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Autore: reb    04/01/2016    3 recensioni
Prima non ci aveva fatto caso per via del buio, ma era carina. Con quella pelle chiara e le lentiggini sul naso. Poi occhi così non ne aveva mai visti.
-Perché non togli il cappello?- chiese curioso il bambino – Hai le orecchie a punta? O magari come un gatto?-
-Hai i capelli rossi!-
[... ...]
Perché quella bambina conosciuta tanti anni prima, che per i primi mesi si era aggirata curiosa per il castello con la sola compagnia di Mocciosus, adesso era diventata non solo bellissima, ma anche popolare. E tutti, tutti dannazione, non facevano che girarle intorno.
Eppure avrebbero dovuto saperlo che Lily Evans era territorio proibito!
-Eeevaans?- esclamò ancora vicino alla carrozza.
-Esci con me, Evans?-
Era talmente presa dai suoi pensieri che nemmeno l’aveva visto avvicinarsi. -Quante volte devo dirti di no, Potter, prima di farti capire la mia risposta?-
-Tante quante io ne impiegherò per convincerti a darmi una possibilità.- rispose serio lui.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La campagna inglese, in inverno, spesso assumeva connotati spettrali, Regulus l’aveva sempre saputo fin da quando, ancora bambino, si era perso nel bosco dietro la tenuta di famiglia insieme a Sirius.
Erano stati ritrovati dopo un paio d’ore da un elfo singhiozzante, ben consapevole che aver perso di vista i figli del padrone avrebbe avuto delle conseguenze, conseguenze che divennero ancora più gravi quando la padrona Black, compostamente seduta in uno dei salotti a sorseggiare il suo the pomeridiano,  potè notare lo stato di assideramento in cui vertevano i figli. Sirius, soprattutto, che si era privato del cappotto per farlo indossare al fratello più piccolo e si era guadagnato, in quel modo, un principio di polmonite e vigilanza costante per il resto dell’inverno.
Eppure quelle forme spettrali, gli alberi che davano vita a mostri sanguinari, agli occhi di un bambino terrorizzato, e che erano tornate spesso a perseguitarlo nei sogni insieme al gelo che lo aveva attanagliato in quel lontano pomeriggio della sua infanzia, sembravano un luogo da fiaba rispetto al salone che gli si apriva davanti agli occhi in quel momento.
Eppure era cresciuto, tra quelle stanze, come ogni altro Black.
Regulus avrebbe potuto disegnare il perimetro della casa della bisnonna Black, ereditata alla sua morte da sua cugina Bellatrix, senza nemmeno pensare, tanto era vivo nella sua mente il ricordo.
Ma non quel giorno.
Non con Bellatrix che gli artigliava il braccio, come avrebbe potuto fare con una preda particolarmente ambita, e quel cerchio di maschere d’argento che gli rivolgevano, beffarde, lo stesso gnigno fantasma di un incubo.
Le risate di sua cugina erano il perfetto sottofondo per quella scena.
Una scena cui Regulus apparteneva per propria scelta, si ricordò, arginando il terrore nell’unico modo in cui riusciva ad arginare tutto quando.
La ragione.
Il cuore così rallentò la sua corsa folle, insieme alla consapevolezza che quei volti agghiaccianti altro non erano che maschere e carne.
Un travestimento che presto avrebbe indossato nello stesso modo in cui avrebbe portato un giuramento sulla pelle.
Era lì per quello, come sua cugina si era assicurata che lo ricordasse a ogni passo.
