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Autore: Love_in_London_night    04/01/2016    3 recensioni
Jared e la faccenda di Taylor Swift. Jared e Venezia.
Sempre e solo Jared, perché è solo. Senza Shannon e Tomo e senza amici, che poi sono la stessa cosa.
Ed è così che si sente a Venezia: solo e con il mondo contro.
È lì per girare uno spot pubblicitario, ma non ha importanza nel momento in cui ha bisogno di ritrovare se stesso in questo momento di sconforto.
E se avesse bisogno di una mano per farlo? E se questo aiuto venisse da una persona inaspettata?
Avery ha google e i gossip di twitter a disposizione, e nota che il suo vecchio amico Jared è in Italia. In fondo Berlino non è così lontana, no?
Hanno solo una notte a disposizione per sistemare quello che non va, ma le cose possono sempre cambiare.
"«Lo sai che non mi piace essere compatito.» Le ricordò quando l’abbraccio si fece troppo intimo per i suoi gusti. Non gli piaceva perdere né il controllo né il potere, ma Avery era in grado di togliergli entrambi, soprattutto in un momento in cui Jared si sentiva particolarmente vulnerabile.
«Non ti sto compatendo, mi sto preoccupando per te.»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Everybody told me I should run like hell
Look to me said I could be free, be free
Everybody told me I should save myself
Everybody, everybody, everybody
l want you all alone for the night, for the night, night"

(For the night - Jared Leto, 30 stm)


 
Arrabbiato, ecco come si sentiva in quel momento.
Arrabbiato con il mondo perché, a causa di un video pilotato apposta per screditarlo, aveva deciso di travisare ogni sua parola e crocifiggerlo come se fosse il peggiore degli uomini. Arrabbiato con sé stesso, perché sapeva di non essere un datore di lavoro perfetto, ma non pensava di meritare che il suo privato venisse divulgato e svenduto in un filmato simile da un suo dipendente; inoltre non riusciva a digerire l’atteggiamento tenuto con i paparazzi ore prima all’aeroporto di Los Angeles. Di solito, nonostante fossero insistenti e tendenziosi, era sempre riuscito a fronteggiarli, bastava un sorriso o un saluto, accompagnato da una frase carina detta senza rallentare mai il passo. Invece, poche ore prima, si era sentito impotente. Era scappato, aveva corso e nel tragitto si era coperto la faccia per evitare di essere fotografato. Non li aveva salutati, niente gentilezze, si era nascosto quasi ammettendo la colpa che il mondo gli attribuiva nei confronti di Taylor Swift.
Dopo quindici ore di viaggio ancora non era riuscito a perdonarsi, ma anche dopo tutto quel tempo non avrebbe saputo come agire diversamente.
Era atterrato a Venezia e alla rabbia si era aggiunta la solitudine.
C’era Shayla con lui, ma era una sua collaboratrice, non un’amica, non aveva l’abitudine di confidarsi con lei, anche se sentiva il disperato bisogno di farlo con qualcuno. Eppure Shannon era dall’altra parte del mondo, inoltre Jared preferiva si dedicasse a se stesso, visto l’equilibrio precario in cui si muoveva. Jamie era in tour con il suo gruppo, Emma era a LA a gestire gli affari dei Mars, Terry era assorbito dalla gravidanza della compagna, Babu aveva una vita e Annabelle era innamorata.
Jared, invece, era dall’altra parte del mondo solo, arrabbiato e fragile, perché non sapeva definire in altro modo quella sensazione di impotenza e tristezza che provava nel pensare all’intera situazione. La cosa lo urtava più del previsto, perché Venezia era una città incredibile e, malgrado fosse atterrato da poco, non riusciva a godersela come avrebbe voluto. L’indomani pomeriggio avrebbe incontrato il team di Gucci per fare alcune prove stilistiche, mentre la sera sarebbero iniziate le riprese dello spot per cui era stato ingaggiato e per cui era volato fino a lì. Aveva tutta l’intenzione di godersi quel posto magnifico e di iniziare a farlo il prima possibile. Desiderava perdercisi per non pensare ad altro, soprattutto a quello che credeva di aver sbagliato nella vicenda del video, perché era difficile per lui ammettere di fallire.
Dopo aver raggiunto l’albergo, Jared salutò Shayla e le diede appuntamento per cena, di modo che potessero rinfrescarsi e concedersi un po’ di riposo in un letto comodo. Al solito, nonostante la stanchezza, la mente di Jared non voleva saperne di spegnersi, così decise di girovagare un po’ alla scoperta della città senza che l’assistente lo seguisse ovunque: gli piaceva l’idea di immergercisi solo con se stesso, era quasi liberatorio.
Era arrivato fino a una sede universitaria con il naso all’insù per ammirare i palazzi. Era contento di scoprirla per la prima volta così bene, perché come città meritava davvero di essere vissuta appieno. Venezia, nonostante la nebbia, gli era parsa suggestiva. I palazzi antichi sembravano raccontare storie di intrighi e misteri, quasi a ogni vicolo potessero comparire delle maschere bianche – carnevalesche ma inquietanti –  per indurti a seguirle e scoprire chi si nascondesse dietro la loro identità. Eppure non c’era solo il lato che a Jared parve gotico, c’era anche quello romantico. Gondole che scivolavano lente tra i canali più stretti, finestre con vasi di fiori che d’estate fiorivano rigogliosi e scene di quotidianità a ogni angolo che strappavano più di un sorriso. Jared capiva perché il mondo l’avesse decretata una delle città più romantiche del mondo.
Eppure il lato meno patinato e più intrigante della città gli aveva fatto pensare che potesse essere adatta per il sequel di Hurricane che tanto avrebbe voluto girare.
Tornò in albergo soddisfatto e provato da quel lungo camminare, nella speranza di riuscire a schiacciare un sonnellino prima di andare a cena con Shayla, ma qualcosa glielo impedì.
Qualcuno stava bussando alla sua porta. Era strano, dato che la sua assistente avrebbe dovuto presentarsi soltanto dopo trentacinque minuti e, soprattutto, non avrebbe mai bussato, ma l’avrebbe chiamato al cellulare. Doveva essere successo qualcosa di strano.
Aprì l’uscio per cercare di spiare ma, appena ci fu lo spiraglio necessario per farlo, la persona al di fuori spalancò la porta e gli si gettò al collo per abbracciarlo.
Jared, nonostante avesse capito di chi si trattasse, rimase impietrito e accolse quel gesto senza muovere un solo muscolo. Non sapeva come reagire né cosa provare. Era tutto troppo strano perché fosse vero.
«Oh Jared!»La ragazza si scostò per guardarlo in faccia e studiarne l’espressione sconvolta. Poi levò le mani dai bicipiti e fece un passo indietro. «Scusami, lo so che non ti piace essere abbracciato.»
Le sorrise appena, come se tutte le preoccupazioni e i malumori che l’avevano accompagnato nelle ultime ore avessero trovato all’improvviso una cura. «È la cosa più carina che qualcuno abbia fatto per me in questi ultimi giorni.»
