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Autore: Pretty_Liar    05/01/2016    2 recensioni
Barbara ha solo diciotto anni, ma ha deciso di sposarsi già con un giovane di Londra, l'affascinante Alan. Tutto sembra procedere a meraviglia, ma quando torna ad Holmes Chapel, per passare l'ultimo mese da ragazza libera prima del matrimonio, ogni cosa sembra precipitare. I suoi sentimenti per il futuro marito, sembrano scomparire alla vista di un vecchio nemico, Harry Styles, più grande di lei di ben sette anni. Il ragazzo ama le piante e tutto ciò che include la
natura, sospeso fra fantasia e realtà, con la spensieratezza che si addice a pochi ragazzi di venticinque anni. Barbara imparerà a conoscere il mondo in cui vive il suo nemico e capirà che infondo la loro non è solo una storia basata su un perenne scontro fra mente e cuore, logica e sentimenti, ma è semplicemente un misto di verità nascoste, un grande sentimento e tutto ciò che sta in mezzo.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
«Comunque porgi gli auguri da parte mia allo sposo», continuò.
«Perché?», chiesi stupita.
«Beh, dovrà essere un santo per sopportarti... Acida come sei. Sembra che hai ogni giorno il ciclo. Sei abbastanza irritante!».
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«È tutto okay, Barbara? Mi sembri... Strana», mormorò Alan, osservandomi dalla sua posizione, seduto sul mio letto, con le gambe incrociate e i gomiti sulle ginocchia.
I folti capelli biondi erano leggermente scompigliati e i suoi occhi azzurri sembravano così gioiosi che non me la sentii di confessargli del bacio fra me ed Harry.
Tanto non hai provato nulla, mentii a me stessa, cercando di suonare abbastanza convincente.
«Chi era il ragazzo con cui stavi quando sono arrivato?», mi chiese innocente, non avendo ricevuto una risposta alla domanda precedente.
Deglutii a fatica, fermando la mia convulsa camminata avanti ed indietro per la stanza, osservandolo e sudando freddo. Mi sentivo così in colpa e, per un attimo, desiderai che ci avesse colto in flagrante. Almeno mi sarei risparmiata la fatica di doverglielo dire. Ma sapevo benissimo che non gli avrei rivelato nulla. Era solo uno stupido bacio fra me e il mio nemico.
«Il giardiniere», bisbigliai. E probabilmente, in un'altra circostanza, avrei affiancato a quell'appellativo un milione di insulti e aggettivi poco gradevoli, ma le mie labbra ancora erano ferme al bacio di qualche istante prima e avevano ancora la forma delle labbra di Harry.
«Wow! È davvero bravo», mi sorrise dolcemente Alan, alzandosi pacato e avvicinandosi lentamente, come se avesse paura che potessi scappare.
Sentivo il cuore battermi forte all'idea di dover affrontare prima o poi l'argomento con entrambi, Harry ed il mio futuro sposo, e quel vestito nell'armadio mi sembrava troppo ingombrante.
«Barbara... Mi dici cosa succede? Sembri angosciata... Hai forse cambiato idea?», mi chiese insicuro, racchiudendo le mie piccole mani nelle sue, lisce rispetto a quelle di Harry.
Alan mi aveva sempre trasmesso sicurezza ed era un porto sicuro. Aveva già la su vita programmata secondo per secondo e l'idea che anche io potessi vivere così mi aveva attirata fin da subito. Da quando mio padre era morto avevo sempre cercato stabilità, razionalità e sicurezza. Harry non poteva darmele. O almeno così credevo.
Ebbi per un'istante l'impulso di rivelare ad Alan tutte le mie paure. Infondo dovevamo sposarci e bisognava che da subito fossimo sinceri l'uno con l'altro. Ma come mi aveva sempre detto mia madre, non si era mai sinceri fino in fondo in un matrimonio.
«Alan io...», e per questo mentii,«Penso che dovremmo sposarci a Londra», o quasi. «Insomma, Holmes Chapel non è neanche il tuo paese».
«Ma è il tuo. Barbie, ascoltami». A quel soprannome rabbrividii. Solo Harry può chiamarmi Barbie, pensai all'istante, scuotendo poi la testa per scacciare via quell'assurdità. «Tu hai fatto tanto per me. Vivremo nella mia città. Almeno il matrimonio facciamolo qui! Io devo tutto ad Holmes Chapel».
«Perché?», chiesi curiosa, aggrottando le sopracciglia.