Come se fosse tipo, Regulus, da agire senza pensare.
Anche Bellatrix, come i suoi genitori, a volte lo guardava e vedeva il ragazzo sbagliato.
Era la storia della sua vita, che la famiglia lo guardasse e vedesse l’erede di una casata.
Il figlio che Sirius avrebbe potuto e dovuto essere e che invece Regulus era dovuto diventare.
-Il Signore Oscuro sarà qui tra poco, concedendoti l’onore di essere lui ad accettare il tuo giuramento- lo informò Bellatrix, con gli occhi scintillanti di una luce preoccupante. Un luce troppo simile a quella di un’invasata, per poter essere rassicurante.
Il ragazzo si limitò ad annuire, continuando a seguire docile la donna che si avvicinava sempre più al cerchio di uomini in scuro che li attendevano al centro della sala.
Staccare il cervello, una volta raggiunti, fu facile e forse stupido, ma inevitabile.
Pontificare stragi e morti per il solo gusto del sangue sulle proprie mani, delle grida folli di paura e singhiozzi imploranti, lo disgustava esattamente come l’uomo che stava alla sua destra.
L’odore di foglie morte e sangue che aveva addosso, insieme agli scintillanti occhi gialli che la maschera non riusciva a nascondere né occultare efficacemente, lo qualificavano esattamente per come la bestia che era.
Un mannaro.
Peggio, un mannaro di nascita.
La sua presenza in quella stanza rendeva quel gruppo non formato da un’elitè di predestinati e precursori della grandezza del sangue, come sua cugina li aveva definiti in una delle sue lettere, ma semplice carne da macello.
Nient’altro avrebbe potuto essere infatti, un mannaro, se non una delle prime pedine sacrificabili sulla scacchiera di un potere ormai saldo.
Buoni per aprirsi un varco tra i nemici durante le battaglie, per terrorizzare le masse e minacciare i deboli, ma da eliminare una volta ottenuto quanto prefissato.
Tanto quanto la sua forza era una preziosa alleata su campo, infatti, altrettanto era pericolosa in momento di pace. I mannari erano bestie, non erano controllabili, non erano leali a niente eccetto alle proprie leggi. E chi non piega il capo al nuovo regime non è utile al nuovo regime.
Non ai suoi occhi, almeno.
-Nemmeno ai miei, giovane Black- sussurrò una voce lievemente sibilante alle sue spalle.
Nel tempo che Regulus impiegò per voltarsi e vedere chi avesse parlato, tutti gli altri si zittirono e chinarono il capo in segno di rispetto.
Tuttavia non servirono il loro immobile silenzio né i secchi gesti con cui sua cugina lo costrinse a piegare il capo a sua volta, per capire chi si trovava davanti.
Bastavano i segni che la magia avevano lasciato su quel volto, per capire che il Signore Oscuro aveva fatto la sua comprasa, apparendo alle loro spalle infido e subdolo solo come un serpente.
E la facilità con cui l’uomo continuava a insinuarglisi nella mente, se il sogghigno che gli stava rivolgendo era veritiero, nonostante Regulus stesse impiegando tutte le sue doti e conoscenze nel tenerlo fuori, non faceva che supportare la sua teoria.
-La cara Bellatrix mi aveva detto che c’era qualcosa di speciale in te, Regulus Black. E posso vedere che non mentiva- parlò ancora.
-Mio signore, non potrei mai- si inchinò Bellatrix facendoglisi incontro servile con di nuovo quella luce preoccupante negli occhi.
-No, non potresti- concordò il Signore Oscuro.