Alzò le spalle per rendere quella confessione meno triste e solitaria, ma Avery non gli lasciò il tempo di aggiungere altro e lo abbracciò di nuovo, ma quella volta Jared rispose al gesto con sentito calore. Solo in quel momento si rese conto che era ciò di cui aveva bisogno.
Avery. Dio, era passato un anno che fino a cinque minuti prima avrebbe giurato essere infinito, invece in quel momento gli sembrava di essere stato catapultato a novembre di dodici mesi prima, quando tutto tra loro era intenso e altrettanto incerto.
Era entrata nella sua vita tramite agganci comuni come Chloe, anche se l’amicizia tra quest’ultima e il cantante non era rilassata come un tempo. Entrambi avevano iniziato a frequentare gli stessi eventi e a vedersi spesso, approfondendo la conoscenza reciproca. Con Avery riusciva a sentirsi rilassato e a parlare di tutto: era simpatica e intelligente senza prevaricare sugli altri, parlava senza alzare mai la voce e aveva sempre un pensiero gentile per tutti. Era posata e positiva, aveva un carattere deciso anche se riusciva a non diventare mai arrogante. I capelli erano di un biondo caldo e gli occhi nocciola e, se avessero chiesto a Jared di associarla a un colore, avrebbe pensato al bianco candido e caldo di un maglione di lana. I toni che la rappresentavano era chiari ma avvolgenti, ecco perché Jared in sua presenza si sentiva sempre al sicuro, quella ragazza era sempre riuscita a trasmettergli calore con la sua sola vicinanza.
Lui ci aveva pensato tanto prima di prendere una decisione su come procedere: non era solito buttarsi in una relazione senza riflettere. Era circondato da persone che lo volevano accanto per il proprio personale tornaconto e, anche se la conosceva abbastanza da potersi fidare, non sapeva in cosa sarebbe incorso con lei. Inoltre, dopo una storia importante alle spalle finita male, faceva sempre fatica a buttarsi in un rapporto, aveva ridimensionato le aspettative sull’amore e quello influiva parecchio sulla sua vita sentimentale. Difatti non aveva più avuto relazioni serie, erano tutti flirt che funzionavano soltanto sotto le lenzuola.
Quando si era deciso a invitare Avery a cena, lei gli aveva confessato l’imminente trasferimento a Berlino e il bacio che Jared avrebbe voluto darle era rimasto ad aleggiare tra loro come un fantasma.
Avery era la persona irrisolta di Jared, era questo a renderla perfetta ai suoi occhi.
«Lo sai che non mi piace essere compatito.» Le ricordò quando l’abbraccio si fece troppo intimo per i suoi gusti. Non gli piaceva perdere né il controllo né il potere, ma Avery era in grado di togliergli entrambi, soprattutto in un momento in cui Jared si sentiva particolarmente vulnerabile.
«Non ti sto compatendo, mi sto preoccupando per te.» Avery si separò da lui e lo guardò in faccia per scorgere il barlume di gratitudine che lei sapeva riconoscere sotto tutta quella finta indifferenza.
«Come hai fatto a sapere che ero qui?» Le chiese mentre la invitò a entrare nella piccola suite così da poter chiudersi la porta alle spalle.
Avery accomodò la borsa su una cassapanca nei dintorni e si tolse il cappotto.
«Qualche sito di gossip molto aggiornato, twitter e infine una telefonata a Emma, la quale ha contattato Shayla.» Sorrise nel vedere la faccia sorpresa di Jared, lei invece era solo grata che Emma si ricordasse ancora di lei e le avesse permesso di essere lì. Era da un anno che moriva dalla voglia di rivederlo e passare del tempo con lui, non poteva sprecare una simile occasione, l’avrebbe rimpianto per il resto della propria vita. «Ho preso un aereo e sono arrivata qui. In fondo Berlino non è così lontana. Et voilà, eccomi qua.»
Minimizzò la cosa con una scrollata di spalle, ma Jared riuscì a cogliere il significato delle parole e del gesto che aveva compiuto per essere lì. Prese il telefono e scrisse un messaggio a entrambe le sue collaboratrici.

Grazie.

Forse era stato troppo sintetico e non aveva espresso tutta la sua gratitudine, ma sentiva il bisogno di dedicare la propria attenzione ad Avery e di non sprecare del tempo in sua compagnia.
La risposta di Emma non tardò ad arrivare:

Distraiti e goditi la serata.

Non c’erano dubbi, lo conosceva bene. Si era confrontato con lei riguardo la questione del video, ma non era riuscito ad approfondire oltre. Gli faceva piacere constatare che lei fosse così attenta alle sue reazioni da capire di cosa avesse bisogno.
Shayla, invece, gli rispose dopo una decina di minuti, nei quali Jared si era buttato in una fitta conversazione con Avery per essere aggiornato sull’ultimo anno.

Rilassati e non pensare a nient’altro. Io mi considero libera di cenare in albergo, guardarmi un buon film e dormire.

Ripose il telefono in tasca e tornò a concentrarsi su Avery, intenta a studiarlo con concentrazione.
«Ho fame.» Decretò dopo averlo osservato con la testa piegata di lato.
«Potremmo andare a mangiare qualcosa.» Propose Jared mentre il suo stomaco brontolava. Era da un po’ che non metteva qualcosa sotto i denti, l’idea di mangiare cibo italiano gli faceva venire voglia di sgarrare anche nel suo essere vegano.
«Oppure potremmo perderci tra le calli di Venezia e cenare con del cibo di strada. Per una notte soltanto comportarci come se fossimo due estranei qualunque e fare quello che ci va.» Gli occhi di Avery brillarono di eccitazione. Loro due, una città a loro disposizione e infinite possibilità di vivere tutto quello era un’idea elettrizzante per entrambi. Lei sapeva quanto il cantante avesse bisogno di svagarsi e sfogarsi, invece a lei piaceva il pensiero di passare insieme tanto tempo senza porsi limiti o aspettative. Avrebbero costruito quel momento di volta in volta, era la cosa migliore per loro due, abituati a vivere in equilibrio precario. I precedenti parlavano chiaro. Non poteva pretendere di più, ma non avrebbe voluto niente di meno, quella proposta era tutto quello che avrebbe avuto da Jared e da quella notte.
«Perdiamoci.» A Jared parve l’unico modo per ritrovare se stesso. E sapeva che Avery sarebbe stata la  persona perfetta con cui affrontare un simile percorso.
Le sorrise rasserenato e pronto a uscire dalla stanza d’albergo che li aveva fatti sentire protetti fino a quel momento.
«Magari ci facciamo un giro in barca.» Aggiunse lei, sempre più propositiva.
«Gondola.» La corresse il cantante, divertito.
«Giusto, gondola.» Avery rise allegra. «Ma l’importante è tenere a mente una cosa.»
