Without You
Quando Shinji
riprese conoscenza, si ritrovò a fissare un soffitto mai visto. Un’altra volta.
La cattiva illuminazione e le macchie di
umidità davano una sensazione di fatiscenza a lui nuova: a Neo Tokyo-3 era
sempre tutto nuovo, pulito, asettico. Sollevandosi a sedere si accorse di
essere intorpidito, come quando la mattina si dorme troppo e ci si alza all’ora
sbagliata. Ora poteva vedere anche il resto del locale e tutte le cose di cui
era affollato – tavoli, carte, computer, schermi, tastiere, consolle, cartelle,
e…
E l’inconfondibile sagoma rossa di Asuka dall’altra parte della stanza.
Stava appoggiata alla parete, le mani
conficcate nelle tasche di una felpa, i capelli davanti al viso rivolto in
basso, un cappello calcato sulla fronte e le gambe lunghe nella plug suit.
Ma lo guardava.
Era pronto a giurarlo.
Shinji sentiva il suo
sguardo puntato su di sé come un laser.
«Ti sei svegliato» commentò.
«Cos’è successo?». Shinji
pensò che se fosse stato lui a parlare per primo, Asuka
l’avrebbe trapassato veramente da dietro la cortina dei suoi capelli.
«Cose…» rispose
vaga, staccandosi dal muro e dirigendosi verso una sedia.
Un’immagine improvvisa passò veloce nella
mente di Shinji.
«Ayanami! Come
sta Ayanami?»
Asuka si arrestò e lo
guardò di sbieco da sotto il cappello.
«Bene, direi» disse infine. «Si è tenuta il
tuo catorcio per la musica».
L’s-dat? Perché Ayanami aveva il suo s-dat? Lui…
Lui l’aveva buttato, e l’aveva buttato perché…
Un’altra immagine gli attraversò il cervello.
«Asuka! Tu stai bene?»
Asuka prese un cappotto
dalla sedia davanti a sé e lo lanciò addosso a Shinji,
voltandosi finalmente verso di lui.
«Sto»
commentò laconica.
Fu in quel momento che Shinji
riuscì a vedere la benda nera sull’occhio sinistro di Asuka.
«Il tuo occhio!» Era stato lui? Erano state
le sue mani, costrette dal Dummy Sistem?
«Evidentemente ha qualcosa che non va»
rispose impertinente, e aggiunse senza dargli il tempo di ribattere: «Misato ti vuole vedere tra qualche ora, e io ho bisogno di
dormire, quindi tieniti le domande per dopo, copriti e seguimi.
Puoi camminare?»
Frastornato Shinji
si guardò addosso: tre le mani aveva un cappotto da uomo, un po’ troppo grande
per lui, e indossava dei jeans anonimi e una maglia a righe che non aveva mai
visto in vita sua. Scese dal letto con più facilità di quanta si era aspettato
e si infilò il cappotto.
«Fuori fa freddo?» chiese incredulo, mentre
Asuka era già di spalle alla porta.
«Un po’».
Fuori faceva freddo, ma non era così tardi
come Shinji aveva creduto. C’era una luce chiara e
diffusa, intrappolata sotto delle nuvole grigiastre, e un vento troppo fresco
che Shinji non aveva mai sentito sulle guancie. Si
strinse di più nel cappotto mentre camminava quasi accanto ad Asuka sul marciapiede deserto.
«Tu non hai freddo?»
Indossava ancora solo la felpa sopra la plug suit rossa.
«Io ho sempre freddo, indipendentemente da
dove sono».
Shinji cacciò più a fondo
le mani nelle tasche e fece ruotare lo sguardo intorno. Era una parte di Neo-Tokyo 3 che non aveva mai visto, e più in generale
sembrava proprio una città fantasma, fatiscente, abbandonata. Squallida.
Tuttavia non avevano fatto molta strada:
forse era solo quel quartiere a essere particolarmente grigio e triste. Forse,
qualche strada più in là, c’era ancora lo scudo del GeoFront,
la tecnologica città-fortezza dagli enormi palazzi che sparivano nel suolo,
sistematicamente distrutta e continuamente ricostruita. Forse non erano nemmeno
a Neo Tokyo-3.
«Manca molto?»
«No. La mia stanza è vicina al Quartier
Generale. Tutte le nostre stanze sono da qualche
parte vicina al Quartier Generale».
Una folata di vento particolarmente gelida
fece vistosamente rabbrividire Shinji.
«Quanto tempo è passato?»
A causa della benda, per poterlo guardare Asuka dovette voltarsi sulla spalla sinistra più di quanto
avrebbe voluto.
«Un po’».
Il monolocale di Asuka
era tanto ordinato quanto impersonale. Shinji pensò
subito all’appartamento di Ayanami, benché questo
fosse pulito in modo maniacale. E luminoso: delle enormi portefinestre si
aprivano su una città grigia che continuava a non rivelare nulla si sé.
