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Autore: Final_Sophie_Fantasy    04/01/2016    3 recensioni
Una serie di pochi capitoli dove i tre giovani eroi di Baron dovranno affrontare i loro incubi più profondi e nascosti.
È la prima storia che scrivo su questo genere, quindi potrei zoppicare un poco. Come rating sarebbe più rosso che arancione, ma ho voluto renderlo più accessibile.
In via di illustrazione!
Buona lettura!
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cecil Harvey, Kain Highwind, Rosa Farrell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’estate era scesa calda quell’anno. Aveva posato le sue grandi ali sulla natura, trasformando i fiori della primavera in carnosi frutti, dipingendo i prati con colori ancora più intensi e portando sulla steppa di fronte al castello un’afa intensa. Solo sulle coste a est del regno batteva un vento rinfrescante che agitava  il mare contro la scogliera a strapiombo.
Nelle foreste fitte di larici e abeti che circondavano Baron, gli uccelli tacevano nell’arsura del sole del primo pomeriggio, i cervi pascolavano pigramente lungo le ondeggianti colline verdeggianti, un falco sorvolava la zona tranquillamente, virando verso le montagne per tornare al nido con la preda per i suoi pulcini. I ruscelli scorrevano calmi, freschi, deviando dal corso del grande fiume a nord, invitando la fauna di quelle terre a dissetarsi per trovare sollievo.
Inoltrandosi nel sottobosco, dove le folte chiome degli alberi coprivano le rigogliose felci dal sole, rinfrescando l’ambiente, si cominciava a percepire un lieve e dolce canto di una bambina accompagnato dallo scrosciare di un piccolo, sottile e diramato ruscello. In mezzo alle ramificazioni di quest’ultimo stava un grande masso coperto di muschio e licheni. Sopra vi era una ragazzina con lunghi e ariosi capelli biondi dai riflessi lucenti, raccolti in un’alta coda. Indossava una canottiera nera dalle maniche staccate. Sulla vita portava delle fasce e sulle piccole e magre gambe aveva dei leggins chiari, ai piedi sandali con i lacci che salivano lungo il polpaccio. Al collo aveva una collanina con una pietra di smeraldo e sulle spalle un corto mantello trasparente attaccato alla canottiera.
Le piccole mani giocavano con una margherita, perdendo i suoi petali candidi lungo il corso del ruscello.
La sua voce invadeva la foresta, riempiendola della dolce melodia.
I minuti scorsero lunghi e calmi, immersi nella cantilena, mentre i passeri correvano a posarsi sui rami per ascoltare l’infantile canto. La bambina emise una nota alta e un pettirosso rispose al verso. Lei sorrise, alzando gli occhi verdi verso il piccolo animale.
All’improvviso ci fu un rumore secco, di rami spezzati e la ragazzina con la coda dell’occhio vide un’ombra passare dietro di lei. Sentì chiaramente lo spostamento d’aria al passaggio, una presenza e la corsa di qualcuno davvero affiatato.
Gli uccelli si dispersero con confusione nel cielo, terrorizzati.
Allora la bambina sbarrò gli occhi e si guardò intorno, cercando la fonte di quel movimento. Ma nessuno, nemmeno in lontananza, sembrava esserci.
« Rosa! » Gridò una voce alla sua sinistra.
Seguirono dei passi affrettati che battevano scrosciando nell’acqua del ruscello e lei si girò, quasi sorpresa.
Vide un ragazzino sui dieci anni farsi avanti, zampettando nell’acqua bassa e sulle zollette di terra umida.
Indossava una maglietta scollata caramello, manopole d’orate sugli avambracci, segno che era di casa nobile, e la spalla sinistra era coperta da un semplice spallaccio. In vita aveva fasce tenute insieme da cordini, le gambe coperte da pantaloni leggermente larghi e stivali.
Sulla sua testa i corti e arruffati capelli platino  s’agitavano disordinatamente mentre le correva incontro.
Quando il ragazzino fu arrivato al masso si fermò a prendere fiato, poi con un profondo sospiro si ricompose e la guardò.
Rosa adorava vedere i suoi grandi occhi celesti, coperti da una lieve penombra che li rendeva ancora più luminosi e vivi.
« Cecil! Cosa ci fai qui? » Chiese lei, voltandosi per risedersi comodamente verso la sua direzione.
