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Autore: Ayr    31/12/2015    3 recensioni
Quando Matisse incontra Zefiro, un ragazzo affascinante ma misterioso, la sua vita tranquilla viene completamente sconvolta: il ragazzo infatti le rivela che lei è la principessa perduta, la legittima erede al trono di Heaven. Inizia così per lei un viaggio in compagnia di Zefiro, il cui silenzio pare nascondere un grande segreto, che la porterà dal tranquillo villaggio in cui vive alla caverna di Procne, una potentissima maga che aiuterà Matisse ad affrontare quello che le aspetta: non si tratta solo di sedere su un trono e di prendere sulle spalle tutte le responsabilità che esso comporta, Matisse infatti, dovrà prepararsi anche per una guerra perchè non è l'unica che ambisce a quel trono e c'è già chi trama nell'ombra per strapparglielo via.
Preparatevi ad accompagnare Matisse in questo viaggio tra maghi, battaglie, segreti, elfi e misteri. Siete pronti a partire?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'aveva seguito, scivolando da un'ombra all'altra per non farsi vedere, cercando di stare dietro alle lunghe falcate nervose del ragazzo.
Nonostante questo, però, non era riuscito ad impedirlo.
Era rimasto spiazzato quando aveva visto quella massa scura avventarsi improvvisamente su di lui e, prima che potesse anche solo formarsi un pensiero nella sua testa, l'ombra nera se n'era andata, silenziosa e furtiva, come era venuta. Corniolo avrebbe voluto fermarla, ma la sorpresa e l'incredulità l'avevano bloccato, lasciandolo immobile all'angolo del vicolo, incapace di muoversi o anche solo di pensare.
Solo quando il ragazzo si era afflosciato a terra in un involto confuso di stoffa scura, si era precipitato verso di lui, ma solo per constatare quello che aveva temuto: Morten era morto.
L'omuncolo continuava a darsi del codardo e dello stupido, mentre stringeva tra le braccia quel corpo giovane ancora acerbo, si rimproverava di non essere intervenuto, di non aver fatto nulla per impedire quella morte assurda e imprevedibile.
Sollevò il corpo del ragazzo, trovandolo sorprendentemente leggero e, incespicando sotto il peso dei sensi di colpa, ritornò alla locanda per dare la funesta notizia.
Il cielo era pallido e ceruleo, una lieve striscia grigiastra stava iniziando a profilarsi all'orizzonte quando Corniolo fece il suo ingresso nella locanda. La locandiera vedendolo entrare con quell'involto tra le braccia si precipitò verso di lui, chiedendo preoccupata cosa fosse successo.
«Briganti» fu la risposta laconica dell'ometto e la locandiera per poco non svenne quando intravide tra le pieghe della stoffa il volto cereo del ragazzo.
«Devo chiamare gli altri?» balbettò la donna, senza sapere cosa fare, Corniolo annuì appena.
 
