Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: L o t t i e    02/01/2016    1 recensioni
Michael Meyer ha dodici anni quando viene adottato da una famiglia giapponese, i Fujiwara: nuovo paese, nuovi genitori, nuova casa... Non parla molto, non conoscendo una parola di giapponese, ma il suo nuovo fratello maggiore si impegna a fargli da insegnante nonostante non vadano molto d'accordo.
La quasi perfezione della sua nuova vita va in frantumi quando le conseguenze del suo passato vengono inevitabilmente notate, quando i suoi vuoti di memoria divengono più frequenti e, a seguito di una diagnosi, un nome dato a ciò che gli accade. Convivere con altre tre personalità come se il suo corpo fosse un appartamento non è facile e dopo sette anni di cure riesce a trovare un equilibrio stabile, vedendo finalmente la luce in fondo al tunnel.
Ma... come procederà la sua già incasinata vita dopo aver fatto la conoscenza di Hajime? Quando scoprirà che il ragazzo è innamorato di lui il suo equilibrio verra nuovamente spezzato, riuscirà a ricomporre i pezzi del proprio cuore?
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 02.










Ad accompagnare Hajime al pronto soccorso fu solo Neruko; lei stessa però prima di muovere un passo dal locale e che qualche agente di polizia venisse chiamato, informò la madre del corvino che a sua volta chiamò anche Shiraki, indispensabile per ristabilire l'ordine. Tomoko non aveva mai - o quasi - fatto scenate di fronte ai casini di suo figlio; si offriva di pagare i danni, scusarsi e anche umiliarsi se necessario―senza mai farlo pesare a Michael. All'inizio sì, s'infuriava perfino con gli altri che non capivano oltre che con l'artefice del misfatto, ma alla fine e con il passare del tempo capì che non serviva a nulla avvilirsi. Episodi del genere solitamente erano da considerarsi come un avvertimento: magari qualcosa turbava Mika o dimenticava di prendere qualche farmaco e semplicemente bastava parlare con tutte e tre le personalità e tenerle sotto controllo. A questo proposito, una camera in casa della donna era sempre libera per il suo ragazzo e ospitarlo fin quando non ristabiliva un certo equilibrio. Conseguentemente al divorzio con Hideyoshi e, qualche anno dopo, al fidanzamento di Rei con una ragazza adorabile, non nascondeva che avere Mika per casa non le dispiaceva affatto.
Anzi, era come una ventata d'aria fresca tra quelle mura silenziose e anche Ukyo, il micio, ne era felice.
La sera stessa, difatti, Tomoko era intenta a preparare la cena per lei e Michael. In sottofondo un telefilm dalla trama incerta, l'atmosfera profumava di verdure al vapore e uova, mentre il ventenne si dilettava a stuzzicare bonariamente il felino accoccolato sul suo addome con un elastico per capelli. Invero, nonostante apparisse piuttosto tranquillo, i suoi pensieri erano costantemente proiettati verso l'altro ragazzo; malgrado gli avessero assicurato che Hajime se la fosse cavata solo con qualche goccia di sangue dal naso e un antidolorifico, Mika avrebbe mille volte preferito scusarsi personalmente e spiegarsi e sopratutto ricevere delle spiegazioni. Sospirò sonoramente, facendo anche sobbalzare Ukyo per lo spavento, cosa che gli fece scappare un leggero risolino―carezzò velocemente tra le orecchie il pelo soffice color panna del micio come a scusarsi, poi lo mise giù, alzandosi dal divano.
«Ti vanno le carote?» gli chiese Tomoko intenta ad impiattare le verdure e le uova strapazzate.
«Ah-a», rispose distrattamente l'altro prendendo posto a tavola. «A cosa stai pensando?»
Il ventenne arricciò il naso, osservando i piccoli dischi arancioni nel piatto. «Che continuano a non piacermi le carote», scosse impercettibilmente il capo, «non so neanche perché ti ho risposto che potevi darmele» borbottò poi sbuffando ed agguantando la forchetta.
La donna sorrise, prendendo le bacchette. «Devi essere piuttosto stressato: sarà meglio che resti qui. Dov'è finito il tuo cellulare? L'hai perso- ?»
