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Autore: Soqquadro04    03/01/2016    3 recensioni
[End!verse - Destiel | 2331 parole | possibile OOC | ANGST]
«I cancelli sono chiusi.» [...]
(I
Cancelli. Chiusi. È bloccato sulla Terra in rovina, con lui. Ancora una volta per lui).
Non dice nulla.
Non saprebbe nemmeno cosa dire –
perdonami? perdonami perché moriremo tutti e tu con noi, perdonami per averti tenuto qui, ancorato a questo mondo agonizzante, perdonami perché nessun altro lo farà e presto nemmeno tu desidererai altro che la mia morte?
(Il problema è che alla fine
perdonami non sarebbe abbastanza, e che non è stato Dean a chiedergli di farlo – Dean una notte di non molto tempo prima ha gridato fino a non avere più fiato, gridato contro di lui e lo ha pregato, lo ha pregato di andarsene e rifugiarsi di nuovo in Paradiso e se necessario implorare per la sua vita. Lo ha pregato di salvarsi e dimenticarsi di aver mai conosciuto l'uomo che sta diventando. Ha ancora lividi a ricordo di quella conversazione). [...]
Castiel sta Cadendo - sta Cadendo da anni, ma Dean se n'è reso conto troppo tardi.
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione, Nel futuro
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Autore: Soqquadro04
Disclaimer: niente e nessuno mi appartiene direttamente, li prendo solo in prestito. E soffro.
Generi: Angst, Generale, nonsochelatro
Avvertimenti: possibile OOC, End!verse (ovvero: IL DOLORE)
Rating: Giallo
N/A - Note dell'Autrice:
Questa cosa è nata e cresciuta in due giorni, e non doveva nemmeno venire pubblicata. Ma è stata accolta con entusiasmo da chi l'ha letta (io vi amo tutte sappiatelo) e alla fine mi sono detta perché no. E quindi eccoci qui.
È caotica da morire, e ci tengo a precisare che l'ho scritta molto di getto e yep, stavo soffrendo /molto/ e si nota, non ha una coerenza manco a pagarla. But still.
Spero non vi dispiaccia :)
A presto,
la vostra Soqquadro

P.S. È partita da un prompt ("Non ti ho chiesto io di seguirmi in tutto questo") che in realtà a un certo punto è finito annegato dai miei feels e non è minimamente la traccia principale, ma okay. *sparisce*

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Like Falling

 

[…]
An echo of a sigh,
deep inside us.
Tensions come collide
where none can find us,
I will hold them tight
and sound the sirens.
An echo of a sigh,
inside.

In this time,
in this moment,
we could crash together.
I come alive,
in slow motion;
make it lost forever.
I come alive.
[…]
Digital Daggers – Feel like falling

 

«I cancelli sono chiusi.»

La voce di Cas è un bisbiglio roco nella luce flebile della lanterna, la fiamma bassa per non sprecare olio. Alza la testa dal piano di razionamento del cibo, osservandolo, senza capire.
Castiel glielo dice come se lo stesse avvisando di non tardare per la cena, in piedi nella cornice della porta della sua capanna, immobile, la testa inclinata di lato per ascoltare – ricambia il suo sguardo con un'occhiata incredibilmente salda, e raddrizza il capo, lentamente, quando non c'è più nulla da sentire.

E allora Dean capisce.

(I Cancelli. Chiusi. È bloccato sulla Terra in rovina, con lui. Ancora una volta per lui).

Non dice nulla.
Non saprebbe nemmeno cosa dire – perdonami? perdonami perché moriremo tutti e tu con noi, perdonami per averti tenuto qui, ancorato a questo mondo agonizzante, perdonami perché nessun altro lo farà e presto nemmeno tu desidererai altro che la mia morte?

(Il problema è che alla fine perdonami non sarebbe abbastanza, e che non è stato Dean a chiedergli di farlo – Dean una notte di non molto tempo prima ha gridato fino a non avere più fiato, gridato contro di lui e lo ha pregato, lo ha pregato di andarsene e rifugiarsi di nuovo in Paradiso e se necessario implorare per la sua vita. Lo ha pregato di salvarsi e dimenticarsi di aver mai conosciuto l'uomo che sta diventando. Ha ancora lividi a ricordo di quella conversazione).