Due colpi alla porta, non violenti ma decisi, abbastanza forti da svegliare la ragazza. Ancora avvolta dal sonno, cercò con lo sguardo Corniolo, domandandosi se fosse giunto il momento di ripartire.
Trovò il letto accanto al suo vuoto, le lenzuola scarmigliate abbandonate su un lato.
Matisse si domandò dove fosse finito l'omuncolo. Un nuovo colpo alla porta la costrinse ad alzarsi, confusa si avviò alla porta e la sua confusione aumentò nel trovarsi davanti la locandiera in evidente agitazione.
«Cosa è successo?» domandò la ragazza preoccupata, mentre uno spiacevole dubbio si insinuava dentro di lei
«È successa una disgrazia! Una disgrazia!» furono le uniche parole che riuscì a sentire Matisse, prima che la locandiera si affrettasse a bussare alla porta accanto.
Sempre più preoccupata la ragazza si infilò una giacca al volo e si precipitò al piano di sotto.
Corniolo era ritto sulla porta e stringeva tra le mani un lungo involto scuro. Matisse, al vederlo, tirò un sospiro di sollievo, ma il suo sguardo venne catturato dall'involto che l'ometto reggeva tra le braccia. Il volto profondamente abbattuto di Corniolo la spaventò
«Cosa è successo?» domandò avvicinandosi
Corniolo non rispose e a Matisse bastò raggiungerlo per capire: il pallido volto di Morten pareva profondamente addormentato.
Matisse si mise una mano davanti alla bocca, per soffocare un singhiozzo, mentre calde lacrime iniziavano a rigarle le guance.
In quel momento arrivarono anche gli altri. Alcor a quella vista era sbiancato, così come Neren, Barden, invece, si era fiondato verso Corniolo, mentre un grido di dolore trapassava l'aria. Tutta la sua arroganza e presunzione erano crollate in un attimo, spezzate da un singhiozzo, e lasciando il posto a uno straziante dolore. Piegato sul corpo del fratello lo ricopriva di lacrime.
«Come è successo?» domandò Neren con voce rotta, appena udibile
«Io non ne ho idea» confessò in un sussurro Corniolo «Quando sono arrivato era già...morto»
«Saranno stati dei briganti» suppose Neren «Ma ciò che mi domando è cosa ci facesse in giro di notte»
Nessuno rispose, solo i singhiozzi di Barden laceravano l'aria, Matisse li circondò le spalle in un gesto consolatorio, quasi a volerlo sostenere, in qualche modo.
Il ragazzo sussultò e parve riscuotersi, pian piano cercò di ricomporsi e con voce rotta annunciò che non poteva proseguire il viaggio: doveva tornare a casa per dare la notizia alla madre.
«È impossibile pensare di riportarle il corpo» disse, cercando di darsi un contegno «Lo farò cremare qui». Scoppiò di nuovo a piangere, Matisse lo abbracciò e il ragazzo si lasciò avvolgere da quella braccia sottili. Tremava, scosso dai singhiozzi. Tutta la sua baldanza si era sgretolata, scoprendo una grande fragilità.
La ragazza lo strinse forte, mentre il ragazzo bagnava di lacrime la sua spalla.
«Non è giusto che sia morto» singhiozzò «Non lo meritava»
«Era ancora così giovane» fu il commento di Neren. Si era avvicinato al ragazzo e ne accarezzava con lo sguardo liquido di lacrime il volto freddo e cristallizzato dalla morte, così bianco che le lentiggini vi risaltavano quasi con prepotenza.
Alcor era l'unico che non avesse detto nulla, aveva assistito alla scena, impassibile e, senza che nessuno se ne fosse accorto, era scivolato via.
 
Il cielo era limpido, di un azzurro intenso e luminoso, Barden era convinto che lo stesse deridendo: quel mattino così pieno di sole stonava profondamente con l'atmosfera tetra e funerea del luogo e dell'occasione.
Aveva deciso di fare le cose per bene e aveva cercato un Chierico, perché il rito fosse compiuto secondo tutti i crismi. Gli abitanti della piana erano soliti cremare i propri morti e affidare le ceneri al Myr, seppellirli tutti non sarebbe stato possibile e solo ai primi abitanti di quella terra era stato riservato quel trattamento. I loro tumuli sorgevano a pochi metri dalla città: erano costruzioni di ciottoli piatti presi dal fiume Hara e ricoperti di piccoli fiorellini dai petali di un azzurro intenso, le Lacrime dei Morti le chiamavano nella piana, Nontiscordardime era il nome con cui Matisse li conosceva.
Barden aveva designato quel luogo antico e austero per dare al fratello l'estremo saluto. 
«I Tumuli del Crepuscolo, così vengono chiamati queste costruzioni in cui riposano le esequie di grandi uomini del passato. Alcuni sono ricordati nelle leggende, ma la maggior parte sono rimasti dispersi nelle pieghe del tempo e il loro unico ricordo rimane questo cumulo di sassi» sussurrò mesto Neren nell'orecchio di Matisse.
La ragazza era rimasta incantata di fronte a quei tumuli, così tristi e nel contempo solenni; baciati dal caldo sole estivo parevano quasi scintillare.
Era stata preparata una catasta di legna odorosa su cui Barden aveva posato con solenne mestizia il corpo del fratello, avvolto in un lenzuolo, solo il volto era scoperto, i suoi occhi erano stati coperti da due monete di bronzo e una terza era stata messa sotto la sua lingua, pedaggio da pagare per poter entrare nelle Terre senza Ritorno.
Il Chierico, salmodiava pregando perché l'anima del ragazzo potesse giungere al di là del Mare delle Nebbie, nelle Terre senza Ritorno e trovarvi una pace e una tranquillità eterne, intanto cospargeva il rogo di erbe e acqua profumata.
In un gesto esageratamente solenne coprì il volto del ragazzo, pronunciando l'ultima parola. Matisse depositò un mazzo di Nontiscordardime dove credeva fossero le mani di Morten; Barden e Corniolo, in piedi, agli estremi opposti della catasta, reggevano ciascuno una torcia ed ad un cenno del Chierico appiccarono il fuoco.
La legna iniziò a bruciare spandendo nell'aria il profumo fumoso e intenso dell'incenso, mischiato agli aromi resinosi della legna e a quelli dolciastri delle erbe di cui era stato cosparso il corpo. Volute di fumo sbiadito salivano verso il cielo, spinte dal Myr che aveva preso a soffiare furiosamente, disegnando strane figure in quel grigiore e facendo ondeggiare i fiorellini azzurri, che reclinavano il capo, quasi a voler salutare anche loro il ragazzo e augurargli buon viaggio.
Matisse scoppiò a piangere e si rifugiò nelle braccia di Corniolo che guardava il corpo del ragazzo trasformarsi lentamente in cenere.
Quando ormai anche l'ultimo sbuffo di fumo si era sfilacciato nel vento, Barden montò a cavallo.
Aveva già fatto i bagagli e non aveva intenzione di rimanere un minuto di più in quel luogo così pieno di dolore. Prima che partisse Corniolo si avvicinò a lui con una borsa di monete
«Il vostro compenso per averci condotto fino a qui» disse porgendogliela
«Non posso accettarla» protestò debolmente il ragazzo, respingendola
«E io non posso permettermi che non l'accetti. Ci hai condotti fino a Solwin. Considerarlo un risarcimento anche per quello che è successo a Morten. Capisco che un pugno di monete non potrà mai sostituire tuo fratello, ma un po' di soldi in più potrà sempre fare comodo a te, tua madre e la tua famiglia»
Barden protestò ancora, ma alle insistenze di Corniolo cedette e accettò le monete con sincera gratitudine. Salutò tutti con un mesto cenno del capo e tenendo per le redini il cavallo di Morten si diresse lentamente verso la strada. Gli era parso di vedere in lontananza una figura scura assistere in disparte alla cremazione, come se non volesse farsi vedere, e quando imboccò la strada che riportava alle porte della città la rivide.
Era una figura alta e massiccia, a prima vista, avvolta in un mantello nero. La figura era senza il cappuccio. Quando passò due occhi turchini si fermarono su di lui, inchiodandolo sul posto. Erano colmi di lacrime. Salutò il ragazzo con un rispettoso cenno del capo, pieno di commozione, poi nascose il viso nelle ombre del cappuccio e sparì.
 
