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Autore: twisted__    02/01/2016    1 recensioni
La notte di capodanno mi sono chiesta se a me ci pensi mai come a te ho pensato io, mentre la consapevolezza che tu non fossi andato via rendeva solide ai miei occhi tutte quelle bollicine di vino frizzante da ultima notte dell'anno.
“Ma no che non va così, no che non va così”.
Io non ho neppure mai bevuto. Me lo appunto. Rido.
Cristo, mi viene da vomitare.
Non ti merita – dico – no, davvero! Non pensare che- no. Lo dico con le voci di tutti i miei amici, non funziona. Di che parliamo?
Ieri andava meglio, poi alle due di notte è peggiorata soltanto un po' e ho pensato praticamente “non innamorarti più”, ma non ho più dodici anni, so che succederà. Mi basterebbe solo capirne la reazione chimica, sapere quanto tutta questa faccenda coinvolga leggi fisiche, sbugiardarne la magia.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E poi ci sono creature come te,
di una bellezza profonda come il mare aperto.
Ferzan Ozpetek (Sei la mia vita)

 

 

 

Se potessi parlarti – e dico parlarti veramente – una volta, una volta soltanto, forse raccatterei il mio coraggio e saremmo da qualche parte a discutere.
Discutere di cosa poi? Alla fine io ho immaginato tutto e tu, esattamente come me, inizi una storia e poi la molli appena comincia a prendere forma.
Io e te non parleremmo mai, né parleremo, quei giorni sono finiti. Ho i piedi freddi, mi fa male il cuore e qualcuno nella stanza accanto suona un piano stonato. I muri sono così sottili, delle volte. Mi viene quasi da domandarmi perchè i nostri non siano così. Ho immaginato tantissime volte come sarebbe parlarti – parlare veramente – e la mia fantasia ci ha fatto approdare ovunque, addirittura a New York, ma in nessun posto ti ho davvero parlato. In nessun posto mi hai risposto con dati reali.
Ci ho immaginati in tutti i contesti e nelle mie congetture sei più maturo di quello che realmente sei. Nelle mie macchinazioni mentali vedi quello che ho visto io, ma parliamoci chiaro, non riesco a immaginare gli argomenti che useresti per rispondermi. A volte mi chiedo se andrà sempre così.

 

La notte di capodanno mi sono chiesta se a me ci pensi mai come a te ho pensato io, mentre la consapevolezza che tu non fossi andato via rendeva solide ai miei occhi tutte quelle bollicine di vino frizzante da ultima notte dell'anno.
“Ma no che non va così, no che non va così”.
Io non ho neppure mai bevuto. Me lo appunto. Rido.
Cristo, mi viene da vomitare.
Non ti merita – dico – no, davvero! Non pensare che- no. Lo dico con le voci di tutti i miei amici, non funziona. Di che parliamo?
Ieri andava meglio, poi alle due di notte è peggiorata soltanto un po' e ho pensato praticamente “non innamorarti più”, ma non ho più dodici anni, so che succederà. Mi basterebbe solo capirne la reazione chimica, sapere quanto tutta questa faccenda coinvolga leggi fisiche, sbugiardarne la magia.
Innamorata? Davvero, eri innamorata? Gioco a ripetermi le cose reali quando va così. Forse è solo l'ennesimo baratro prima dell'attacco di panico.
Vediamo: fuori fa un freddo cane (dato oggettivo). Fa un freddo cane e io ho i piedi freddi (vero); il cuore mi fa male nel petto per lo sforzo emotivo (vero, l'ho anche già detto), il muscolo del braccio brucia (dato reale). Innamorata non so se sia la parola giusta, quello non è abbastanza reale. Se solo mi avessi accarezzata con occhi più trasparenti, forse ora lo saprei con più precisione dove inizia la realtà e dove finisce il riflesso della mia testa. Le tue carezze non avevano grandi perché.
Mi vuoi bene? Cristo, non me lo hai mai detto, come faccio a saperlo? Come se io poi lo avessi detto a te, ma puoi biasimarmi? Non sono riuscita a dirti che pensavo di amarti sul serio, figuriamoci questo. Il bene presuppone una dedizione, potrei ammetterlo soltanto se non sentissi invischiata anche tutta questa faccenda dell'amore. Tu innamorato di me? Neanche per idea. Mi sarebbe piaciuto tantissimo, ma non funziona così. L'amore nasce e cresce se ognuno permette all'altro di mettere radici e tu a me non l'hai lasciato fare. Io a te ho permesso tutto senza che tu ne avessi l'intenzione.
Se te lo facessi sapere, quanto ci perderei in dignità? “Eri già a quel punto?” diresti.
No, non diresti. Non ti ho mai veramente sentito rispondere nella mia testa, almeno questo è esattamente come nella realtà. Ho sentito parlare solo me davanti alla tua faccia esterrefatta.
Hai solo vent'anni, mi dico, e fuori fa freddo e Parigi ti si ghiaccia sotto il naso, ma non sai se quel luogo è effettivamente reale. Potrebbe essere Madrid, per quello che ne sai, e quel clima che immagini sempre, un po' umido e spesso pregno di sole.
Potrebbe essere Milano e le sue nubi che non sono fitte né naturali. Potrebbe anche essere una città di provincia come un'altra, vittima di un gelo desueto e avvolta dal buio della sera. Anch'esso potrebbe essere reale oppure il frutto di quella pigrizia che non ti fa scostar le tende. Ha importanza? Ha importanza pensare che posto è se ci incontriamo anche così? Non lo so. Non distinguo molto bene cos'è reale quand'è così. Il nostro incontro, in qualsiasi circostanza la mia testa lo inserisca, è reale, il luogo invece non lo è quasi mai.
Il freddo è reale, per forza, ce l'ho tatuato sulle dita. Oppure no? Ho forse la capacità di capire cosa è reale e cosa no, quando in un attimo ho cominciato a darmi del tu e tu invece non ti sei allontanato un attimo dalla mia focalizzazione di narratrice e personaggio? Ero io a parlare, all'improvviso ho cominciato a darmi del tu ed è sempre così che finisce: scompari dal mio testo perché ho bisogno di ribadirmi che va tutto bene, che prima o poi le bollicine nel vino sembreranno meno solide e quel piccolo interruttore doloroso accanto al cuore tornerà a fare il suono giusto se smetto di guardarmi sempre alle spalle e dentro.
A volte ho paura di prendere la penna in mano e finire a parlare di te, mai con te. Sarebbe un'altra stucchevole deriva degna di me.
Tu non mi hai mai risposto comunque, quindi ha senso? Che sia Parigi, che sia Madrid, che sia New York, è soltanto un monologo. Non ha grande bisogno di ambientazioni.

