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Autore: sofismi    05/01/2016    0 recensioni
La linea sottile che c'è tra realtà e immaginazione è facile da oltrepassare, i problemi sorgono quando non si riesce più a tornare indietro. Ed é proprio qui che Oliver e Madeleine lottano: due caratteri forti, due pensieri contrastanti, smussati dall'amore reciproco e dalla voglia di tornare a vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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3.
Quando sono entrato in camera l’ho vista lì, sdraiata per terra, e penso di non aver mai avuto così tanta paura in vita mia. Poi la rabbia si è fatta strada nei miei pensieri, è così debole, e fragile. Se non fosse così insicura avrebbe la forza per affrontare una tempesta, invece si fa abbattere dalle sciocchezze. Adesso la guardo da dietro il vetro della camera dell’ospedale. Ha avuto un crollo psicotico la notte scorsa. Ora sta dormendo, grazie ai farmaci, ma dovrà fare altre visite, quindi la terranno ricoverata ancora un po’.
Io non ho ancora chiuso occhio, ma anche provandoci non riuscirei comunque a dormire. La osservo, ha delle profonde occhiaie, e il viso scavato, ciò nonostante rimane la solita piccola Madeleine. Piccola, povera, ingenua Madeleine, che ti ha fatto di male il mondo? La rabbia diventa incontrollabile, trovo tutta questa questione ingestibile. Mi siedo per terra, e penso che sarebbe meglio smettere di pensare.
La guardo: è così piccola, lo è sempre stata; e anche se adesso è un gradino più in alto di me, lei rimane sempre piccola. Sarà il viso da bambina, o la corporatura esile, non so. So che sento il dovere di proteggerla dalla cattiveria del mondo. La campanella sta suonando, lei sta ancora tentando di mettere in fila due parole per dirmi qualcosa che ho già capito, ma purtroppo io non ho più tempo.
˗ Lo sai che
cosa provo, te l’ho sempre detto. ˗ dice lei infine. Tiene lo sguardo basso, forse meglio così. Almeno non vede quanto imbarazzo sto provando, è da quando è arrivata che ho una voglia sfrenata di baciarla, ma la timidezza mi blocca. Però è il momento, me lo sento: svuoto la mente, prendo un respiro e con tutto il coraggio che ho in corpo la prendo per la nuca, le passo le dita tra i capelli e la bacio. L’ho presa alla sprovvista, la sento immobile,  poi finalmente  ricambia il bacio. Si avvicina un po’ di più e mi appoggia la mano sul petto, io sento il mio cuore rimbalzare sul suo palmo, batte fortissimo. L’euforia che provo è indescrivibile, ma la campanella è suonata ormai da 5 minuti e sono costretto a tornare in classe. Mi allontano un pochino, la saluto impacciatamente senza guardarla  e salendo le scale inciampo, non volevo che vedesse l’espressione da ebete che c’è stampata sul mio viso ma ho fatto lo stesso la figura del cretino. Ben fatto, Oliver, ottimo lavoro, davvero. Mi vergogno un pochino della mia quasi caduta, ho paura di aver rovinato tutto. Ma la felicità che provo in questo momento sovrasta ogni altra emozione. Finalmente sento che ho fatto la cosa giusta. Lei è quella giusta, e ne sono fermamente convinto: dopo tanto tempo mi rendo conto di aver trovato quello che mi serve per sentirmi vivo, dopo tanto tempo sono felice.
Sento le lacrime, bollenti, rigarmi il viso. Sembra passata un’eternità da quel momento, invece sono passati solo sei anni. Entrambi siamo cresciuti, siamo maturati e questo ci ha cambiati. Ma non ha cambiato ciò che proviamo l’uno per l’altra, ormai ci apparteniamo.
L’infermiera si avvicina, e mentre mi asciugo impacciatamente il viso mi informa che Madeleine si sta svegliando. Mi fiondo subito nella stanza e mi siedo sulla sedia che c’è accanto al letto. Ha gli occhi aperti, ma non sta guardando me. Il suo sguardo vaga perso per la stanza, e per qualche minuto non dice nulla. È confusa, e io probabilmente lo sono tanto quanto lei, non so come comportarmi.
˗ Oli, ˗ dice, posando finalmente lo sguardo su di me, ˗ il mio mondo è caduto a pezzi, ci sono solo macerie. ˗
Se prima ero confuso, adesso sono esterrefatto. Cosa diavolo è successo, che sta dicendo?
˗ Oli, non ho più un posto sicuro. ˗ Mi sembra di aver appena ricevuto un pugno nello stomaco da tanto fa male: io ci sono sempre per lei, perché dice di non avere un posto sicuro? Più che amarla, e prendermi cura di lei io non posso fare, le ho dato tutto ciò che potevo darle. Eppure sta ancora tanto male, dove ho sbagliato stavolta?
Passiamo il resto della giornata in silenzio: lei legge, mentre io recupero il sonno che ho perso dormendo sulla scomoda poltroncina dell’ospedale.
˗ Sei sicuro che non vuoi venire nel letto con me? ˗ mi chiede verso sera. Nessuno dei due ha  intenzione di dormire, ma domani mattina lei avrà la visita con lo psicologo, quindi è meglio se si presenta riposata. Mi alzo e mi sdraio affianco a lei e si appoggia al mio petto. Intanto che guardiamo la televisione,  le accarezzo i capelli, e dopo un po’ si  addormenta. In qualche modo riesce sempre ad addormentarsi se la abbraccio. Magari il suo posto sicuro è proprio accanto a lei, solo che non riesce a vederlo. O magari sono io che vorrei fosse così. Sono confuso, e deluso: ho fallito, non sarebbe successo niente l’altra notte, se non fosse stato per me. L’ho respinta, pur sapendo che le avrei fatto male. L’ho respinta, non si è sentita amata. L’ho respinta…
˗ Lo sapevo che ti saresti attaccata a queste piccolezze, ˗ la rabbia mi fa dire cose che non penso, ˗ ho un limite, e lo hai appena superato. ˗
˗ Avresti dovuto dirmelo! Mi sono preoccupata, mi bastava una telefonata, cinque secondi di telefonata! ˗ urla lei, solo che più la vedo arrabbiata e più mi altero.
˗ Senti, vai a dormire. Va bene? Vai. ˗ cerco di non usare un tono troppo cattivo, sono arrabbiato con lei ma ci tengo.  Dall’espressione del suo volto però capisco di averla ferita. Inizio a sentirmi tremendamente in colpa, ma l’orgoglio mi impedisce di chiederle scusa. E mi odio.