«Mamma―» si - e la - interruppe stringendosi un poco nelle spalle, che scrollò poco dopo. «Non lo so, devo ancora cercare a casa.»
«Allora domani andremo insieme.»
«...posso andare anche da solo», bisbigliò.
«Ho chiesto tre giorni di ferie al reparto, quindi di pomeriggio non ho nulla da fare, poi potresti accompagnarmi a fare compere e―»
«Preferisco andare di mattina, da solo.»
Tomoko poggiò le bacchette sulla tavola, stringendo le labbra. «Mika, non dovresti discutere dopo quello che è accaduto.»
«Cosa?!» sbottò l'altro, «sai perfettamente che è stato solo un caso isolato! Non c'è motivo di preoccuparsi!»
«Michael, non discutere.»
E bastò uno sguardo per zittirlo. Il ventenne aggrottò la fronte, offeso, punto nell'orgoglio mentre posando la forchetta si alzò dalla sedia «vado a dormire da Neruko» si limitò a dire. Indossò velocemente le scarpe lasciate vicino l'uscio, poi scomparì dietro la porta. La donna si aspettava una reazione del genere, non sprecò neanche fiato a richiamarlo; sospirò sonoramente, alzandosi placidamente a sua volta per agguantare il cellulare sul ripiano della cucina e avvertire la ragazza castana dell'imminente arrivo di quel testardo senza speranze di suo figlio.
Capiva di averlo in qualche modo ferito, di aver messo in dubbio la sua autonomia―ma era proprio così! Nonostante tutto, era ancora instabile e facile da mandare in mille pezzi, bisognoso di qualcuno, un pilastro solido sulla quale potersi appoggiare senza temere di cadere.
Lei era la sua colonna, non doveva tentennare.

* * *


Il timer suonò, indicando la scadenza dei tre minuti. Neruko prese le due confezioni di noodles istantanei con l'ausilio delle presine e ne porse una all'amico impegnato nella lettura di una rivista aperta sulla sezione “oroscopo”.
«Ah! Guarda qua: solo tre stelle in amore. Avrei dovuto leggerlo prima, invece che ritrovarmi col naso dolorante ora.»
La castana scosse il capo, sbuffando. «Seriamente credi a certe cose? Incredibile.»
«No che non ci credo! Però è probabile che a volte ci azzecchino», si giustificò Hajime lanciando in fondo alla stanza la rivista. «Tentar non nuoce», scrollò le spalle. Scoperchiò i noodles, inspirando a pieni polmoni l'odore speziato.
«Tentar con Mika nuoce, invece», borbottò l'altra. «Mi avevi detto che c'era un ragazzo che ti piaceva, ma avresti potuto anche dirmi che era lui!»
«Come avrei potuto conoscere il suo nome? A volte dici delle cose assurde», mugugnò soffiando sui spaghetti di soia per raffreddarli.
«Quando l'hai visto, perché non―» a quel punto Neruko venne interrotta dalla suoneria del proprio cellulare. Osservò l'oggetto in malo modo, riservando poi lo stesso trattamento al ventunenne di fronte a lei il quale con un sogghigno stava continuando a mangiare.
Camminò fino alla cucina, poi rispose.
«Tomoko?»
-Ehy, Neruko- fece sorridente dall'altra parte dell'apparecchio la donna, -Sei in casa?-
La castana gettò un'occhiata al ragazzo di fronte a sé. «Uhn... sì. È successo qualcosa?» domandò immediatamente, avvicinandosi alla finestra che dava sulla strada.
-Nulla di che in verità: io e Mika abbiamo avuto una piccola discussione- sospirò, -sono davvero mortificata che ci vada di mezzo tu ogni volta.-
«Ho capito. Non si preoccupi, davvero!»
-Sei un angelo.-
«Se accade qualcosa faccio una telefonata.»
-A qualsiasi ora.-
Neruko poggiò il cellulare vicino al lavello, sbuffando: la sua serata con Hajime era appena andata in fumo. A volte Tomoko le faceva davvero pena, altro che angelo, la santa tra le due era proprio la madre adottiva di Mika! Dette ancora qualche occhiata in strada, poi si voltò, andandosi a sedere vicino al ragazzo dai capelli celesti che nel frattempo aveva quasi finito la sua porzione di noodles.
