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Autore: ViKy_FrA    31/12/2015    2 recensioni
«Fuori fa freddo?».
«Un po’».
«Quanto tempo è passato?»
«Un po’».
[Rebuild]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Without You

 

 

 

Quando Shinji riprese conoscenza, si ritrovò a fissare un soffitto mai visto. Un’altra volta.

La cattiva illuminazione e le macchie di umidità davano una sensazione di fatiscenza a lui nuova: a Neo Tokyo-3 era sempre tutto nuovo, pulito, asettico. Sollevandosi a sedere si accorse di essere intorpidito, come quando la mattina si dorme troppo e ci si alza all’ora sbagliata. Ora poteva vedere anche il resto del locale e tutte le cose di cui era affollato – tavoli, carte, computer, schermi, tastiere, consolle, cartelle, e…

E l’inconfondibile sagoma rossa di Asuka dall’altra parte della stanza.

Stava appoggiata alla parete, le mani conficcate nelle tasche di una felpa, i capelli davanti al viso rivolto in basso, un cappello calcato sulla fronte e le gambe lunghe nella plug suit.

Ma lo guardava.

Era pronto a giurarlo.

Shinji sentiva il suo sguardo puntato su di sé come un laser.

«Ti sei svegliato» commentò.

«Cos’è successo?». Shinji pensò che se fosse stato lui a parlare per primo, Asuka l’avrebbe trapassato veramente da dietro la cortina dei suoi capelli.

«Cose…» rispose vaga, staccandosi dal muro e dirigendosi verso una sedia.

Un’immagine improvvisa passò veloce nella mente di Shinji.

«Ayanami! Come sta Ayanami

Asuka si arrestò e lo guardò di sbieco da sotto il cappello.

«Bene, direi» disse infine. «Si è tenuta il tuo catorcio per la musica».

L’s-dat? Perché Ayanami aveva il suo s-dat? Lui… Lui l’aveva buttato, e l’aveva buttato perché… Un’altra immagine gli attraversò il cervello.

«Asuka! Tu stai bene?»

Asuka prese un cappotto dalla sedia davanti a sé e lo lanciò addosso a Shinji, voltandosi finalmente verso di lui.

«Sto» commentò laconica.

Fu in quel momento che Shinji riuscì a vedere la benda nera sull’occhio sinistro di Asuka.

«Il tuo occhio!» Era stato lui? Erano state le sue mani, costrette dal Dummy Sistem?

«Evidentemente ha qualcosa che non va» rispose impertinente, e aggiunse senza dargli il tempo di ribattere: «Misato ti vuole vedere tra qualche ora, e io ho bisogno di dormire, quindi tieniti le domande per dopo, copriti e seguimi. Puoi camminare?»

Frastornato Shinji si guardò addosso: tre le mani aveva un cappotto da uomo, un po’ troppo grande per lui, e indossava dei jeans anonimi e una maglia a righe che non aveva mai visto in vita sua. Scese dal letto con più facilità di quanta si era aspettato e si infilò il cappotto.

«Fuori fa freddo?» chiese incredulo, mentre Asuka era già di spalle alla porta.

«Un po’».

 

Fuori faceva freddo, ma non era così tardi come Shinji aveva creduto. C’era una luce chiara e diffusa, intrappolata sotto delle nuvole grigiastre, e un vento troppo fresco che Shinji non aveva mai sentito sulle guancie. Si strinse di più nel cappotto mentre camminava quasi accanto ad Asuka sul marciapiede deserto.

«Tu non hai freddo?»

Indossava ancora solo la felpa sopra la plug suit rossa.

«Io ho sempre freddo, indipendentemente da dove sono».

Shinji cacciò più a fondo le mani nelle tasche e fece ruotare lo sguardo intorno. Era una parte di Neo-Tokyo 3 che non aveva mai visto, e più in generale sembrava proprio una città fantasma, fatiscente, abbandonata. Squallida.

Tuttavia non avevano fatto molta strada: forse era solo quel quartiere a essere particolarmente grigio e triste. Forse, qualche strada più in là, c’era ancora lo scudo del GeoFront, la tecnologica città-fortezza dagli enormi palazzi che sparivano nel suolo, sistematicamente distrutta e continuamente ricostruita. Forse non erano nemmeno a Neo Tokyo-3.

«Manca molto?»

«No. La mia stanza è vicina al Quartier Generale. Tutte le nostre stanze sono da qualche parte vicina al Quartier Generale».

Una folata di vento particolarmente gelida fece vistosamente rabbrividire Shinji.

«Quanto tempo è passato?»

A causa della benda, per poterlo guardare Asuka dovette voltarsi sulla spalla sinistra più di quanto avrebbe voluto.

«Un po’».