 

Forse dovrei eliminare la tua faccia dal mio immaginario e finire a parlarti al telefono.
Non rispondi, certo che non lo fai. Scatta la segreteria e che ti dico? Ciao, sono io, credo di essere ancora a Parigi, suppongo tu abbia svuotato la tua parte di casa, anche se neppure so se è reale l'idea di me e te che viviamo insieme, ma il caffé mi sa di te e quindi beh, forse lo è. Okay, niente. Ciao.

 

No, non va. Rifacciamo.
Scena due: risponde la segreteri – ciao, ho premuto il pulsante prima che mi dicessero di lasciarti un messaggio. Odio le voci registrate, l'ho scoperto solo ora. Prima non è andata come volevo. Mi gira la testa, sono a Parigi, ti sto dicendo cose che dovrebbero essere reali. Ascolta, penso solo che non avresti mai dovuto toccarmi, perché con gli altri non lo fai e non lo so se mi sono innamorata del tuo essere gentile anche solo con il palmo delle mani. Gli uomini con me non sono mai stati molto gentili. Troppo intimo? No, patetico e basta. Scusa.

 

Risponde la sgret – Senti, al diavolo le voci registrate, non riesco a smettere di parlarti. Ho provato a fare come fai tu: andare avanti in maniera convincente. In teoria l'ho fatto. Inseguo i miei sogni, faccio una vita emozionalmente e praticamente più sana della tua e se partissi avrei un'Itaca a cui guardare per sempre, fatta di persone che mi dicono che non mi meriti, mentre tu cos'hai? C'è sempre però quella cosa oggettiva per la quale tu spaventi ogni mio tentativo di non pensarti. Ho paura che andrà sempre così, è questo che mi sono detta. Adesso smetto.

 

Risponde la – Se tutto questo fosse vero, e al momento non so se lo è, ti avrei intasato la casella dei messaggi. E' vero? Non lo so, la stanza gira veloce e sto cercando di farla smettere. Non lo so come sono arrivata a questo, ricordo di aver letto qualcosa di bello riguardo due persone che si amano e boom, la voragine si è aperta. Capita. Tu non rispondi mai. Ma va bene eh, va bene – non pensare che, sì insomma.
Ti amo, questo penso sia vero.
Cioè, non credo di amarti ora, ti amavo prima, a volte credo che il mio sentire tutto mi rovinerà. Che dico? Lo ha già fatto.
Ti amavo prima, poi amerò qualcun altro, però spiegami dov'è il trucco, così potrò ribadirmi sempre che la vita continua per data legge fisica e chimica. Smettila di spaventarmi. Se tu fossi stato cattivo con me avrei mandato il tuo pensiero al diavolo prima ancora che potessi veramente scalfirmi. La cattiveria non mi scalfisce. Perché non lo hai fatto? Smettila di comparire in quello che leggo, nella musica che ascolto, negli oggetti che evito per paura che mi portino a parlare di te senza parlare con te. Qualunque sia il luogo oltre questa tenda, è un sacco buio. Lo vedi sicuramente anche tu. Ora vado

 

Ah! Un'altra cosa... – Hei – Tu.. hai risposto? – Lo so. – Cos'hai da dirmi, adesso? – Niente – E' una conversazione reale? – Non lo so. Ti gira ancora la testa? – Questo nella realtà me lo chiederesti. – Smettila – Sì. – Stai andando avanti. – Eh? – Sì, guardati, non hai avuto paura di me. – Davvero? – Davvero. – E allora? – E allora niente – Ti ho detto tante altre cose e non rispondi? – … – Pronto? – Qualunque sia questo luogo dove ci hai portato, c'è un sacco buio – Non siamo nella mia testa, vero? – Siamo sempre sia reali che nella tua testa – E non mi ami in nessuno dei due posti? – … – Non rispondi più? – … – Devo andare. – Aspetta, vienimi a cercare, ti prego. – A casa tua? – Dove vuoi, solo vieni. – Okay. – Ciao.

 

Non ti ho ancora cercato – cercato veramente – e tu non rispondi mai.   

   
 
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