Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Ciulla    31/12/2015    4 recensioni
Una vacanza breve ma intensa, all'insegna del Cancan.
"I posti assurdi più difficili da catalogare sono quelli che all’apparenza sembrano normali, ma che nascondono in sé i segreti più strani: una forza di gravità inversa, una crepa nascosta nel tessuto spaziale, un portale di collegamento con altri universi, o un semplice umore sconosciuto, disperso nell’aria, che modifica la vita degli abitanti ispirando menti che ragionano fuori dagli schemi, suscitando idee geniali o perverse o semplicemente facendo sì che tutti amino qualcosa in maniera smodata.
Qualcosa... Come il Cancan.
Ma partiamo dall’inizio."
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I posti assurdi che esistono nei meandri più oscuri dell’universo sono innumerevoli. Se qualcuno si mettesse d’impegno per trovarli tutti noterebbe che, ogni volta che pensa di aver finito, ne sono stati creati altri. Si metterebbe d’impegno per analizzare anche questi ultimi, ma pian piano col passare degli anni comincerebbe a perdere il conto, a non ricordarsi più di alcuni dettagli, a dubitare della propria sanità mentale e della riuscita di tale impresa. 
Come se non bastasse, i posti più strani sono anche i meglio nascosti. Sono comete dalle forme buffe che si possono incontrare solo per caso, stelle che ghiacciano al posto di bruciare, pianeti che precipitano sugli asteroidi o satelliti vivi che si nutrono di se stessi. Sono galassie che vagano per l’universo a velocità incredibili, dipingendo nel cosmo figure magnifiche di polveri spaziali. Sono costellazioni che cambiano forma, divertendosi ad osservare i volti stupiti che poi le scrutano da potenti cannocchiali, incapaci di capire cosa sia successo.
I posti assurdi più difficili da catalogare sono quelli che all’apparenza sembrano normali, ma che nascondono in sé i segreti più strani: una forza di gravità inversa, una crepa nascosta nel tessuto spaziale, un portale di collegamento con altri universi, o un semplice umore sconosciuto, disperso nell’aria, che modifica la vita degli abitanti ispirando menti che ragionano fuori dagli schemi, suscitando idee geniali o perverse o semplicemente facendo sì che tutti amino qualcosa in maniera smodata.
Qualcosa... Come il Cancan.
Ma partiamo dall’inizio.

Era un giorno come tanti altri. Sul pianeta di Lord Beerus, mentre il gatto dormiva beatamente, Whis aveva appena finito di pulire casa ed era impegnato in estenuanti allenamenti in solitario. Si sentiva piuttosto sciocco, a dire il vero, tirando calci al nulla con incredibile rapidità, ma non gli rimaneva molto altro da fare; era il massimo divertimento che poteva concedersi al momento, considerando che non aveva il permesso di allontanarsi dal pianeta per più di tre ore al giorno e sfortunatamente aveva già bruciato quel poco tempo sul satellite F435 a gustare dei ricci di Baggiaggia.
Era soddisfatto della sua vita e voleva molto bene al dio gatto, tanto da non contemplare nemmeno lontanamente l’idea di abbandonarlo, ma oggettivamente lord Beerus dormiva un sacco. Se durante quel tempo si fosse almeno potuto concedere una vacanza di qualche giorno, di sicuro il tutto sarebbe diventato meno difficile da sopportare. Respirare per pochi attimi quell’aria di libertà che da tanto tempo agognava, dimenticarsi per un po' della distruzione... Sarebbe stato davvero piacevole.
“Whis?” Una voce assonnata fece capolino dalla porta del palazzo, mentre dei passi strascicati si dirigevano verso il punto in cui l’alieno azzurro continuava svogliatamente a perturbare con calci e pugni l’aria intorno a lui. “Oggi ti trovo più distratto del solito, è già la terza volta che cerco di richiamare la tua attenzione”.
“Mi perdoni, lord Beerus. Non si ripeterà”.
“Lo spero vivamente. Non vorrai farmi irritare”.
Aprendo gli occhi che finora aveva tenuto socchiusi, Beerus incontrò il familiare volto azzurro, sorridente ma chiaramente pensieroso e malinconico; si vedeva chiaramente che gli mancava la solita luce vispa e brillante.
“Sembri triste, Whis. Cosa ti turba?” Chiese il dio.
“Nulla, lord Beerus. Pensieri poco consoni che allontanerò il prima possibile”.
“Suvvia, non titubare!” Lo incoraggiò il gatto. “Un assistente pensieroso è un assistente che lavora male! Dimmi quello che mi devi dire, o potrei irritarmi seriamente per la tua disobbedienza”.
