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Autore: Undead    30/12/2015    5 recensioni
Questa storia fa parte della serie "La storia di Alex".
Alex si appresta ad andare a letto ma la sua mente inizia a lavorare e le voci che si diramano lo allontanano dal sonno e lo portano in una catena di pensieri negativi
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La storia di Alex'
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Pensieri, pensieri e pensieri… nient'altro che pensieri. La mente si apre ed inizia a viaggiare, ha il via libera non c’è nessuno, solo lei ed io.
Adesso si sente autorizzata ad esplodere a far emergere tutte le curiosità, i dubbi, le sensazioni e le paure che durante il giorno sono celate.

Ci sono delle notti nelle quali il flusso è incontrollabile, tutte le cose negative che sono rimaste inascoltate vogliono farsi sentire rendendo impossibile qualsiasi tentativo di lasciarle fuori, di ignorarle ancora.
Sono quelle notti dove l’immaginazione non basta, la realtà è troppo forte e quella voce ti tiene inchiodato a terra non lasciandoti volare nel mondo dei sogni ma nemmeno lasciandoti cadere in quello degli incubi.
Che poi non so quanta differenza ci possa essere tra un incubo e i pensieri che mi stanno affollando la testa.
Sono sorti così all'improvviso, durante un “viaggio”… Bum la voce è arrivata debole, quasi ignorabile, piano piano però si è fatta sempre più forte, più insistente, è diventata quasi assordante, così ho lasciato che invadesse i miei pensieri e da un momento all'altro la speranza di addormentarmi è svanita.

Queste notti arrivano ogni tanto, diciamo che ci sono abituato ma di solito non sono d’accordo con la voce, ci penso su e mi dico che sono cavolate, le scaccio via e finisce lì… oggi però sono completamente d’accordo con lei, mi ha solo ribadito un concetto che spesso si presenta durante il giorno, lasciato ovviamente da parte perché tanto non è importante come sto e come mi sento, l’importante è sembrare forte, felice e fingere che tutto vada bene perché agli altri non interessa nulla di quello che succede realmente.
Le persone quando chiedono come stai, nella maggior parte dei casi, lo fa perché è educazione e la risposta è sempre: “bene grazie tu?” nel 99% dei casi è una bugia.
Solo che non si dice la verità perché probabilmente chi lo ha chiesto non la vuole, non ha nessuna intenzione di chiedere: “cos’è successo?”, “perché stai male?” e soprattutto non gli interessa assolutamente il motivo e si romperà le palle ad ascoltare le tue lamentele, insomma, d’altronde anche tu faresti lo stesso.
Certo ci sono anche le persone a cui interessa veramente, ma come esserne certi? Come sapere che in quel momento non abbiano problemi più gravi del nostro? Perché poi qualsiasi problema che ci riguarda personalmente è più importante di quello degli altri no? Forse no, per come la vedo io i miei problemi non sono assolutamente più importanti di quelli degli altri, non ho la presunzione che a qualcuno interessino i miei problemi.
Mi arrangio, li cerco di risolvere da solo oppure imparo a conviverci.
Poi arrivano queste nottate e capisco che non sono in grado di farlo, non riesco più a convivere con tutto.

Fregarmene è sempre stato facile ma adesso che sto cercando di essere me stesso, che cerco di superare i miei blocchi, non mi riesce più.
Credo di aver sbagliato qualcosa, di aver abbattuto i muri sbagliati. L'intento era quello di abbattere quelli che nascondono la parte migliore (non posso dire bella ma “umana”) di me, invece sto solo distruggendo le barriere che mi rendevano insensibile al 'freddo', all’opinione delle altre persone e al dolore, fisico e soprattutto mentale.
La maggior parte del dolore alla fine è auto inflitto, grazie alla mia mente bacata e quello che immagino pensino gli altri, grazie anche all'autostima inesistente e la sensazione di essere inadeguato, sbagliato, sostituibile da chiunque.

Razionalmente mi rendo conto che la maggior parte di quello che dice la voce è solo nella mia immaginazione, la razionalità però non mi ha portato a nulla fino ad ora, mi ha solo negato di fare esperienze, mi ha ‘salvato’ da quelle brutte ma non mi ha insegnato nulla perché non ho mai sbattuto veramente la testa, inoltre mi ha impedito di avere esperienze positive perché per averle avrei dovuto buttarmi e la razionalità mi ha sempre detto di non farlo perché poteva essere pericoloso.
Tutt’ora la razionalità mi dice di lasciare così le cose, di fare senza rischiare… insomma assicurarmi che comportandomi in un certo modo non ci siano spiacevoli sorprese.
Il cuore però sta piano piano avendo una rivincita, cosa che non posso reputare positiva. In fin dei conti do a lui la colpa di aver abbattuto le barriere sbagliate, lasciando il via libera ai sentimenti di invadere la ragione e durante la notte sovrastarla.


Tornando alla voce… oggi mi ha ricordato come mi sento in mezzo agli altri, in mezzo, anche, alle mie amiche.
Ci sono giorni o momenti nei quali è come se fossi invisibile, vorrei non essere lì e lasciare che gli altri si godano la vita senza preoccuparsi di me.
Momenti nei quali mi sento inutile perché magari una determinata persona ha bisogno di sostegno, di conforto e io non mi sento all’altezza, non mi sento in grado di dargli il supporto necessario.
Momenti nei quali si dovrebbe trovare un modo per distrarre qualcuno o tirargli su il morale e non avere la minima idea di come comparti perché non concepisci la cosa, la trovi stupida, pensi che se la sia cercata e non so che altro.
Ci sono volte che mi sento escluso, mi accorgo che qualcosa non va ma non so cosa, sento di perdere dei pezzi.
Vorrei essere libero di scegliere se esserci o meno in un posto, se partecipare o meno ad una discussione senza quella sensazione di disagio e paura nel dire un no e deludere qualcuno o allontanarmi/essere allontanato dal gruppo.

Sentirsi solo e aver paura di chiedere se si fa qualcosa perché magari gli altri si erano organizzati per i fatti loro, e se lo chiedo ed è così e arriva un: “vuoi venire?” arriva la pulce nell'orecchio che dice: “vai solo a disturbare, se ti volevano ti avrebbero chiamato, hanno cose più importanti da fare che stare dietro a te, lasciali divertire, se vai mandi a monte tutti i loro piani, tanto che ci vai a fare se poi come al solito sembra quasi che non ci sei? Dai stai a casa che è meglio poi al massimo ti raccontano”.

Pensare di non c’entrare nulla con i propri amici, di essere diverso, strano.
Non essere un ragazzo di 20 anni che si lascia andare, beve, balla e si diverte ma qualcuno che sente il bisogno di avere se stesso sotto controllo, di sapere che in caso di bisogno ha la lucidità per intervenire e che perde gran parte del divertimento perché è troppo riflessivo e in alcuni momenti troppo egocentrico (credendo di essere guardato e giudicato da chiunque se fa qualcosa di diverso dal solito).

In poche parole sono un pazzo, riflessivo, egocentrico che si sente: inadatto, inopportuno, inutile e quindi perfettamente rimpiazzabile.
   
 
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