Sposta una sedia, muove i fogli pieni di numeri di lato e prende due bicchieri, raccattando da sotto la scrivania la loro ultima bottiglia di scotch – è mezza vuota e il whisky è scadente come pochi, ma è qualcosa (è sempre meglio di niente, è sempre meglio di dover affrontare tutto questo con la lucida consapevolezza che non si tratta solo di un brutto sogno).

«È finita?» chiede, e non sa nemmeno cosa sta chiedendo finché le parole non gli sfuggono dalle labbra, uno sbuffo di fiato impercettibile.
(È finita? Sei umano, ora? È finita? Avrai bisogno di me come io ne ho di te, adesso? - ma naturalmente non lo dice ad alta voce, perché come potrebbe? Non è quel tipo di uomo.)

Eppure Castiel capisce sempre tutto.

Scuote la testa, e non beve, scruta il liquido ambrato e si rigira il bicchiere fa le mani e quando rialza gli occhi Dean non nota niente di diverso dal solito – sono gli occhi di Cas, innaturalmente blu e imperscrutabili e fieri. Gli occhi del soldato che è stato.
«Ho ancora le mie ali.»

(Ignora il lampo indefinito che attraversa le iridi azzurre, annuisce e ingoia le tre dita di liquore d'un fiato, senza dare importanza alla gola che brucia).

 

 

La verità è che Castiel ha iniziato a Cadere molto prima di quella sera.
Ricorda il momento esatto, l'istante in cui Dean era ancora soltanto l'Uomo Giusto e la bolgia infernale premeva contro la sua Grazia e incendiava le ali, la polvere e la cenere e le grida dei demoni.

Ricorda quando aveva visto la sua anima – sudicia di sofferenza e crudeltà tirata fuori a forza, spezzata e brillante al pari di una stella alla luce delle fiamme, ed era meravigliosa – e si era fatto largo fra le corde incandescenti per afferrarlo e trascinarlo lontano, e curarlo e rimettere insieme i frammenti di ciò che era stato e doveva continuare ad essere. E l'aveva salvato, ed era stato legato a lui e nel disperato tentativo di dimostrargli il suo stesso valore Castiel aveva iniziato a dubitare, a questionare suo Padre e le sue decisioni – quelle che dicevano essere le sue decisioni – e a domandare il perché di ordini che in millenni aveva sempre seguito senza una sola obiezione, e presto la Caduta era cominciata e non aveva potuto fermarla. Neppure avrebbe voluto fermarla.

Il suo sacrificio non era importante, se fosse servito allo scopo – la sua ribellione era insignificante.

Ora la sua Grazia non è più una forza incontenibile, sul punto di distruggere il suo tramite a causa della sua stessa potenza – è rimasto solamente un mormorio fioco sotto la pelle, un bagliore azzurrato non più visibile ad altri, una misera eco di quello che è stato.
Castiel, ora, non sa più chi sia, o addirittura cosa sia – non più un angelo, non ancora un uomo, è perduto nei misteri di un corpo che adesso gli appartiene pur senza essere realmente suo.

C'è stato un tempo – c'è stato e non c'è più e non ci sarà mai di nuovo – in cui Castiel sapeva chi era, e qual era il suo compito, e come portarlo a termine – c'è stato un tempo, e ora c'è solo il freddo.

È la prima sensazione umana che ha provato, ed è l'unica che lo accompagna costantemente – non sempre ha fame, non sempre sente dolore, spesso quel che rimane dei suoi poteri è abbastanza per tenerli lontani. Il freddo, invece, è come una patina perenne che gli irrigidisce i muscoli e lo lascia sfinito nel trench che è diventato troppo leggero.
Nei giorni peggiori del suo primo inverno a Camp Chitaqua, Castiel trema così forte che non riesce a lasciare il letto, il nido di trapunte che diventa sempre più grande e lo sguardo di Dean che si adombra sempre di più ad ogni nuovo strato aggiunto.

«Ho freddo, Dean.» e lui lo guarda impotente, e prende l'ultima coperta dalla pila, avvolgendogliela attorno. Si siede sul bordo del letto, osservandolo con preoccupazione – un brivido lo fa tendere di colpo, e le mani di Dean sono sulle sue spalle prima che se ne renda conto ed è la cosa più vicina al calore che sente da giorni. Da mesi.