«Era tua madre?», domandò.
«Magari! Era quella di Mika-»
«Hai il numero di sua madre? Da quanto vi conoscete voi due?»
«Sembri quasi geloso», osservò la ragazza arcuando un sopracciglio, «per tua informazione, io conosco Michael da un paio d'anni, diciamo abbastanza da capire quando non è in sé. Comunque, devi andartene. Ora.»
«Cosa? Perché? E la nostra serata?»
«È finita nel cesso. Mika ha litigato con sua madre, quindi sicuramente passerà la notte da me.»
«Qual è il problema allora?»
Prima che l'altra potesse ribattere, il citofono suonò. Entrambi arcuarono le sopracciglia, voltandosi verso l'apparecchio, neanche ci fosse stato un demone dall'altra parte. «Non ti muovere da qui» ordinò Neruko precipitandosi a rispondere. Dopo qualche istante, nonostante avesse ancora le ciabatte, si precipitò giù per le scale, lasciando Hajime interdetto.
Il ragazzo dai capelli celesti non negava di covare un certo nervosismo all'idea di rivederlo. E se lui non volesse parlarmi?, si chiedeva osservando la porta spalancata, nonostante forse sarebbe dovuto essere lui quello intimorito. Infischiandosene altamente delle parole dell'amica, si alzò in piedi precipitandosi sulla porta, sporgendosi per riuscire ad osservare i due davanti al portone in fondo agli scalini, ma nonostante scorgesse i capelli castani di Neruko non riusciva a vedere l'altro. Oltretutto ciò che i due si dicevano gli arrivava alle orecchie come un mormorio confuso.
«Tu e il tuo orgoglio», sbottò la ragazza. «Quindi vuoi seriamente restare qui a dormire? Sicuro che poi non cambi idea?»
Mika roteò le iridi cerulee, «sì e sì.»
«Promettilo.»
Il ragazzo la osservò scettico, ma sopratutto stufo di tutte queste discussioni―borbottò un rapido «come ti pare» e la sorpassò salendo velocemente le scale. Hajime, in cima a quest'ultime sgranò gli occhi correndo a sedersi fissando insistentemente il pavimento, quasi volesse diventarne parte. L'altro raggiunta la soglia, si congelò lì, avvertendo distintamente Neruko sbattergli contro la schiena, lamentandosi subito dopo.
«L'hai promesso, entra e non discutere» lo esortò ancora, un attimo tentennante. Avrebbe dovuto dirgli di Hajime, ma... di contro, se Mika si fosse rifiutato prima di salire non sapeva assolutamente dove sarebbe andato a dormire―ma sicuramente non da sua madre, forse a casa sua? Lo prese per mano e dopo aver chiuso la porta lo trascinò sul divano, dove si sedette sbuffando.
«Vado a prepararti il futon.»
«Il divano va più che bene», mormorò il diretto interessato fissando di sottecchi l'altro ragazzo.
«Ho detto che vado a prepararti il futon», rimarcò la castana fissandolo. Era stupido o cosa? Gli stava offrendo la possibilità di chiarirsi con Hajime e ora voleva farsi bloccare dalla timidezza? Scosse il capo con disapprovazione, dirigendosi in camera. E come prevedibile calò un silenzio pieno d'imbarazzo: Mika senza scrupoli, o meglio, con quella spiccata ingenuità da bambino che popolava le sue iridi continuava ad osservare l'altro e Hajime, prendendo il coraggio a due mani, ricambiava, dubbioso.
«Scus―» iniziarono in coro, zittendosi subito dopo.
Michael finalmente scostò lo sguardo, sistemandosi meglio sul divano, a gambe incrociate. «Parla prima tu», borbottò.
«Scusami» disse semplicemente il più grande. «Se l'avessi saputo non avrei fatto un gesto tanto avventato...»
Ovvio, se avesse saputo di aver a che fare con un malato mentale non si sarebbe neanche avvicinato!, pensò immediatamente, certo che Neruko gli avesse raccontato tutto. Rafforzò la presa sulle proprie caviglie, abbassando lo sguardo su di esse. «Mh.»