A quelle parole la donna annuì entusiasta, come ritenesse che il suo signore l’avesse appena tributata di un onore immenso ammettendo di non concepire, da parte sua, la possibilità di una menzogna.
Regulus, invece, ne rimase agghiacciato.
Il ragazzo osservò con blando interesse la processione di apostoli fedeli pronti a rendere omaggio al proprio padrone, concentrandosi invece sull’uomo alla cui presenza si trovava per la prima volta.
Il Signore Oscuro doveva essere stato attraente un tempo, lo era ancora, di quella bellezza pericolosa che solo in pochi comprendono, accentuata all’eccesso dai segni che la magia gli aveva inciso addosso, ma era invecchiato anzitempo. Perché la magia chiedeva sempre qualcosa in cambio, Regulus lo sapeva, soprattutto a chi ne conosce i limiti e ne espande i confini.
Tra tutte le tracce di magie potenti e pericolose che l’uomo si portava addosso, che avevano scavato rughe nella pelle e affilato gli angoli, niente era ammaliante come il rosso che colorava l’iride del Signore Oscuro.
Un rosso talmente brillante e vivo che Regulus riusciva quasi a immaginare il sangue scorrervi in mezzo.
E la paura lo pungolò di nuovo, in un nodo doloroso alla gola, perché era impossibile fissare quell’uomo senza averne. Sarebbe bastato un suo gesto ad ucciderlo, Regulus lo sapeva, e si sentì inerme per la prima volta da che aveva valicato le porte di quella stanza.
Sua cugina era una strega capace e faceva della sua imprevedibilità la sua forza, in un modo non dissimile né meno istintivo di quanto avrebbe potuto fare il mannaro, ma Regulus sapeva che avrebbe potuto resisterle. Sfiancandosi e morendo nel tentativo di fermarla, forse, ma il Signore Oscuro era diverso.
Non era la sua inesperienza di adolescente a metterli su due piani diversi.
Non era la sua minore abilità in uno scontro a renderglielo un nemico mortale.
Era la magia che gli crepitava intorno, talmente palpabile che Regulus si sorprendeva fosse possibile avvicinarlo.
Non si sarebbe sorpreso scoprendo che quella magia si sarebbe mossa a colpire un avversario e proteggerlo prima ancora che il suo braccio terminasse i movimenti della bacchetta.
-Regulus Black sembra che tu abbia un giramento da prestare oggi. E, credimi, raramente sono stato tanto ansioso di accettarlo…- sussurrò nella sua direzione l’uomo.
Dallo sguardo che aveva, Regulus sapeva che non aveva mai smesso di leggergli dentro, pur distratto com’era.
E in qualche modo, il razionale terrore che il ragazzo provava nei suo confronti, ben diverso dalla venerazione incondizionata di Bellatrix o al viscido servilismo di altri nascosti dietro la maschera, lo lusingava.
E glielo rendeva prezioso, in qualche modo.
Non prezioso, si corresse un attimo prima che Bellatrix gli si facesse di nuovo a fianco splendente d’orgoglio per le attenzioni tributate al cugino.
Dal sogghigno distratto che comparve sul viso del Signore Oscuro, Regulus seppe di avere di nuovo ragione.
Alla paura si aggiunse la preoccupazione.
Nessuna delle due, però, gli incrinò la voce durante il giuramento.
Morsmorde dalle sue labbra.
I suo genitori ne sarebbero stati fieri.
Morsmorde sul suo braccio.
Sirius, in un angolo, stava urlando come se la pelle gli si stesse incendiando.
La pelle, invece, era solo la sua.
La vita non più.
E il Signore Oscuro sogghignava ancora, un silenzioso assenso ai suoi pensieri.
 