Si inclina verso la sensazione, rabbrividendo, e subito dopo – improvviso e inaspettato e da qualche parte nella sua mente ci sono ricordi di discussioni riguardo questa vicinanza, l'umano bisogno di spazio personale? e Castiel non capisce – ci sono labbra sulle sue e preghiere che arrivano troppo flebili e che forse non sono nemmeno reali, forse sono quel che resta di quello che era il loro Legame, intrecciato tanto strettamente alla trama della sua Grazia da resistere nonostante a tratti nemmeno lui riesca più a sentirne la presenza (non dirlo a nessuno).

Resta immobile, gli occhi spalancati, la sorpresa che è persino più forte del freddo (allora questo è un bacio?) – sembra più lontano, ora, scacciato dalla pelle di Dean contro la sua. Non gli è mai stato così vicino, le palpebre chiuse sono punteggiate di lentiggini al pari di tutto il resto, (Cristo Cas per favore rispondi), e quando si allontana il gelo è di nuovo pronto a prendere il suo posto, una lama affilata che gli trapassa il petto.

Dean apre gli occhi e lo guarda e non può più leggere i suoi pensieri, ma Castiel non ne ha bisogno – lo guarda e ha paura, forse ha paura di lui, anche se Castiel non potrebbe mai fargli del male (anche se Castiel morirebbe, prima di fargli del male) o forse di se stesso, di quello che sta diventando, forgiato nell'aria pesante di sangue e del fumo delle pire funebri. Castiel lo sente scivolare lontano, ogni giorno un po' più distante dall'uomo che ha salvato dall'Inferno e sempre più simile a chi era laggiù, e non può aiutarlo, non può fare nulla per trattenerlo. Nulla, se non afferrarlo di nuovo (bocca contro bocca e denti e una ferocia sconosciuta e un calore troppo simile al fuoco), e lasciarsi Cadere insieme a lui.

 

 

Non odiarmi – non ti ho chiesto di rimanere, non te l'ho chiesto, avresti potuto andartene in qualsiasi momento.

La sua voce lo raggiunge troppo flebile, più volte durante il giorno – più di quante ad entrambi piace ammettere.
Il freddo non se n'è andato, ma Castiel ha imparato a combatterlo – si rende utile, o tenta di farlo, tenta disperatamente, cerca l'appartenenza a quel mondo che inevitabilmente sta per diventare anche il suo. Non riesce spesso.

Il freddo non se ne va mai, e la fame e il dolore e il sonno sono sempre più familiari, e il suo istinto di sopravvivenza tarda a farsi vedere.
 

Perché non te ne sei andato?

La gente parla, a Camp Chitaqua.

Parla, quando qualcuno intravede Dean uscire dalla capanna a tarda notte e attraversare mezzo campo per raggiungere la sua – parla, come se l'Apocalisse non fosse poi questa gran cosa, come se non ci fossero persone che muoiono e l'umanità che soccombe e l'acqua che scarseggia troppo spesso.
Parla, e non importa a nessuno dei due, in fondo.

Cas ti prego Cas Cas Cas ti prego

 

Della sua Grazia ormai non rimangono che poche scintille, brevi e discontinue.

Castiel sa che presto non ne resterà più nulla – presto non potrà più nascondergli il dolore delle piume che si staccano, lentamente, quelle che trova sparse per la stanza, le radici insanguinate.
Dean ha perso troppo per poter perdere anche lui, e Castiel non ha più freddo, quando lo tiene fra le braccia. E va bene così.

Va bene anche se presto Castiel morirà.

La consapevolezza lo colpisce una notte di marzo, la luna piena che illumina la figura addormentata di Dean al suo fianco – è raro che dorma, e quando lo fa gli incubi lo tormentano.
C'è stato un tempo in cui poteva farli sparire solo sfiorandogli la fronte – c'è stato, e non c'è più.

«Sam.» chiama, le labbra semiaperte e il volto imperlato di sudore, e la sua espressione è così sofferente, un gemito nella voce, ed è uno dei momenti in cui il freddo è un po' più lontano e i resti della Grazia formicolano nei polpastrelli – lascia una carezza lenta sulla sua spalla, ricalcando la vecchia impronta sbiadita, e sente il potere fluire in lui, calmandolo all'istante.

Lo lascia esausto, la schiena tesa nel dolore dei miliardi di spilli che trapassano di colpo l'attaccatura delle ali.
Lo pensa con distacco, tutto d'un colpo, un'idea come un'altra – questo corpo non sopravvivrà alle ferite, quando le perderà.