 

Il monolocale di Asuka era tanto ordinato quanto impersonale. Shinji pensò subito all’appartamento di Ayanami, benché questo fosse pulito in modo maniacale. E luminoso: delle enormi portefinestre si aprivano su una città grigia che continuava a non rivelare nulla si sé.

«Non penso di doverti spiegare dov’è il bagno e dov’è il frigorifero. Se vuoi dormire, nell’armadio c’è un futon; il letto è il mio. Fai quello che ti pare, basta che mi lasci dormire un paio d’ore».

Mentre sciorinava istruzioni, Asuka aveva preso i vestiti piegati sul letto occidentale per poi dirigersi verso l’unica porta della stanza – evidentemente il bagno.

«E… e tutta la tua roba che fine ha fatto?»

Di schiena, lei si strinse nelle spalle.

«Da qualche parte sicuramente sarà». Posò la mano sulla maniglia, quando sembrò ricordarsi di qualcosa. «Ah…» si voltò verso di lui quanto bastava per indicargli col mento una sagoma nera e sinuosa tra il frigorifero e la parete. «Quello è il tuo violoncello. Ho pensato l’avresti voluto». E sparì dentro il bagno.

Rimasto solo, Shinji si levò il cappotto e lo appese diligentemente agli attaccapanni fissati accanto all’ingresso, poi scandagliò la stanza alla ricerca di un posto dove mettersi per non far andare su tutte le furie Asuka. Aveva la sensazione che se l’avesse fatta arrabbiare l’avrebbe fatto direttamente a pezzi col suo sguardo dimezzato, senza passare per capricci, nomignoli o vistose prese di posizione. Scelse di sedersi al tavolino basso davanti alla tele spenta, in attesa che lei si addormentasse per poter curiosare più liberamente; ignorò deliberatamente la presenza curva e silenziosa del violoncello.

Doveva essere successo qualcosa di grosso durante il periodo della sua incoscienza, ma Asuka sembrava non avere la minima intenzione di dargli risposte soddisfacenti. Dal canto suo, Shinji non era impaziente di sapere più di quanto potesse ottenere con una sola domanda: in quel momento ogni richiesta era un passo nel buio e la vacuità delle informazioni ricevute gli dava l’illusoria sensazione di avere ancora uno scalino su cui posare il piede.

Quando Asuka e la sua benda nera uscirono dal bagno, lei indossava una tuta larga e stinta: dalle maniche spuntavano solo le dita e i pantaloni si trascinavano sul pavimento lucido. Appese plug suit, felpa e cappello accanto al cappotto che aveva appeso Shinji e senza dire una parola si buttò sul letto, dandogli le spalle.

«Se tolgo il volume posso accendere la televisione?» chiese subito Shinji, prima che Asuka si addormentasse.

Fulminea Asuka si alzò dal letto voltandosi nella sua direzione. Vedendolo col telecomando in mano, si lanciò nella sua direzione per toglierglielo, rovinandogli addosso.

Si ritrovò stesa su di lui, ma il polso col telecomando l’aveva immobilizzato sopra la sua testa. Shinji avrebbe dovuto chiedersi il perché di una reazione tanto brusca ed esagerata, ma il seno di Asuka accidentalmente premuto sul suo petto gli impediva di pensare a qualcosa che non fosse quel momento. Per diversi istanti si guardarono senza fare niente, vicini come mai erano stati.

 

L’ultima volta in cui erano stati vicini era stata la notte in cui si era infilata nel suo futon, dopo una battaglia in cui lei, spaccona e autoritaria, era stata costretta a fare gioco di squadra con lui e Ayanami. Gli aveva dato ufficialmente il permesso di chiamarla per nome, e lei in cambio l’avrebbe chiamato “Stupi-Shinji”, non che ci fosse molta equità nello scambio. Del resto, istintivamente lui l’aveva già chiamata “Asuka”, ma non essendo tipo da prendersi certe confidenze, la concessione non gli dispiacque. Inspiegabilmente gli piaceva, il nome “Asuka”.

 

Shinji avvicinò la mano destra al viso di Asuka. Percorse coi polpastrelli la guancia fino al nastrino della benda, mentre lei restava immobile, guardandolo col suo sguardo a metà.

 

L’ultima volta in cui si erano parlati era stata la mattina del pranzo organizzato da Ayanami, prima che lei partisse per il test dello 03. Era stata gentile. Aveva detto che al ritorno dal test avrebbe cucinato lei qualcosa per festeggiare le sue capacità, ma solo per lui e Misato perché non le piaceva avere gente tra i piedi. “Quindi vedi di apprezzare, Stupi-Shinji!” E poi aveva riso, non in modo cattivo, ma in modo molto naturale. Era sembrata serena e di buon umore. Shinji aveva addirittura pensato che forse si stavano avvicinando davvero, che avrebbero potuto essere amici, e l’idea gli era piaciuta. Inspiegabilmente gli piaceva, Asuka.