Alan si aprì in un tenero sorriso, che mi fece sciogliere il cuore e sentire maledettamente in colpa. La presa sulle mie mani si solidificò, senza essere però prepotente. «Perché è qui che è nata la ragazza che amo e che voglio sposare».
Harry's P.O.V.
«Dannazione!», sbottai, dando un potente calcio alla sedia della mia stanza, mentre mia madre si muoveva indecisa sul letto, dondolando i piedi.
Mi portai le mani fra i capelli, stringendo forte i ricci e tirandoli con foga, come se il dolore fisico avesse potuto sostituire quello emotivo.
«Harry... Mi puoi spiegare cosa è successo?», mi chiese titubante mia madre, strofinando le mani sulle gambe sode e guardandomi preoccupata.
In quel momento dovevo sembrare fuori di senno. Vedevo rosso e ogni cosa mi ricordava la faccia perfetta del damerino. Non avrebbe mai scelto il rozzo ragazzo di campagna al duca di città, dagli occhi chiari e i capelli dorati.
«È qui!», sbottai.
«Ma chi?», chiese esasperata mia madre, evidentemente stanca di vedermi in quello stato e di non poter fare niente. Stanca di non ricevere risposte.
«Lo stronzo, ecco chi! Me la porterà via, mamma. Barbara è mia dannazione, mia! La conosco da più tempo», mi lagnai come un bambino piccolo, dando l'ennesimo calcio alla sedia.
Il silenzio calò nella stanza, avvolgendoci fastidiosamente. Sapevo che neanche lei conosceva il modo per consolarmi e sapevo che oramai non c'era più nulla da fare.
Ora lui era ad Holmes Chapel e io non mi sarei più potuto avvicinare. Se, inoltre, quando era lontano avevo la possibilità di mostrare a Barbie quanto fosse sbagliato per lei quel ragazzo, quanto poco gli interessasse di lei e del matrimonio, adesso che lui le sarebbe stato vicino in ogni momento della giornata, io ero inutile e di troppo.
«Dovresti vederlo!», sbottai, immaginandomi la faccia da pesce lesso di quel ragazzino,«È un attaccapanni con i piedi. Lui e quelle sue maniere da snob».
«Da come parli sembra che ti piaccia», mi prese in giro mia madre, guadagnandosi un'occhiataccia di fuoco.
Serrai i pugni, riprendendo a camminare avanti ed indietro per la stanza. L'idea che quei due fossero chissà dove a fare chissà cosa mi fece ribollire il sangue nelle vene. Sentii l'adrenalina scorrere rapida nel mio corpo ed ebbi la voglia di rovesciare tutto il materiale sulla mia scrivania a terra. Detto fatto!
«Harry! Ma sei impazzito?! Smettila!». Mia madre si alzò, prendendomi il volto fra le mani, e cercò di tranquillizzarmi.
Fissai i suoi occhi verdi, così simili ai miei, e il respiro affannato sembrò tranquillizzarsi. Una lacrima scese lentamente lungo la mia guancia, seguita dalle altre con rapidità. L'avevo persa.
«Harry, amore, guardami», mi implorò mia madre, mordendosi il labbro inferiore, evidentemente nervosa. «So che fa male, ma devi andare avanti. Sei un ragazzo favoloso e troverai sicuramente la ragazza adatta a te».
Il suo sorriso dolce non riuscì a coinvolgermi neanche un po'. Sapevo che il mondo era pieno di ragazze, magari della mia età, ma nessuna era Barbara. Nessuna era così rompicoglioni, isterica, stronza, dolce, bastarda, perfettina, bassa come lei. Nessuna aveva i suoi occhi grigi.
«Mamma... La amo», sospirai, sentendomi così piccolo dopo tanto tempo. 
La vidi sospirai pesantemente, prima di infilare una mano fra i miei capelli disordinati. «Allora valla a prendere», disse decisa, fissandomi intensamente negli occhi.
E sapevo che era la cosa giusta da fare. Perché ogni cosa che diceva lei era giusta da fare. Dovevo solo trovare il coraggio.
«E se poi dovesse rifiutarmi?».
«Almeno ci avrai provato».
«Ho il cuore a pezzi, non so se c'è qualcos'altro ancora da distruggere».
«Ci sarò io. Io lo rimetterò in ordine».
Sorrisi dolcemente, pesando a quanto fosse sconfinato l'amore di una madre. Soprattutto quello di mia madre verso di me.
Le accarezzai i capelli neri e, dopo aver posato un bacio all'angolo della sua bocca rosea, afferrai le chiavi della macchina dietro di me e, con due balzi, fui fuori casa.
Barbara's P.O.V.
«Torno presto».
«Promesso?».
«Barbara, voglio solo comprare un dolce per stasera», rise Alan, baciando uno dei dorso delle mie mani. «Voglio ringraziare tua madre per l'ospitalità. Cosa potrebbe piacerle?».