Il suo sguardo divenne attento, catalizzando l’attenzione di Jared.
«Cosa?»
«Per questa notte vale tutto.» 
Jared avrebbe voluto obiettare, ma lei lo interruppe subito, non voleva dargli il tempo di pensare o di rifiutare la sua proposta, un no non era contemplato.
«Non ci negheremo qualsiasi pazzia ci passi per la testa.» Lo guardò con attenzione per carpire ogni minimo segnale di allarme. Nonostante tra loro ci fosse un affiatamento istantaneo, sapeva che per Jared ritrarsi era questione di un attimo, non poteva lasciarlo sfuggire, lo faceva per il suo bene. «Promettimelo Jared, fai qualcosa per te una buona volta.»
Sperava che quella piccola provocazione finale lo convincesse a cedere.
«Lo prometto.» Rispose lui senza dubbi. L’idea lo spaventava, ma il pensiero di deludere Avery era anche peggiore. Oltretutto l’idea di comportarsi in modo normale in una città a lui sconosciuta riusciva a placare tutti i turbamenti che lo smuovevano, poteva sentire una scintilla di eccitazione per la scoperta e la cosa lo solleticava parecchio.
«Potremmo passare dal mio bed and breakfast, mi cambio in un batter d’occhio e poi usciamo.» Dopo essersi resa conto di come si fosse presentata da Jared, ovvero nello stesso modo in cui era scesa dall’aereo, si vergognò del suo aspetto non proprio consono a quell’uscita improvvisata.
«Non ci pensare nemmeno. Il tempo vola e questa notte vale tutto.» La rimbeccò lui, sinceramente divertito. «Anche il tuo abbigliamento, non c’è nulla che non vada. È una serata informale tra persone che si conoscono. E poi non vorrai lasciarmi solo nel mio look casual, vero?!»
La prese per il polso e, senza attendere risposta, uscì dalla stanza. Ebbero a malapena il tempo di recuperare i cappotti e Avery la propria borsa e quando Jared la sentì seguirlo senza muovere ulteriori obiezioni sorrise soddisfatto. In ascensore si guardarono complici senza dirsi una parola mentre si vestivano per affrontare il freddo della sera veneziana. 
Jared non poteva dirle che la trovava bellissima così, con i capelli arruffati e quei vestiti semplici che su un’altra sarebbero sembrati anonimi, ma su di lei facevano risaltare la sua eleganza essenziale. Gli piaceva l’aspetto scarmigliato e un po’ stravolto che un volo aereo riusciva a donarle, perché tutta la sua genuinità e la purezza erano disegnate sulle guance rosa e negli occhi lucidi che tanto la caratterizzavano. Era candida e ogni cosa sembrava urlarlo, era responsabile senza prendersi sul serio, come riusciva a comunicare il cappotto raffinato abbinato a un paio di scarpe da ginnastica qualunque. Non voleva dirglielo, perché si sentiva già esposto per aver accettato le sue condizioni senza recriminare il minimo controllo su quella serata, ma poteva farle capire che per lui era perfetta così com’era.
Vagarono senza una meta per un po’, fino a giungere in una zona situata nei pressi di piazza San Marco, a quell’ora ormai silenziosa e vuota. Trovarono un ristorante che sfornava anche pizze al taglio, ne presero un pezzo per poterla mangiare per strada e non interrompere il loro giro turistico.
Parlarono di argomenti neutri, era più facile per entrambi non addentrarsi ancora nel terreno dissestato e incerto che c’era tra loro, composto da situazioni irrisolte e problemi personali più difficili da affrontare di quanto volessero ammettere, perché vedersela con se stessi non era mai facile.
Si persero nell’ammirare i palazzi sontuosi che li circondavano e si ponevano domande riguardo i loro proprietari o i vecchi inquilini, divertendosi a inventare le più astruse teorie a riguardo.
Interruppero le risate quando, all’improvviso, si trovarono davanti il Canal Grande e delle gondole lì accanto. L’ultimo gondoliere rimasto sembrava sul punto di andarsene, vista l’ora tarda, ma Jared – prima che Avery potesse impedirglielo – guardò l’amica con fare strafottente e, accompagnato da un sorriso subdolo, si avvicinò all’uomo per parlargli un po’.
Avery rise tra sé per come cercavano di capirsi. L’uomo non doveva parlare molto l’inglese e Jared, dal canto suo, sapeva dire a malapena quattro parole di italiano. Fu divertente vederlo insistere dopo un iniziale diniego anche se non riusciva a sentire il loro discorso, però alla fine Jared annuì ed estrasse dalla tasca qualcosa che assomigliavano a delle banconote. Era convinta volesse fare una foto, quindi si avvicinò per assicurarsi che tutto fosse a posto e il cantante non si fosse fatto spennare, perché ne sarebbe stato capace. Quando si impuntava era in grado di fare qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che si era prefissato.
Jared, quando la vide vicina a sé con lo sguardo sospettoso e preoccupato, si sistemò sulla gondola e le allungò la mano come appiglio per permetterle di salire a bordo. Quando Avery posò il palmo su quello che le veniva offerto, Jared la tirò verso il posto a sedere con una certa impazienza.
«Non dire niente.» La esortò appena si sedette accanto a lui e il gondoliere si addentrò nel canale. «L’ho convinto a farci fare l’ultimo giro dicendogli che ci siamo appena fidanzati. Non azzardarti a contraddire la mia versione perché un giro in gondola è perfetto per la regola che hai imposto a questa serata, inoltre è sempre stata una cosa che volevo fare. Non puoi rovinarmi le aspettative di una vita.»
Avery si morse il labbro per non ridere davanti alla sua infantile determinazione, ma fu inutile. Rise per camuffare il nervosismo di quella situazione così inusuale per loro, nella speranza che la risata dissimulasse il rossore delle guance per il fatto che Jared, in qualche modo, l’avesse descritta come la sua fidanzata.
Si accomodò meglio sulla seduta nel tentativo di riprendere il controllo e trattenere l’ilarità che le costò un’occhiata di biasimo da parte di lui. «Prometto che non farò nient’altro che godermi questo giro turistico della città.»
Jared, soddisfatto della risposta, iniziò a dire a voce alta e con studiata lentezza affinché il gondoliere li sentisse: «Tesoro, pensa a quando lo racconteremo ai nostri figli.»
Le mise un braccio attorno alle spalle e fece finta di indicarle un particolare che lo aveva colpito di un palazzo, ma ad Avery quel gesto così intimo fece battere il cuore più veloce del consentito e le guance si colorarono di nuovo. Ringraziò che fossero inghiottiti dall’oscurità pressoché totale e che Venezia non fosse addobbata con le classiche luci natalizie che avrebbero rovinato l’atmosfera generale e mostrato la sua colpa.
«Sarai talmente vecchio che diventerai direttamente nonno e non padre.» Sentiva il bisogno di sdrammatizzare, sembrava che lo spazio sull’imbarcazione fosse diventato più piccolo.
