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Autore: Melanto    02/01/2016    9 recensioni
La neve venne sfaldata nella mano che aveva smesso di compattarla. Fu lasciata cadere di nuovo al suolo, mentre Kumi si alzava lentamente. Gli diede le spalle ancora per qualche momento, prima che il suo sorriso s’affacciasse da sotto al cappuccio. Era piegato in una nota più malinconica.
«Avrei dovuto immaginarlo che qualcuno se ne sarebbe accorto, pensavo d’esser stata brava. Ma tu sei un tipo che parla poco e osserva molto.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'New Year's Eve Stories'
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New Year's Eve (Second) Story

Nota Iniziale: Da un po’ di tempo a questa parte ho preso l’abitudine di scrivere una storiella per il periodo natalizio/capodannoso. :3
L’anno scorso fu una storia di Natale, quest’anno una dedicata al 31 Dicembre! :D
Per i più attenti, magari questo titolo non sarà nuovo… e infatti questa storia è un ‘sequel’ di quella pubblicata due anni fa dal titolo: “New Year’s Eve Story”.

Ambientata nella vigilia di Capodanno di due anni dopo, come per la prima fic anche questa è una storia che ha una coralità di fondo, ma dentro la quale sono intrecciate un po’ le storie di tutti i personaggi. :D
Vi lascio alla lettura e vi rimando alle note di chiusura! :*

New Year's Eve (Second) Story

 

Silent Night
- Yuzo&Mamoru -

Mamoru guidava con entrambe le mani salde sul volante, ma lo sguardo saltava dalla strada al profilo di Yuzo.
Il campionato si era concluso presto quell’anno, e il portiere gli era parso strano fin da subito. Mamoru sapeva perché, ma si rese conto che non avevano mai affrontato l’argomento: Yuzo lo evitava, gliel’aveva fatto capire più o meno esplicitamente. Lui, per rispetto e anche un po’ per timore, non aveva insistito. Forse aveva sbagliato.
Mamoru se ne rese conto in quel momento, mentre erano in macchina per andare da Teppei a festeggiare tutti insieme la notte di Capodanno, come facevano da qualche anno a quella parte.
Per tutto il giorno, Yuzo era stato più sorridente del solito in una maniera così finta che lui se n’era accorto subito; era difficile, per Mamoru, non riconoscere un sorriso sincero da uno costruito quando si trattava del portiere.
L’aveva quindi tenuto d’occhio, fino a che non erano saliti in auto e ora si stavano muovendo per le strade affollate di Nankatsu. Il traffico era intenso perché tutti correvano a casa, per prepararsi alla serata di festa.
Yuzo si era ammutolito dopo aver acceso l’autoradio. Gomito appoggiato accanto al finestrino chiuso, e labbra nascoste dal dorso delle dita; guardava fuori, ma non sembrava vedere davvero la strada e le persone.
Tutto quel silenzio era impossibile da non notare. Era impossibile da sopportare.
Mamoru prese un respiro profondo e fece per dire qualcosa, spezzare il muro che Yuzo si era creato intorno in maniera certosina, ma che iniziava già a far vedere qualche crepa.
Voleva entrare e parlare con lui.
Ma il portiere sembrò quasi accorgersene, perché allungò una mano verso l’autoradio e alzò il volume di un paio di toni.
«Bella questa versione di Silent Night» disse, tornando a guardare fuori.
Mamoru ingoiò il respiro, ingoiò le parole, capì l’antifona. E rimase in silenzio.

 

Kitty Cat
- Hajime&Teppei -

«Teppei, dove sono le gatte?»
Hajime sbuffò per l’ennesima volta, mentre cercava le due Maine Coon che si erano nascoste da qualche parte.
«La smetti di dar la caccia a Yuki e Sakura(1)
«Do loro la caccia perché sono due furbastre! Ti ricordi cos’hanno fatto l’anno scorso, sì?»
Teppei ridacchiò, appoggiato allo stipite della porta della sua camera da letto nella casa di Nankatsu.
Come ogni fine anno, i suoi genitori erano andati a trovare alcuni parenti fuori città, ed era divenuta tradizione festeggiare a casa Kisugi assieme a tutti gli altri. Da Osaka, Teppei portava sempre le gatte con sé e che in meno di un attimo erano divenute le vere padrone della villetta.
Per quanto dicesse di non poter troppo soffrire i gatti, Teppei era sempre stato convinto che Hajime fosse esattamente come le sue bimbe pelose: le teneva a distanza, faceva un po’ il sostenuto, le pungolava, ma sotto sotto si preoccupava di loro molto più del loro padrone.
«Si sbafarono un paio di tartine, che sarà stato mai.»
«Non la possono mangiare quella roba, gli fa male!» Hajime tirò fuori la testa da sotto al letto, rivolgendogli un’occhiata traversa mentre rimaneva in ginocchio. «E tu sei un padre sciagurato!»
Teppei sbottò a ridere, agitando una mano. «Sta’ tranquillo, a breve arriverà Takeshi, vedrai che usciranno subito fuori per giocare con Mila.»
L’altro sbuffò, ma alla fine si convinse, tirandosi in piedi. Diede una ripulita ai pantaloni e sistemò la camicia. Sulla porta, si accorse che Teppei era rimasto a fissarlo con un mezzo sorriso.
Hajime inarcò un sopracciglio, passando una mano nei capelli più spettinati del solito.
«Che c’è?»
L’altro fece spallucce. «Niente.»
«Sì, certo. Che c’è?»
Teppei lo squadrò da capo a piedi, il sorriso che tratteneva era sornione. Hajime aveva una camicia scura, senza cravatta, un gilet nero, e un paio di jeans. Un misto tra formale e informale, proprio adatto al suo spirito. I capelli neri ricadevano su un occhio in maniera indisciplinata.
«No, niente.»
Il giocatore dei Tokyo Verdy incrociò le braccia al petto, cambiando piede d’appoggio, in un atteggiamento leggermente minaccioso.
«Senti un po’, vuoi farmi arrabbiare?»
«Nah.» Teppei agitò una mano, spostandosi dallo stipite. «Pensavo.»
«A cosa?»
Adagio lo raggiunse fino a trovarsi l’uno di fronte all’altro. Con un soffio leggero gli spostò una ciocca di capelli dal viso.
«Forse, a lungo andare, i tuoi raptus sono divenuti contagiosi.»
Sulle labbra di Hajime si piegò un sorriso compiaciuto e sottile, mentre sollevava il mento.
«Maddavvero?»
Teppei gli sistemò leggermente la camicia, per darle un aspetto più ordinato. «Magari più tardi…»
«E tu sei convinto di arrivarci a ‘più tardi’
Teppei ammiccò. «Sarà una sfida interessante» mormorò, prima di baciargli l’angolo della bocca, in maniera volutamente provocatoria.
Un paio di miagolii arrivarono a interrompere il loro momento e Hajime abbassò lo sguardo, nel sentire qualcosa strusciarsi contro la gamba. Yuki e Sakura erano spuntate da chissà dove e forse avevano percepito l’atmosfera che girava loro intorno, perché erano giunte a reclamare un po’ di coccole e attenzioni.
Taki sbuffò. «Ed ecco qui le due rompicoglioni.»
Teppei sbottò a ridere. Chinandosi, prese in braccio Sakura che si stava allungando su una sua gamba, con l’intento di scalarla. Il pelo folto e morbido, bianco e di un colore rosso così tenue da sembrare rosa, gli solleticò il viso, mentre la gatta gli strusciava il muso sotto al mento.
«Che ruffiane» ridacchiò Hajime. «Andiamo di sotto, mi sembrava che avessero suonato. Deve essere arrivato qualcuno.» Con una mano in tasca si avviò fuori dalla stanza, mentre Teppei rimaneva indietro a osservarlo.
«Tranquillo, ci sono gli altri, avranno di sicuro aperto.» Poi lo fermò che era sulla soglia. «La sai una cosa?»
«Quale?»
«Sei sexy, Kitty-Cat
Hajime gli soffiò contro, mentre Teppei sbottava a ridere e pensava, una volta di più, di avere tre gatti cui badare.