Guardai i suoi occhi azzurri, radiosi e ben attenti ad ogni mio movimento. Il sole stava iniziando a tramontare, ma grazie al vento caldo che tirava ogni tanto non faceva affatto freddo. I colori rossastri del cielo illuminavano il suo viso, creando un buffo gioco di ombre.
«Un po' di gelato sarà perfetto», mormorai. «Alan davvero, non ce n'è bisogno», provai a convincerlo a non lasciarmi sola con tutti i miei dubbi.
Avevo ancora un fastidiosissimo groppo in gola che non aveva intenzione di andare giù e volevo solo passare un po' di tempo con lui, dimostrare a me stessa quanto mi fosse mancato e quanto volessi sposarlo.
«Perfetto allora!», esclamò lui, tastando le tasche dei suoi jeans in cerca delle chiavi della macchina.
Indossava una leggera camicia bianca e casual, che gli conferiva un'aria più spensierata e bambinesca del solito. Mi sentivo così confusa.
«Ah, comunque i miei genitori dovrebbe arrivare fra un paio di giorni... Insieme al resto della famiglia ovviamente», mi informo, cacciando finalmente le chiavi dalla tasca posteriore, sventolandole giocosamente davanti i nostri occhi.
Deglutii a fatica, mentre incastravo le dita fra le sue, pronta ad accompagnarlo alla macchina. Entrambi, però, ci bloccammo non appena notammo Harry alla fine del vialetto, con una mano chiusa intorno il bordo della portiera e le labbra socchiuse. Immediatamente le mie guance divennero di un imbarazzante rosso porpora, che mi costrinse a portare le mani, costantemente fredde, intorno al viso, per abbassarne la temperatura.
«Oh, il giardiniere!»,esclamò allegro Alan, abbandonando la mia mano per avvicinarsi al ragazzo difronte a noi, che inarcò un sopracciglio infastidito, mentre sbatteva la portiera alle sue spalle.
Torturai le mani fra di loro, nervosa a tal punto che avrei rischiato di spezzarle tanta della forza che mettevo in ogni singolo movimento.
«Volevo ringraziarti per l'enorme aiuto che ci hai dato con il giardino. Devo dire che sei davvero bravissimo», continuò il mio futuro sposo, allungando una mano verso Harry.
Quest'ultimo la guardò con disgusto per qualche secondo, decidendo poi che non l'avrebbe stretta e portando, piuttosto, entrambe le sue mani all'interno del pantalone, consumato all'altezza delle cosce.
«Bene!», esclamai, battendo le mani fra loro, nel vano tentativo di alleggerire l'atmosfera pesante. Harry alzò lo sguardo dalla mano curata di Alan, puntandolo nei miei occhi grigie subito la mia mente fu invasa dalle immagini del nostro bacio. «A-Alan è meglio se vai, prima che l'unica gelateria di questo paese chiuda», balbettai, giocando nervosamente con le punte dei miei capelli.
Il riccio assottigliò gli occhi, cogliendo la punta di disgusto nel mio tono, mentre parlavo diHolmes Chapel.
«Emh... D'accordo», borbottò Alan, dondolando sui piedi e cacciando anche lui le sue mani nelle tasche. «Allora io... Io vado. Si, vado».
Mi sorrise dolcemente, poggiando un bacio sulla mia guancia, chiudendo gli occhi. Io, invece, fissai Harry, rigido nella sua figura imponente. Alan si allontanò e, rivolto un cenno ad entrambi, balzò nella sua auto bianca, partendo verso il centro.
Lo seguii con lo sguardo finché mi fu possibile, ritardando così il momento in cui avrei dovuto rivolgere la mia attenzione ad Harry. 
«Vedo che non gli hai parlato». La sua voce, rauca e fredda, fu la prima a sferzare il silenzio.
«Non avevo nulla di importante da dirgli», dissi pungente, volgendomi verso di lui.
Studiai per un attimo le punte delle ali dei suoi uccelli sul petto, scoperte a causa dell'ampia scollatura della maglia sgualcita, prima di serrare i pugni e camminare spedita verso casa.
«Nulla, Barbara? Il nostro bacio non è stato nulla di importante da rivelare?», domandò subito, seguendomi.
I tacchetti dei suoi stivaletti marroni dettavano legge sul vialetto, rimbombando nelle mie orecchie. E, più sentivo avvicinarlo, più il mio cuore perdeva dei battiti. Ti prego, lasciami in pace!
«Non significava niente!», sbraitai ancora, afferrando il pomello della porta d'ingresso, pronta ad andarmene da lì.
Purtroppo, però, una delle sue grandi mani si chiuse intorno al mio gomito, mentre l'altra avvolgeva con decisione, ma non con brutalità, il mio fianco sinistro, costringendomi a girarmi verso il suo viso. Schiusi le labbra, trovandolo a pochi centimetri dal mio naso, con gli occhi più scuri del solito e le narici allargate a causa del respiro profondo.
