
Si passa la lingua sulle labbra scarlatte di sangue.


La fine di questa storia è giunta. Spero sia piaciuta. Il seguito di questa storia è "Chiaro di Luna" che trovate nel mio profilo. Buone vacanze, Pandora.
  
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