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Autore: xadhoom    29/12/2015    0 recensioni
Udite, madame e messeri, le peripezie della famiglia CP9, guidate da un capofamiglia di professione assassino, una consorte avvenente quanto isterica e una prole...che potremmo definire alquanto particolare
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Cipher Pool 9
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“La mia tuta! Non trovo più la mia tuta!”
“Prova a utilizzare il tuo naso: considerando quanto puzza, dovresti trovare il tuo capo in un baleno!”
“Ohi! Ohi! Fratellone! Questo tuo commento è veramente indelicato!”
“Jabura, il tuo malumore persiste da quando sei tornato dall'asilo e sinceramente comincio a non poterne più...”
“Questo perché la maestra Corinna ha nuovamente respinto le sue avances! Chapapa!”
“Fukuro! Dannato bastardo, come osi?!”
“Jabura! Non utilizzare un simile linguaggio davanti ai tuoi fratelli! Capito, razza di cerebroleso?! E tu, Lucci? Non gli dici nulla?!”
“Vorrei dirgli che se possiede un linguaggio così colorito bisogna sicuramente ringraziare sua madre...ma immagino che quest'ultima mi ucciderebbe se mi azzardassi ad affermare questo tanto...” sospirò Lucci, girando al contempo stesso una pagina del suo giornale, che stava inutilmente cercando di leggere.
Inutilmente, in quanto dal momento in cui la sua “allegra” famigliola era rincasata il capofamiglia si era visto privato della pace che fino a quel momento albergava in casa...
“Ora vedete di starvene buoni e tranquilli, piccoli mostri! La mamma necessita di almeno tre ore di tranquillità per il suo trattamento di bellezza. Lucci, occupati dei bambini. Non permettere loro per nessuna ragione di venirmi a disturbare in bagno, intesi?!”
Se il primo pensiero del moro fu quello di pregare che la sua consorte affogasse nella vasca da bagno, stava a significare che il suo matrimonio aveva raggiunto proprio il fondo. L'uomo era talmente perso nel vortice di depressione che lo aveva avvolto che non fece in tempo a scansare le due furie che gli saltarono addosso
Tentando di reprimere i suoi istinti omicidi, l'adulto abbassò lo sguardo in direzione delle piccole pesti sedute sul suo petto, una delle quali aveva cominciato a saltare insistentemente sopra al genitore
“Papà bastardo! Voglio il gelato! Il gelato!”
“Bel modo di apostrofare la persona dalla quale si pretende qualcosa, moccioso...”
“Io non sono un moccioso, pezzo d'idiota! Ho già dieci anni! Sei mio padre (per qualche assurdo motivo!), dovresti ricordarlo!”
“Come potrei dimenticarlo?” ringhiò l'interpellato, afferrando per il colletto i due “pesi” “giusto dieci anni fa è cominciata la mia fase di invecchiamento precoce!”
E dopo aver scaraventato con noncuranza i suoi “pargoli” lontano dalla sua persona, il moro si diresse verso il frigorifero, nel tentativo di affogare nell'alcool il nervosismo che ormai si era impossessato della sua persona.
Mentre le labbra erano attaccate al bicchiere, i suoi occhi vagarono sui vari soggetti presenti nella sala...
Lo spettacolo che gli si esibiva davanti, non era certo dei migliori:
il più corpulento e silenzioso dei suoi figli era ancora intento a divorare patatine, completamente spaparanzato sul divano. Lucci mentalmente si chiese, e soprattutto lo fecero le sue tasche, come fosse possibile che un bambino di soli sette anni potesse ingurgitare un simile quantitativo di cibo al giorno;
davanti alla televisione stava incollato il più strambo membro della sua prole, il quale seguitava a commentare ininterrottamente ogni immagine che si presentava davanti ai suoi occhi;
infine il maggiore, quello dotato del vocabolario maggiormente colorito della famiglia, era ancora intento ad azzuffarsi sul pavimento con il fratello dai lunghi capelli viola. Ormai l'uomo aveva perso ogni speranza di poter insegnare al primogenito i principi di buona educazione, come ormai si era rassegnato a vedere l'altro figlio adornato da una assurda chioma. Per quante volte avesse tentato di tagliare quegli indomiti capelli, questi erano immediatamente ricresciuti nel giro di due giorni.