«È inutile rimanere ancora a Solwin» borbottò Corniolo interrompendo il silenzio tombale che era calato sulla sala «Dobbiamo continuare il nostro viaggio» aggiunse rivolto a Matisse. La ragazza era prostrata dal dolore e dalla tristezza, il volto era consumato dalle lacrime e tutto in lei appariva abbattuto e provato. Annuì senza particolare enfasi.
«Dove siete diretti?» domandò Neren
«A Neherin, ma ci servirebbe una guida che ci conduca fino a lì» rispose Corniolo
«Se volete posso accompagnarvi io. Ho girato in lungo e in largo per questo regno e lo conosco abbastanza bene...» si propose l'elfo
«Ma...» iniziò ad obiettare l'omuncolo, fino ad allora aveva male sopportato la presenza di quei due elfi e l'idea di dover continuare il viaggio con loro non lo alettava per niente.
«Non preoccuparti» lo interruppe Neren «Non pretenderò alcun compenso»
«Ma...» provò di nuovo l'ometto
«E non sarà per me di alcun disturbo» lo interruppe di nuovo il cantore «Sempre che vogliate continuare il viaggio con me» aggiunse gettando uno sguardo a Matisse. La ragazza non rispose nulla, era rimasta ancora troppo scossa per la morte di Morten. La trovava estremamente incedibile, assurda e ingiusta. Perché quel ragazzo era morto? Cosa aveva fatto di male? Perché spezzare all'improvviso una così giovane vita?
Ritrovarsi così improvvisamente in faccia alla morte l'aveva sconvolta. Non era la prima volta che la vedeva, lei stessa aveva visto molti morire sul tavolo della cucina di casa sua per una malattia incurabile o una ferita infetta, aveva anche ucciso e visto spegnersi la vita sottratta dalla sua stessa mano, ma era la prima volta che viveva la morte in prima persona, che sentiva un vuoto dentro di lei, provocato dalla scomparsa di una persona a cui era molto legata.
Morten era diventato suo amico nonostante l'inguaribile timidezza di lui e la naturale diffidenza di lei, aveva apprezzato la sua discrezione e la sua profonda sensibilità, le poche parole balbettanti che si riusciva a cavargli fuori di tanto in tanto e la sua generosa disponibilità. Inoltre l'aveva salvata da uno stupro di questo gliene era profondamente grata. Non se ne sarebbe mai dimenticata: era solo grazie a lui se era ancora intatta.
Un singhiozzo la scosse. Non poteva piangere, di nuovo. Cercò di ricacciare indietro le lacrime e di darsi un contengo.
«Per me va bene» rispose alla domanda di Neren, ma non le riuscì trattenere il tremore involontario della sua voce. L'elfo sorrise e il suo viso si illuminò, Corniolo sbuffò e si trovò costretto ad accettare.
Nonostante trovasse estremamente indisponente l'elfo e provasse un'istintiva e viscerale antipatia nei suoi confronti, doveva ammettere che sarebbe stato da sciocchi rifiutare un'offerta simile: quel cantore dalle orecchie a punta era disposto ad accompagnarli gratuitamente, inoltre era l'unico all'apparenza capace di intrattenere Matisse e che sarebbe stato capace di distrarla e farle pian piano ritornare il sorriso.
Dal canto suo la ragazza cercava di riprendersi e si dava della sciocca, perché non riusciva a uscire dal profondo dolore che l'attanagliava.
Il mondo va avanti lo stesso si disse e il tempo non sta ad aspettare che tu ti riprenda. Le lacrime non faranno ritornare Morten e i pianti non servono a nessuno. Bisogna andare avanti...
«Possiamo partire subito?» pigolò la ragazza.
 