Le ho provocato più male io di chiunque altro, e lo sto capendo piano piano. Sono alcuni giorni che vedo flashback della nostra storia insieme. Episodi che avevo dimenticato, ma che adesso mi stanno distruggendo. Mentre vado al lavoro, mentre mangio, anche mentre sono con gli altri, penso a tutto quello che abbiamo passato insieme e rivivo le stesse emozioni. Mi sono staccato dalla realtà, non posso credere che lei abbia affrontato tutto questo dolore da sola. Non posso crederci, perché io muoio ogni giorno, mentre lei in tutti questi anni è sempre sopravvissuta.
Dopo una bella notte di sonno torno a casa per andare al lavoro. Ma la mia mente rimane con Madeleine: oggi ha la prima seduta con lo psicologo e sono preoccupato, anche se da quando è stata male non ci sono più stati episodi simili. Stiamo sperando sia stato solo un caso isolato, capita a volte di non farcela più e di cedere ai nervi.
In ufficio sono distratto, perdo addirittura alcune telefonate perché non mi rendo conto che il telefono sta suonando. Poi, quando finalmente arrivano le sette non mi sembra nemmeno vero, corro a casa a cambiarmi per tornare da lei. Quando arrivo sta leggendo, la saluto con un bacio e mi siedo sul letto.
˗ Allora, com’è andata oggi? ˗ le chiedo impaziente.
˗ Bene, penso, ˗ dice chiudendo il libro ˗ ha detto che posso tornare a casa quando voglio, ma dovrò prendere un blando ansiolitico. ˗ ha lo sguardo basso, la vedo molto provata, tanto che mi si stringe il cuore a vederla così.
˗ Un farmaco? ˗
˗ No, lo sai che sono contro questo genere di cose. Penso sia tutto naturale, si chiamano fiori di Bach. ˗ io annuisco, ma non rispondo. Spero  che funzionino davvero, e che non abbia bisogno di farmaci, non voglio rischiare che me la portino via. Voglio che torni tutto come prima, voglio tornare a ridere con lei, e scherzare, e a farle il solletico finché non ce la fa più. Voglio tornare ad essere felice con lei, tanto che mi chiedo se questa sia la cosa giusta da fare.
Non riesco a pensare a niente, non ho voglia di fare niente. Sono seduto sulla poltrona di casa ormai da troppo tempo, ma non ho comunque nessuna intenzione di alzarmi. Sto qua, con la mente vuota: preoccupato, perso. Mi pongo domande impossibili, e nonostante il miscuglio di pensieri che ho in testa la risposta rimane sempre la stessa. La amo, non c’è nient’altro da aggiungere. Perché mi sto complicando la vita così? Perché sto cercando una scusa per abbandonare tutto? Sono un codardo, lo sono sempre appena si presenta una difficoltà. Per questo lei si meriterebbe di meglio.
˗…io non posso darti ciò di cui tu hai bisogno. ˗ sento ancora l’eco delle sue parole risuonarmi nella testa. Non è vero che lei non può darmi ciò di cui ho bisogno, sono io che non riesco ad aiutarla. Non sarebbe finita in ospedale se l’avessi amata come si meritava. È arrivato il momento di prendere una decisione, tanto drastica quanto necessaria. Mi alzo, e senza prendere nemmeno la giacca varco la soglia di casa, lasciando Madeleine nel letto ignara di tutto. Mi chiudo la porta alle spalle, in silenzio. Sospiro, la mia vita è rimasta in sospeso per troppo tempo. Sono egoista a pensare una cosa del genere, ma non ho rimorsi, lo faccio per lei. Un dubbio però si fa strada nella mia mente: se fosse questa fuga a lasciare la mia vita in sospeso? Non lo so, so che devo provarci. Per lei, per farla stare bene.  


Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono appena ritornata in patria! Mi scuso per l'assenza, ma ecco qua il terzo capitolo.
Un bacino a tutti, fatemi sapere che ne pensate!
Ann-marie.
  
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