 
 
 





 
 
 
***
 





 
 
 
 
 
 
Sirius urlava la sua frustrazione al cielo, come un cane rabbioso alla luna.
Per quanto lo riguardava, infatti, era un’analogia particolarmente calzante che non finiva mai di divertirlo, sebbene in quel momento non ne cogliesse l’ironia.
Non quando Peter si comportava in modo più fastidioso e incomprensibile del solito.
James, proprio un paio d’ore prima, gli aveva espresso lo stesso pensiero riguardo al loro piccolo amico.
Peter non era mai stato l’anima della festa, quanto più uno dei fiori sbiaditi sulla tappezzeria della stanza, vista l’entità del suo contributo alla suddetta festa, ma con questo entrambi avevano fatto i conti fin dalla prima volta che l’avevano accettato nel gruppo.
Se James, però, era quello più paziente quando si trattava del ragazzo, Sirius non poteva vantarsi di altrettanto e spesso finiva a dare addosso a Peter cercando di smuoverlo o almeno farlo parlare, forse pieno di buone intenzioni, ma non per questo meno corrosivo dell’acido che in quel momento gli scorreva sottopelle.
Così aveva fatto anche qualche minuto prima, cercando di capire cosa stesse succedendo in quella sua testa vuota da un paio di mesi a quella parte senza venire a capo di nulla.
E lui ne aveva decisamente abbastanza di idioti senza cervello che non accettavano una mano offerta in aiuto nemmeno quando veniva loro sbattuta in faccia.
Prima quell’idiota di suo fratello.
Ora quell’idiota del suo amico.
-Sirius sta esagerando- commentò a un certo punto Remus rivolto a James, entrambi a braccia conserte e poggiati contro l’intelaiatura delle enormi vetrate che dividevano il salotto preferito della nonna di Potter dal giardino d’inverno in cui avevano deciso di spendere il pomeriggio con la benedizione di Dorea che non avrebbe sopportato ancora i loro schiamazzi per casa.
-Era ovvio che sarebbe esploso, prima o poi- si limitò a considerare James, sebbene comprendesse la preoccupazione dell’amico.
-Questo non lo giustifica dal prendersela con Peter. Di nuovo-
-Ha provato a prendersela con me negli ultimi due giorni e con te per tutto il pomeriggio. Credevo che si sarebbe arreso a sfogarsi su Peter molto prima, se proprio vuoi saperlo, solo che non ne aveva ancora avuto un motivo-
Remus guardò l’amico trovandolo fin troppo adulto per l’età che avevano.
Succedeva, a volte.
Non solo con James, ma anche con Sirius.
Aveva avuto quell’impressione fin dalla mattina successiva a Hogsmade e al suo scontro con Regulus. Forse anche da prima, da quel giorno nei bagni femminili in cui le ragazze avevano raccontato loro dell’alterco tra il giovane Black e Piton.
Remus si era aspettato che l’amico esplodesse e partisse in ricerca del ragazzo pretendendo spiegazioni, magari davanti all’intera scolaresca, e invece era rimasto silenzioso a progettare la sua mossa successiva.
Poi si era aspettato che lo colpisse fino a farlo ragionare di nuovo, perché era con i pugni che Sirius sembrava riuscire a farsi capire dai propri fratelli anziché con le parole, e invece era andato dritto da Silente a raccontare tutto.
Anche se Sirius era tutto meno che una spia.
Anche se sapeva che si disprezzava per non essere in grado di risolvere da solo la situazione.
Anche se gli era così difficile chiedere aiuto.
Quando l’aveva fatto notare a James si era limitato a scrollare le spalle e mostrarsi, anche lui, più adulto di quanto non fosse.
“Non rischierebbe mai la vita di Regulus. E non si perdonerebbe mai se gli accadesse qualcosa per un errore suo” aveva detto il ragazzo battendogli solidale una pacca sulla spalla.
Remus non si era mai sentito così orgoglioso degli amici che gli erano capitati in sorte.
Forse solo quando gli si erano trasformati davanti, boriosi e pieni di orgoglio come solo dei quindicenni particolarmente dotati e consapevoli di esserlo possono essere, in animagus completi e stabili.
Non poteva dissentire con James.
Prima o poi era normale che Sirius avrebbe fatto qualcosa di stupido.
Come prendersela con i suoi amici per sfogare la rabbia che provava per Regulus. Perché alla fine sempre di famiglia si trattava.
Che fosse Peter a subire, come sempre, era solo ovvio. Né lui né James gli avevano dato modo di farlo su di loro. Minus, però, non era mai stato capace di fare altrettanto, purtroppo.
-D’accordo, mettiamo fine a questo massacro. E magari riusciamo perfino a capire perché Peter è così distante ultimamente- dichairò alla fine James.
Per farlo si beccò dietro un ringhio frustato di Sirius, che se ne andò indignato borbottando di “idioti testardi” e altre carinerie simili, lasciando dietro di sé un Peter prossimo alla crisi di nervi e James che tentava di calmarlo.
Non che ci sarebbe riuscito.
-Deve smetterla di trattarmi così!- piagnucolò arrabbiato il ragazzo.
James stava per parlargli di nuovo quando Peter fece la cosa che faceva ogni volta che era spaventato o stressato, tirando fuori determinato la bacchetta.
Sarebbe stato motivo d’orgoglio, per chiunque altro, essere in grado di controllare una trasfigurazione così complessa a soli diciassette anni, non fosse stata che Peter aveva appena usato la sua capacità di Animagus per farsi il più piccolo possibile e rintanarsi in un angolo.
Prima o poi avrebbero dovuto parlare anche di quella sua tendenza a evitare i conflitti o combattere le proprie battaglie nascondendosi dietro una bacchetta e l’illusione, ma in quel momento James sospirò e lo lasciò andare.
Così come poco prima aveva lasciato andare Sirius a sbollire ovunque avesse desiderato.
A volte essere amici significava anche quello.
Lasciare all’altro i propri spazi quando avresti voluto non lasciarne alcuno.
 