 

Nothing to wait for
- Takeshi&Others -

«Mila, non tirare!»
Takeshi rise nel vedere che il meticcio aveva riconosciuto il posto in cui stavano andando e aveva aumentato il passo, iniziando a scodinzolare.
Incredibilmente, le gatte di Teppei l’avevano presa in simpatia fin dalla prima volta che l’aveva portata lì, un paio d’anni prima. Era stata una pallina, allora, pochi mesi; adesso era cresciuta ed era divenuta una splendida taglia media, dalla fisicità sottile e il pelo raso. Era vivace e curiosa e, sì, la vita un po’ gliel’aveva cambiata, tanto che aveva finito con il dimenticarsi la malinconia che la fine d’anno sapeva sempre mettergli addosso.
Da quando c’era lei, Takeshi aveva smesso di fare bilanci e aveva smesso di aspettare che l’eventuale ‘donna della sua vita’ apparisse per sbaglio davanti alla porta. Nei due anni trascorsi aveva conosciuto un paio di ragazze, le aveva frequentate, ma non ne era nato niente e non era andato in paranoia, anzi.
Aveva iniziato a capire; un po’ in ritardo, ma ci stava riuscendo.
Non era ciò che si era conquistato ma lo stato d’animo con cui s’affrontava ogni cosa a fare la differenza, e lui era divenuto stranamente positivo; perfino quell’anno, che dal punto di vista calcistico era stato forse il più negativo della sua carriera. Eppure era di buon umore, ansioso di passare insieme ai suoi amici il conto alla rovescia più famoso del mondo.
«Takeshi?»
La voce improvvisa di Mamoru si attirò il suo sguardo che era praticamente davanti al cancelletto della casa di Teppei.
«Ehi, ragazzi» salutò nell’osservare Mamoru e Yuzo farsi dappresso.
«Ma siamo così in ritardo?» domandò proprio Izawa, guardando l’orologio.
Lui sorrise, mentre Mila correva a fare le feste a Morisaki che non vedeva solo da qualche giorno.
«A dire il vero, sono io ad essere in largo anticipo, questa volta.» Takeshi nascose parte del sorriso nella sciarpa, mentre si stringeva nelle spalle.
«Non restiamo qui fuori, che si congela.» Yuzo diede un paio di grattini affettuosi al cane, ma non ci si fermò come faceva di solito, arrivando addirittura a scoccarle un bacio sulla testa. Superò gli altri e avanzò per primo lungo il vialetto.
Qualche passo più indietro, Takeshi lo osservò con espressione accigliata.
«Scusalo. Non è in forma.» Lo giustificò Mamoru.
«Sì, lo so.» Takeshi rivolse a Izawa un’occhiata preoccupata. «Non ne avete parlato?»
«Non fa nemmeno introdurre l’argomento; come ci provo, cambia espressione e si chiude a riccio.»
I due guardarono entrambi verso la porta d’ingresso, avanzando più adagio, in modo da scambiarsi qualche parola da soli.
Videro Kumi comparire sulla soglia di casa, che salutava Yuzo e lo faceva accomodare, prima di guardare loro e urlettare di gioia.
«Banana!» Si accovacciò sui talloni, aprendo le braccia. «Bananina
Takeshi rise e sganciò il guinzaglio dal collare di Mila che aveva iniziato a guaire e smaniare per correre da Kumi. Non appena fu libera, le si lanciò praticamente addosso, col rischio quasi di farla cadere.
«Siamo cresciute? Siamo cresciute? Sì, che lo siamo!»
Mamoru scosse il capo. «Regressione all’infanzia in 3, 2, 1.»
Kumi gli fece la linguaccia, senza smettere di coccolare il muso di Mila. «Sei antipatico!»
«E’ incredibile, ma sei una delle due persone cui fa più feste in assoluto» notò Takeshi. «L’altra sono io. E dire che ti vede solo pochissime volte l’anno.»
«Davvero?!» Gli occhi scuri di Kumi si illuminarono, mentre si alzava in piedi. Come ogni anno, era una piccola e stravagante ciliegia: rossa negli abiti, nel rossetto lucidalabbra e nel sottile cerchietto messo più per abbellire che per reale necessità, visto che portava i capelli corti. «Mi vuoi bene, Mi-chan? Anche io te ne voglio tantissimo!»
Mila abbaiò giocosa e sgattaiolò all’interno, seguita da loro.
Da dentro, arrivarono le voci degli altri invitati.
«Oh, siete arrivati presto! Questo vuol dire che mangeremo prima! Olè!»
Yukari mollò uno scappellotto a Ryo. «Non incominciare, tu. Dovremmo iniziare a prendere l’abitudine ad arrivare per ultimi, così non mi farai disperare come sempre.»
«Mi sento un incompreso!» sbuffò Ishizaki.
Azumi ridacchiò, mentre Taro scoteva il capo e allungava il collo verso di loro. «Stavolta sarà Shingo ad arrivare ultimo e a trovare il vino già stappato!»
«L’ho già messo sul ripiano della cucina!» gli disse Teppei, che era andato ad accogliere i nuovi venuti assieme ad Hajime.
Quest’ultimo si stava facendo dare il giaccone da Yuzo.
«Allora com’è andato il rientro da Shimizu-ku? Tutto a posto?»
«Sì, benissimo, come sarebbe dovuto andare?» Yuzo mostrò un sorriso forzato ed eccessivamente aperto che lasciò Hajime interdetto. «Va tutto a meraviglia, non capisco perché continuiate a chiedermelo!» Gli mollò una pacca sulla spalla e si avviò spedito verso il salone per salutare goffamente anche gli altri.
Fermi sulla soglia, la Silver Combi rimase perplessa.
«Che è successo?» chiese Hajime. «Yuzo non mi sembra stare molto bene.»
Mamoru si tolse piano il cappotto, inspirando a fondo. «No, infatti.»
«Considerando che stiamo parlando di Yuzo, penso che il problema sia solo uno.» Teppei guardò Mamoru «Si tratta della retrocessione, vero?»
«Non l’ha presa bene.»
Teppei annuì. «Lo vedo.»
«Yuzo è uno di quelli che l’ha presa peggio», spiegò Takeshi, «e credo sia anche comprensibile, dal suo punto di vista.»
«Tu mi sembri tranquillo» fece notare Hajime e lui si strinse nelle spalle.
«Sì, lo sono. L’avevo messa in conto che sarebbe potuta finire così, visto l’andazzo. Yuzo invece c’ha creduto fino in fondo di riuscire almeno a evitare la retrocessione. Il fatto è che ce l’ha a morte col vecchio mister: se potesse averlo sotto mano, gli torcerebbe il collo.»
«Come dargli torto» appoggiò Teppei. «Ha praticamente lasciato la difesa tutta sulle sue spalle, mettendo in campo dei ragazzini e lasciando in panchina buona parte dei veterani. Tu avrai giocato sì e no la metà delle partite del campionato!»
«Yuzo ha fatto del suo meglio, ma i miracoli…» Takeshi scosse il capo. «Si sente responsabile.»
Mamoru picchiettava nervosamente il pavimento con la punta della scarpa. Yuzo non era un tipo abituato a tenersi dentro le cose tanto a lungo, lo faceva solo quando la cosa in questione lo feriva più di quanto fosse disposto ad accettare. Ma lui sapeva che quel mutismo gli sarebbe risultato solo controproducente.
Indurì lo sguardo, mentre mollava il cappotto a Teppei.
«Non sono disposto a guardare mentre s’intossica la fine dell’anno, checcazzo.»
A passo spedito piombò nel salotto, mentre gli altri rimanevano a osservarlo, ancora fermi all’ingresso.
«E quindi vuol dire che il prossimo anno ci ritroveremo tutti sullo stesso campo.» Teppei la buttò lì con un sorriso, cui Takeshi rispose con una gomitata.
«Puoi scommetterci, ci sarà da divertirsi!»
«Ehi, che fate ancora lì?» Kumi li richiamò, mentre Mila era già persa dietro Yuki e Sakura che erano scese dal piano superiore per accoglierla e adesso si stavano tutte e tre rotolando sul tappeto.
«Arriviamo!» Takeshi sorrise e, nonostante tutto, sentì di non avere davvero alcun motivo per essere triste.