Il bambino s’avvicinò ancora di un passo:
« Sto cercando qualcuno… »
« Chi? »
« Non so neppure io chi sia! » Esclamò lui « Aspetta, ti racconto tutto: ieri ero al castello, nel cortile, e ho visto un tizio tutto vestito in nero che s’allontanava. Non so come abbia fatto a passare i cancelli d’entrata, perché le guardie hanno detto di non aver visto nessuno né entrare né uscire. Mi sono insospettito, l’ho cercato in città tutto il giorno ma non c’era. Poi questa mattina sul tardi l’ho rivisto passeggiare sotto la mia finestra e nessuno sembrava essersi accorto che c’era. Allora sono sceso e come sono arrivato nel cortile lui stava scappando. L’ho inseguito, sono passato per il canale del castello e sono uscito che ero in un angolo remoto della città. Poi è uscito per un secondo canale ed e fuggito qui nel bosco. » Raccontò Cecil, tutto agitato.
Rosa invece lo guardò un po’ per storto:
«Ma sei sicuro di non averlo scambiato per qualcun altro? Magari è uno che abita nel castello ed è nuovo del posto, forse un ospite… oppure è uno che ti sta facendo degli scherzi… »
Cecil scosse il capo e i suoi capelli bianchi ondeggiarono arruffati:
« No, Rosa! Era velocissimo! Un umano non corre così veloce. E i suoi passi non facevano rumore, come se non avesse i piedi… e poi nessuno a corte porta mantelli neri strappati. Non gli ho visto nemmeno il volto: aveva un cappuccio in testa. »
La bambina ora era un po’ scossa, glielo si leggeva nello sguardo:
« Che fosse… un mostro? » Azzardò con voce più bassa.
« Le guardie l’avrebbero visto. E comunque nessuno al castello sembra averlo notato… » Disse Cecil.
Dopo lunghi minuti di silenzio e di tensione, il bambino alzò lo sguardo verso Rosa e vide che era tesa.
Si sentì in colpa:
« Ti ho spaventata, vero? »
Lei scosse il capo, ma senza convinzione:
« No… è che… poco fa ho sentito qualcuno passarmi dietro e… penso che possa essere stato questo fantasma che hai visto… »
Cecil azzardò un sorriso, poi s’arrampicò  sul masso e si sedette vicino a lei. Le cinse una spalla con il braccio e con voce sincera le disse:
« Non c’è nulla di cui avere paura. Ti proteggo io, Rosa. »
Lei lo guardò e sorrise:
« Grazie Cecil! »
Rimasero così per qualche minuto, ad ascoltare i rumori della foresta intorno a loro.
Nel cielo erano comparse diverse nuvole e il sole scendeva lento e pigro verso l’orizzonte. Un debole e quasi impercettibile vento s’era alzato, proveniente dal mare.
Cecil decise di alzarsi e issandosi sulle punte dei piedi si sporse verso un albero, ruppe un rametto e innalzandolo come una spada esclamò:
« Forza, Rosa! Andiamo a cacciare questo tizio misterioso e smascheriamolo! »
Lei rimase per un istante pensierosa. Pensava che in fin dei conti fosse tutto uno stupido scherzo progettato, quindi annuì, sorridendo, e disse:
« Ok! »
 
 
҉҉҉҉҉҉
 
 
Cecil e Rosa camminarono per molto tempo nel bosco, seguendo l’intricato percorso del ruscello per avere un riferimento. Lui conosceva abbastanza il posto, ma avendo la responsabilità di badare a lei non rischiò di perdere la strada. Inoltre, le aveva promesso di farla tornare a casa entro sera perché in caso contrario la madre si sarebbe potuta preoccupare e anche al castello avrebbero cercato il Principe. Avevano ancora qualche ora del pomeriggio a disposizione, poi quando il tramonto si sarebbe preannunciato sarebbero tornati indietro.
Rosa sulle prime fu tranquilla, ma più andavano avanti, più il bosco s’infittiva, più la natura diventava selvaggia e più lei tendeva a stare attaccata a Cecil. Lui non era molto preoccupato, non ancora, doveva dimostrare di essere forte, per la sua amica, per sostenerla.
Presto il ruscello arrivò all’entrata di una grotta scavata in un enorme masso.
Si fermarono.
« Sono sicuro che è lì dentro. » Disse Cecil che avanzò il primo passo per entrare.
Ma Rosa lo tirò per la manica, fermandolo:
« No, Cecil! È pericoloso ed io ho paura… »
Lui la guardò a lungo, combattuto se costringerla o darle ragione.