Un sospiro sfuggì alle labbra del moro, il corpo mollemente adagiato su una sedia.
Un rumore di vetri in frantumi improvvisamente si propagò per la stanza, ma lui non vi fece caso.
Preferì, invece, chiudere gli occhi, nel vano tentativo si estraniarsi dalla orrida realtà che lo circondava, senonché...
“Dada!”
Una lieve pressione sui suoi pantaloni destò il moro dai suoi pensieri. Ma contrariamente ad ogni previsione, l'espressione stizzita sul suo viso si tramutò in un tenue sorriso quando i suoi occhi incontrarono un paio di pozze color nocciola che lo osservavano dal basso.
“Kaku...” mormorò dolcemente, facendo vagare lo sguardo sul componente più giovane della sua scombinata famiglia.
Nel sentirsi chiamare, il sorriso del bimbo si allargò, mettendo in maggior evidenza gli unici due dentini presenti nella sua bocca. Seppure l'elemento che catturava maggiormente l'attenzione nella sua figura era rappresentato da un lungo e dritto naso.
Lucci si era spesso chiesto da chi avesse mai ereditato Kaku quella particolar protuberanza, visto e considerato che nessun componente della famiglia del padre né della madre lo aveva.
E seppure avesse represso la subitanea collera che era seguita al commento di qualcuno, in merito al possibile contributo di una persona esterna alla famiglia al concepimento del pargolo, il moro aveva sempre mostrato di apprezzare quella particolarità fisica del figlio. Come tutta la sua persona, del resto...
Lieto di aver in quel momento destato l'attenzione del padre, il bambino alzò le sue sottili e corte braccia in direzione del genitore, il quale si lasciò sfuggire un mormorio divertito di fronte a quell'azione
“Vuoi venire in braccio a papà?” sussurrò, sollevando al contempo quell'esile corpicino per poggiarlo sulle proprie ginocchia
Non appena il biondo si ritrovò fra le braccia del genitore, conficcò il capo sotto il mento del padre, lanciando mormori di piacere mentre strofinava il viso contro l'ampio petto che gli si trovava di fronte.
Le labbra del moro si distesero in un'espressione intenerita, mentre una mano andava ad accarezzare quella piccola testolina bionda e l'altra avvolgeva maggiormente stretto la figura a sé.
“Dada...” gioì il bimbo nell'attimo in cui due labbra si posarono sul suo capo, per poi passare sulla guancia sinistra ed infine sul naso, al quale il padre diede anche un leggero morso, scatenando l'ilarità del bambino.
Due minuscole manine si insediarono in una folta capigliatura nera, passandovi lentamente le mani e compiendo moti circolari sulla sua cute.
Lucci si rilassò completamente sotto la somministrazione di quelle carezze, ormai incapace di stupirsi della delicatezza di cui erano capaci le mani di un bimbo di un solo anno e mezzo, tanto vi aveva fatto l'abitudine.
Due pozze nere si posarono nuovamente sulla figura appoggiata alla sua persona “Sai sempre quando il tuo papà è depresso, vero?”
Il moro si distese più comodamente sulla poltrona, avvolgendo completamente il corpo del figlio con le proprie braccia “Ah, Kaku, tu sei la mia sola ragione d'esistere in questa famiglia...se in tal modo si possa definire tale quest'aggregazione di esseri indefiniti...”
Un tonfo assordante, seguito da urla, pianti e un ringhioso “Lucci! Che accidenti sta accadendo in sala?! Possibile che non possa godermi qualche ora di meritato riposo?!” interruppe il breve periodo di pace.
Le labbra del capofamiglia si lasciarono sfuggire un lieve lamento.
Mentre si alzava, il moro si riprometteva di controllare quella sera stessa su internet se in qualche isola dei mari del sud vi fosse qualche offerta di lavoro in qualità di assassino...


Continua....
  
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