 

The Proposal
- Shingo Takasugi -

«Avremmo dovuto parcheggiare più vicino.»
«E perché mai? Mi piace passeggiare con la neve.»
Mary Elisabeth si teneva stretta al braccio di Shingo. Lo sguardo seguiva le impronte che i passi altrui avevano lasciato nel manto che si era posato al suolo. Bagnava le punte degli stivaletti scuri che indossava, ma lei sorrideva divertita. Le onde castano-ramate erano sistemate di lato, e si appoggiavano sul pellicciotto nero – rigorosamente sintetico – del cappotto.
Al suo fianco, Shingo aveva le mani nelle tasche del soprabito nero che gli arrivava alle ginocchia. Nemmeno lui sembrava avere troppa fretta.
«Quando ero piccola, costruivo sempre gli snowmen con mio fratello. Il freddo non mi dà noia.»
Shingo diede un’occhiata alle gambe che la giovane portava scoperte dal ginocchio in giù; da sotto al cappotto, Marybeth aveva un vestito anni ’50 dalla gonna ampia, resa in parte vaporosa da uno strato di tulle.
«Sicura?» domandò, e lei gli rivolse la coda dell’occhio dove il tratto deciso dell’eyeliner metteva in risalto l’iride azzurro e brillante.
«Il caldo e il freddo ce l’abbiamo nel sangue, noi texani.»
Il rossetto rosso diede una sfumatura sfrontata al tono e allo sguardo. Era bellissima, con il suo stile da pin-up e la sua fisicità dolcemente curvy. Più alta di una giapponese, più determinata e con quell’ironia all’americana che spesso la rendeva sfacciata agli occhi altrui, non abituati a quel temperamento deciso.
Shingo non si azzardò a contraddirla ma sorrise a sua volta, spostando lo sguardo sulla strada.
Aveva ripreso a nevicare da prima che uscissero dalla casa dei suoi genitori, e ora i fiocchi si erano fatti più gonfi e leggeri, sembravano ovatta.
Marybeth lasciò andare il braccio del suo cavaliere e fece qualche passo avanti, intrecciando le mani inguantate davanti al viso.
«Non è bellissimo? Adoro quando nevica così!» Il viso era sollevato al cielo, che conservava una strana luminescenza nonostante fosse ormai buio.
«Non hai paura che ti si sciolga il trucco?»
«Oh, andiamo, Bear! Chi se ne importa, e poi è waterproof!» rise la giovane, mentre lui si fermava qualche passo più indietro.
Per qualche miracolosa congiunzione astrale, la veterinaria di Hiroshima era riuscita a tenersi libera per tutto l’arco delle feste, cosa che capitava una volta su venti. Così avevano potuto organizzare il Natale dai suoi genitori a Nankatsu e il Capodanno con gli amici. Il campionato, poi, quell’anno gli aveva già fatto il miglior regalo che potesse desiderare, dando al Sanfrecce il titolo di campione della J1.
A Shingo era sembrato che tutta quella ‘perfezione’ fosse quasi un segno.
Il segno che l’anno bisognava chiuderlo in maniera altrettanto perfetta.
«Senti un po’, Dottore» esordì, mentre in quel parco a un paio di case di distanza dall’abitazione di Teppei c’erano solo loro due. «Non ti sembra che il mio appartamento a Hiroshima sia un po’ piccolo?»
«Piccolo? In effetti, è un bilocale.»
«Stavo pensando, ecco… che forse sia giunto il momento di mollare la vita in affitto e comprare casa.»
«Shingo Takasugi, stai cercando di dirmi qualcosa?» Mary Elisabeth ridacchiò, girandosi a guardarlo mentre la neve continuava a cadere soffice e fredda.
Non ottenne una risposta, non a voce, ma le bastò vederlo con una mano nella tasca del cappotto e con l’altra che reggeva una scatolina aperta verso di lei.
Mary perse la presa sul sorriso, lasciando che un’espressione di pura sorpresa la cogliesse nello stesso modo in cui l’aveva colta quella proposta inaspettata.
«Ho questo anello da un anno» confessò Shingo. «L’ho comprato il Dicembre scorso e avevo pensato di dartelo a capodanno, mentre eravamo dai tuoi. Solo che tra tuo zio e tuo nonno ubriachi persi, tuo fratello che si è rotto una gamba per sistemare le luci natalizie sul tetto e la nonna con la sua dentiera scomparsa, beh, è passata un po’ l’atmosfera.»
Mentre parlava, Marybeth si era avvicinata adagio, un passo alla volta, lasciando impronte fresche nella neve appena caduta. Aveva un sorriso nuovo sulle labbra e gli occhi azzurri che brillavano molto più di prima.
«Un anno?» fece eco.
«Già… Poi c’è stato il campionato, i tuoi impegni alla clinica e non abbiamo mai avuto un momento in cui fossimo solo noi. Solo io e te. Questo è il primo. E abbiamo la neve.» Shingo sorrise. «Mi spiace di non essere tipo che si inginocchia o fa dichiarazioni plateali.»
«Non mi piacciono quelli che si inginocchiano e fanno dichiarazioni plateali.»
Senza smettere di guardarlo negli occhi, Mary sfilò uno dei guanti. La mano dalla pelle chiara risaltò sul nero degli abiti. Continuava a sorridere.
«Vediamo come mi sta.»
Shingo estrasse il cerchio d’oro bianco, nel cui centro risaltava uno zaffiro circolare. Mise via la scatola e le prese delicatamente la mano nella sua, più grande.
Eppure, mentre veniva infilato senza incontrare alcuna difficoltà, non era l’anello che Mary continuava a guardare. Non aveva mai distolto gli occhi dal viso di Bear, anche se lui ora non la stava osservando.
In quel momento, si rese conto di cosa significasse davvero trovare l’ ‘anima gemella’.
Lei non c’aveva mai creduto un granché a queste cose, non aveva uno spirito molto romantico, eppure mai avrebbe pensato che sarebbe finita a lavorare in Giappone né che il suo uomo sarebbe stato giapponese. Un mondo completamente lontano dalla realtà americana un po’ sguaiata in cui era nata e cresciuta. Eppure a lei Shingo era piaciuto nell’istante stesso in cui gliel’avevano presentato, perché, incredibilmente, era riuscita a vedere un po’ del proprio paese in lui: nella fisicità solida, nella forza. Le ricordava suo padre e suo fratello mentre cavalcavano per le pianure e radunavano i capi di bestiame. Ma nella calma, nella filosofia con cui sapeva prendere ogni cosa, bella o brutta che fosse stata, c’era tutto il Giappone che l’aveva conquistata e convinta a restare. Infine, nella sicurezza che sapeva trasmetterle e nel senso di protezione c’era l’ideale di uomo che aveva sempre desiderato. C’era Shingo.
Ci volevano davvero tante cose per formare l’anima gemella.
Senza esitare, Marybeth lo afferrò per il bavero del cappotto e lo avvicinò a sé.
«Yes, I do» rispose alla domanda che non era stata posta, e lo baciò sotto la neve e il cielo d’opale.