Ma mentre i due riflettevano un rumore si fece sentire.
I due sobbalzarono.
Si guardarono intorno, persi.
« Ho paura… » Mugolò Rosa.
Cecil le fece segno di tacere e i suoi occhi nemmeno si spostarono a guardarla. Lui quasi perse un battito quando le mani tremanti di lei gli strinsero convulsamente la maglia da dietro.
Anche lui aveva paura, doveva ammetterlo.
Improvvisamente, il lieve vento portò con sé un soffio, il sospiro agonizzante di qualcuno che si confuse con l’afa calda. Le chiome degli alberi si mossero.
Rosa urlò.
Cecil si voltò per vederla correre via nel bosco.
« Rosa! Torna qui! » Urlò.
Non si fece scrupoli e la inseguì.
Che stupido sono stato! Che stupido! Si rimproverò in testa.
 
Rosa correva tanto veloce che lui ebbe difficoltà a starle dietro. Ma mantenne a tutti i costi il contatto visivo.
La bambina svoltò dietro una roccia, ma parve inciampare su qualcosa e Cecil udì il suo urlo mentre cadeva.
« Rosaa! » Gridò, arrivando anche lui dietro il grumo di rocce.
Ma anche il suo piede incappò sulla radice e si trovò a ruzzolare giù per un dislivello di qualche metro. Con le dita cercò di aggrapparsi a qualcosa, ma alzò solo foglie, terriccio e fango che lo imbrattarono da capo a piedi.
Dopo qualche altra capriola, arrivò sul fondo.
Era dolorante, ogni arto gli faceva male e aveva fango e foglie perfino in bocca. Sputò tutto e con la manica si pulì. Cercò di alzarsi in piedi, con continui capogiri, e le sue gambe tremarono per lo sforzo.
« Cough… Rosa… ? » Tentò di chiamare con voce rauca, bassa e dolorante.
Alzò lo sguardo e vide la bambina in piedi, anche lei sporca, che lo guardava con terrore.
Lui era all’incirca in piedi quando la vide allungare una mano verso di lui, forse per chiamarlo. Ma qualcosa gli finì addosso, rigettandolo a terra con la faccia di nuovo nel fango. Sentì un bastone premere contro il collo e qualcuno era seduto sopra di lui, che lo bloccava.
Sentì Rosa urlare:
« No! Cain! È Cecil! Lascialo! Fermo! »
Subito sentì il peso sopra di lui sparire e pure la pressione del bastone svanì di colpo. Così poté almeno issarsi sulle ginocchia doloranti, cercando di nuovo di pulirsi la faccia dal terriccio e dalle foglie.
Quando ebbe gli occhi puliti, si guardò intorno, confuso.
Rosa era ancora al suo posto e a sovrastarlo c’era un ragazzo di almeno undici anni, alto, snello e vestito anche lui con una maglia scollata e delle manopole in ferro. Aveva un’unica fascia in vita e una borsa posta dietro attaccata ad una cintura. Le lunghe gambe erano coperte da pantaloni aderenti e stracciati, ai piedi degli alti stivali. Lunghi capelli biondi erano legati a coda, mentre le ciocche più corte gli incorniciavano i lati della testa.
Il ragazzino lo guardava dall’alto e Cecil dovette alzare ancora di più lo sguardo per scorgere i suoi occhi rossi. Ancora non capiva che razza di colore avessero. Quando erano alla luce, diventavano marroni, ma quando erano in ombra nell’iride comparivano screziature vermiglie, accese, brillanti.
Lo vide porgergli la mano:
« Scusa Cecil. Ho visto Rosa scappare terrorizzata e preso dalla foga ti ho scambiato per il suo aggressore. »
Cecil accetto l’aiuto e una volta in piedi si scrollò lo sporco dai vestiti.
Subito Rosa gli si fece incontro con gli occhi lucidi, portandosi le mani alla bocca:
« Scusa, Cecil! Scusami tanto! Ho avuto così paura! » Pianse lei.
Lui sorrise e la prese per le spalle:
« No, sono io che ti devo chiedere scusa, non avrei dovuto portarti qui. Sono contento che tu stia bene. »
« Perché siete qui? » Interruppe Cain.