La presenza di Jared, la sua spontaneità e il suo calore l’avrebbero indotta a cedere. Di fianco a lui si sentiva debole, eppure sapeva che sperare in qualcosa che non sarebbe mai successo era deleterio per la sua salute mentale. Era da più di un anno che continuava a riempirsi di ma e di se, però non aveva trovato mai risposta alle sue domande, e il dubbio l’aveva uccisa piano, giorno per giorno.
Eppure Jared, come quella sera le stava ricordando, era l’arma più letale che avesse a disposizione. Era come sale sulle ferite che loro stessi – insieme – le avevano scalfito. Ma Avery sapeva che se solo lui l’avesse voluto avrebbe anche potuto esserne la cura.
«Soffriremo di demenza senile insieme.» Le rispose affabile Jared, sempre a favore del gondoliere che sembrava non capire nulla del loro discorso, nonostante l’inglese molto semplice con cui lui cercava di esprimersi. «Tu, io e i nostri cani.»
«Perché giustamente i nostri figli ci avranno abbandonati al nostro destino.» Continuò Avery, grata che il cantante fosse così disteso da permettersi di stare al gioco. Scherzare era l’ideale per allontanarsi dalla tensione che sarebbe aleggiata tra loro se avesse regnato il silenzio.
Continuarono così per un po’, finché anche i loro figli non furono diventati vecchi e loro fossero stati seppelliti sulle colline di Los Angeles, nel posto preferito di Jared.
Rimasero distratti e zitti ad ascoltare il frusciare della gondola nell’acqua e, quando Avery rinvenne dai propri pensieri, notò un Jared assorto, il viso rivolto verso i palazzi alla sua sinistra e una punta di preoccupazione e serietà nella sua espressione.
Il cuore perse un battito. Era quello il lato di lui che più le piaceva, il vederlo combattere contro se stesso senza darlo a vedere in apparenza, ma a lei non riusciva a nasconderlo, da quel punto di vista era diventata molto più brava di altri a capirlo solo guardandolo.
«Come stai?» Gli chiese mettendo fine alla quiete creatasi.
«Sono sempre impegnato, non ho tempo di pensare a come sto.» Le rivolse un sorriso che lei riconobbe come un gesto di circostanza. Sapeva quanto Jared non volesse affrontare l’argomento, ma quella sua resistenza a volerne parlare le fece capire quanto, in realtà, confrontarsi sul problema gli avrebbe fatto bene.
«Come stai davvero?» Insistette con voce dolce e comprensiva, era davvero interessata e preoccupata per lui. «Non sfuggire, non ne hai motivo. Né modo.»
Era facile perdere Jared e vederlo chiudersi a riccio per proteggersi. C’era un attimo in cui i suoi occhi diventavano gelidi e quel preciso momento gli serviva per mettere una distanza tra lui e chi lo metteva in difficoltà tale che nessuno potesse raggiungerlo, soprattutto chi ci provava. Ma Avery l’aveva messo alle strette: aveva scelto il momento adatto a causa della mancanza di una via di fuga e gli aveva fatto capire di conoscerlo fin troppo bene, non accettando così un suo rifiuto.
Era in trappola, per questo sospirò irritato e arreso prima di rispondere con sincerità.
«Mi sento impotente. E arrabbiato. E stupido. E offeso dalla deficienza altrui per non riconoscere che non c’era alcun oltraggio nelle mie parole. Mi sento in colpa per aver espresso il mio pensiero e trovo ingiusto odiare una simile cosa. Contenta?»
La fissò solo a fine discorso con uno sguardo serio che la fece sussultare. Gli occhi di Jared non dovevano guardare alcuna anima viva con quell’intensità, perché avrebbero rischiato di ferire a morte una persona. Lei ne era la prova vivente. In essi c’era fierezza e una nota di rimprovero verso se stesso che cercava di nascondere con tutte le sue forze, invano.
Avery ne rimase affascinata e colpita, ma fu anche felice di vedere che Jared non l’aveva allontanata. Era come se tra loro non si fosse frapposto un anno di lontananza.
«No, per niente. Sono dispiaciuta nel sentirti così giù. Ho visto il video, penso che tu non sia stato offensivo. Eri nel tuo privato e stavi esprimendo un parere personale. Inoltre non era una cosa strettamente legata a Taylor Swift, ma alla situazione che lei in quel momento ti aveva suscitato. Potevano essere i Linkin Park, Madonna, Rihanna o altri. Hai solo detto che non hai bisogno di lei per fare le cose bene.» Disse Avery con fare concitato, gesticolando senza nemmeno accorgersene. «E, se permetti, ne sono più che convinta.»
Gli sorrise affabile e sicura di sé, e Jared si ritrovò spiazzato da quella fiducia. Certo, i fan erano soliti riporla in lui, ma era da tempo che non se lo sentiva dire da una persona a lui vicina. Era una bella sensazione di calore che si accendeva in fondo al petto, ed era contento che fosse stata Avery a suscitarla. Aveva il sospetto che potesse essere l’unica a farlo, a volte.
«Il fatto è che ora sono sotto l’occhio del ciclone. Se non agisco legalmente passo per colpevole agli occhi del mondo che, per altro, ha già deciso di condannarmi.» Si strofinò la faccia per allontanare lo stress che quei pensieri gli provocavano all’istante. «Eppure non sono convinto di cosa fare.»
«E perché?»
«Perché ho i soldi per affrontare una causa questa volta, ma non la voglia. Non dopo la battaglia multimilionaria con la Emi. È stata un incubo e non avrei mai pensato di ripassarci.» Trovava terapeutico confidarsi con lei. Gli veniva naturale e l’attenzione e la calma con cui lei lo ascoltava e lo capiva erano rassicuranti. Diventava spontaneo aprirsi, a ogni confessione era sempre più liberatorio. «È assurdo.»
Avery gli mise una mano sul ginocchio prima di chinarsi un po’ nella sua direzione.
Non sapeva spiegare il perché di quel gesto, ma era sicura di voler comunicargli tutto il proprio affetto e calore, fargli capire che non era sbagliato come si ostinava a sentirsi.
«Non pensare a quello che dice la gente a riguardo, ma a ciò che è meglio per te.» Si tolse un ciuffo di capelli dal viso prima di continuare a parlare. Non era certa di voler esprimere il proprio parere, non voleva che Jared lo vedesse come un consiglio, eppure sentiva il bisogno di rassicurarlo. «Per questo penso che tu debba passare a un’azione legale, ma non per dimostrarti innocente al mondo, quanto più perché c’è stata una violazione della privacy nei tuoi confronti.»
Jared sospirò, rendendosi conto che Avery gli piaceva proprio perché era una donna che non si prendeva sul serio ma sapeva essere saggia e dare buoni consigli, per questo un anno prima aveva iniziato a provare qualcosa per lei.
