In un brivido lieve che scorre su schiena e rami e nuvole e danza sul bianco di una pelle che non vede più il sole l’inverno grida piano e graffia e piange nere stelle che mai ho contato guardando il cielo. Lungi da sé il sole in esilio dietro mura di nebbia i venti insorgono in ululati primordiali di gelide stagioni ed io mi stringo - cenere di focolare spento - in una sinfonia di vene ed ossa in cerca di un calore che più non mi appartiene. E pioggia a cadere che cancella ed oblia le nevi precoci di sporco candore e pioggia a scivolare su guance che più non sentono lo scorrere del dolore. Cadono lacrime leggere labili dal mio volto e più non vedo cadono stringendo per mano l’inverno ormai vecchio di lame consunte cadono inermi condannate e consacrate al grigio di una terra dalle labbra secche e dal ventre ormai sterile.