«Te la sei presa? È che ho assillato così tanto Neru-chan che alla fine ha ceduto e mi ha detto del tuo problema con l'alcol.»
«Eh?!» esclamò Mika trasalendo. Raddrizzò le spalle, voltandosi verso Hajime e scoprendolo in un inchino in segno di scuse. «Quindi...» un sorriso timido gli nacque sulle labbra: ah! Scosse velocemente il capo, tanto che l'elastico che teneva raccolti i suoi capelli fece fatica a non cadere. «N-non ha importanza! Io invece sono molto dispiaciuto per tutto, insomma.»
«Ancora una cosa:» riprese Hajime smontando l'inchino per sollevarsi dal pavimento e prendere qualcosa dalla tasca della propria felpa rigorosamente nera. «questo penso sia tuo.»
Gli porse un cellulare piuttosto anonimo, touchscreen, d'un modello neanche troppo recente che il corvino prese senza esitazione per premere il pulsante del blocco-schermo e osservare tutte le notifiche di chiamate e messaggi persi. «Sì, accidenti! Ma come mai l'hai tu?»
Hajime chinò il viso di lato, grattandosi una guancia con l'indice―con aria dubbiosa. «L'altra sera l'hai lasciato al locale. Beh, hai tracannato litri di solo i Kami sanno cosa!» continuò scherzando, «mi sembra più che logico che non te ne ricordi!»
Mika abbozzò una risatina nervosa, rabbuiandosi. «Già...»
«Oh, non lo credevo possibile: andate d'accordo voi due!» cantilenò Neruko spuntando dal piccolo arco che divideva il corridoio da quella specie di stanza contenente salotto e cucina. Andò a sedersi sul divano, vicino a Michael, sorridente.
Hajime nel frattempo andò a raccattare la propria felpa dall'attaccapanni, poi la indossò, alzando il cappuccio sul capo dalle sfumature celesti. Qualche ciuffo di capelli gli si schiacciò sulla fronte.
«Haji, te ne vai?» domandò con una punta di delusione la castana, come se lei non gli avesse detto nulla.
«Ci vediamo domani a lezione!» esclamò il diretto interessato ormai all'ingresso, facendo il fiocco ai lacci delle converse nere. «Michael, sono felice di aver chiarito con te! E... chiamami qualche volta!» disse infine prima di chiudere le porta.

«Allora? Che vi siete detti?» gli domandò dopo alcuni istanti Neruko.
«Quindi non stavi origliando?»
«Certo che no! Ti ho preparato il futon! Per chi mi hai preso, non ascolto le conversazioni di due futuri fidanzati!» ridacchiò. «Sarebbe la tua prima relazione, vero? Ahh! Che cosa romantica!»
«Non mi pare di aver mai detto di essere gay», sbuffò lui con tono leggermente stridulo.
«Ma neanche etero!» continuò lei con un sorrisino furbo sulle labbra.
«E se fossi asessuale?!»
«Anche loro possono provare attrazione per qualcuno», ribatté con tono sicuro Neruko. «Ma sarebbe uno spreco se tu non ne provassi», lo stuzzicò ancora, bonariamente.
«Neruko..!» iniziò con aria scandalizzata, poi scoppiò in una leggera risata. «Se non ci fossi tu! Grazie per... non avergli detto del...»
«Sarebbe stato uguale», la ragazza si alzò dal divano, andando a prendere il barattolo di noodles ormai freddi e le bacchette, seguita dagli occhi vispi dell'amico. «Gli ho solo detto che hai il vizio di esagerare con gli alcolici e la maggior parte delle volte finisci per dimenticare cose a causa di questo.»
«...»
«Mika?» la ragazza alzò lo sguardo marrone dai spaghetti non più così tanto invitanti per guardare l'amico, il quale fissava di fronte a sé con sguardo vitreo. Si allarmò un attimo, abbozzando un sorriso tirato. «E-ehy...» lasciò perdere i noodles, abbandonandoli per l'ennesima volta sul tavolino basso. Si chinò ai piedi del divano scrutando con apprensione il viso pallido di Mika―gli poggiò delicatamente una mano sul ginocchio. Il ragazzo sussultò visibilmente, abbassando gli occhi sbarrati prima sulla mano di Neruko e poi sul suo viso. «Mi dispiace, forse avrei fatto meglio a farlo andare via prima. Scusami», ammise lei con serietà.