Sospirò e convenne con lei dicendole che avrebbe agito. Sapeva di doverlo fare, quindi il giorno seguente avrebbe chiamato un legale per querelare il sito e chi aveva venduto il video, infine conclusero il giro in gondola.
Si fecero lasciare nelle vicinanze dell’albergo per scoprire un po’ più di Venezia e per permettere a Jared di svagarsi un po’. Ad Avery non sembrava ideale lasciarlo solo tra le quattro mura di una stanza dopo un simile discorso, si sarebbe comportato come un animale in gabbia. Si sentiva in dovere di risollevargli l’umore, in fondo si era presentata per quel motivo, anche se sembrava che quella notte stesse risvegliando tutti i sentimenti che aveva messo a tacere per mesi.
Ma era soltanto per una notte tutto quello, non era reale. Era un momento di autentica evasione da tutto ciò che li opprimeva, non poteva illudersi che fosse vero e infinito. I sentimenti erano genuini, sinceri, ma a volte non bastavano, per quanto la sola idea di separarsi da Jared dopo la piccola avventura in quel di Venezia fosse più dura da accettare di quanto si fosse mai aspettata, soprattutto dopo così poco tempo trascorso insieme.
Qualche ora poteva fare la differenza? Sì, si rispose, se riportava a galla con più intensità tutto quello che non era mai sparito. Lo guardò con tristezza e desiderio, perché Jared nei sentimenti sapeva essere molto più cauto e razionale di lei e lo invidiava per questo. Si era ripromessa di essere più lucida in sua presenza per quella visita, ma la verità era che vederlo ferito e spaesato le aveva fatto abbassare le difese, facendo saltare i suoi piani.
Soltanto in un secondo momento si accorse che Jared la stava guidando in una direzione specifica, attratto da un palazzo che sembrava aver ospitato molte storie al suo interno. Avery adorava vederlo ispirato e sereno, era bello vederlo sorpreso e curioso come un bambino nonostante l’età adulta, era una reazione così sincera da farle stringere il cuore. Amava il fatto che Jared non avesse mai smesso di sognare.
Lui la trascinò al di sotto di esso e, dopo averlo studiato, le raccontò di quella volta in cui in città c’era la nebbia, mentre nelle case si tenevano balli per festeggiare il carnevale. Erano pieni di maschere e vestiti sontuosi, ma dietro a una di esse si nascondeva un efferato killer che da tempo uccideva giovani donne per le calli.
Avery sorrise e rabbrividì completamente rapita dal suo racconto, Jared era bravo ad ammaliare con le proprie parole, tanto che lei si convinse della veridicità di quella storia, perché sembrava che lui l’avesse vissuta davvero.
Iniziò a tralasciare gli omicidi e a concentrarsi sul ballo, simulando di essere il padrone di casa che aveva adocchiato una giovane dama. Jared prese la mano di Avery e si ritrovarono a ballare in mezzo alla strada, sotto le finestre illuminate appena di quel palazzo, senza musica né ritmo, a fingere di essere due persone qualunque inghiottite dalla notte e dai ricordi. Le spalle di entrambi si distesero e le dita si intrecciarono per assumere l’improbabile posizione di un valzer, ma i sorrisi si fecero più frequenti e sempre più larghi, lasciando il posto a vere e proprie risate per le movenze ridicole che entrambi riuscivano ad assumere.
Si interruppero solo quando Jared mise il piede su uno scalino che portava direttamente nel Canal Grande, inzuppandogli la scarpa. Se non fosse stato per Avery, però, sarebbe finito in acqua per un bagno fuori programma.
Si diressero in albergo tra le risate e le prese in giro di Avery, mentre Jared cercava di smuoverla a pietà con un broncio da cane bastonato, il tutto con scarsi risultati.
Arrivarono davanti all’hotel poco dopo ed entrambi si accorsero di non sapere come salutarsi, né di volere che il momento giungesse davvero.
Avery fece per cercare il cellulare nella borsa, ma si accorse che mancava qualcosa. «Dove ho messo il mio e reader?»
«È azzurro?» Chiese Jared pensieroso.
«Sì, la cover lo è.»
«Allora penso sia nella mia suite. L’hai tirato fuori quando cercavi il cellulare, poi però non l’hai rimesso dentro.» Cercò di ricordare mentre si avvicinava alla porta girevole. «Siamo usciti di corsa, nella fretta non l’avrai preso. Vieni a recuperarlo, mentre mi faccio una doccia ordini qualcosa da mangiare, ho di nuovo fame.»
«Ok.» Sorrise Avery nel seguirlo senza alcuna resistenza. Ringraziò la propria sbadataggine, perché le aveva regalato il modo di protrarre il più a lungo possibile la compagnia di Jared, anche se si trattava di pochi istanti. Salirono nell’ascensore quando lei tornò a rivolgergli la parola: «Ma tu come fai a essere così magro? Sei l’odio di tutte le donne.»
Jared rise divertito prima di avvicinarsi al suo orecchio per sussurrarle: «Faccio tanto esercizio.»
Ad Avery un brivido corse lungo tutta la schiena. Non seppe dire se per il tono roco e basso o se per la sua vicinanza che – per la prima volta – sembrava pericolosa, ma qualcosa le fece attorcigliare lo stomaco e cedere le gambe.
«Non scendere nei dettagli, non voglio rimanere traumatizzata a vita.» Cercò di sdrammatizzare. «Penso che tu abbia una concezione diversa dalla maggior parte della popolazione riguardo all’idea di esercizio.»
Lui la guardò con occhi furbi e un accenno di sorriso, un solo angolo della bocca alzato, ma non disse nulla. Avery per questo si sentì fuori pericolo, il peggio era passato.
Entrarono nell’ambiente curato e accogliente della stanza e Jared si tolse subito le scarpe e le calze e, senza darle il tempo di adattarsi, si precipitò in bagno, dove Avery sentì lo scroscio della doccia, doveva scaldarsi l’acqua.
«Fa’ come se fossi a casa tua!» Le urlò Jared dal bagno. «Arrivo subito, non ci metterò molto.»
Avery si buttò sul letto per recuperare il suo e reader, abbandonato tra i due cuscini, rendendosi conto di quanto fosse comodo e di quanto invece lei fosse stanca dopo quella giornata rocambolesca. Si stiracchiò e testò ancora meglio il materasso e le coperte.
«Mi riposo un attimo.» Gridò alla porta chiusa dietro la quale Jared stava per fare la doccia.
Magari ci avrebbe messo un po’ a rendersi presentabile e asciutto, quindi lei avrebbe potuto approfittare di quel comfort e del suo calore più del previsto, ma non si sarebbe mai infilata sotto le coperte con i vestiti addosso, quindi decise di toglierli.
Rimase con la canottiera e si infilò sotto le coperte per scaldarsi dopo aver preso fin troppo freddo durante la serata spesa fuori. Il tepore le fece distendere i nervi e la stanchezza piombò su Avery di colpo: le palpebre divennero pesanti e, anche se si era ripromessa di non addormentarsi ma di riposare un po’, si abbandonò alle braccia di Morfeo.