«Non penso di doverti spiegare dov’è il
bagno e dov’è il frigorifero. Se vuoi dormire, nell’armadio c’è un futon; il
letto è il mio. Fai quello che ti pare, basta che mi lasci dormire un paio
d’ore».
Mentre sciorinava istruzioni, Asuka aveva preso i vestiti piegati sul letto occidentale
per poi dirigersi verso l’unica porta della stanza – evidentemente il bagno.
«E… e tutta la
tua roba che fine ha fatto?»
Di schiena, lei si strinse nelle spalle.
«Da qualche parte sicuramente sarà». Posò
la mano sulla maniglia, quando sembrò ricordarsi di qualcosa. «Ah…» si voltò verso di lui quanto bastava per indicargli
col mento una sagoma nera e sinuosa tra il frigorifero e la parete. «Quello è
il tuo violoncello. Ho pensato l’avresti voluto». E sparì dentro il bagno.
Rimasto solo, Shinji
si levò il cappotto e lo appese diligentemente agli attaccapanni fissati
accanto all’ingresso, poi scandagliò la stanza alla ricerca di un posto dove
mettersi per non far andare su tutte le furie Asuka.
Aveva la sensazione che se l’avesse fatta arrabbiare l’avrebbe fatto
direttamente a pezzi col suo sguardo dimezzato, senza passare per capricci,
nomignoli o vistose prese di posizione. Scelse di sedersi al tavolino basso
davanti alla tele spenta, in attesa che lei si addormentasse per poter
curiosare più liberamente; ignorò deliberatamente la presenza curva e
silenziosa del violoncello.
Doveva essere successo qualcosa di grosso
durante il periodo della sua incoscienza, ma Asuka
sembrava non avere la minima intenzione di dargli risposte soddisfacenti. Dal
canto suo, Shinji non era impaziente di sapere più di
quanto potesse ottenere con una sola domanda: in quel momento ogni richiesta
era un passo nel buio e la vacuità delle informazioni ricevute gli dava
l’illusoria sensazione di avere ancora uno scalino su cui posare il piede.
Quando Asuka e la
sua benda nera uscirono dal bagno, lei indossava una tuta larga e stinta: dalle
maniche spuntavano solo le dita e i pantaloni si trascinavano sul pavimento
lucido. Appese plug suit,
felpa e cappello accanto al cappotto che aveva appeso Shinji
e senza dire una parola si buttò sul letto, dandogli le spalle.
«Se tolgo il volume posso accendere la
televisione?» chiese subito Shinji, prima che Asuka si addormentasse.
Fulminea Asuka si
alzò dal letto voltandosi nella sua direzione. Vedendolo col telecomando in
mano, si lanciò nella sua direzione per toglierglielo, rovinandogli addosso.
Si ritrovò stesa su di lui, ma il polso col
telecomando l’aveva immobilizzato sopra la sua testa. Shinji
avrebbe dovuto chiedersi il perché di una reazione tanto brusca ed esagerata,
ma il seno di Asuka accidentalmente premuto sul suo
petto gli impediva di pensare a qualcosa che non fosse quel momento. Per
diversi istanti si guardarono senza fare niente, vicini come mai erano stati.
L’ultima
volta in cui erano stati vicini era stata la notte in cui si era infilata nel
suo futon, dopo una battaglia in cui lei, spaccona e autoritaria, era stata
costretta a fare gioco di squadra con lui e Ayanami. Gli
aveva dato ufficialmente il permesso di chiamarla per nome, e lei in cambio
l’avrebbe chiamato “Stupi-Shinji”, non che ci fosse
molta equità nello scambio. Del resto, istintivamente lui l’aveva già chiamata
“Asuka”, ma non essendo tipo da prendersi certe confidenze,
la concessione non gli dispiacque. Inspiegabilmente gli piaceva, il nome “Asuka”.
Shinji avvicinò la mano
destra al viso di Asuka. Percorse coi polpastrelli la
guancia fino al nastrino della benda, mentre lei restava immobile, guardandolo
col suo sguardo a metà.
L’ultima
volta in cui si erano parlati era stata la mattina del pranzo organizzato da Ayanami, prima che lei partisse per il test dello 03. Era
stata gentile. Aveva detto che al ritorno dal test avrebbe cucinato lei
qualcosa per festeggiare le sue capacità, ma solo per lui e Misato
perché non le piaceva avere gente tra i piedi. “Quindi vedi di apprezzare, Stupi-Shinji!” E poi aveva riso, non in modo cattivo, ma in
modo molto naturale. Era sembrata serena e di buon umore. Shinji
aveva addirittura pensato che forse si stavano avvicinando davvero, che
avrebbero potuto essere amici, e l’idea gli era piaciuta. Inspiegabilmente gli
piaceva, Asuka.