Sospirando, l’alieno azzurro si accomodò sul prato e si perse a guardare il cielo, dove sperava di potersi presto librare alla volta di sconosciuti astri. “La noia è fastidiosamente pressante mentre lei dorme, lord Beerus. Negli istanti prima che lei giungesse qui, mi stavo giusto chiedendo quanto dovesse essere bello partire per un po’ di tempo... Una breve vacanza, nulla di più... Ma mi rendo conto che non si può fare”.
Il muso viola di lord Beerus si fece pensieroso, mentre i suoi occhi vagavano a destra e a sinistra alla ricerca di una via d’uscita che non ferisse nessuno. Alla fine sospirò, allontanandosi dal maestro. “Una settimana!” Urlò scocciato.
Incredulo, Whis si rizzò in piedi guardando l’altro ad occhi sgranati. “Co - Come ha detto?” balbettò.
Il gatto si voltò verso di lui, un po’ esasperato un po’ divertito. “Non ho motivo di negartela, in fondo, questa vacanza. Tornerò a letto e punterò la sveglia... Fra sette giorni ti voglio qui a prenderti cura di me”.
Mentre tornava a letto, Whis rimase a fissarlo basito, prima di aprirsi in un enorme sorriso. Quella, ne era certo, sarebbe stata una settimana stupenda.


La ricerca del pianeta adatto si era protratta per più tempo di quanto Whis avesse immaginato. Non aveva notato quanto fosse fortunato a vivere su un pianeta che, per quanto piccolo, era pressoché privo di difetti. Non ne aveva ancora trovato uno che potesse rendergli piacevole un soggiorno prolungato! Uno era troppo caldo, uno troppo freddo, uno troppo umido e l’altro troppo secco, uno aveva abitanti troppo noiosi e uno era popolato da esseri che non avevano il minimo senso dell’eleganza. Un pianeta gli era sembrato adatto, finché non si era reso conto del fatto che ogni minimo oggetto su di esso era composto da materiale organico commestibile e delizioso. Aveva messo su tre chili in due ore, per poi allontanarsi in fretta col timore di dover prendere vestiti della taglia del dio Champa. Insomma, non che avesse qualcosa contro di lui, ma un essere potente come Whis aveva un’immagine da mantenere: nessuno lo avrebbe mai preso sul serio se avesse avuto una pancia degna di un lottatore di sumo interplanetario. Anche se, ripensandoci, i lottatori di sumo interplanetario erano piuttosto simpatici... Una volta aveva stretto amicizia con uno di loro, un certo Pierante, che impegnato com’era nella sua ricerca di cibi proteici aveva avuto la malcapitata idea di divorare un pasticcio di Fangiapopo che era stato preparato appositamente per saziare lo stomaco di lord Beerus. 
Da allora non l’aveva più visto, e non aveva di certo avuto bisogno di indagare sul perché.
Povero Pierante.
Immerso in questi pensieri, Whis non si accorse che si stava avvicinando ad un pianeta apparentemente perfetto. L’atmosfera era piacevolmente tremolante e di sicuro creava una brezza molto piacevole, accompagnata dal lieve tepore che la superficie sembrava emettere sotto forma di radiazioni energetiche. L’aria che lo circondava assumeva apprezzabili sfumature verdi e rosa, creando un’atmosfera quasi idilliaca e romantica per l’animo sensibile dell’alieno azzurro. 
Vi atterrò senza ulteriori esitazioni, notando come il clima non fosse né arido, né eccessivamente umido, ma giusto ed equilibrato. Sembrava un pianeta costruito su misura per la sua vacanza.
In breve tempo fu circondato da bambini dalla pelle color avorio, che lo fissavano con gli occhi viola sbarrati per la sorpresa e l’emozione. Avevano delle braccia cortissime, che agitavano compulsivamente in aria in segno, forse, di accoglienza. Le loro orecchie, minuscole, si muovevano freneticamente avanti e indietro e le loro piccole labbra erano incurvate nell’espressione gioiosa che prova un bambino di fronte ad un nuovo gioco tanto desiderato.
Sorridendo, Whis li salutò: “Ciao piccoli! Sono giunto in visita qui da voi da un pianeta molto lontano, spero che non vi dispiaccia”.
I bambini, emozionati, cominciarono subito a tempestarlo di domande.
“Ma tu sei un alieno?”
”Sì, vengo dal pianeta del dio della distruzione, sono in vacanza”.
“Perché hai la pelle blu?”
”Hanno tutti la pelle blu dalle mie parti”.
“Perché hai i capelli dritti?”
“Perché uso un gel speciale”.
“Perché hai quelle braccia lunghe?”
“Per abbracciarvi meglio”.
“Perché hai quelle orecchie grandi?”
“Per sentirvi meglio”.