Il ragazzino si rivolse al suo amico:
« Sto seguendo un tizio vestito in nero da due giorni e oggi è fuggito nel bosco, dove ho trovato Rosa. Insieme stavamo andando a cercarlo, ma… cos’è questo posto? »
Cain guardò alle sue spalle senza voltarsi, rivolgendosi alla lugubre selva che s’apriva davanti loro:
« Siamo molto a sud da Baron. Credo che questa foresta ci divida dalle montagne che danno sul mare. Non so quanto sia ampia e nemmeno so in quale punto siamo. Non ho esplorato molto questa zona. »
Cain era sempre stato uno per le sue. Spesso spariva dal controllo di suo padre per andare a nascondersi nel bosco, per quanto seguisse regolarmente gli allenamenti. Ma era un trasgressore di prima classe e Cecil lo vedeva con il suo unico genitore solo quando era a lezione o quando veniva sgridato. Il padre di Cain, Richard, era un tipo davvero duro e severo.
« E tu perché sei qui? » Chiese Rosa a quel punto.
Cain la guardò ma aspettò prima di rispondere:
« Anche io a castello ho visto questa strana figura. Ero a dare il cibo al drago di mio padre quando è comparsa e nelle stalle dei Dragoni tutti gli animali hanno cominciato ad agitarsi. Non ho mai visto un drago ringhiare in quel modo… Ho immaginato che si sarebbe nascosto qui, allora sono venuto. »
« Ma non hai paura? » Chiese la bambina.
Lui la guardò, senza rispondere, per poi evitare lo sguardo di entrambi.
Cecil si voltò verso lo strapiombo da cui era caduto. Rifletté:
« È troppo ripido ed impervio per risalire… »
Cain gli si fece vicino:
« Se sapessi saltare abbastanza in alto vi riporterei in cima… »
Rosa era dietro di loro.
Fu per istinto, forse perché qualcosa dentro la istigò a muoversi che si voltò verso la selva oscura che s’apriva a sud.
Vide centinaia di tronchi venosi crescere dall’humus nero e umido, radici si contorcevano come serpi ferite, le foglie avevano i loro colori, ma erano spenti, opachi, come fossero prive di linfa vitale. Inoltre, in basso s’estendeva come un velo una nebbia fitta e lattiginosa, completamente fuori luogo in estate. Sembrava che lì l’estate fosse sparita.
« Cosa facciamo? Tra poco sarà sera e noi dobbiamo tornare indietro. » Sentì replicare Cecil.
Rosa fu scossa da un brivido alla vista di quel bosco.
« Cerchiamo un punto di risalita. » Disse Cain.
« D’accordo. » Annuì l’altro « Vieni Rosa, andiamo a casa. »
Una mano si posò sulla sua spalla e lei sobbalzò, voltandosi.
Incontrò i suoi occhi celesti, rassicuranti.
« Tranquilla, ci siamo noi. » Disse lui, sorridendo.
Lei annuì.
Così i tre presero un strada verso ovest, inoltrandosi nella selva.
Cecil e Cain circondarono Rosa da entrambi i lati, per proteggerla e rassicurarla.
I loro occhi scattavano in ogni angolo del bosco, attenti, guardinghi, ogni rumore era un avvertimento. Gli alberi erano mostri pronti ad assalirli, il terreno non si vedeva, coperto dalla nebbia lattiginosa che s’alzava al loro passaggio.
Camminarono per un tempo indefinito, senza sapere dove stessero andando, il cielo era ormai coperto dalle chiome scure e una cupa penombra era scesa sul luogo.
Poi un vento freddo prese a serpeggiare lungo i tronchi, ululando.
Rosa strinse la mano di Cecil e lui ricambiò la stretta. Spostò lo sguardo su Cain… ma lui non c’era più.
Si fermò, di colpo.
« Cecil…! »
Ma quando si voltò anche il suo compagno non c’era.
Infatti non sentiva neanche più il contatto con la sua mano.
Sobbalzò e guardò la foresta sommergerla.

 

Salve a tutti! 
Avrete già letto nella descrizione che sono nuova di questo genere ed è la prima volta che mi ci imbatto con i personaggi di FF. Quindi potrei non rendere bene gli effetti, anche se qui per ora non ce ne sono molti. Inoltre ho messo Yaoi perchè con Cain potremmo avere qulche piccola incongruenza, ma niente di terribile. Spero che il primo capitolo vi abbia  interessato, spero di pubblicare il secondo il prima possibile.
A presto!  
   
 
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