«Niente?», sibilò con la lingua incastrata fra i denti bianchi, mentre mi spingeva delicatamente contro il muro esterno della mia casa. Sentivo il sangue pulsare nelle mie orecchie ed il cuore battere all'impazzata; le gambe sembravano gelatina e ogni pelo della nuca rizzarsi ad ogni suo movimento. «Non ti credo».
Una delle sue gambe si fece spazio fra le mie e la mano, che pochi attimi prima stringeva il mio gomito, si poggiò sul muro, affianco alla mia testa. Stese ad una ad una le dita sulla superficie rigida, respirando affannosamente.
I nostri nasi si sfioravano e le nostre bocche continuavano a cozzare fra loro, senza mai unirsi. Ti prego, ti prego, lasciami in pace!
«Do-dovresti invece», sussurrai con la gola secca. Misi le mani fra di noi, nel vano tentativo di allontanarlo, ma più spingevo contro di lui, più sentivo il suo petto aderire al mio.
«Barbara perché non ammetti che c'è qualcosa fra noi?».
«Perché non c'è niente, Harry. Niente! A parte un immenso e profondo odio».
«Mi hai baciato pochi attimi fa», mi rimbeccò, leccandosi il labbro superiore.
«N-no! Tu, tu mi hai baciata», dissi con voce incrinata, le lacrime ai lati dei miei occhi pronte ad uscire. 
Ero maledettamente confusa e lui non aiutava affatto il mio cuore e la mia mente a mettere in ordine tutto il casino che c'era dentro di me. Continuava a portare confusione, così vicino e così bello. 
«Tu hai risposto, però!», ribatté, poggiando la fronte sulla mia. «Barbara-».
«No!», lo bloccai, mettendo una mano sulle sue labbra umide e calde. Il suo odore di erba bagnata e noce moscata mi invasero i sensi, facendomi perdere per un attimo la cognizione del tempo e dello spazio che ci circondava. «Harry devi smetterla di confondermi! Ho bisogno di pensare, okay? Ma non posso! Non ci riesco se continui a guardarmi così...». La mia voce si affievolì pian piano, fino a diventare un sussurro appena udibile.
«Così come?», chiese, inarcando un sopracciglio e baciando la mia mano, che ancora indugiava sulle sue labbra morbide e piene.
«Così, Harry. Come se mi amassi da tutta la vita!», singhiozzai. «Non riesco a pensare se tu mi fissi con quegli occhi».
Harry deglutii, facendo muovere velocemente il pomo d'Adamo ben visibile, mentre inclinava la testa verso il mio viso. Respiravo il suo affanno, il suo odore pungente. Le mie mani si chiusero intorno le sue braccia, dai muscoli rigidi e tesi.
«Barbara non chiedermi di allontanarmi, per favore».
Aprii la bocca, pronta a dirgli di lasciarmi in pace, che lo odiavo. Invece le parole si bloccarono a metà della mia gola quando le sue labbra, con dolcezza e lentezza, si poggiarono per la seconda vota sulle mie, accarezzandole delicatamente, come se fossero la cosa più preziosa.
Strinsi la sua maglia fra le dita, frustrata e confusa ancora di più, mentre mi sollevavo sulle punte per raggiungere con facilità la sua bocca calda. Avevo lo stomaco sotto sopra e sperai solo che niente ci fermasse. Sapevo che dopo, quando sarei entrata in casa o appena avrei rivisto Alan, me ne sarei pentita amaramente, ma in quel momento ero totalmente abbandonata ad Harry. Le palpebre sembravano di piombo e le mie labbra attratte innegabilmente dalle sue.
Mi allontanai delicatamente, rubandogli un ultimo e veloce bacio a stampo, vedendolo ad occhi chiusi mentre si gustava l'ultimo schiocco che producevano le nostre labbra. 
«Devi andartene», sussurrai affannata, leccandomi le labbra e sentendo ancora il forte sapore di noce moscata.
Harry aprì gli occhi, immergendoli nei miei, e proprio quando stava per dirmi qualcosa, che probabilmente mi avrebbe turbata maggiormente, sentimmo la porta d'ingresso aprirsi. Sobbalzammo entrambi e con un salto, riuscii ad allontanarmi in tempo dal suo corpo caldo e ancora scosso da quel bacio, prima che mia madre uscisse in veranda.
«Oh, ragazzi.... Siete qui!», sorrise, rivolgendo subito lo sguardo ad Harry. «Tesoro, resti a cena vero?». Sgranai gli occhi. No, no, no! 
Harry mi guardò intensamente mentre rispondeva.
«Si, Lily. Resto a cena».    