Jared uscì dal bagno dopo dieci minuti. Sbirciò dallo spiraglio della porta che si era aperto per evitare spiacevoli inconvenienti, dato che aveva dimenticato i vestiti puliti nell’armadio. Vide che la stanza era tranquilla e uscì con l’asciugamano in vita per poi indossare i pantaloni che usava per dormire e una maglietta, infine cercò Avery e, con stupore, la trovò pesantemente addormentata sotto le coperte.
Aveva le labbra imbronciate e i capelli arruffati, il respiro pesante e il trucco che iniziava a colare, ma la trovò di una dolcezza disarmante. Avere una persona addormentata nel letto dopo tempo era una situazione destabilizzante, ma Avery riusciva a trasmettergli un senso di sicurezza che nemmeno lui riusciva a concepire, eppure il suo respiro cadenzato era fonte di serenità. Non l’avrebbe permesso a nessun’altra, ma nessun’altra si sarebbe infilata nel suo letto per addormentarcisi.
Le spostò una ciocca dalla faccia e, al posto di svegliarla, si sdraiò accanto a lei, con il braccio appoggiato fuori dalle coperte, vicino a quello di Avery. La studiò con attenzione prima di iniziare a sentire la stanchezza pervaderlo, dalla bocca corrucciata al naso grazioso, fino alle guance rosa e la gola scoperta. Seguì la linea del braccio e si fermò sulla mano, dove le dita affusolate ed eleganti giacevano rilassate appoggiate al materasso. Jared iniziò ad accarezzarle con lentezza e, mentre il sonno prendeva il sopravvento, intrecciò l’indice e il medio con quelli di Avery, così si addormentò.

Jared era addormentato, ma provare a girarsi fu la mossa che lo svegliò del tutto. Avrebbe voluto mettersi sul fianco destro, però qualcosa glielo impedì. Sentì il braccio sinistro tirare come se lo stessero strattonando e, in effetti, le sue dita erano incastrate a quelle di Avery, nello stesso modo in cui le aveva lasciate prima di dormire.
Quel contatto era tutto, per lui. Era dettato in parte dalla paura di restare solo, ma anche dalla consapevolezza di non esserlo davvero dopo tutti i dubbi del giorno prima, perché Avery e il suo calore era reale. Era la voglia di andare oltre il timore di cogliere l’occasione e il terrore di vederla sfumare una volta per tutte. Era la rassicurazione di una persona più importante di quel che si pensasse ed era la beatitudine che ogni suo aspetto riuscisse a donargli, perché dopo tempo si sentiva appagato, completo.
Erano solo due dita intrecciate ad altre, ma per Jared erano molto di più.
Non riusciva a credere di averla lasciata fuggire un anno prima, era sempre stato razionale ma mai al punto da andare contro se stesso, non riusciva a capire come potesse essere successo.
Sorrise nella direzione di Avery, grato che si fosse addormentata accanto a lui, poi sfilò le dita da quelle di lei e si girò sul fianco, entrambi avevano bisogno di riposare e di riflettere su quello che era successo quella notte, soprattutto su quello che non era ancora accaduto e sui motivi di una simile scelta. Motivi che ormai sembravano ridicoli.
La mancanza di contatto e il movimento di Jared svegliarono Avery di soprassalto, la quale si rese subito conto di non essere nel posto giusto. Quella suite era ben diversa dalla camera che aveva prenotato nel solito bed and breakfast e, soprattutto, c’era una persona in più in quel letto. Dipendeva tutto dai punti di vista, ma  da quello di lei era Jared la persona di troppo.
Avery si mise a sedere di scatto mentre scostava le coperte e, con suo sommo imbarazzo, avvertì Jared alle proprie spalle voltarsi veloce verso di lei. Si sentì ancora più in colpa, non avrebbe voluto svegliarlo.
«Non so cosa mi sia preso. Volevo solo riposarmi un attimo mentre eri in doccia, invece mi sono addormentata.» Farfugliò a disagio mentre, piegata, cercava di recuperare i propri indumenti dal pavimento. Si girò verso il cantante il minimo necessario, giusto per farsi capire, ma non avrebbe mai trovato il coraggio di guardarlo in faccia. Ringraziò il fatto che ci fosse quasi del tutto scuro nella stanza. «Ti giuro che non l’ho fatto apposta, scusami. Ora mi rivesto e torno al bed and breakfast, sono le quattro e mezza quasi e…»
Avery, se non fosse stata interrotta, sarebbe andata avanti a scusarsi in modo sconclusionato, una sua caratteristica di quando era in difficoltà, ma Jared pose fine a tutto quello. 
Mentre lei stava per alzarsi con le proprie cose sotto il braccio, la prese per un polso e la fece cadere di nuovo sul materasso. Avery, colta alla sprovvista, perse l’equilibrio, lasciò andare i propri indumenti e si ritrovò di nuovo sdraiata accanto a lui. Jared, con il proprio leggero strattone, la fece voltare verso di lui perché non sfuggisse al suo sguardo.
Le guance di lei divennero incandescenti e il cuore aumentò i battiti. Quella situazione era a dir poco imbarazzante e lei non sapeva come affrontarla, non si era mai ritrovata nel letto dell’uomo per cui provava qualcosa senza averci fatto sesso, né pensava potesse mai succedere. A stonare però non era la situazione in sé, quanto più l’intimità che c’era tra loro senza esserci mai davvero stata.
«Non ti ho svegliata perché non volevo che te ne andassi.» Le disse stanco di aver aspettato tanto per farlo, perché un anno di attesa gli sembrava più che sufficiente. Il destino – o forse loro stessi – aveva creato una seconda opportunità per far sì che non la sprecassero di nuovo e Jared aveva tutta l’intenzione di mettere le cose in chiaro.
Non la voleva con sé perché non lo faceva sentire solo, ma perché con lei accanto gli sembrava di essere migliore.
«Non voglio che tu pensi che io mi sia infilata nel tuo letto.» Rispose Avery giocando con l’orlo della coperta.
«Non lo penso.» Continuò lui spostando il peso del suo corpo dal proprio gomito sul busto di lei. Prese ad accarezzarle un fianco con il pollice. La sovrastava senza staccarle gli occhi di dosso e Avery si sentì esposta, nuda, con la gola secca, gli occhi sgranati e le guance incandescenti. Lui era sempre più vicino, e la cosa la destabilizzava come non mai.
«Questa notte vale tutto, ricordi?» Le sussurrò a pochi centimetri di distanza dalla sua bocca.
«Ma la notte sta finendo.» C’era il timore che Jared potesse pentirsi di quello che sembrava stesse per fare, Avery non era sicura di poter vivere con il ricordo di un suo bacio e nella certezza di non riceverne un altro.
«Soltanto se noi vogliamo che sia così.» La mano dal fianco scivolò fino alla guancia, lasciando dietro di sé un brivido.