Va bene così.
Si addormenta per la prima volta da giorni, e la mattina dopo l'altra parte del letto è vuota e il freddo si è insinuato sotto la sua pelle.

C'è una lunga piuma nera, fra le lenzuola.

 

Castiel conclude la sua Caduta in una notte di giugno, calda e serena, il cielo di un blu scuro e pieno, meraviglioso.
L'ha sentito arrivare – ovviamente l'ha sentito, e anche Dean deve averlo capito, quando ha insistito per rimanere fuori.

Dean che lo bacia sotto quel cielo, con fame e disperazione, (non te l'ho chiesto io non te l'ho chiesto io non te l'ho chiesto io non te ne andare non anche tu non te ne andare), e le parole che si bloccano in gola nell'istante in cui le pensa.

(Aveva voluto essere sotto le stelle, aveva sperato che attraverso i Cancelli serrati del Paradiso o da qualunque altro luogo si fosse scelto a dimora, suo Padre vedesse. E lo perdonasse, per avere amato alcuno al di fuori di Lui).

Non ricorda molto altro – ricorda il dolore, ricorda di aver chiuso gli occhi dell'altro quando l'ultimo sprazzo di Grazia l'aveva abbandonato in un lampo accecante, ricorda di aver gridato per l'ultima volta con la sua voce.

Ricorda il freddo.
E ricorda il sangue.

 

Dean ricorda per lui.

Ricorda ogni singolo istante della sua Caduta, ognisingoloistante, e non potrà dimenticarlo nemmeno in un milione di anni, nemmeno se si lasciasse annegare e trasportare all'oblio dall'alcool che distillano quando possono permetterselo, non potrà dimenticare nemmeno quando sarà morto.

Non potrà dimenticare le ferite frastagliate fra le sue scapole, parallele, un doppio monito di quello che ha perso – non potrà dimenticare i singhiozzi che gli dilaniano il petto nell'incoscienza, mentre lo medica e non sa chi pregare per salvarlo (i Cancelli sono chiusi e lui è così per colpa tua lui è Caduto per colpa tua lui sta morendo per colpa tua proprio come tutti gli altri e non c'è più nessuno ad ascoltare le tue grida e il cielo è muto ed è colpa tua) e passa notti al suo capezzale e giorni lunghi e vuoti a svolgere compiti per adempiere a una responsabilità che non ha chiesto, e va alla deriva e Castiel non è più lì per tenerlo stretto al suo fianco e ricordargli chi è stato.

Dean ricorda, e perde se stesso.

Non potrà dimenticare come appare piccolo, e spezzato, e umano mentre trema in un letto che sembra troppo grande, e non ha più niente dell'essere che ha affrontato un viaggio all'Inferno per portarlo in salvo, un guerriero di Dio senza più Dio e solo in una guerra contro se stesso, e tanto meno potrà dimenticare la mattina in cui, dopo due mesi in condizioni critiche, Castiel si sveglia – si sveglia, pallido e smagrito, la barba lunga, il volto scavato, e le ferite stanno guarendo e gli occhi di Castiel, molto semplicemente, non sono più gli occhi di Castiel.

Sono ancora blu, ma della sua fierezza non c'è più traccia – sono gli occhi di un uomo (un uomo distrutto).
Sono sopravvissuti entrambi – e, come tutti i sopravvissuti, non sono più gli stessi di un anno, o un mese, un giorno, un minuto prima.

E non lo saranno mai più.

(C'è stato un tempo, e ora non c'è più, in cui avrebbe lottato per salvarlo – c'è stato un tempo, ma ora Dean non riesce a salvare nemmeno se stesso).

Eppure, per un istante, quando appoggia gli antidolorifici sul comodino accanto a lui e abbassa lo sguardo per non dover sostenere il suo, e c'è la sua voce (ed è ancora la voce di Cas, bassa e graffiante e vecchia come il tempo) a riempire il silenzio (ed è umano, è il silenzio nella stanza e non quello nella sua testa, e fa male) e salvarlo, solo per l'ultima volta (e salvarlo da cosa, salvarlo da chi – salvarlo dai sensi di colpa e gli incubi e salvarlo da se stesso anche se è troppo tardi, anche se guardarsi allo specchio non è già più un'opzione).

«Non mi hai chiesto di seguirti.»

   
 
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