Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: DianaSpensierata    03/01/2016    2 recensioni
"Mi mancava non sapere che cosa dire, mi mancava essere spiazzata dal suo irresistibile modo di fare, mi mancava il suo sguardo che sapeva e il suo sorriso che non necessitava parole, mi mancava avere qualcuno con cui poter parlare a quel modo. Mi mancava lui, in tutto il suo complicato e affascinante essere, a volte così forte che non riuscivo nemmeno a darmi della stupida."
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jackson Family, Martin Bashir, Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1. Behind the mask



Camminavo per mano con Ronan in una grigia giornata autunnale, sembrava un clima più newyorkese che californiano in effetti. Dal mare arrivava un vento freddo e noi cercavamo invano di ripararci in quelli che pochi minuti prima erano sembrati strati di stoffa sufficienti. Vedendolo rabbrividire, mi tolsi dal collo il foulard e lo avvolsi attorno al suo corpicino magro, su di lui sembrava una sorta di enorme mantello.
- Sono invisibile? – mi domandò con un sorriso speranzoso.
Mi guardai intorno spaesata. – Chi ha parlato? –
Ronan allora mi tirò per la manica del golfino. – Sono io, mamma! – e scostò il foulard dalle spalle.
Lo presi in braccio ridendo.  – Eccoti qui! – gli solleticai il busto, facendolo ridere forte. – Hai fame, scricciolo? – annuì e io ne fui sollevata, quel foulard era la cosa più pesante che avessi addosso e se avessimo continuato a camminare in quel vento freddo mi sarei presa qualcosa, avevo una salute piuttosto cagionevole. Ma ovviamente sarei rimasta in mutande piuttosto che far stare male mio figlio.
Lo guardai preda di un amore incondizionato mentre correva avanti e indietro per la spiaggia, semplicemente felice. Diventare madre era stata l’esperienza più bella della mia vita e ogni giorno scoprivo di riuscire ad amare un po’ di più quell’incredibile ometto, sebbene solo il giorno prima mi sarebbe sembrato impossibile.
Forse non era niente così speciale, in fondo è così facile amare i bambini, quasi istintivo… e, mi ero resa conto, l’unico amore di cui ero capace.
Lo aveva dimostrato la storia con il padre di Ronan, Tom, del quale avevo sperato con tutto il cuore di riuscire ad innamorarmi. Per l’ennesima volta, avevo fallito. Sembrerà la classica frase, ma non era mai colpa loro, ma mia. Avevo sempre avuto la tendenza a scappare dalle cose, specialmente quelle che promettevano di darmi stabilità… arrivavo sempre al punto in cui non riuscivo più a dare niente all’altra persona, mi bloccavo, e abbandonavo la partita.
Ora tuttavia ero una donna felice, fermamente convinta che di altro amore di quello di Ronan non avrei mai avuto bisogno.
– Mamma, domani possiamo tornare al parco? –
– Credo di sì, tesoro. Come mai hai così  tanta voglia di andarci ultimamente? – domandai con noncuranza, anche se sapevo benissimo la risposta.
Ronan mi sorrise con le guanciotte rosse. – La ragazzina mascherata…–
Ricambiai il sorriso. Sapevo di chi parlava… alcuni giorni prima mi aveva raccontato che mentre giocava aveva incontrato questa bambina con una maschera sul viso… si erano guardati, si erano salutati e il giorno dopo avevano giocato insieme… mi era sembrata una storia un po’ bizzarra, ma Ronan sembrava tenerci a tal punto (a parte il fatto che non mi aveva mai mentito) che avevo finito col credergli. E poi, conoscevo fin troppo bene il fascino del mistero… lasciai che ne godesse, era ancora piccolo e forse quella storia non sarebbe finita nell’ennesima delusione come capitava puntualmente a me… ormai non c’era maschera che tenesse… cadevano tutte e il mio cuore finiva col congelarsi di nuovo.