 

I’m here for you
- Yuzo&Mamoru -

«Era ora che ti degnassi di salutare!» Ryo borbottò, sollevando il mento. «Siete stati lì a confabulare; che avevate da dirvi così fitto fitto?»
«Che il prossimo anno dovremmo far venire anche Urabe, così ti tiene impegnato e non fai sclerare gli altri.»
«No, vi prego!» Yukari sollevò le mani, disperata, guardando Mamoru. «Sopportarli tutti e due no, non potrei farcela! E nemmeno quel povero santo di Misaki! Abbiate pietà di noi!»
Ryo fece una smorfia a entrambi. «Nessuno capisce la nostra comicità!»
Mamoru e Yukari si scambiarono un’occhiata eloquente e sbottarono a ridere, poi Izawa si guardò attorno, notando che Yuzo non era più nel salone, dove ci si era diretto nemmeno qualche minuto prima.
«Avete visto Yuzo?»
«E’ andato in cucina quasi subito», spiegò Azumi con aria perplessa. «Mi è sembrato un po’ strano. Sta bene?»
«Sì, sì. Sta benone, non preoccuparti.» Si giustificò Izawa, prima di prendere anche lui la strada per la cucina.
Nel momento in cui si avvicinò alla porta, Taro ne venne fuori con due bottiglie di vino e l’espressione un po’ scura.
«Stavo per venire a chiamarti.» Lo anticipò, mentre gli passava accanto. «E’ di là, con una boccia di rosso e un bicchiere pieno.»
Mamoru annuì, e gli batté una mano sulla spalla. Varcò la soglia della cucina adagio e trovò il portiere nei pressi del lavabo, che guardava fuori dalla finestra. Gli dava le spalle e si stava già versando il secondo bicchiere.
La luce principale era stata spenta, e l’ambiente era rischiarato solo dalle luminarie esterne e da quelle che abbellivano le altre villette del quartiere.
Non gli piacque vederlo così, con le intermittenze che creavano strane ombre sulla sua figura.
«Vuoi buttarla in sbronza fin da subito?»
L’altro sbuffò.
«Sarà già una serata pesante, potresti non mettertici anche tu? Grazie.»
Mamoru lo raggiunse, ignorando l’avvertimento. Gli si fermò accanto, dall’altra parte, in modo da poterlo guardare in viso. Incrociò le braccia al petto e si calò un’espressione dura.
«Il campionato è finito all’inizio del mese e io ti ho lasciato tutto il tempo di cui avevi bisogno per assimilare la cosa e deciderti a parlarmene. Mi sono stancato di aspettare.»
«Ma che diavolo vuoi, si può sapere?!» Yuzo alzò la voce decidendosi ad affrontare il suo sguardo. «Che diavolo volete con i vostri ‘stai bene?’? Certo che sto bene, cazzo, non si vede?! Sto una meraviglia! Sprizzo gioia da tutti i pori.» Afferrò il bicchiere e ne buttò giù più di metà contenuto.
Mamoru gli poggiò la mano sul polso, per impedirgli di finirlo d’un sol sorso. «Ehi, vacci piano.»
«Non farmi la parte, non sei mia madre.»
«Beh, penso di essere qualcosa di più.»
Yuzo sbuffò e girò il viso. Però appoggiò il bicchiere sul ripiano.
Mamoru emise un basso sospiro, aggrottando le sopracciglia e stemperando il tono severo.
«Lo so che sei arrabbiato.»
«Arrabbiato?! Io non sono arrabbiato! Io sono incazzato come una bestia!» Yuzo lo guardava con occhi di fuoco che sembravano quasi brillare al buio. «Sono così fuori di me che la notte non riesco neppure a dormire come si deve! E tutto per colpa di quel… quel… maledetto figlio di puttana!»
Mamoru rimase sorpreso nel sentirlo inveire così pesantemente contro un allenatore, cosa che Yuzo non aveva mai fatto, padrone di un rispetto che era sempre stato totale. Ma la ferita che gli aveva lasciato doveva essere più profonda di quanto avesse pensato.
«Hai visto che cosa ci ha fatto?! Ha distrutto la S-Pulse! L’ha affondata come fosse il Titanic! Come credi ch’io non possa essere furioso dopo che per più di una stagione ho dovuto sopportare un massacro simile?! Due volte ho provato a parlarci e due volte sono stato azzittito malamente!» Yuzo stava andando a ruota libera, complice il vino. «Sarei dovuto andare dal presidente in persona, che cazzo! E invece ho scelto di obbedire al Capitano Sugiyama! Guardaci, ora! Retrocessi! La S-Pulse! Che non è mai andata in J2 da che è stata istituita! Che vergogna…»
Afferrò il bicchiere mentre teneva un pugno chiuso sul ripiano della cucina e lo sguardo che vagava senza trovare un punto di reale interesse dove arenarlo. Non lo bevve subito ma lo rigirò tra le dita, prima di portarlo alle labbra e vuotarlo del tutto. Non se ne versò un terzo, più che altro perché Mamoru aveva strategicamente spostato la bottiglia dalla sua portata.
«Non abbiamo rispettato le aspettative dei tifosi, non abbiamo tenuto alti gli insegnamenti che Mister Ghotbi ci aveva lasciato.» Scosse il capo. «Chissà che starà pensando nel vederci precipitare così…»
«Di sicuro che non è colpa vostra.»
«C’ero io in porta, Mamoru. Non ho mai preso così tanti goal come in questa stagione, come credi che mi senta?»
«Yuzo», Mamoru gli strinse la spalla nella mano, con affetto. «Io l’ho visto quanto ti sei impegnato. Ma se la difesa non era all’altezza, non puoi pretendere più di quello che hai fatto. L’intera squadra era sbilanciata, anche nelle altre zone del campo.»
Il portiere aveva di nuovo lo sguardo lontano, ma il tono della voce aveva perso l’aggressività. Si era sfogato, come non aveva fatto fin dall’inizio, e ora stava lasciando che fosse solo la malinconia della delusione a parlare, piuttosto che la collera.
«Ho ricevuto un’offerta dal Frontale
Mamoru drizzò la schiena. «Quando?!»
«Il giorno dopo la fine del campionato.»
«Perché non me l’hai detto?»
L’altro non rispose, limitandosi a una stretta di spalle e a un mezzo sorriso di giustificazione che sparì subito. E allora fu Mamoru a sorridere con dolcezza, mentre la presa sulla spalla si faceva più gentile, quasi un massaggio.
«Non accetterai, non è così?»
«Sarebbe troppo facile…»
«E le cose facili non sono nel tuo stile» concluse Izawa. Con un sospiro lo costrinse a voltarsi, per poterlo abbracciare. Yuzo non si sottrasse, tutt’altro. S’appoggiò a lui completamente, nascondendo il viso nell’incavo del collo.
Mamoru gli carezzò adagio la nuca scoperta e i capelli corti.
«Avresti dovuto parlarmi prima di tutto questo.»
«Non volevo stressare anche te.»
«Ma stiamo insieme, è normale che mi devi stressare, ti pare?»
Sentirlo ridacchiare lo rincuorò, perché avvertiva in lui la tensione che si scioglieva. Lo sentì nei muscoli, nella stretta delle spalle che si rilassavano e nelle braccia che ora lo avvolgevano, chiudendosi in vita.
Yuzo inspirò il suo profumo e chiuse leggermente gli occhi. Un respiro profondo, con cui espellere anche tutta la negatività.
«La S-Pulse è casa, per me. Non la mollerei mai in questo modo, però… non giocheremo insieme, il prossimo anno.»
«Lo so. Però giocherai contro Hajime e Teppei. Sono agguerriti, sappilo, e non vedono l’ora.»
Yuzo rise di nuovo e si scostò da lui il tanto che basta a poterlo guardare negli occhi. La smorfia che ora aveva sulle labbra non era più quella di circostanza che Mamoru era stato costretto a vedere per giorni. Sorrise a sua volta.
«Scusami.»
«La prossima volta parlami, non tenerlo per te. Sono qui apposta.» Mamoru gli baciò le labbra in un tocco leggero. «Sono qui per te.»