«Jared cosa…» Non riuscì a continuare, aveva paura a concludere quella domanda forse più della risposta stessa.
«Non so cosa sto facendo, so solo che lo voglio.» Le labbra di Jared erano vicine a quelle di Avery in modo inequivocabile, eppure le diede il tempo di capire cosa sarebbe successo di lì a poco e di sfuggirgli, se l’avesse voluto.
Avery sospirò e si mosse tesa, poi posò la mano sul polso di Jared mentre con l’altra sfiorò appena la guancia coperta da un velo di barba, infine si protese per prendersi quel bacio che aveva aspettato per troppo tempo.
Fu un incontro lento e all’apparenza innocuo, ma lo stomaco si contrasse a entrambi. Un vuoto d’aria improvviso che strinse la presa e rubò loro il fiato, una mancanza dovuta al salto che avevano finalmente compiuto. Si erano buttati per la prima volta nel buio con la paura, ma anche con la voglia di saltare e scoprire cosa avrebbero trovato.
E si ritrovarono a ringraziare quell’anno passato perché aveva reso quel momento degno di essere vissuto, perché si stavano scoprendo con la dovuta calma. Dopo mesi di parole che servivano a nascondere i loro sentimenti e un ancor più lungo silenzio, quel bacio era diventato il loro miglior modo di comunicare ciò che si erano sempre tenuti dentro. I dubbi si tramutarono in certezze quando le lingue si incontrarono e capirono come lambire quella dell’altro, gli intenti divennero chiari con l’acquisire una sicurezza che non permetteva a entrambi di celare le proprie emozioni.
Si separarono per prendere aria e Avery si stese nel posto in cui prima si era addormentata, con la differenza che sotto al collo questa volta aveva il braccio di Jared. Entrambi avevano il fiato corto per mancanza d’aria.
Avery chiuse gli occhi e cercò di capire cosa provava, ma non era facile perché dentro di lei si agitavano fin troppe sensazioni.
C’era la liberazione di sapere che anche Jared aveva avuto i suoi stessi pensieri, la frustrazione per aver complicato tutto, come se non lo fosse stato già e la paura di scoprire cosa sarebbe successo dopo, perché ormai le cose erano cambiate e non avrebbero potuto ignorarle.
Era emotivamente distrutta.
Jared era intenso in tutto. 
Nel suo sentirsi solo, come loro due quella notte in giro per Venezia. Nel baciare e lasciarla senza respiro. Nel silenzio meditativo in cui si era chiuso per un anno dal loro ultimo incontro. Nell’essere razionale e valutare i rischi di ogni situazione, cosa che li aveva portati ad allontanarsi senza volerlo. Nell’essere insicuro al punto da non muovere un passo nella sua direzione quando avrebbe potuto. Nel recuperare e diventare sicuro nel momento in cui i rischi erano diventati incentivi e non muri. Nel non farle percepire il tempo passato come se non fosse stato infinito e straziante. Nel trasmetterle ogni suo sentimento con chiarezza senza dire una parola con quel bacio. Nel continuare a non dire una parola dopo quello che era successo e facendole così venire voglia di piangere.
Tutto ciò era soverchiante e la confondeva.
Avery aspettò che il pianto passasse e finalmente riaprì gli occhi per incrociare lo sguardo di lui, lo trovò intento a studiare la sua espressione sofferta e preoccupata, però non sembrava pentito di ciò che era successo. Delle confidenze. Dell’uscita improvvisata. Del bacio. Di loro.
Jared approfittò di quel piccolo gesto per spingerla con il braccio intrappolato sotto di lei a farla rotolare un po’ su di sé. Avery si ritrovò stesa in parte sul petto di Jared e in parte sul materasso, faccia a faccia, le gambe incrociate a quelle di lui per essere comoda e la sua mano ad accarezzarle la schiena da sopra la canotta.
Lei posò una mano sul petto prima di trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Ciao.» Mormorò Jared con voce roca. Era stato lui a prendere l’iniziativa per primo, in quel momento voleva lasciarle il tempo di elaborare la cosa e capire se anche lei desiderasse lo stesso, perché se l’avesse baciata di nuovo non avrebbe più smesso e se Avery non l’avesse voluto ne sarebbe morto, perché lui non voleva altro dopo averla assaggiata.
«Ciao.» Rispose lei con un bisbiglio mentre tracciava all’altezza del cuore piccoli cerchi con le dita.
Entrambi lo capirono in quel momento: era una questione di vicinanza la loro, ma non era fisica, bensì emotiva. Ed era impossibile scamparle.
Avery prese coraggio e si sporse verso di lui con un po’ di timore. Ritrovò la bocca di Jared e tutto perse senso.
Il tempo non esisteva attorno a loro né l’aria di cui vivere. Jared era concentrato sulle sensazioni e i sentimenti che provava e che era convinto di aver dimenticato da tempo, sentendosi umano. Era spaventato e grato al contempo per questo, ma la verità era che Avery lo faceva sentire sicuro. I problemi del mondo sembravano piccoli e ridicoli, come la faccenda di Taylor Swift che fino a poche ore prima l’aveva visto in difficoltà.
Avery era quella cosa inaspettata che stava riuscendo a sistemare anni di situazioni sbagliate.
Si mise a esplorarla piano e ad ammirarla in silenzio, come si faceva di solito con un’opera d’arte. 
Sarebbe stato facile svestirla del tutto e fare sesso, però non l’aveva tenuta con sé quella notte per qualcosa di facile e privo di significato. Lei lo faceva sentire vivo e lui voleva godersi la sensazione.
Fece scivolare le mani sulle cosce per poi risalire piano la schiena e arrivare tra i capelli, mentre Avery intrecciava le gambe a quelle di lui fino a non capire più dove iniziasse uno e finisse l’altra. 
Poteva sentire l’eccitazione di Jared contro la propria pancia, ma nessuno dei due fece qualcosa per andare oltre.
Quel lento scoprirsi non era abbastanza, ma per quella notte era tutto. Avevano atteso per troppo tempo, non avrebbe avuto senso accelerare la situazione e non godersi il momento. Aspettare dava a entrambi l’idea di avere altre occasioni per vedersi e approfondire quello a cui avevano appena dato il via, non volevano mettere fine alla cosa subito.
Gli sfregamenti, i tocchi, gli sfioramenti. Tutto poteva sembrare una tortura, in realtà era un piacevole e doloroso preambolo per quello che sarebbe stato. Ogni cosa in futuro avrebbe avuto un senso e un significato, quello era solo l’inizio, inutile mentirsi, perché esserci – dopo un anno – e volere tutto quello che stava accedendo era per loro la più grande conferma dei loro sentimenti.
Gemettero, si morsicarono le labbra e inghiottirono i sospiri altrui fino a quando l’eccitazione non lasciò il posto alla stanchezza, permettendo alle carezze di divenire dolci e ai baci innocenti.