 

«È tutto okay, Barbara? Mi sembri... Strana», mormorò Alan, osservandomi dalla sua posizione, seduto sul mio letto, con le gambe incrociate e i gomiti sulle ginocchia.

I folti capelli biondi erano leggermente scompigliati e i suoi occhi azzurri sembravano così gioiosi che non me la sentii di confessargli del bacio fra me ed Harry. Tanto non hai provato nulla, mentii a me stessa, cercando di suonare abbastanza convincente.

«Chi era il ragazzo con cui stavi quando sono arrivato?», mi chiese innocente, non avendo ricevuto una risposta alla domanda precedente. Deglutii a fatica, fermando la mia convulsa camminata avanti ed indietro per la stanza, osservandolo e sudando freddo. Mi sentivo così in colpa e, per un attimo, desiderai che ci avesse colto in flagrante. Almeno mi sarei risparmiata la fatica di doverglielo dire. Ma sapevo benissimo che non gli avrei rivelato nulla. Era solo uno stupido bacio fra me e il mio nemico.

«Il giardiniere», bisbigliai. E probabilmente, in un'altra circostanza, avrei affiancato a quell'appellativo un milione di insulti e aggettivi poco gradevoli, ma le mie labbra ancora erano ferme al bacio di qualche istante prima e avevano ancora la forma delle labbra di Harry.

«Wow! È davvero bravo», mi sorrise dolcemente Alan, alzandosi pacato e avvicinandosi lentamente, come se avesse paura che potessi scappare.

Sentivo il cuore battermi forte all'idea di dover affrontare prima o poi l'argomento con entrambi, Harry ed il mio futuro sposo, e quel vestito nell'armadio mi sembrava troppo ingombrante.

«Barbara... Mi dici cosa succede? Sembri angosciata... Hai forse cambiato idea?», mi chiese insicuro, racchiudendo le mie piccole mani nelle sue, lisce rispetto a quelle di Harry.

Alan mi aveva sempre trasmesso sicurezza ed era un porto sicuro. Aveva già la su vita programmata secondo per secondo e l'idea che anche io potessi vivere così mi aveva attirata fin da subito. Da quando mio padre era morto avevo sempre cercato stabilità, razionalità e sicurezza. Harry non poteva darmele. O almeno così credevo. Ebbi per un'istante l'impulso di rivelare ad Alan tutte le mie paure. Infondo dovevamo sposarci e bisognava che da subito fossimo sinceri l'uno con l'altro. Ma come mi aveva sempre detto mia madre, non si era mai sinceri fino in fondo in un matrimonio.

«Alan io...», e per questo mentii,«Penso che dovremmo sposarci a Londra», o quasi. «Insomma, Holmes Chapel non è neanche il tuo paese».

«Ma è il tuo. Barbie, ascoltami». A quel soprannome rabbrividii. Solo Harry può chiamarmi Barbie, pensai all'istante, scuotendo poi la testa per scacciare via quell'assurdità. «Tu hai fatto tanto per me. Vivremo nella mia città. Almeno il matrimonio facciamolo qui! Io devo tutto ad Holmes Chapel».

«Perché?», chiesi curiosa, aggrottando le sopracciglia.

Alan si aprì in un tenero sorriso, che mi fece sciogliere il cuore e sentire maledettamente in colpa. La presa sulle mie mani si solidificò, senza essere però prepotente. «Perché è qui che è nata la ragazza che amo e che voglio sposare».

Harry's P.O.V.

 «Dannazione!», sbottai, dando un potente calcio alla sedia della mia stanza, mentre mia madre si muoveva indecisa sul letto, dondolando i piedi.

Mi portai le mani fra i capelli, stringendo forte i ricci e tirandoli con foga, come se il dolore fisico avesse potuto sostituire quello emotivo.

«Harry... Mi puoi spiegare cosa è successo?», mi chiese titubante mia madre, strofinando le mani sulle gambe sode e guardandomi preoccupata.