The Dove and the Raven
- Takeshi&Kumi -

Quando Yuzo e Mamoru tornarono nel salotto, Shingo e Marybeth erano appena arrivati.
«Mila! Come here!» Mary si era già liberata del cappotto. Il fermaglio rosso a forma di fiore che aveva tra i capelli faceva pendant con quello che aveva su una bretella del vestito, con il tulle della sottogonna e con la cinta che le sagomava la vita, mentre la gonna nera si apriva vaporosa e il decolleté era messo in risalto dal taglio a cuore.
Mila si rotolò per alzarsi, scrollandosi Sakura dalla pancia che le stava facendo un rilassante massaggino. Le si avvicinò scodinzolando e con il musetto un po’ basso.
«Here, sweetie! Oh, good girl! Fammi vedere che bei dentini hai, honey
Shingo scosse il capo. «Ecco che entra in modalità ‘Dottore’
Takeshi rise, notando quanto Mila fosse remissiva nei suoi confronti. «Guardala come sta sulle sue. Mi sa che emani l’odore del ‘veterinario’, Marybeth.»
«Ah, quello non me lo scrollo mica.» Lei gli strizzò l’occhio mentre, tra una coccola e l’altra, faceva una rapida controllata alla cucciola.
«Era ora!» sbottò Ryo. «Siete gli ultimi, lo sapete? Addirittura Takeshi è arrivato prima di voi!»
«Infatti sono sorpreso di trovarti già qui.» Shingo guardò Kishida che si strinse nelle spalle.
«Mila voleva uscire.» Si giustificò, con un sorriso.
«Noi ce la siamo presa un po’ con calma...» Bear lanciò un’occhiata a Beth che si metteva in piedi e lo raggiungeva. Lo prese sottobraccio e si scambiarono uno sguardo divertito che fece cedere l’Orso. «Ok, diglielo tu.»
«Udite udite, vi portiamo l’ultima novità dell’anno in corso.»
I ragazzi si scambiarono un’occhiata sorpresa, ma fu Ryo il primo a balzare in piedi e a puntare il dito.
«Sei incinta!»
«Ishizaki!» fu il coro unanime.
«Perché?! Non può essere?!»
«Rallenta un po’, Ryo, hai saltato un passaggio.» Mary Elisabeth allungò la mano dove l’anello brillava sotto le luci artificiali del lampadario.
Questa volta, il coro fu una cacofonia di sorpresa.
«Vi sposate?!»
«Ooooh! Congratulazioni!»
«Bel colpo, Bear! Hai capito, zitto zitto!»
Yukari e Azumi raggiunsero subito Mary per farsi raccontare, mentre Shingo si beccava le pacche sulle spalle obbligatorie.
«Fa’ vedere!» Yukari prese la mano di Beth tra le sue, per guardare l’anello, e sospirò. «Shingo è sempre stato un tipo di classe, altro che quel tonto di Ryo. Se aspetto che lui mi faccia una proposta, sto fresca.»
Sentendosi chiamare in causa, Ishizaki cercò di difendersi. «Ehi! Sono un tipo molto riflessivo!»
«Io mi riterrei fortunata, Yukari», Mamoru ridacchiò, appoggiato alla spalla di Yuzo. «Ora come ora puoi ancora scampartela… pensa se dovessi sposartelo!»
«Mh… messa così, lo sai che hai ragione?!»
«E allora?! Sono presente, che cavolo!»
Fu tra le risate che Takeshi si accorse di come Kumi si mantenesse un po’ più defilata. Solitamente, sarebbe stata la prima a tempestare Marybeth di domande sul come e il quando, e invece accennava a stento un paio di sorrisi. Sembrava trovare più interessante piegare e ripiegare il tovagliolo già perfetto poggiato sulla tavola imbandita.
Gli parve strano da parte sua, ma quando – convinta di non esser vista – la scorse abbassare lo sguardo sul tavolo e sospirare con una certa malinconia, ebbe la certezza che ci fosse qualcosa che non andava.
«Stasera abbiamo davvero un ottimo motivo per brindare, allora.» La voce di Taro lo distrasse. «E visto che ormai ci siamo tutti, che ne dite di iniziare con qualche antipasto? Così Ryo mangia e non ci pensa.»
«Misaki, tu quoque?!» Ishizaki scosse il capo. «Prima o poi dovrete iniziare a prendermi seriamente, accidenti!» Con le mani nelle tasche e la testa infossata tra le spalle, iniziò ad avviarsi al mobile sul quale i vassoi con gli stuzzichini aspettavano solo che qualcuno desse il via alla festa.
Nemmeno Takeshi seppe perché lo fece, ma agì senza pensare.
«Ah, voi iniziate! Io porto Mila a fare due passi; questa monella aveva talmente tanta smania di venire qui, che non ha fatto i suoi bisogni. Kumi, ti va di accompagnarci?»
La giovane Sugimoto sembrò come tornare a brillare. «Posso portarla io?!»
«Ma certo.»
«Sì!» batté le mani entusiasta, e anche Mila abbaiò gioiosa un paio di volte, come se stesse capendo che sarebbe successo qualcosa di divertente da un momento all’altro. Difatti, Kumi le andò vicino. «Andiamo a fare la pipì, Mi-chan! Andiamo!»
Kishida sorrise, quando lei gli sfilò davanti seguita a ruota dal cane.
In breve si infilarono nei cappotti e uscirono nel freddo di una Nankatsu ancora più bianca. La neve cadeva abbondante e non sembrava voler smettere per le prossime ore.
«Fate presto!» supplicò Yukari. «Non so quanto potrò trattenere Ryo ora che è stato aperto il buffet!»
Kumi ridacchiò, stringendo il nodo alla sciarpa bianca e sistemando il cappuccio sulla testa. Il cappottino era bianco anch’esso, e qua e là spuntavano i particolari rossi del suo abbigliamento; soprattutto le labbra ciliegia. Al suo fianco, Takeshi era una macchia nera che piano piano si puntellava del bianco della neve.