La compagnia ripartì quello stesso pomeriggio. Il sole splendeva alto nel cielo, non una nuvola ne sporcava l'azzurro immacolato.
Con mestizia i quattro si rimisero in marcia, nessuno parlò per tutto il tragitto. Solo la voce dolce e melodiosa di Neren, velata di tristezza, accompagnava il loro viaggio. Aveva intonato un canto malinconico che ricordava eroi caduti in guerra in difesa di quello che amavano, gli sembrava appropriato alla situazione, inoltre non riusciva a sopportare per troppo tempo il silenzio, lo trovava opprimente.
Nessuno aveva protestato e Neren aveva continuato a cantare le gesta del prode Beryaton morto per mano del feroce Vendras che voleva impossessarsi del suo regno e per farlo aveva rapito l'amata del suo rivale, rinchiudendola in un torre d'alabastro. Beryaton non aveva ceduto, ma era dilaniato dalla scelta tra il suo regno e la sua amata. Solo in cambio delle sue terre e della sua corona, infatti, l'avrebbe rivista.
Alla fine Beryaton aveva dichiarato guerra a Vendras, considerandolo l'unico modo che aveva per mantenere il suo regno e riavere la sua amata, o alla peggio, perdere tutti e due.
Così era scoppiata una sanguinosa battaglia in cui Beryaton era perito, spirando con il nome della sua amata terra sulle labbra e quello della sua amata stretto in pugno.
Era una storia estremamente commovente e Matisse si ritrovò a pensare che a Morten sarebbe piaciuta, quel ragazzo adorava i racconti che gli elfi si tramandavano di bocca in bocca e aveva approfittato delle soste nelle locande per abbeverarsene avidamente.
La ragazza diete un leggero colpo di tallone al cavallo, che aveva rallentato l'andatura, rimanendo indietro. Non l'aveva fatto apposta, ma inconsciamente sentiva il bisogno di distaccarsi dagli altri e rimanere un po' da sola, per metabolizzare la morte del ragazzo e riprendersi.
Il Myr, che ogni tanto soffiava dolcemente, l'aiutava a scacciare i pensieri più cupi e a portarli lontano, al di là delle montagne di Berenden e Morongard.
Ortensia, in una delle sue lezioni di geografia, le aveva descritto le punte acuminate color antracite di Berenden, le Lame d'Argento, che proteggevano le piane dai venti impetuosi e freddi del Nord, e le punte di ghiaccio scintillanti al sole, come quelle d'acciaio delle lance dei soldati, delle possenti montagne  di Morongard, i Guardiani di Ghiaccio, sotto il cui sguardo sorgeva la Città d'Oro.
Matisse si chiese quanto ancora avrebbe dovuto viaggiare per arrivare a quella città e a cosa ancora avrebbe dovuto assistere.
Per una ragazza vissuta per tanto tempo in una piccola realtà tranquilla come quella di Verderamo, l'immensità di quegli spazi, la cacofonia colorata delle città, l'orrore della morte e delle uccisioni l'aveva travolta e frastornata, aveva bisogno di un po' di tempo per riprendersi, ma purtroppo, il trono aspettava e chi bramava nell'ombra per sottrarglielo non aveva tutta questa pazienza.
 