In quel momento dovevo sembrare fuori di senno. Vedevo rosso e ogni cosa mi ricordava la faccia perfetta del damerino. Non avrebbe mai scelto il rozzo ragazzo di campagna al duca di città, dagli occhi chiari e i capelli dorati.

«È qui!», sbottai.

«Ma chi?», chiese esasperata mia madre, evidentemente stanca di vedermi in quello stato e di non poter fare niente. Stanca di non ricevere risposte.

«Lo stronzo, ecco chi! Me la porterà via, mamma. Barbara è mia dannazione, mia! La conosco da più tempo», mi lagnai come un bambino piccolo, dando l'ennesimo calcio alla sedia.

Il silenzio calò nella stanza, avvolgendoci fastidiosamente. Sapevo che neanche lei conosceva il modo per consolarmi e sapevo che oramai non c'era più nulla da fare. Ora lui era ad Holmes Chapel e io non mi sarei più potuto avvicinare. Se, inoltre, quando era lontano avevo la possibilità di mostrare a Barbie quanto fosse sbagliato per lei quel ragazzo, quanto poco gli interessasse di lei e del matrimonio, adesso che lui le sarebbe stato vicino in ogni momento della giornata, io ero inutile e di troppo.

«Dovresti vederlo!», sbottai, immaginandomi la faccia da pesce lesso di quel ragazzino,«È un attaccapanni con i piedi. Lui e quelle sue maniere da snob».

«Da come parli sembra che ti piaccia», mi prese in giro mia madre, guadagnandosi un'occhiataccia di fuoco.

Serrai i pugni, riprendendo a camminare avanti ed indietro per la stanza. L'idea che quei due fossero chissà dove a fare chissà cosa mi fece ribollire il sangue nelle vene. Sentii l'adrenalina scorrere rapida nel mio corpo ed ebbi la voglia di rovesciare tutto il materiale sulla mia scrivania a terra. Detto fatto!

«Harry! Ma sei impazzito?! Smettila!». Mia madre si alzò, prendendomi il volto fra le mani, e cercò di tranquillizzarmi.

Fissai i suoi occhi verdi, così simili ai miei, e il respiro affannato sembrò tranquillizzarsi. Una lacrima scese lentamente lungo la mia guancia, seguita dalle altre con rapidità. L'avevo persa.

«Harry, amore, guardami», mi implorò mia madre, mordendosi il labbro inferiore, evidentemente nervosa. «So che fa male, ma devi andare avanti. Sei un ragazzo favoloso e troverai sicuramente la ragazza adatta a te».

Il suo sorriso dolce non riuscì a coinvolgermi neanche un po'. Sapevo che il mondo era pieno di ragazze, magari della mia età, ma nessuna era Barbara. Nessuna era così rompicoglioni, isterica, stronza, dolce, bastarda, perfettina, bassa come lei. Nessuna aveva i suoi occhi grigi.

«Mamma... La amo», sospirai, sentendomi così piccolo dopo tanto tempo. 

La vidi sospirai pesantemente, prima di infilare una mano fra i miei capelli disordinati. «Allora valla a prendere», disse decisa, fissandomi intensamente negli occhi.

E sapevo che era la cosa giusta da fare. Perché ogni cosa che diceva lei era giusta da fare. Dovevo solo trovare il coraggio.

«E se poi dovesse rifiutarmi?».

«Almeno ci avrai provato».

«Ho il cuore a pezzi, non so se c'è qualcos'altro ancora da distruggere».

«Ci sarò io. Io lo rimetterò in ordine».

Sorrisi dolcemente, pesando a quanto fosse sconfinato l'amore di una madre. Soprattutto quello di mia madre verso di me. Le accarezzai i capelli neri e, dopo aver posato un bacio all'angolo della sua bocca rosea, afferrai le chiavi della macchina dietro di me e, con due balzi, fui fuori casa.


Barbara's P.O.V.

 «Torno presto».

«Promesso?».

«Barbara, voglio solo comprare un dolce per stasera», rise Alan, baciando uno dei dorso delle mie mani. «Voglio ringraziare tua madre per l'ospitalità. Cosa potrebbe piacerle?».

Guardai i suoi occhi azzurri, radiosi e ben attenti ad ogni mio movimento. Il sole stava iniziando a tramontare, ma grazie al vento caldo che tirava ogni tanto non faceva affatto freddo. I colori rossastri del cielo illuminavano il suo viso, creando un buffo gioco di ombre.

«Un po' di gelato sarà perfetto», mormorai. «Alan davvero, non ce n'è bisogno», provai a convincerlo a non lasciarmi sola con tutti i miei dubbi.