L'altro batté le palpebre un paio di volte, come a destarsi da quel torpore, poi si passo le mani sul viso sospirando sonoramente. «Fa niente, d-davvero.»
«Come quell'innocuo mal di testa di stamattina?»
«Esageri.»
«Non esagero!»
Michael la guardò con sguardo indescrivibile, incrinato come se stesse per mettersi a piangere. Strinse le labbra, fuggendo dagli occhi color cioccolato dell'amica. Prese il cellulare che aveva posato di fianco a lui, mettendoselo in tasca. «Vorrei andare a dormire.»
Lei cedé, sconsolata e a malincuore si sollevò in piedi permettendogli di alzarsi. Lo vide voltare l'angolo e solo allora si domandò quando Mika avesse ritrovato il proprio cellulare. Aggrottò le sopracciglia, perplessa, preoccupata. Cosa diamine gli stava succedendo tutto d'un tratto? Scosse il capo sconsolata, aveva persino dimenticato di parlare con lui del litigio con sua madre... Ma in fondo, forse non erano proprio affari suoi - nonostante da quando aveva scoperto il disturbo del quale soffriva non faceva altro che dedicarsi a lui, scoprirlo poco alla volta nel corso degli anni. Poteva paragonarlo a un vaso di Pandora: più sollevava il coperchio, più l'orribile passato di quel ragazzo la inghiottiva, più lei avrebbe voluto tenerlo sotto una campana di vetro come una madre iper-protettiva. Proprio in quel momento le tornò in mente il suo sguardo. La fame le era passata tutta quanta, tanto alla fine i noodles freddi le facevano comunque schifo―così dopo un'abbondante ora passata a guardare quei spaghetti e fare zapping in TV senza vero interesse, spense quest'ultima e anche la luce per poter andare a letto.

Meccanicamente percorse il breve corridoio buio, aprendo la porta della propria camera quanto più silenziosamente potesse fare e notò che l'abat-jour era accesa proiettando una luce color confetto su tutto l'ambiente―grazie a quel paralume rosa con i conigli disegnati su. Ridacchiò fra sé e sé ritrovando un po' quella che era la sua allegria. Mosse qualche passo fino al proprio letto iniziando a togliere tutti i peluches che ci ammucchiava su ogni mattina dopo averlo sistemato e li spostò su una poltroncina all'angolo, sempre attenta a non inciampare o dar fastidio a Mika che dormiva sul futon. Si fermò ad osservarlo, poi, seduta sul bordo del proprio materasso con il viso sorretto da entrambe le mani.
Quel viso così rilassato tra le braccia di Morfeo, incorniciato dai capelli corvini scompigliati senza un elastico a tenerli a bada lo ha sempre trovato... affascinante, a modo suo, con quei tratti non troppo spigolosi e duri ma neanche completamente femminili. Si immaginò un bambino dai grandi occhi azzurri, forse anche gracilino e si chiese come qualcuno con quale coraggio sarebbe riuscito a fargli del male, quale mente malata non avrebbe provato pietà. Deglutì con un nodo alla gola osservando il corpo dell'amico raggomitolato sotto la coperta.
Non devo pensarci, si disse dandosi qualche schiaffetto, eppure non ci riusciva! La sua mente correva veloce ai suoi genitori che abitavano a qualche kilometro da lei, a quanto amore loro le donavano e quanti sacrifici avevano compiuto per farle frequentare una facoltosa università nella capitale e le lacrime minacciavano di cadere a grappoli da quei occhi ora di cioccolato fuso. Avrebbe tanto voluto sua madre con lei ora, per abbracciarla e anche suo padre e sua sorella minore e il suo cane, il suo coniglio bianco, anche quelle piccole e pigre tartarughe che sua sorella curava gelosamente! Non riusciva a immaginare una di quelle persone farle del male.
E così si ritrovò a singhiozzare sommessamente mentre si toglieva i pantaloni della tuta e la maglia a mezze maniche per indossare il pigiama―avrebbe tanto voluto ingozzarsi con il gelato alla vaniglia, a dire il vero.