 
 
 
 
 
 



 
***
 




 
 
 
 
 
 
Non era come se James Potter non avesse mai pensato al sesso.
L’aveva fatto da quando aveva capito perché i ragazzi più grandi fossero tanto interessati a vedere cosa ci nascondessero, le femmine, sotto ai vestiti.
A lui, fino ad allora, era infatti interessato alzare solo la gonna a Lily Evans quando gli passava accanto per i corridoi e lo ignorava, per farla arrabbiare e costringerla a guardare nella sua direzione, invece che parlare con quel perdente di Mocciosus. E se per farla arrabbiare capitava di spiare, inavvertitamente, le mutandine di cotone a fantasia che la ragazzina indossava, James non ci aveva mai visto niente di male né degno delle punizioni che la McGrannitt immancabilmente gli riservava, trascinandolo per un orecchio nel suo ufficio con le labbra assottigliate pericolosamente.
Dopotutto anche lui, sotto la divisa, indossava la biancheria. Solo che aveva gusti decisamente migliori di Evans in fatto di mutande.
Poi era arrivata la pubertà e con essa Althea Monroe e James aveva capito. E aveva provato cose che fino ad allora erano state circoscritte ai rari momenti di solitudine che la vita a Hogwarts concedeva.
Era al terzo anno, le vacanze estive si stavano avvicinando sempre più e la degenza in infermeria durata due settimane che quel matto dell’ex ragazzo di Althea gli aveva regalato, gli avevano permesso di riflettere molto sulle sue nuove scoperte. Forse anche grazie a un piccolo aiuto di Sirius che, bastardo come solo un Black può essere, non si era fatto problemi a dirgli quanto fosse diventata carina Evans, nell’ultimo anno. E quanta carne nuda lasciasse in vista la gonna della divisa, ora che aveva abbandonato le calze a seguito delle temperature più miti che avevano investito perfino Hogwarts.
Liberato finalmente da quella permanenza forzata, James aveva fatto di un punto d’onore l’alzare la gonna della ragazza più in alto di quanto avesse mai fatto prima. E magari anche sbirciarle la pelle candida e nuda, quella che non era visibile a qualunque dannato maschio presente a scuola, e non solo limitarsi a occhieggiare distratto la buffa stoffa della biancheria che Lily continuava a ostinarsi a indossare.
Lo schiaffo che si era preso la prima volta che ci era riuscito, sebbene avesse lasciato un lieve rossore sulla guancia per un paio d’ore, ne era valsa sicuramente la pena.
Così non era come se James non avesse mai pensato al sesso. O non l’avesse mai fatto.
Semplicemente, il sesso con Lily Evans, era sempre stato relegato alle nebbie del sonno, circoscritto alla sfera onirica che fino a pochi mesi prima era l’unica realtà in cui lei avrebbe potuto essere sua, nuda e disponibile tra le sue braccia.
Una condizione, quella, che sebbene non esattamente mutata, non era rimasta nemmeno quella dell’anno precedente. Poter baciare Evans e abbracciarla e sentirsela addosso ogni volta che voleva aveva cambiato le cose. Tanto che James, a volte, si sentiva come se avesse avuto di nuovo quattordici anni e appena scoperto cosa avessero le ragazze di così speciale. E la mattina era diventato un momento della giornata particolarmente imbarazzante, a volte. Con gran divertimento di Sirius, che non mancava mai di sghignazzare, come se non gli fosse mai capitato.
Tuttavia, sebbene Potter avesse pensato al sesso come ogni sano diciassettenne, non aveva mai pensato di ritrovarsi Evans sullo stipite della porta della sua stanza, incorniciata dal chiarore che proveniva dal corridoio con ancora la mente piena delle immagini che il sogno aveva evocato.
Immagini provocanti fatte di tocchi appassionati sulla pelle nuda e delle carezze dei capelli rossi di lei sulle cosce.
Immagini che l’avevano acceso di desiderio nel sogno quanto nella realtà.
-Evans!- esclamò tirandosi a sedere di scatto e trascinandosi dietro le coperte, come una vergine dell’Ottocento che tenta di proteggere il proprio onore.
La voce stridula, una voce stridula molto maschile, rendeva il paragone decisamente calzante.
-Tua madre mi ha detto di salire, prima di uscire per andare a lavoro. Non pensavo di svegliarti- rispose lei inclinando la testa di lato con un’espressione attonita sul viso.
Perché, notoriamente, James Potter non era tipo da dormire fino a tardi.
In genere accadeva solo il giorno dopo la luna piena.
O dopo una nottata di bagordi che si era prolungata fino all’alba, come in quel caso. Lui e Sirius erano rimasti svegli fino a tarda notte, tenendosi impegnati nei modi più futili solo per sentire la vicinanza dell’altro, e cercare di smorzare, giacchè scacciare era impossibile, le nubi che il pensiero di Regulus portava con sé.
-Io e Sirius abbiamo fatto tardi- si limitò a rispondere. Finchè Lily era concentrata sul suo viso, infatti, non avrebbe rischiato che la sua attenzione si spostasse più in basso.