Scacciai quei pensieri amari cercando la gioia negli occhi di mio figlio mentre gli pettinavo i capelli castano chiaro con le dita. – Capisco… dev’essere proprio carina –  gli strizzai l’occhio.
Lui alzò le spalle. – In realtà non ne sono sicuro…–
Aggrottai le sopracciglia. – Che intendi dire? –
– Non si è mai tolta la maschera –.
Questa poi! – Neanche per un momento? – scosse la testa. Mi insospettii. – Le hai chiesto di farlo? –
– Sì, ma ha detto che non poteva…– si morse il labbro, sembrava sentirsi in colpa. Era terribilmente emotivo e spesso quando una situazione mi preoccupava lui riusciva a percepirlo quasi prima di me e a rimanerne turbato. Mi inginocchiai di fronte a lui rassicurandolo con una carezza.
– Non ti ha spiegato perché? –
– Ha detto che suo papà non vuole che la vedano in viso… ma non so altro…–
Okay, era decisamente strano. Dubitavo che mio figlio fosse in pericolo, ma dare un’occhiata a questa ragazzina non sarebbe stato poi così male… così come conoscere suo padre. – L’hai visto, lui? –
– Sì, ma da lontano… era con altri due bambini… avevano anche loro le maschere…–
– E non c’era sua mamma? – 
Ronan scosse la testa e io storsi la bocca. Non mi quadrava proprio. – Mamma, ho fatto qualcosa di sbagliato? – mi chiese con aria preoccupata.
Lo abbracciai. – No, Ronan, tesoro, stai tranquillo. Si saranno presi un po’ in anticipo con il Carnevale, che dici? –
Finalmente tornò a ridere, il volto più disteso. A volte era talmente percettivo, sensibile, da sembrare più grande, e questo mi spaventava a morte. Ronan aveva appena cinque anni e non volevo proprio che crescesse, era il mio bambino e quando rideva come in quel momento creava un’immagine che avrei voluto durasse per sempre, tale era la spensieratezza che ne scaturiva…
Non gli avevo donato una vita facilissima, innanzitutto non gli avevo dato un padre, poi, non accettando che fosse cresciuto da una tata, avevo lasciato il mio lavoro per vivere praticamente di risparmi, svolgendo qualche faccenda di quando in quando mentre lui era a scuola o da amici, cosicchè ora vivevamo in una casa di appena tre stanze, lui dormiva con me e tiravamo avanti alla bell’e meglio. Eravamo felici ma avevo sempre l’impressione che avrei potuto, dovuto dargli di più…
– A cosa stai pensando, mamma? –
Gli schioccai un bacio sulla fronte. – A quanto bene ti voglio – in un certo senso era vero… – E ora, facciamo una bella cenetta romantica al lume di candela io e te, ometto, che dici? –
– Va bene! Però devo andare a letto presto…–
Lo guardai sospettosa. – Da quando sei così disciplinato? –
Arrossì. – Voglio andare presto al parco così possiamo stare tutto il giorno ad aspettarla…–
Scossi la testa, rassegnata. – Ce l’avrà almeno un nome questa bambina?! – lo stuzzicai con una smorfia, fingendomi arrabbiata.
– Si chiama Paris! –
Presi per mano mio figlio e per tutta la sera pregai che non stesse costruendo castelli (o in questo caso Tour Eiffel) in aria e che la misteriosa Paris si facesse vedere…



Angolo autrice
Ciao ragazze!
Questa è una storia cui sto lavorando da più di un anno ormai, non è finita ma non ce la facevo più a tenerla lì! E'... non ho mai scritto una storia simile. Innanzitutto è allegra (beh, la maggior parte lo è), e poi... mi piace! Di solito non sono mai convinta al 100% di quello che pubblico, ma credo di essere un po' migliorata rispetto ai primi scritti e credo di essere riuscita a metterci veramente del mio, qualcosa di diverso. Ora, però, la parola a voi... spero di sentirvi in molte! Prometto (oddio in che guaio mi caccio...) di non deludervi!
Alla prossima e grazie di cuore,
DS
ps: e con tanto di foto...



 
   
 
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