La sola cosa che fece cessare il proprio pianto fu un improvviso movimento di Mika, il quale rimase senza coperta. Neruko tirò un sospiro di sollievo, certa di aver perso un battito congelata sul posto.
«Che bambino!» sussurrò raccogliendo la coperta per sistemarla di nuovo sul corpo del giovane. Non si era portato neanche un pigiama, quel cretino!
Chissà se sta sognando..., pensò rimanendo ancora un paio di secondi a guardarlo.

* * *


Il mattino seguente la sveglia suonò puntuale alle 6:30, svegliando Neruko che mandò la propria mano in esplorazione per eliminare quell'odioso suono. Quando trovò il tanto temibile oggetto riuscì miracolosamente a premere quel maledetto pulsante e a far zittire quell'infernale oggetto. Mugugnò un lamento mentre un'insopportabile vocina le ricordava di dover andare a lezione―ma sopratutto che il suo migliore amico sarebbe dovuto tornare a casa propria.
Prese a calci le lenzuola, togliendosele di dosso per poi voltarsi e scoprire che sul futon non c'era nessuno. Immediatamente tutto il sonno scomparì e saltò giù dal letto, vedendo però che il cellulare di Michael era vicino al materasso arrotolabile si sentì più sollevata. «Mika, sei in bagno?» chiese raccogliendo i lunghi capelli in una coda spettinata. Quando uscì dalla camera il suo naso, ma ancor più lo stomaco digiuno dalla scorsa sera capirono immediatamente che qualcuno era ai fornelli. E se da una parte considerava ciò una cosa fantastica, dall'altra sapeva che non era un buon segno. Era risaputo che Mika non sapesse cucinare neanche un uovo bollito, chi invece era un'ottima cuoca era...
«Unnie, sei sveglia!»
La voce del suo migliore amico, ma decisamente molto più acuta e allegra del normale la accolse. Non poté che sorridere, un po' triste a riconoscere la più adorabile, ma anche terribile in un certo senso, delle personalità di Michael.
«Buon giorno, Mittsu» la salutò con naturalezza, senza scomporsi. «Cosa prepari?»
Mittsu in realtà non aveva un nome, come gli altri due, difatti l'appellativo che le avevano affibbiato tutti era “la terza”, mittsu appunto―in quanto terza e ultima personalità ad essersi manifestata. Ma di contro era la prima che Neruko aveva conosciuto, che ironia. Lei era spigliata, ingenua, sorridente e una quindicenne eterna perennemente innamorata delle storie romantiche che leggeva nei manga e guardava negli anime, shippatrice incallita di coppie omosessuali, ottima disegnatrice e cuoca. Ciò che l'aveva stupita all'inizio era il fatto che sapesse parlare e scrivere alla perfezione il coreano nonostante Michael avesse vissuto fino alla sua adozione in America. Tutto quello era... impressionante, quasi spaventoso. Ma in verità ciò che faceva più paura era il “compito” di Mittsu. Lei era l'unica fra le tre personalità a sopportare meglio e scaricare senza sfoghi violenti lo stress accumulato da Michael; senza abbuffate d'alcool come Shidu o tendenze suicide come Francis. Lei usciva nel mondo esterno di tanto in tanto, sempre felice e sorridente e poi andava via in silenzio. Era un tornado d'aria fresca, ci provava addirittura con qualche ragazzo se le piaceva! Esilarante, ma non certo piacevole per Mika.
«Non ci vediamo da tanto, così ho voluto farti una sorpresa!»
«Ma... hai anche riordinato la stanza», constatò con stupore la ventunenne sedendosi su un cuscino, vicino al piccolo tavolino apparecchiato con due tovagliette e due bicchieri di succo di frutta. «Non dovevi. Si può sapere quando ti sei alzata?»
«Mezz'ora fa, credo», mormorò l'altra sovrappensiero. «Ecco, spero ti piaccia!» esclamò poi portando i due piatti sul tavolino.
«Tutto ciò che cucini è delizioso: è impossibile che non mi piaccia!» esclamò con l'acquolina Neruko osservando l'omelette sul piatto decorata dal disegno di un micio fatto col ketchup.