 

Quando infilò il dito sotto il laccetto, però, Asuka si ritrasse di colpo e uno schiaffo sonoro allontanò la sua mano.

«Ti sei fissato, con questo maledetto occhio!» berciò lei, rialzandosi col telecomando.

«Voglio solo sapere cosa ti è successo!» anche Shinji si era tirato a sedere e iniziava ad arrabbiarsi.

«Niente di interessante, ok? Ti ho detto di tenerti le domande fin quando non vedrai Misato e di lasciarmi dormire due misere ore, riesci a capirlo, Stupi-Shinji?».

A sentirsi chiamare in quel modo, la rabbia di Shinji sbollì con la stessa velocità con cui era montata.

Meno male, pensò, senza sapere il perché.

Stupi-Shinji.

Alla fine si era arrabbiata in modo rumoroso, e non l’aveva fatto a pezzi.

Vedendolo – finalmente – tacere, Asuka tornò a letto, mostrandogli le spalle per l’ennesima volta quel giorno. «Trovati qualcosa da fare che non sia rumoroso!»

«Asuka…» improvvisamente, Shinji tornò a parlare dopo pochi minuti.

«Aaah! Stupi-Shinji, allora hai davvero problemi di comprendonio!» sbottò lei, sollevandosi dal letto su un gomito.

«Asuka… Quanto tempo è passato

Asuka gelò. Qualcosa nella voce di Shinji le fece provare più freddo del solito. Si voltò di scatto vedendolo fissare un quotidiano tra le mani.

Stupida Asuka! Stupida Asuka che lasci in giro stupidi quotidiani!

Si mise a sedere sul letto senza fretta, la schiena poggiata alla parete, completamente rivolta verso di lui. Ormai era troppo tardi per piombargli nuovamente addosso e strappargli di mano il giornale, ormai la sua risposta la teneva tra le mani.

«Tanto tempo. Quattordici anni».

«Ma… Ma come è possibile? Io… Tu… Siamo ancora uguali a come… come eravamo!»

«Tu sei stato ibernato e scaraventato in orbita dalla Nerv. Ti ho potuto… Ti abbiamo potuto recuperate solo ora. Naturalmente non lavoriamo più per la Nerv», spiegò Asuka lentamente.

«Cosa? E… E tu?» chiese Shinji con un filo di voce, frastornato.

«In un mondo con una tecnologia che costruisce Eva, non è così impensabile» c’era, nella voce di Asuka, una sorta di amarezza che stemperava la sua solita strafottenza.

«Perché?»

«Perché avevo paura a diventare grande senza di te».

 

 

 

 

 

 

BHA! BUBBOLE!

 

Questa storia nasce dalle impressioni del trailer di 3.0, inutile dire che con 3.0 non c’entra un accidenti. Ecco, l’avessi pubblicata non appena pensata, forse ora non dovrei star qui a cercare di capire se è una fanfic normale, una AU, un altro loop, o un vattelapesca.

 

Ma alla sua prima stesura le mancava qualcosa. Credevo fossero 282 parole, per arrivare a un bel 1500 tondo tondo, ma in realtà erano passaggi narrativi che oggi finalmente – dopo essere entrata più in confidenza col mondo di Eva – completano la fic e la rendono qualcosa di più di un’accozzaglia di mie sensazioni fissate su schermo. O almeno spero. Non so, forse la rimaneggerò. E forse soddisferò il mio malsano bisogno di cifre tonde nel conteggio parole. O forse no. Ma in fondo, che siano solo sensazioni o una storia articolata e condivisibile coi lettori, che sia criptica o spiegata fin nei dettagli, la sostanza della fic è questa. (Non chiedetemi quale, ok?)

 

Soprattutto, mi faceva piacere pubblicare qualcosa oggi, alla fine di questo 2015.

E questa è la primissima storia che ho avuto il coraggio di scrivere davvero su un anime così complesso come Eva.

E’ ironico che per “lasciare un segno” nel 2015 non pubblichi una fic su NGE ma sul Rebuild. Ma sempre Eva è! =) E poi, forse, scrivere del Rebuild è più semplice, è come se ci fosse meno aspettative, meno perfezione, meno pretese, rispetto alla serie.

 

E’ difficile scrivere qualcosa su Eva che sia pubblicabile, sia per la straordinaria complessità della storia, sia per lo straordinario livello delle altre fic pubblicate qui su Efp.

Quindi non abbiate pietà: amo scrivere e certe volte compongo storie che mi piacciono particolarmente, ma non so se con Eva (in generale e in questo caso) possa approfittare della felice combinazione di “ispirazione” e “padronanza della storia originale”. Fatemi sapere ;)

 

Il titolo è di una banalità devastante. Chiedo scusa.

 

 

 

Ora in Giappone sono le 23:30... Mezz'ora al Capodanno col Botto!

Buon
Third Impact a tutti! <3

 

   
 
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