Quando infilò il dito sotto il laccetto,
però, Asuka si ritrasse di colpo e uno schiaffo
sonoro allontanò la sua mano.
«Ti sei fissato, con questo maledetto
occhio!» berciò lei, rialzandosi col telecomando.
«Voglio solo sapere cosa ti è successo!»
anche Shinji si era tirato a sedere e iniziava ad
arrabbiarsi.
«Niente di interessante, ok? Ti ho detto di
tenerti le domande fin quando non vedrai Misato e di
lasciarmi dormire due misere ore, riesci a capirlo, Stupi-Shinji?».
A sentirsi chiamare in quel modo, la rabbia
di Shinji sbollì con la stessa velocità con cui era
montata.
Meno
male,
pensò, senza sapere il perché.
Stupi-Shinji.
Alla fine si era arrabbiata in modo
rumoroso, e non l’aveva fatto a pezzi.
Vedendolo – finalmente – tacere, Asuka tornò a letto,
mostrandogli le spalle per l’ennesima volta quel giorno. «Trovati qualcosa da
fare che non sia rumoroso!»
«Asuka…»
improvvisamente, Shinji tornò a parlare dopo pochi
minuti.
«Aaah! Stupi-Shinji, allora hai davvero problemi di comprendonio!»
sbottò lei, sollevandosi dal letto su un gomito.
«Asuka… Quanto tempo è passato?»
Asuka gelò. Qualcosa
nella voce di Shinji le fece provare più freddo del
solito. Si voltò di scatto vedendolo fissare un quotidiano tra le mani.
Stupida
Asuka! Stupida Asuka che
lasci in giro stupidi quotidiani!
Si mise a sedere sul letto senza fretta, la
schiena poggiata alla parete, completamente rivolta verso di lui. Ormai era
troppo tardi per piombargli nuovamente addosso e strappargli di mano il
giornale, ormai la sua risposta la teneva tra le mani.
«Tanto tempo. Quattordici anni».
«Ma… Ma come è
possibile? Io… Tu… Siamo
ancora uguali a come… come eravamo!»
«Tu sei stato ibernato e scaraventato in
orbita dalla Nerv. Ti ho potuto…
Ti abbiamo potuto recuperate solo
ora. Naturalmente non lavoriamo più per la Nerv»,
spiegò Asuka lentamente.
«Cosa? E… E tu?»
chiese Shinji con un filo di voce, frastornato.
«In un mondo con una tecnologia che
costruisce Eva, non è così impensabile» c’era, nella voce di Asuka, una sorta di amarezza che stemperava la sua solita
strafottenza.
«Perché?»
«Perché avevo paura a diventare grande
senza di te».
BHA!
BUBBOLE!
Questa storia nasce dalle impressioni del
trailer di 3.0, inutile dire che con 3.0 non c’entra un accidenti. Ecco, l’avessi
pubblicata non appena pensata, forse ora non dovrei star qui a cercare di
capire se è una fanfic normale, una AU, un altro loop, o un vattelapesca.
Ma alla sua prima stesura le mancava
qualcosa. Credevo fossero 282 parole, per arrivare a un bel 1500 tondo tondo, ma in realtà erano passaggi narrativi che oggi
finalmente – dopo essere entrata più in confidenza col mondo di Eva –
completano la fic e la rendono qualcosa di più di
un’accozzaglia di mie sensazioni fissate su schermo. O almeno spero. Non so,
forse la rimaneggerò. E forse soddisferò il mio malsano bisogno di cifre tonde
nel conteggio parole. O forse no. Ma in fondo, che siano solo sensazioni o una
storia articolata e condivisibile coi lettori, che sia criptica o spiegata fin
nei dettagli, la sostanza della fic è questa. (Non chiedetemi quale, ok?)
Soprattutto, mi faceva piacere pubblicare
qualcosa oggi, alla fine di questo 2015.
E questa è la primissima storia che ho
avuto il coraggio di scrivere davvero su un anime così complesso come Eva.
E’ ironico che per “lasciare un segno” nel
2015 non pubblichi una fic su NGE ma sul Rebuild. Ma sempre Eva è! =) E poi, forse, scrivere del Rebuild è più semplice, è come se ci fosse meno
aspettative, meno perfezione, meno pretese, rispetto alla serie.
E’ difficile scrivere qualcosa su Eva che
sia pubblicabile, sia per la straordinaria complessità della storia, sia per lo
straordinario livello delle altre fic pubblicate qui
su Efp.
Quindi non abbiate pietà: amo scrivere e
certe volte compongo storie che mi piacciono particolarmente, ma non so se con
Eva (in generale e in questo caso) possa approfittare della felice combinazione
di “ispirazione” e “padronanza della storia originale”. Fatemi sapere ;)
Il titolo è di una banalità devastante.
Chiedo scusa.
Ora in Giappone sono le 23:30... Mezz'ora al Capodanno col Botto!
Buon Third Impact a tutti! <3