Avevo ancora un fastidiosissimo groppo in gola che non aveva intenzione di andare giù e volevo solo passare un po' di tempo con lui, dimostrare a me stessa quanto mi fosse mancato e quanto volessi sposarlo.

«Perfetto allora!», esclamò lui, tastando le tasche dei suoi jeans in cerca delle chiavi della macchina.Indossava una leggera camicia bianca e casual, che gli conferiva un'aria più spensierata e bambinesca del solito. Mi sentivo così confusa.

«Ah, comunque i miei genitori dovrebbe arrivare fra un paio di giorni... Insieme al resto della famiglia ovviamente», mi informo, cacciando finalmente le chiavi dalla tasca posteriore, sventolandole giocosamente davanti i nostri occhi.

Deglutii a fatica, mentre incastravo le dita fra le sue, pronta ad accompagnarlo alla macchina. Entrambi, però, ci bloccammo non appena notammo Harry alla fine del vialetto, con una mano chiusa intorno il bordo della portiera e le labbra socchiuse. Immediatamente le mie guance divennero di un imbarazzante rosso porpora, che mi costrinse a portare le mani, costantemente fredde, intorno al viso, per abbassarne la temperatura.

«Oh, il giardiniere!»,esclamò allegro Alan, abbandonando la mia mano per avvicinarsi al ragazzo difronte a noi, che inarcò un sopracciglio infastidito, mentre sbatteva la portiera alle sue spalle.

Torturai le mani fra di loro, nervosa a tal punto che avrei rischiato di spezzarle tanta della forza che mettevo in ogni singolo movimento.

«Volevo ringraziarti per l'enorme aiuto che ci hai dato con il giardino. Devo dire che sei davvero bravissimo», continuò il mio futuro sposo, allungando una mano verso Harry.

Quest'ultimo la guardò con disgusto per qualche secondo, decidendo poi che non l'avrebbe stretta e portando, piuttosto, entrambe le sue mani all'interno del pantalone, consumato all'altezza delle cosce.

«Bene!», esclamai, battendo le mani fra loro, nel vano tentativo di alleggerire l'atmosfera pesante. Harry alzò lo sguardo dalla mano curata di Alan, puntandolo nei miei occhi grigie subito la mia mente fu invasa dalle immagini del nostro bacio.

«A-Alan è meglio se vai, prima che l'unica gelateria di questo paese chiuda», balbettai, giocando nervosamente con le punte dei miei capelli.

Il riccio assottigliò gli occhi, cogliendo la punta di disgusto nel mio tono, mentre parlavo diHolmes Chapel.

«Emh... D'accordo», borbottò Alan, dondolando sui piedi e cacciando anche lui le sue mani nelle tasche. «Allora io... Io vado. Si, vado».

Mi sorrise dolcemente, poggiando un bacio sulla mia guancia, chiudendo gli occhi. Io, invece, fissai Harry, rigido nella sua figura imponente. Alan si allontanò e, rivolto un cenno ad entrambi, balzò nella sua auto bianca, partendo verso il centro. Lo seguii con lo sguardo finché mi fu possibile, ritardando così il momento in cui avrei dovuto rivolgere la mia attenzione ad Harry. 

«Vedo che non gli hai parlato». La sua voce, rauca e fredda, fu la prima a sferzare il silenzio.

«Non avevo nulla di importante da dirgli», dissi pungente, volgendomi verso di lui.

Studiai per un attimo le punte delle ali dei suoi uccelli sul petto, scoperte a causa dell'ampia scollatura della maglia sgualcita, prima di serrare i pugni e camminare spedita verso casa.

«Nulla, Barbara? Il nostro bacio non è stato nulla di importante da rivelare?», domandò subito, seguendomi.

I tacchetti dei suoi stivaletti marroni dettavano legge sul vialetto, rimbombando nelle mie orecchie. E, più sentivo avvicinarlo, più il mio cuore perdeva dei battiti. Ti prego, lasciami in pace!

 «Non significava niente!», sbraitai ancora, afferrando il pomello della porta d'ingresso, pronta ad andarmene da lì.

Purtroppo, però, una delle sue grandi mani si chiuse intorno al mio gomito, mentre l'altra avvolgeva con decisione, ma non con brutalità, il mio fianco sinistro, costringendomi a girarmi verso il suo viso. Schiusi le labbra, trovandolo a pochi centimetri dal mio naso, con gli occhi più scuri del solito e le narici allargate a causa del respiro profondo.

«Niente?», sibilò con la lingua incastrata fra i denti bianchi, mentre mi spingeva delicatamente contro il muro esterno della mia casa. Sentivo il sangue pulsare nelle mie orecchie ed il cuore battere all'impazzata; le gambe sembravano gelatina e ogni pelo della nuca rizzarsi ad ogni suo movimento. «Non ti credo».