O che quella di lui ripercorresse i sentieri del sogno. Di tanti sogni che erano iniziati così, con Evans che entrava in camera sua e che, a dispetto di quanto stava accadendo in quel momento, non esitava a chiudersi la porta alle spalle con un sorriso malizioso in viso.
-Sirius è uscito due ore fa, ha detto tua madre-
Il silenzio che seguì quella constatazione, secondi preziosi che servirono al ragazzo per ritornare alla realtà, si velarono di un imbarazzo pesante che portò Lily a dondolarsi sui piedi e mordersi un labbro distogliendo lo sguardo, come una bambina colta nel fare qualcosa che non avrebbe dovuto.
-So che avrei dovuto avvertire e non presentarmi così, senza preavviso. E piombarti in camera quando ancora dormivi. Io…posso andarmene, se vuoi- disse tutto d’un fiato alla fine la rossa.
-No! E’ solo che io…- e stavolta fu James a perdere le parole e riscoprendosi più ragazzino di quanto non si fosse sentito da anni.
Cosa dire, alla propria fidanzata, in un’occasione del genere, senza che suoni come un invito o finire umiliato completamente?
-Sei arrossito, Potter? Potrei pensare che il problema non è che non mi vuoi qui, ma che mi ci vuoi troppo- scherzò lei, con il sorriso negli occhi, aprendo distratta i bottoni del cappotto viola che indossava.
Sendendo il silenzio seguire la sua battuta, una battuta a cui James non aveva saputo cosa replicare, di nuovo, perché evidentemente il sangue affluito in altre parti del suo corpo era stato prelevato dal suo cervello, lei alzò il viso di scatto per cercare il suo sguardo.
James si ritrovò a fissare un paio di enormi occhi verdi, sgranati per lo stupore, e il rossore salirle al viso in una vampata.
Il ragazzo non poteva darle torto.
Se c’era qualcuno, tra loro, che in genere scherzava sull’argomento era lui. E invece stavolta era senza parole come un tredicenne, con ancora le coperte strette intorno alla vita e il sangue che, prepotente, affluiva alle guance.
Nei pochi secondi in cui impiegò per ritrovare la voce, o il cervello, la vide mordersi il labbro come indecisa, prima di togliersi il cappotto e appenderlo alla maniglia della porta, che chiuse dietro di sé senza mai allontanare lo sguardo da lui.
Quando Lily mosse il primo passo nella sua direzione, la frase brillante che aveva finalmente sulle labbra scemò nell’ennesimo silenzio.
Al terzo James pensò oziosamente che, con ogni probabilità, la ragazza lo stava prendendo per scemo come si sarebbe definito lui, una volta che avesse ripreso a pensare.
Al sesto, quando ormai aveva raggiunto il letto, pensò che nessuno dei sogni che aveva fatto su di lei le avrebbe mai reso giustizia.
L’aveva immaginata sfacciata e sensuale e col lo stesso tono da maestrina che utilizzava in classe e invece era silenziosa e determinata e imbarazzata. E bellissima.
-Ti amo anche io, Potter. E forse ero venuta apposta per dirtelo…- gli sussurrò a un soffio dalle labbra, un fantasma di quello che pensava sarebbe stata nell’intimità appena velato dall’incertezza data dall’esporsi tanto e per la prima volta, tanto su piano fisico che emotivo.
James non avrebbe saputo dire chi fosse stato a baciare chi. Né se fosse stato lui a lasciarsi cadere all’indietro sul materasso tirandosela addosso o se lei lo avesse spinto.
Sapeva solo che c’era Lily Evans nel suo letto ed era tutto talmente imperfetto da non poter essere che reale.
C’era la coperta malamente piegata sotto di lui, che lo costringeva a una posizione scomoda con la schiena. C’erno i capelli di lei che gli erano finiti in bocca quando si era staccato per respirare facendola ridere mentre lui soffocava.
C’erano stati un paio di movimenti inconsulti delle gambe di lei per sfilarsi le scarpe con i piedi perché una brava ragazza come la Evans non sarebbe mai entrata in un letto con le scarpe.
C’erano state altre risate quando baciandole il collo le aveva fatto il solletico, e poi uno scontro di nasi dovuto alla troppa foga con cui l’aveva riavvicinata a sé.
Eppure era cento, mille volte meglio di quanto avrebbe mai potuto immaginare. E non solo perché, stavolta, non era solo in quel letto, pronto a svegliarsi in ogni momento con un desiderio inappagato di cui occuparsi.
Era perfetto perché la barba di un giorno che non aveva avuto voglia di radere, aveva irritato la pelle del viso di Lily, i capelli scomposti per le volte che vi aveva affondato le mani erano adesso abbandonati sul suo cuscino, la stoffa dei jeans di lei gli carezzava la pelle delle cosce a ogni movimento per attirarlo più vicino e i piccoli ansimi di lei erano il suono più bello ed eccitante che avesse mai sentito.
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 