Mila si faceva portare tranquilla, anche se non era Takeshi a tenerle il guinzaglio. Saltellava e cercava di mangiare i fiocchi che le cadevano sul naso.
Kumi rise nel vederla giocare e anche se ogni tanto tirava, lei affrettava il passo, per tenerle dietro.
«Attenta a non scivolare!» Si raccomandò Kishida, mentre entravano nel piccolo parco vicino casa di Teppei.
La luce dei lampioni illuminava la caduta dei fiocchi, rendendola in qualche modo più copiosa e fitta, se la si guardava attraverso la loro luminosità.
«Tranquillo!» Kumi si volse con un sorriso, fermandosi qualche passo più avanti, mentre lui la raggiungeva piano. Si accovacciò poi sui talloni e prese una manciata di neve nel guanto, creando una pallina che lanciò in aria. «Al volo, Mi-chan
Mila saltellò, ma la pallina le si spappolò in bocca facendole fare un sacco di smorfie buffe.
La risata di Kumi era piena di vita. Solare. Takeshi non l’avrebbe mai associata a qualcosa di freddo come la neve che avevano attorno.
«Cosa c’è che non va?»
Il modo in cui lei si irrigidì gli fece capire d’aver fatto centro.
«Non c’è… non c’è niente che non vada. Di che parli?» Kumi si accovacciò di nuovo, appallottolando, nervosamente, dell’altra neve.
«Ti conosco abbastanza da sapere che quando arrivano novità come quella di Bear e Beth saresti la più entusiasta tra noi.»
La neve venne sfaldata nella mano che aveva smesso di compattarla. Fu lasciata cadere di nuovo al suolo, mentre Kumi si alzava lentamente. Gli diede le spalle ancora per qualche momento, prima che il suo sorriso s’affacciasse da sotto al cappuccio. Era piegato in una nota più malinconica.
«Avrei dovuto immaginarlo che qualcuno se ne sarebbe accorto, pensavo d’esser stata brava. Ma tu sei un tipo che parla poco e osserva molto.»
La neve continuava a cadere, ma il freddo sembrava essersi addolcito in qualche modo magico.
Kumi sciolse il guinzaglio dal collare di Mila e questa diede libero sfogo alla propria felicità, correndo come un missile lungo i vialetti del parco. Arrivava allo scivolo e tornava indietro.
«Non fraintendermi, sono felicissima per Shingo e Mary Elisabeth. Sono così belli insieme! Il fatto è che… vedo tutti voi trovare la vostra strada, poco alla volta, mentre a me sembra sempre di rimanere qui, ancorata a Nankatsu. Di rimanere indietro.»
Takeshi colmò in pochi passi la loro distanza. Aveva le mani nascoste nelle tasche del cappotto nero e una sciarpa dello stesso colore a proteggergli il collo. Kumi rigirava il guinzaglio di Mila, tenendo lo sguardo basso.
«Io… non so se sono in grado di trovare la mia strada. Temo che finirò col non muovermi da dove sono.»
«Non è la distanza percorsa a dimostrare quanto sei effettivamente andata lontano.»
Kumi sollevò il capo e i loro occhi si incontrarono. Lei era bianca come i colombi che volavano nel sole, lui, nero negli abiti e nei capelli, sembrava uno di quei corvi guardiani che proteggevano Nankatsu appollaiati sui cavi elettrici.
«L’importante è essere soddisfatta di ciò che fai; sarà come essere arrivata in capo al mondo.»
«E se… non riuscissi a trovare ciò che possa rendermi soddisfatta di me stessa?»
«Sei una persona intraprendente e piena di risorse. Sono convinto che ci riuscirai. A volte… semplicemente non devi star lì ad aspettare che qualcosa arrivi a cambiarti la vita. Devi essere tu a muoverti per prima. Cambiala con le tue mani. La tua felicità appartiene solo a te.» Il giovane snudò leggermente i denti, facendo spallucce. «Io c’ho messo un po’ a capirlo, ma adesso è tutta un’altra cosa.»
Kumi lo guardava come avesse potuto ripetere quello stesso miracolo anche per lei. Negli occhi, brillava tutto il desiderio struggente che qualcosa si muovesse, che il suo mondo cambiasse e le desse uno scopo che la motivasse, facendole dare tutta sé stessa.
«L’importante è trovare un punto d’inizio. C’è qualcosa che ti piacerebbe fare, in particolare?»
Kumi distolse lo sguardo a quella domanda; sistemò distrattamente il cappuccio e si mordicchiò l’angolo del labbro, avvertendo il sapore del lucidalabbra.
«A dire il vero… avevo visto un corso… un corso per make-up artist…»
«Fantastico! Perché non ci provi?»
«E se dovessi fallire?»
Lo sguardo spaventato si riflesse di nuovo negli occhi scuri di Takeshi, che invece erano calmi e rilassanti.
«E se ci dovessi riuscire?» fu il rilancio del giovane. «Non sono le ipotesi che determineranno l’esito dell’impresa. Tu dai il tuo massimo, e seppure le cose non dovessero andare come hai sperato, beh, saprai di non avere nulla da rimpiangere.»
Kumi sorrise timidamente, abbassando ancora lo sguardo sul guinzaglio.
«Anche questo è vero…»
«Non ti arrendere subito ma comincia il nuovo anno con un ‘ci proverò’
Anche se, sotto la neve che cadeva copiosa, nulla era cambiato e lei era ancora a Nankatsu, Kumi si sentì molto più tranquilla e fiduciosa.