Una delle sue gambe si fece spazio fra le mie e la mano, che pochi attimi prima stringeva il mio gomito, si poggiò sul muro, affianco alla mia testa. Stese ad una ad una le dita sulla superficie rigida, respirando affannosamente. I nostri nasi si sfioravano e le nostre bocche continuavano a cozzare fra loro, senza mai unirsi. Ti prego, ti prego, lasciami in pace!

 «Do-dovresti invece», sussurrai con la gola secca. Misi le mani fra di noi, nel vano tentativo di allontanarlo, ma più spingevo contro di lui, più sentivo il suo petto aderire al mio.

«Barbara perché non ammetti che c'è qualcosa fra noi?».

«Perché non c'è niente, Harry. Niente! A parte un immenso e profondo odio»

.«Mi hai baciato pochi attimi fa», mi rimbeccò, leccandosi il labbro superiore.

«N-no! Tu, tu mi hai baciata», dissi con voce incrinata, le lacrime ai lati dei miei occhi pronte ad uscire. Ero maledettamente confusa e lui non aiutava affatto il mio cuore e la mia mente a mettere in ordine tutto il casino che c'era dentro di me. Continuava a portare confusione, così vicino e così bello. 

«Tu hai risposto, però!», ribatté, poggiando la fronte sulla mia. «Barbara-».

«No!», lo bloccai, mettendo una mano sulle sue labbra umide e calde. Il suo odore di erba bagnata e noce moscata mi invasero i sensi, facendomi perdere per un attimo la cognizione del tempo e dello spazio che ci circondava. «Harry devi smetterla di confondermi! Ho bisogno di pensare, okay? Ma non posso! Non ci riesco se continui a guardarmi così...».

La mia voce si affievolì pian piano, fino a diventare un sussurro appena udibile.

«Così come?», chiese, inarcando un sopracciglio e baciando la mia mano, che ancora indugiava sulle sue labbra morbide e piene.

«Così, Harry. Come se mi amassi da tutta la vita!», singhiozzai. «Non riesco a pensare se tu mi fissi con quegli occhi».

Harry deglutii, facendo muovere velocemente il pomo d'Adamo ben visibile, mentre inclinava la testa verso il mio viso. Respiravo il suo affanno, il suo odore pungente. Le mie mani si chiusero intorno le sue braccia, dai muscoli rigidi e tesi.

«Barbara non chiedermi di allontanarmi, per favore».

Aprii la bocca, pronta a dirgli di lasciarmi in pace, che lo odiavo. Invece le parole si bloccarono a metà della mia gola quando le sue labbra, con dolcezza e lentezza, si poggiarono per la seconda vota sulle mie, accarezzandole delicatamente, come se fossero la cosa più preziosa. Strinsi la sua maglia fra le dita, frustrata e confusa ancora di più, mentre mi sollevavo sulle punte per raggiungere con facilità la sua bocca calda. Avevo lo stomaco sotto sopra e sperai solo che niente ci fermasse. Sapevo che dopo, quando sarei entrata in casa o appena avrei rivisto Alan, me ne sarei pentita amaramente, ma in quel momento ero totalmente abbandonata ad Harry. Le palpebre sembravano di piombo e le mie labbra attratte innegabilmente dalle sue. Mi allontanai delicatamente, rubandogli un ultimo e veloce bacio a stampo, vedendolo ad occhi chiusi mentre si gustava l'ultimo schiocco che producevano le nostre labbra. 

«Devi andartene», sussurrai affannata, leccandomi le labbra e sentendo ancora il forte sapore di noce moscata.

Harry aprì gli occhi, immergendoli nei miei, e proprio quando stava per dirmi qualcosa, che probabilmente mi avrebbe turbata maggiormente, sentimmo la porta d'ingresso aprirsi. Sobbalzammo entrambi e con un salto, riuscii ad allontanarmi in tempo dal suo corpo caldo e ancora scosso da quel bacio, prima che mia madre uscisse in veranda.

«Oh, ragazzi.... Siete qui!», sorrise, rivolgendo subito lo sguardo ad Harry. «Tesoro, resti a cena vero?». Sgranai gli occhi.

No, no, no! 

Harry mi guardò intensamente mentre rispondeva.

«Si, Lily. Resto a cena».    

 

Anticipazione prossimo capitolo: [...] «Perché non ci vedrà nessuno» [...].

 AlanPerché è qui che è nata la ragazza che amo e che voglio sposare».


 

  
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