ANGOLO AUTRICE
 
 
 


Ammesso che ancora ci sia qualcuno disposto a leggere questa storia, visto che non aggiornavo da talmente tanto tempo che ho dovuto rileggere gli ultimi capitoli per ricordami cosa avessi scritto e cosa avessi tralasciato, ecco qua il nuovo capitolo.
So che è più breve del solito, ma mi sono sentita in dovere di tagliare una parte perché, come potete vedere, il capitolo era già pieno così.
Spero che la parte romantica vi piaccia come è piaciuto a me scriverla. O almeno un pochino. Anche se, devo ammetterlo, amo la parte su Regulus e Voldemort. E’ stata una grana da scrivere, ma è una delle parti che sono più orgogliosa di aver scritto in questa storia. Ammettiamolo, per quanto James avrà sempre un pezzo del mio cuore, qua abbiamo due personaggi affatto facili da trattare e che, spero, di non aver reso OOC.
Risponderò alle recensioni del capitolo precedente quanto prima e spero vorrete farmi sapere cosa ne pensate. Stavolta sono davvero in ansia!
Non posso che ringraziare, dal profondo del cuore, chi ancora segue questa storia nonostante i miei tempi biblici con indefessa testardaggine, e chi addirittura spende un po’ del proprio tempo per lasciarmi due righe. Vi amo, davvero.
E amo anche chi ci incappa per caso e decide di leggerla comunque nonostante l’ultimo aggiornamento sia vecchio di mesi e la mole tutt’altro che indifferente. Grazie per l’opportunità ragazzi.
Siete splendidi, tutti quanti!
 

Vi mando un abbraccio enorme e gli auguri di un buon anno, anche se in ritardo.


 
 
 
 
Rebecca <3
   
 
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