«Ahh, unnie! Troppi complimenti, arrossisco così!» si portò le mani alle guance, ridacchiando.
«Dici? Ma è solo la verità. Anche Mika ogni tanto si impegna a cucinare, lo sai vero?» le domandò con allegria.
«Oh, ma certo! Quelle rare volte in cui stiamo tutti insieme ci impegniamo per condividere gli interessi» annuì con orgoglio Mittsu.
«Quindi qualche miglioramento c'è...» mormorò la castana gustandosi un boccone di quella prelibatezza. «Mika è troppo pessimista» sentenziò alla fine. «Com'è quando riuscite a stare fusi?» le chiese seriamente incuriosita, mentre anche lei iniziava a mangiare. La vide pensarci su qualche attimo, giusto il tempo di deglutire per poi affermare con sicurezza: «strano! Ma... normale. E penso sia bello, insomma, in quei momenti nessuno ha vuoti di memoria.»
Quel sorriso così sincero e candido sul volto di Mika le scaldò il cuore nonostante avrebbe voluto sentire da lui quelle parole.
«Perché ero qui? Immagino sia successo qualcosa.»
«Immagini bene: Mika ha litigato con Tomoko e... cose varie.»
«Con la mamma, ancora?» sbuffò esasperata e preoccupata la personalità. Era anche quella più legata alla madre adottiva di Mika e ogni volta ci restava male a sapere dei litigi. «Forse... è colpa mia?»
Alle orecchie di Neruko arrivò distinto un singhiozzo, e poi un altro e un altro ancora. «Mittsu, perché dovrebbe esserlo?» le chiese quasi intenerita osservando gli occhioni blu riempirsi di lacrime.
«P-perché mi sono avvicinata ancora a u-un ragazzo! E l-lui non lo sopp» un singhiozzo la interruppe «orta, vero?»
«No, no, Mittsu, che ti salta in mente?» a quel punto la castana lasciò in asso l'omelette per avvicinarsi a lei e scostarle i capelli dal viso per poi stringerla in un abbraccio, carezzandole il capo. «Ehy, non devi dire certe cose», poi qualcosa scattò e si fece più indagatrice, «quand'è che avresti avvicinato un ragazzo?»
«Era un... sabato, credo» mormorò Mittsu. «Mi sono ritrovata in un locale...»
Ora i pezzi del puzzle stavano iniziando a incastrarsi!
«E poi?»
«E poi, cosa?» le rispose qualche attimo dopo la voce atona. Neruko lo prese per le spalle, allontanandolo per fissarlo dritto negli occhi. Lo sguardo confuso e accigliato che le arrivò confermarono ciò che immaginava: Mittsu era sparita.
«Mika..?»
«Ah-a», confermò l'altro guardandosi un po' intorno, notando la colazione mezza consumata. «L'hai preparata tu?» le domandò arcuando le sopracciglia. «E poi, perché...» si toccò le guance umide, tornando poi a guardare interrogativo Neruko.
«Mittsu.»
«Oh.»
La ragazza si allontanò, tornando al proprio posto per continuare a gustarsi la colazione, imbronciata. Il ventenne intanto con l'orlo della propria t-shirt si asciugò il viso, aspettando una spiegazione che non arrivò; alzò lo sguardo verso l'orologio alla parete per controllare l'ora: venti minuti alle sette.








Deliri Note dell'autrice:
Salve lettori e buon anno nuovo! [?] Pubblico questo capitolo in ritardo ma mi si può perdonare, vero? In fondo era dicembre! *coff
Passando ad altro... Il capitolo 00 ha raggiunto le cento visite e davvero non mi sembrava possibile, data la “particolarità” di questa originale (penso che modificherò l'intro, btw), tanto che l'ansia mi arriva fin su i capelli. Mi rendete davvero felice! Spero davvero che i capitoli non risultino confusionari o noiosi o pesanti o― *esplode*
Un grazie enorme a U k e c c h i che (come sempre! >//u//>) recensisce e riempie di complimenti le mie originali e a barbaraJCDS che ha inserito la storia nelle preferite, grazie grazie grazie!
―L o t t i e.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: L o t t i e