«Ci proverò» disse sorridendo ai suoi occhi neri, senza arrossire. Non si sarebbe mai aspettata di trovare in Takeshi un confidente così prezioso.
La zampetta di Mila arrivò a richiamare l’attenzione del suo padrone.
«Ehi, eccoti qui. Hai finito di correre avanti e indietro? Sei più felice, ora?» Takeshi legò nuovamente il collare al guinzaglio, prendendolo dalle mani di Kumi.
«Non era vero che doveva fare i bisogni, non è così?» chiese la giovane e lui si passò distrattamente una mano sui capelli pieni di neve. Ne spazzò via anche dalle spalle del cappotto.
«Non c’è bisogno che gli altri lo debbano sapere.»
«Grazie.»
Takeshi si sentì leggermente in difficoltà davanti alla sua espressione di sincera gratitudine.
«Figurati, ci sono passato anch’io.»
«Davvero?»
«Sì, in un certo senso. A volte si raggiungono le medesime conclusioni, anche se per questioni diverse.»
«E come hai fatto a capire cosa fare?»
Takeshi abbassò lo sguardo sul cane che lo guardava con la lingua penzolante al lato della bocca. Aveva quegli occhioni cui non era umanamente in grado di dire di no. Sorrise.
«Ho incontrato un’amica pelosa, cui piace giocare con la neve…»
Mila abbaiò e fece un paio di salti, sembrava avere energie infinite, tutte per giocare. Corse loro attorno, ma c’era il guinzaglio, adesso, e si avvolse alle gambe di entrambi, facendoli finire l’uno addosso all’altra.
«No! Mila! Che fai?!» A nulla valsero i rimproveri poco convinti di Takeshi, mentre Kumi rideva di gusto. Fecero un paio di passetti per mantenere l’equilibrio, rimanendo praticamente quasi abbracciati, con Takeshi che teneva una mano sulla schiena della ragazza per evitare che cadesse e con l’altra continuava a reggere l’estremità del guinzaglio.
«Scusami! Scusami! Sono mortificato!»
«Sembra una scena de ‘La carica dei 101’!» Kumi non riusciva a smettere di ridere, e non sapeva più se per la situazione o per il modo in cui Takeshi continuava a scusarsi. Poi Mila s’appoggiò a entrambi e li spinse, vincendo completamente l’equilibrio precario che stavano ancora mantenendo.
Si ritrovarono a terra con un tonfo attutito dalla neve.
«Mila!» tuonò Takeshi e il cane si accucciò, mortificata.
«No, non sgridarla.» La mano di Kumi gli si poggiò sul petto. Le era praticamente caduta addosso, e cercava di tirarsi su – o almeno di mettersi in ginocchio –, ma le gambe erano ancora bloccate. «Non è successo nulla, stava solo giocando. Mi-chan, vieni qui.»
Kumi la chiamò e la cucciola s’avvicinò piano piano, e un po’ timorosa; eppure bastò una carezzina sul muso per capire che era tutto perdonato.
Takeshi rilasciò un sospiro e alla fine sorrise anche lui, mentre restava con i gomiti puntellati nella neve. Riuscì a mettersi almeno seduto e in pochi gesti furono entrambi liberi dal laccio che li aveva tenuti legati in maniera imprevista.
«Mi verrà un livido enorme, lo sai, peste?» Takeshi agitò l’indice sotto al naso di Mila, che si limitò a leccarlo con gioia. Il giovane sollevò gli occhi al cielo e si alzò, togliendo la neve dai pantaloni.
«Aspetta, ti aiuto.» Le mani di Kumi arrivarono a spazzolargli le spalle e i capelli.
«Sto per trasformarmi in un pupazzo di neve» ironizzò e lei arricciò il naso con divertimento.
«Il corso che vorrei fare si tiene a Shimizu-ku.» Kumi lo buttò lì mentre gli sistemava il bavero del cappotto, e aveva strategicamente un motivo per non guardarlo negli occhi.
«Sul serio?! Ma è fantastico! Potresti venire a stare da noi-… nel nostro condominio!» Takeshi si corresse all’ultimo momento, con una manovra da manuale. «La proprietaria di casa ha vari appartamenti, e so che cercava affittuari. Potrebbe essere un’ottima occasione e poi… poi ci saremmo noi, per qualsiasi cosa.» Per camuffare l’imbarazzo spostò lo sguardo su Mila. «Mi-chan sarebbe felicissima.»
«E voi no?»
«Ma certo! Anche noi, è ovvio!»
Kumi ridacchiò del suo imbarazzo; il buonumore le era tornato a pieno regime e tutto grazie a poche parole, a un cane pasticcione e alla certezza di avere qualcuno come Takeshi su cui contare. Era forse il primo anno che lo vedeva davvero sereno, quando solitamente durante la fine dell’anno gli era sempre sembrato avvolto da un caldo abbraccio di malinconia. A volte bastava il potere di un paio di orecchie, una coda a frustino e un tartufo umidiccio per rendere migliore la vita. E quest’ultima sapeva riservare un sacco di sorprese.
Lei era stata convinta che quello sarebbe stato il suo capodanno della malinconia e che, assieme a Takeshi, ne avrebbe condiviso il calore triste. Invece, con il giovane, aveva condiviso il freddo vivace della neve e il tepore del conforto.
Di triste e malinconico non ci sarebbe stato nulla, per nessuno dei due.
«Forse dovremmo rientrare.» Takeshi diede una rapida occhiata all’orologio da polso. Erano stati via più di quanto preventivato. «O finisce che Ryo non ci lascerà neppure le briciole.»
«Questo è certo!» Kumi nascose una risata nel guanto.
Erano pronti per tornare alla festa, agli amici, agli ultimi minuti di quell’anno che era ancora capace di stupire.