Avery si accoccolò sul petto di Jared, mentre quell’ultimo passava pigramente la mano sulla colonna vertebrale di lei, con sempre meno convinzione.
Quando la mano si fermò il respiro si fece pesante e gli sembrò soltanto di udire una frase sussurrata.
«Non sei solo, non più.»

La realtà si infranse su di loro con il raggio di sole che colpì i cuscini su cui dormivano.
Era partito tutto dall’intreccio di due dita ed era finito in un groviglio di corpi e anime. C’era la buona volontà di continuare quello che era iniziato in una stanza anonima di albergo e renderlo più personale, loro, ma c’era una questione insormontabile. Avery era bloccata in Europa, mentre Jared aveva la base a Los Angeles pur essendo in realtà un cittadino del mondo.
Erano stati così focalizzati tutta notte su cosa volessero per capire che il vero problema era come ottenerlo.
Entrambi avevano combattuto con i dubbi con cui avevano convissuto e i muri costruiti, però non avevano pensato alle conseguenze del desiderare l’altro.
Fu Jared a formulare per primo quel pensiero e, dopo tempo immemore, si stupì di riscoprirsi così altruista in un rapporto a due. Era una cosa che aveva totalmente dimenticato.
Osservò Avery muoversi sicura e molto più sveglia di lui per la stanza, intenta a raccogliere i vestiti. Quando si rese conto di cosa stava facendo si mise a sedere.
«Cosa stai facendo?»
«Raccolgo le mie cose.» Sottolineò le proprie azioni mostrandogli i Jeans e rimettendoli mentre saltellava sul posto.
«Dove stai andando?» Le chiese allarmato e ormai vigile. Di sicuro il risveglio non se l’era aspettato a quel modo. Jared doveva presentarsi da Gucci nel pomeriggio, mentre era convinto che Avery non dovesse ripartire tanto presto, visto che si era trattenuta in città per la notte, non aveva proprio pensato potesse prendere un volo quella mattina.
«A recuperare il resto delle mie cose.» Aggiunse senza smettere di recuperare i propri averi.
«Al bed and breakfast?» Era teso. Non riusciva a credere di vederla scivolare via con una simile facilità, non sapeva nemmeno come combattere la situazione ad armi pari. Non era pronto.
«A Berlino.»
Jared rimase in silenzio, ghiacciato sul posto, mentre Avery si accorse delle sue parole e dell’effetto che potevano avere. Si voltò verso di lui, ormai in piedi accanto al letto, e gli accarezzò un braccio.
«Forse può sembrarti affrettato…» Balbettò insicura. «Ma una decina di giorni fa ho ricevuto una offerta dalla mia società, un’offerta allettante che posso accettare entro natale… Ma non l’ho mai presa in considerazione per paura. Forse mi serviva uno stimolo.»
Jared, in risposta, serrò la mascella e rimase in silenzio. Sapeva di essere stato chiaro, era bravo nel linguaggio non verbale, di sicuro era consapevole essere più diretto con i gesti che con le parole, e tutto indicava quanto fosse scosso.
«Ho pensato di accettare la proposta. Ho chiamato stamattina.» Sospirò, rossa in volto. «Torno a Los Angeles.»
Era come se la promessa che gli aveva strappato per la notte appena trascorsa, quella di non negarsi alcuna pazzia passasse loro per la testa, fosse diventata all’improvviso eterna.
Jared lasciò andare l’aria che aveva dimenticato di espirare fino a quel momento.
«Quindi devo andare a prendere e impacchettare tutto ciò che ho là.» Il silenzio di lui e lo sguardo indecifrabile la resero nervosa. «Lo so che può sembrare esagerato, ma ho già perso troppo tempo a chiedermi come sarebbe stata, non voglio lasciar passare un altro anno. Mi preoccupo per te, provo qualcosa per te…»
Jared le prese il volto tra le mani e la baciò. Non sapeva cosa dirle, se non grazie, oltre al fatto che – per quanto tutto quello sembrasse assurdo – non poteva che concordare con lei. Avevano già perso troppi momenti da passare insieme, non voleva sprecarne altri a domandarsi come avrebbe potuto essere.
«Va’ a Berlino e poi torna da me.» La abbracciò prima di dire la cosa sbagliata. «Mi piace quando mantieni fede a ciò che dici.»
Sembrava che pure Jared fosse corso al patto della sera precedente.
«Non sei più solo.» Lo tranquillizzò per scacciare ogni paura, non voleva traumatizzarlo. Jared era uno spirito libero, lei non era certo lì per imporgli limiti o racchiuderlo in etichette che non gli appartenevano. «Ho promesso di starti accanto e intendo piacerti anche per questo. Soprattutto per questo.»
La vide uscire dalla porta con un sorriso e la consapevolezza che sarebbe entrata nella sua vita.
Venezia era stata magica, in qualche modo l’aveva aiutato a risolvere i suoi problemi, delle difficoltà che si era creato da solo e che Avery sembrava risolvere con la sua sola presenza.

 

 
Ehm… In realtà avevo giurato (quasi, non esageriamo) a me stessa che la shot precedente sarebbe stata l’ultima, ma come vedete non sono brava a mantenere le promesse che faccio a me stessa.
Scherzi a parte, appena ho pubblicato la shot natalizia mi sono pentita, e non mi capita mai. Non l’ho sentita nello scriverla, né tantomeno nel pensarla. Poi, appena postata, è uscito il casino di Taylor Swift e di Venezia, quelli sì che hanno acceso la lampadina della creatività nella mia testa. Così ecco la shot.
In realtà avrei voluto pubblicarla qualche giorno dopo, ma prima ho dovuto elaborare più o meno la trama, trovare un titolo e, SOPRATTUTTO, trovare il tempo per scriverla, perché queste sono sempre un casino per chi ha un’attività come quella di famiglia.
Quindi eccomi qui, con una nuova shot che mi soddisfa molto più dell’altra, anche se – lo ammetto – mi sembra di aver perso quel piglio (chiamiamolo così) che mi faceva sentire in sintonia con Jared e mi faceva sembrare di averci preso riguardo la sua personalità, almeno in parte. Gli manca quella punta di stronzaggine nella sua riflessività che non sono riuscita proprio a inserire nella storia, ma la sua “fragilità” è data da un isolamento che mi sembra di aver notato in questo periodo e dalla “bufera” scatenata dal video di Taylor Swift. Beh, spero vi piaccia lo stesso.
Se la storia vi è piaciuta è merito della pubblicità di dior home con robert pattinson (e di for the night. e del video. e di TS. insomma, un miscuglio) che mi ha ispirata e da cui ho preso le immagini per il banner. Yes, quella di Jared al centro è una manip e io sono molto orgogliosa di tutto ciò, siccome non uso photoshop.
E niente, la smetto di annoiarvi e vi auguro un buonissimo inizio 2016, nella speranza che quest’anno possa solo migliorare!
Spero che la shot vi sia piaciuta, Cris.
   
 
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