“Perché hai quella bocca grande?”
”Per mangiarvi meglio!”
Vedendo i bambini correre via terrorizzati, Whis capì di essersi lasciato prendere troppo la mano. Maledetta Bulma con le sue favole terrestri! Sospirando, comprese di non essere più il benvenuto e si accinse a cambiar pianeta.


Vagando per lo spazio nella sua esplorazione, l’alieno azzurro incappò in una pioggia di meteore che vagavano a velocità innaturale. Comprendendo che ciò fosse per effetto della forza di gravità di un pianeta si accinse a seguirli, avendo anche l’onore di assistere da vicino al fenomeno conosciuto generalmente col nome di “stelle cadenti”. 
Niente di speciale, a dire il vero. Solo un mucchio di fiamme difficili da evitare e che rischiarono più volte di consumare l’orlo della sua tunica o la punta dei suoi capelli bianchi.
Cessato il pericolo, l’alieno atterrò con agilità in una radura deserta e si guardò intorno con aria curiosa. Era pieno giorno mentre, stando al tempo trascorso dalla sua partenza, sul pianeta di Beerus entrambi i soli dovevano essere tramontati già da un pezzo. La luce di una stella rossa illuminava delicatamente delle piante piuttosto strane; grandi radici si innalzavano dal terreno, creando una rete legnosa che si unificava in un possente tronco a diverse decine di metri d'altezza, e non c’erano rami. Sembravano alberi al contrario, tanto più che i frutti crescevano sulle radici.
Anche i suddetti frutti, inoltre, erano davvero particolari. A seconda dell’angolazione con cui li si osservava assumevano colorazioni diverse, alcune più invitanti, alcune meno. Whis si chiese se insieme al colore cambiasse anche il sapore e passò i successivi venti minuti ad assaggiare quei frutti nelle posizioni più assurde possibili, in modo tale da trovare risposta alla sua domanda: li provò a testa in giù, inclinato verso ovest, sdraiato sotto il sole, seduto sotto l’ombra di una pianta.
Proprio mentre rinunciava tristemente all’impresa, ormai consapevole del fatto che il sapore non cambiasse, si accorse di due donne che lo scrutavano con aria perplessa dai margini della radura.
“Signore!” Salutò gioviale. “Perdonate la mia stramberia. Sono giunto fin qui alla ricerca di un pianeta adatto per una vacanza, e questi vostri frutti mi hanno incuriosito”.
Incoraggiate dalla sua parlantina veloce, le due donne si avvicinarono a lui e solo allora Whis notò lo strano abito con cui erano vestite. Sembravano abiti terrestri, di quelli che aveva visto numerose volte indosso a Bulma, ma avevano la gonna più larga e bordata con uno strano pizzo variopinto. Inoltre, osservò basito, era formato da più strati. Forse perché su quel pianeta faceva abitulmente freddo? In tal caso avrebbe dovuto chiedere spiegazioni e partire subito. Era venuto per fare una vacanza, non per congelare in mezzo ad eleganti donne amanti del pizzo.
“Com’è qua il clima?” Si informò curioso.
Inclinando la testa verso destra, una delle due si inchinò e sorrise. “Mite, gentile ospite”.
L’altra si protese verso di lui. “Come ti chiami, bel giovane?”
“Whis”, mormorò lui. “Ma non sono molto giovane, insomma, ho miliardi di anni...”
“Noi siamo Pipina Papalina e Pipetta Grattapeppa”, lo interruppe la prima che aveva parlato. “E amiamo il Cancan”.
“Tu ami il Cancan?” Gli chiese l’altra.
L’alieno azzurro era perplesso. “Non tanto, a dire il vero, insomma, vivo con un gatto, il can è fuori luogo...”
Pipina e Pipetta lo guardarono perplesse. “Gatto? Non lo conosco!” Dissero in contemporanea. “Ma”, aggiunse Pipetta, “Se vedi il Cancan ti piacerà il Cancan”.
“Vieni con noi! Ti faremo conoscere Il Cancan!” Pipina lo afferrò per un braccio.
“A tutti piace il Cancan!” Dissero le due signore in contemporanea, e scoppiarono a ridere come delle pazze.
“Voi dite la parola Cancan decisamente troppo spesso...” mormorò Whis, mentre si guardava intorno spaesato. Ma in che razza di posto si trovava?


Nel frattempo, sul pianeta quadrato, lord Beerus non riusciva a prendere sonno. Si muoveva di qua e di là nel suo giaciglio, mentre pensieri densi di preoccupaziome scorrazzavano liberamente per la sua testa viola. 
