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Autore: 9Pepe4    11/03/2009    8 recensioni
Quando venni a sapere che Regulus si era unito ai Mangiamorte, per un attimo mi balenò in testa l’idea di tornare a casa, di urlargli contro, di portarlo via. Di farlo venire con me. Avrei parlato con Silente, con i membri dell'Ordine, avrei spiegato che mio fratello era sempre stato sottomesso ai nostri genitori. Aveva solo sedici anni, maledizione. Loro mi avrebbero aiutato a fargli cambiare idea.
Esitai a lungo, con l'idea di andare a prendere mio fratello.
[Regulus non è presente fisicamente, ma dato che i pensieri di Sirius sono rivolti a lui, ho scelto di inserirlo tra i personaggi]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il Cappello Parlante sbaglia, fratellino



Quando venni a sapere che Regulus si era unito ai Mangiamorte, per un attimo mi balenò in testa l’idea di tornare a casa, di urlargli contro, di portarlo via. Di farlo venire con me. Avrei parlato con Silente, con i membri dell'Ordine, avrei spiegato che mio fratello era sempre stato sottomesso ai nostri genitori. Aveva solo sedici anni, maledizione. Loro mi avrebbero aiutato a fargli cambiare idea.
Esitai a lungo, con l'idea di andare a prendere mio fratello.
Ma alla fine non lo feci.
Pensai che lui aveva fatto la sua scelta, pensai che non mi avrebbe ascoltato, che mi avrebbe cacciato con rabbia e che avrei solo sprecato fiato.
Pensai che era come tutti gli altri Black, pieno di sé e convinto del fatto che i Purosangue fossero i migliori in assoluto in tutto il mondo magico. Pensai che probabilmente in quel momento stava fremendo dall’impazienza di compiere un qualche servizio per il suo Signore.
Pensai che ormai ci odiavamo, pensai che i rapporti tra noi erano raggelati, e non valeva la pena di correre da lui solo per farmi prendere a pugni. Pensai che sarebbe stato stupido incontrare ancora una volta le occhiate disgustate dei miei genitori e il suo disprezzo solo per un piano avventato che di certo non avrebbe funzionato.
Pensai…
Pensai una marea di altre bugie, solo per nascondermi dalla vera ragione per la quale non osavo andare da lui.
Perché avevo paura.
Temevo di sentirlo gridare contro di me, di trovarlo completamente uguale a quei maghi della mia famiglia che tanto odiavo. Avevo paura di non riuscire più a conservare l’immagine di lui come un fratellino con il quale litigare per qualche Cioccorana. Avevo paura che i miei ricordi – quelli che avevo ancora intatti – fossero sbriciolati da una nuova immagine di lui, Regulus il Mangiamorte, in folle adorazione del Signore Oscuro, smanioso di sterminare Babbani.
Quando arrivò la notizia che era morto, riuscii solo a pensare, furibondo, che se l’era meritato. Che cretino. Non poteva pensare di passare dalla parte di Voldemort e poi, da un giorno all’altro, decidere di dare le dimissioni.
Mi arrabbiai da morire e pensai fino in fondo che era stata tutta colpa sua.
Ancora una volta, avevo paura.
Avevo paura di soffrire troppo, avevo paura di sentirmi abbandonato, di sentirmi troppo solo.
Rifiutai di ricordare quella sera quando avevo desiderato di montare in sella alla mia moto, di sentire il vento tra i capelli e la velocità sfrenata. Per andare a prenderlo.
Non ci pensai, perché altrimenti sarebbe stata colpa mia, e ne avrei sofferto troppo.
“Che idiota che sei, Regulus. Quando decidi di unirti a una setta del genere, non puoi tornare indietro”. Fu tutto quello che riuscii a dire mentalmente.
Pensai che, se solo in quel momento ti avessi avuto sotto mano, ti avrei massacrato, a forza di botte e di incantesimi. Sì, ti avrei riempito di sberle e fatture.
Come prima di andare a Hogwarts, quando alla fine scappavi da nostra madre piagnucolando. Già, litigavamo di brutto, Reg. Ma alla sera venivi a bussare alla mia porta con il preteso di volere le mie scuse.
Allora ci azzuffavamo, rotolandoci sul pavimento.
Io ti tenevo a terra. Ti dicevo che le mie scuse te le potevi scordare.
E poi scoppiavamo a ridere.
Ed era di nuovo tutto a posto.
Sì. Ti avrei picchiato di nuovo, ma se anche tu mi avessi ferito, non me ne sarebbe importato. Perché per prendermi a pugni avresti dovuto essere al mio fianco.
E invece non c’eri, ed io ero solo, e non potevo nemmeno sfogarmi.
Non potevo piangere, perché mi dicevo fino allo stremo che non ero triste. No, non ero affatto triste. Ero solo arrabbiato, infuriato con te.
Perché era colpa mia.
Avevo avuto paura.
Il Cappello Parlante sbaglia, Reg. Grifondoro è per i coraggiosi, non per i codardi come me.
  
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