 

New Year’s Eve (Second) Story
- Corale -

La palla di neve colpì Takeshi dritto dietro la nuca, in maniera inaspettata.
«Ma che diavolo-?!»
Kishida si passò una mano sul collo, dove il freddo della neve gli bagnò le dita. Quando si volse, vide Hajime che aveva una seconda palla pronta tra le mani e la faceva saltare minacciosamente nel palmo.
«Bel colpo!» si complimentò Teppei, dandogli una gomitata.
Alle loro spalle c’erano tutti.
«Ma… che fate qui fuori?!»
«Che domande! Siamo venuti a cercarvi, non tornavate più!» Ryo si portò le mani ai fianchi. «E, per la cronaca, ho mangiato solo tre tartine e quattro pezzi di kara-age
«Che, tradotto in Ishizakese, significa che ha piluccato» intervenne Yukari, sfregandosi le mani infreddolite.
«Ah, scusateci, è che Mila si è messa a correre… e non ci siamo resi conto del tempo.» Takeshi scambiò un’occhiata svelta con Kumi, che lo ringraziò con un sorriso per il suo silenzio.
«Eh, no, ora ci avete fatti uscire!» si impuntò Hajime con un sorrisetto subdolo. «Questo significa che bisogna pagare pegno.»
Senza dargli preavviso, lanciò la palla che aveva ancora in mano. Takeshi ebbe solo il tempo di sollevare le braccia, che questa si infranse sulle sue mani.
Taki ridacchiò, soddisfatto della propria mira, quando una palla lo prese dritto sul petto. Da dietro Takeshi, Kumi ne stava appallottolando un’altra e aveva un sorrisetto agguerrito.
«Vuoi la guerra?»
«Oh, oh! Qualcuno parla la mia lingua, qui!» Hajime tolse minacciosamente la neve dal soprabito, mentre Teppei scuoteva il capo.
«Eccolo che lo perdiamo…» Con un sospiro, guardò sia Mamoru che Yuzo. «Mai sfidare Hajime in una battaglia a palle di neve.»
«E’ così pericoloso?» ironizzò Izawa, quando una palla lo prese al lato del viso in maniera inaspettata.
«Scusa!» si giustificò Taki, mentre il campione dei Marinos si ripuliva adagio il viso, con espressione scura.
«Scusa?», fece eco, «Non sarà sufficiente!» E si unì al gruppo, spalleggiando Kumi.
«Ehi, non vale! Siete due contro uno! Teppei, vieni a bilanciare le parti!»
L’interpellato guardò Yuzo con aria afflitta. «Ma perché devo sempre venire tirato in mezzo?»
«Si finisce sempre a compromessi, in amore» rise il portiere degli S-Pulse che, suo malgrado, venne trascinato sul campo di battaglia assieme a Kisugi.
«Ehi! Non vorrete mica prendervi tutto il divertimento?!» Marybeth si portò le mani ai fianchi, con piglio battagliero. «Azumi, Yukari: il girl-power ha bisogno di noi!»
«Sì!» Fu la risposta unanime, prima di gettarsi nella mischia di neve e risate.
Ancora ai margini, Shingo, Taro e Ryo rimanevano spettatori.
«La regressione all’infanzia, altroché» borbottò Ishizaki, al centro tra i compagni di Nazionale, che si scambiarono un’occhiata eloquente, da sopra la sua spalla.
In meno di un secondo, Ryo si ritrovò con due manciate di neve gelida dentro al collo del giaccone.
«Noooo, traditori!» Ululò per il freddo, ma a nulla valsero le sue proteste, perché i due si erano già allontanati, ridendo. Ryo improvvisò una improbabile samba sul posto per far scendere la neve. «Mi si geleranno anche le mutande! Questo è sleale!»
«Invece di lamentarti, perché non ti unisci a noi?» La palla che gli lanciò Yukari lo prese dritto in faccia, tra le risate generali e lui che rimaneva a braccia spalancate come un novello Gesù. «Ops! Miravo alla giacca!»
«Non vale! Mi hai colto alla sprovvista solo perché sono a corto di energie e affamato!»
«Ma sì, sta’ tranquillo, che nessuno ti ruberà il sushi!» Hajime agitò una mano con noncuranza, ma Teppei, invece si bloccò all’improvviso nel realizzare una cosa.
«Oh, no…», masticò, «fermi tutti! Fermi!»
«Che succede?»
Teppei passò in rassegna gli sguardi degli amici, prima di fermarsi in quelli di Hajime. «Non ho chiuso le gatte!»
Il silenzio durò solo tre secondi.
Al quarto, stavano tutti correndo verso casa, ridendo a crepapelle e cercando di non scivolare sulla neve fresca e quella già pestata. Mary si teneva al braccio di Shingo per non scivolare, Kumi teneva Takeshi per una mano che a sua volta reggeva il guinzaglio di Mila, Yukari e Azumi si sostenevano a vicenda, mentre Hajime e Teppei aprivano la fila, anticipati da Ryo Ishizaki che sembrava pronto a gareggiare per i cento metri piani incurante del pericolo di prendere uno scivolone: il cibo valeva il rischio.
A chiudere la coda, Mamoru camminava affiancato da Yuzo; il braccio attorno al suo collo e l’altra mano nella tasca. Taro era alla destra del portiere e tutti e tre ridacchiavano, senza alcuna fretta.
«E come si dice: buona fine e buon principio» ironizzò il campione del Jubilo.
«Se iniziamo come finiamo, significa che sarà un altro anno strambo» predisse Mamoru, mentre la neve seguitava a cadere copiosa sulle impronte che avevano lasciato, sull’improvvisato campo di battaglia, sull’anno che finiva e anche su quello che s’apprestava a iniziare. Sempre e ancora tutti insieme.

“Silent night, Holy night /
Notte silenziosa, notte santa.
All is calm, all is bright /
Tutto è calmo, tutto è luminoso.

Miley CyrusSilent Night (cover)


1) YUKI & SAKURA: sono le bellissime Maine Coon di Kara, che mi ha permesso di inserirle in questa storia. *-* Essendo lei fan della SilverCombi, era ovvio che le facessi questo piccolo omaggio <3


Curiosità:
Sì, la Shimizu S-Pulse quest’anno è stata retrocessa. L Per me, la colpa è della pessima gestione del vecchio mister che sostituì Ghotbi, un paio di anni fa. Oenoki ha fatto SFRACELLI. Ha rovinato la S-Pulse ed è stato capace, per la prima volta dalla sua formazione, di farla finire in J2.
Lo detesto. -_-



Fine

Note Finali: Volevo augurare a tutte/i voi che seguite le mie storie un grandissimo Buon Anno! :D
Spero che possa portarvi cose bellissime e tutta la felicità che desiderate. :*
Con il prossimo anno, spero di riuscire a iniziare quanto prima la pubblicazione di “Lazarus” e mettere la parola fine alla saga sugli Zombie! :D
Nel frattempo, per avere sempre aggiornamenti, curiosità e per pormi tutte le domande che volete, potete seguirmi su Facebook: “Melanto 森 Mori”.
Auguri a tutti! <3

   
 
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