Aveva paura. Temeva che assaporando quella vacanza stupenda il suo assistente non sarebbe più tornato da lui e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, questa era un’idea che lo angosciava profondamente. Come se non bastasse, a causa del fatto che questi pensieri non gli facevano prendere sonno, il dio avvertiva un crescente bisogno di nutrirsi, ma non sapeva cucinare; inoltre, la loro dispensa era il bastone di Whis, che al momento si trovava in vacanza con l’alieno.
Non gli rimaneva che una cosa da fare: alzarsi dal letto, cercare l’aura del maestro e raggiungerlo dovunque si trovasse per implorarlo di tornare a casa. No, per chiedergli gentilmente di tornare a casa. Anzi, per ordinarglielo, per tutti i Kaio! Lui era il dio della distruzione, poteva dare ordini al suo assistente.
Non ci mise molto ad individuare il ki di Whis. Ci mise poco a notare che emanava delle vibrazioni particolari, non come se fosse in pericolo, ma quantomeno seriamente inquietato. Chissà cosa stava facendo. 
Per fortuna il pianeta su cui si trovava non era troppo lontano, ma doveva essere di formazione recente; un paio di migliaia di anni prima era sicuro che non vi fosse nulla in quella zona dell’universo. Probabilmente era questo il motivo che lo aveva reso interessante agli occhi di Whis tanto da indurlo a fermarsi; l’alieno azzurro era sempre stato affascinato dalla psicologia delle civiltà nascenti e aveva sempre cercato di studiarne la linea evolutiva, eventualmente indirizzandola verso una direzione migliore o inesplorata per puro interesse scientifico. 
Riscuotendosi dai suoi pensieri, risoluto nella sua decisione, il dio si mise in marcia. 
Con la propria velocità, anche se notevolmente ridotta rispetto a quella del maestro, non vi avrebbe messo più di un paio d’ore a raggiungerlo.


Alla fine, il povero alieno azzurro aveva dovuto assistere a quello che chiamavano Cancan.
Si era trovato davanti a qualcosa che non avrebbe mai immaginato di vedere. Il Cancan non era un animale, né un cibo, né una persona... Era un ballo.
E che ballo. Più Whis respirava l’aria corrotta di quel pianeta, più la danza gli entrava nella mente, coinvolgendo il suo animo e portandolo a muovere una gamba a ritmo di musica. Un grande cambiamento, se si pensa alle proteste di poche ore prima!
Era passato dall’implorare di essere lasciato andare al sorridere beato mentre diceva: “Ma sì, ancora cinque minuti!”
Era passato dall’esclamazione scioccata “Signora, non sgambetti così, le si vedono le mutandine!” ai complimenti affettati “Una splendida biancheria, mia signora, davvero splendida”.
Era passato dal desiderare che la tortura finisse al desiderare di sollevare la lunga tunica e sgambettare anche lui a ritmo di musica insieme a quelle signore che gli ballavano attorno. “Perché no?” Si chiese, ormai caduto definitivamente nel profondo baratro del Cancan. “È la mia vacanza e tanto non mi vede nessuno!”
Si alzò e si unì alle signore danzanti che, gioiose, gli fecero spazio e lo incitarono a sollevare le gambe sempre di più, sempre di più. 
Poco tempo dopo, giunse un altro ospite. Le signore per dargli il benvenuto cominciarono a danzargli intorno, mentre Whis, dopo averle assecondate per qualche istante, riconobbe il volto felino del dio della distruzione e si fermò allibito ed estremamente imbarazzato, abbassandosi immediatamente la veste e fermando lo sculettamento, uno dei momenti clou della danza. “Lord Beerus!” Esclamò. “Io... Lei... Cosa ci fa qui?”
Il gatto lo guardò torvo, sconvolto e imbarazzato. “Avevo paura che divertendoti mi avresti abbandonato e temevo che sarei morto di fame. A mio parere era l’incubo peggiore del mondo. Adesso ho capito che esiste di peggio”. Il dio puntò un dito accusatorio contro il povero Whis. “Ti ho visto le mutande!”

Di posti assurdi, nel cosmo, ne esistono fin troppi. Ma nulla è più assurdo di un pianeta la cui popolazione riesce a convincere l’essere più potente dell’universo a perdere la dignità e mostrare a tutti le mutande.
Whis tornò a casa col dio e dovettero passare anni prima che questi cessasse di schernirlo ad ogni occasione possibile. Inoltre, per qualche strano motivo, non gli fu più concesso di andare in vacanza. 
Tuttavia ora, ogni volta che Whis ha voglia di libertà, gli basta ripensare all’imbarazzo che provò quel giorno, di fronte ad un lord Beerus scioccato e a numerose gonne col pizzo. 
La voglia di libertà, fidatevi, gli passa subito.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Ciulla