«Come sarebbe a dire?» tuonò la voce di Radamanto, facendo tremare le vetrate
«Mi dispiace...I-io mi sono confuso, erano vestiti allo stesso modo e poi era tutto buio» balbettò la voce proveniente da un cristallo color del sangue
«INCOMPETENTE!» lo interruppe Radamanto. Tremava, ribollendo di ira e delusione «Non credevo che fossi tanto stupido da scambiare due persone e uccidere quella sbagliata!»
Radamanto era veramente furibondo: se avesse potuto avrebbe preso quell'idiota per il collo e gliel'avrebbe torto, per poi dare in pasto ai vermi la sua inutilissima persona. Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi, non aveva alcun senso inveire contro quello sciocco, il danno era ormai fatto, tutte quelle urla sarebbero servite solo a farlo arrabbiare ancora di più e a procurargli un feroce mal di testa. Sospirò di nuovo, cercando di reprimere la sua furia in un angolo lontano della mente, aveva bisogno di pensare lucidamente, il tirapiedi di Procne era ancora in vita
«E tutto per colpa di questo buono a nulla!» urlò, picchiando un pugno sul tavolo, le bottigliette accatastate su di esso tintinnarono.
«Avete detto qualcosa?» domandò la voce, Radamanto non aveva ancora chiuso la conversazione
«Stavo solo ribadendo il tuo essere estremamente stupido e inutile!» esclamò l'uomo, per poi scuotere la testa «Voglio darti fiducia, Alcor. Sei il mio migliore assassino e mi spiacerebbe dover rinunciare a te. Ma giuro che se dovessi fallire di nuovo e per un motivo altrettanto stupido, io verrò a cercarti e ti eliminerò con le mie stesse mani, nella maniera più atroce, dolorosa e umiliante esistente. Sono stato chiaro?»
«Sì, mio signore. Grazie, mio signore» pigolò la voce
«E ora sparisci!» gridò l'uomo, prima di scagliare la pietra contro la parete.
«Sono circondato da idioti» disse tra sè, sconsolato, accasciandosi su una poltrona . La notizia della morte del ragazzo l'aveva fatto andare su tutte le furie: credeva di potersi fidare di Alcor, gliel'avevano venduto come uno dei migliori assassini in circolazione e fino a quel momento non aveva mai avuto motivo di dubitarne, fino a quando non gli era giunta la notizia di aver ucciso un comune ragazzo di campagna invece di quel rompiscatole di Zefiro.
«Era buio, erano vestiti allo stesso modo e io ho un secchio di aringhe al posto del cervello e due fette di prosciutto spesse quanto ruote di carro sugli occhi» gli fece il verso l'uomo. Se avesse potuto, avrebbe eliminato personalmente il ragazzo, ma doveva rimanere a palazzo, a supervisionare la situazione e a svolgere le mansioni che la povera regina malata, costretta a letto non poteva condurre.
Si alzò di scatto, ancora furioso, dubitava vivamente che Alcor sarebbe riuscito a combinare qualcosa, ma non aveva altri sicari a disposizione, a meno che...
Radamanto scartò l'ipotesi prima che si formasse completamente nella sua testa...eppure non sembrava un'idea così malvagia.
L'uomo fece il giro della poltrona, per poi riprendere posto su di essa, meditabondo. In realtà, aveva a disposizione un altro sicario, uno dei più crudeli e terribili, di cui si serviva solo nei casi di emergenza.
E questo aveva tutta l'aria di essere un caso di emergenza.
«Quella mosca fastidiosa ha ficcanasato per troppo tempo impunita!» decretò Radamanto e un sorriso sornione distorse il contorno pieno delle sue labbra.





 
***
Sono risorta!
Per la vostra gioia (?), dopo MESI (!) di degenze e insoddisfazione (il capitolo ce l'avevo pronto da quest'estate ma non mi piaceva e non ero nemmeno troppo sicura di pubblicarlo, però ormai è fatta) ho finalmente aggiornato e sono giunta ad un punto morto, pertanto non so quando aggiornerò di nuovo...
Scrivendo la prima parte ho pianto, spero succeda anche a voi...
Dell'ultima parte sono un po' scontenta, quindi vi chiedo gentilmente la cortesia di recensire e dire cosa ne pensate ^.^


Grazie a quanti lo faranno e a tutti quelli che non mi hanno ancora abbandonata, nonostante i tempi di attesa...
Ayr
 
   
 
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