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Autore: hirondelle_    05/01/2016    6 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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DESTINY XVII

Si risveglia nel buio totale da un incubo tremendo. Si mette seduto di scatto, ma nella stanza si espande solo un silenzio imperante: comprende appena che si trova sul pavimento, lontano dal letto, come se fosse stato sbalzato via da una forza innaturale. Cauto, si guarda attorno riuscendo a distinguere a malapena i contorni sfumati degli oggetti che avrebbe potuto riconoscere fino a un attimo prima. L’immobilità è atroce, al che persino lui fa fatica a compiere qualsiasi gesto: ma appena ci prova si accorge di un dettaglio spiazzante, che lo confonde per qualche secondo.
Le catene non ci sono più. 
Nell’ombra un movimento impercettibile gli fa alzare di nuovo la guardia. Il Lord lo fissa da un angolo, in piedi, e appena muove il capo il riflesso della debole luce che filtra dalla finestra rischiara appena i suoi occhi azzurri. Alle sue spalle una polverosa biblioteca, inutilizzata da anni. Sembra un manichino incapace di muoversi: le rughe pallide del suo viso giovane sono appena distinguibili nella penombra e Ryuuji le accarezza con lo sguardo, appena prima che scompaiano di nuovo. Si alza appena, tremante. 
- Cos’è successo? 
- Sei solo svenuto. – È una voce fredda, rauca. 
- Non ti credo.
La figura indistinta del Lord sembra agitarsi di nuovo, fremente e indecisa. Poi la sua voce si fa sentire di nuovo, estranea, quasi inumana. – Mettiamola così. – sussurra. – Lui mi ha perdonato. Ed è venuto a prendermi. 
Gli gira la testa. Istintivamente, a tentoni, si appoggia a una parete e si fa scivolare di nuovo a terra, senza staccare gli occhi da lui. Un singhiozzo gli spezza il respiro, poi un altro. I sospiri dei morti iniziano nuovamente a sibilargli dentro l’orecchio parole incomprensibili, come se ribadissero la loro presenza. 
Kira tentenna piano, ondeggia appena le braccia abbandonate lungo i fianchi e inclina piano il capo. – Sai Reize, gli avevo promesso che non ci sarebbe stato nessun altro al di fuori di lui. 
– Perché me, allora? – chiede in un tremito, premendo il viso contro il muro freddo per nascondere le lacrime. 
Hiroto risponde dopo attimi che gli sembrano interminabili: in quella dimensione, dove spazio e tempo si fondono, la sua voce sembra non provenire nemmeno da lui. - Sembravi un buon affare. Il figlio di uno scandalo venduto a una cifra discreta. Un’occasione da non perdere, dicevano tutti... 
Improvvisamente, comprende il perché di quell’oscurità opprimente, di quella immobilità innaturale: le ombre sono tutte lì, appostate negli angoli della sua mente, ad osservarlo con occhi invisibili. E quello non è Hiroto Kira, non lo è mai stato. E quello che sente è solo paura. E quella, soprattutto, non è la realtà.
- Tua madre era figlia di un ricco banchiere, ma ebbe la malaugurata idea di unirsi al suo schiavo. Non che ci fosse nulla di male, in realtà. Il problema fosti solo tu. 
Midorikawa preme la schiena contro la parete, terrorizzato. Le sente quasi scivolare silenziose attorno a lui e sfiorarlo con le loro dita gelide e invisibili. – I miei genitori mi amavano. – ha la forza di replicare, la voce tremula e gracchiante come quella di un bambino. . 
- Oh, sì, i tuoi genitori ti amarono. – Un sorriso velato, denti bianchissimi nelle tenebre torbide. – Fu tuo nonno a venderti e a uccidere la sua prole. Tanto aveva già un erede. 
Ryuuji ricorda il sogno di sangue e un altro singhiozzo, più forte degli altri, irrompe nella sua gola: è così debole  in realtà. Così libero e debole. Alza appena lo sguardo e improvvisamente la stanza diventa una massa compatta e nera di odio e disperazione: visi inconsistenti e lattei si presentano estranei alla sua vista e il freddo lo pugnala dall’interno della sua anima.
La voce prosegue, ma il Lord non è più nella stanza. Midorikawa si copre istintivamente le orecchie per non ascoltarla, ma questa si insinua nella sua testa e lo canzona ridente da dentro... In un attimo è se stesso a parlargli, da un angolo pericoloso e sconosciuto della sua mente. 
-     Ti ho preso.
Si sveglia in agonia, in un bagno di sudore e lacrime. Istintivamente si guarda attorno e si alza in piedi, nel panico totale, cercando di toccare con famigliarità ogni oggetto che gli si presenta nell’ombra. Non ci sono più catene a intralciarlo, ma Ryuuji si sente comunque prigioniero di una forza poco famigliare e ben più terribile: spalanca la porta, rivelandosi alla pallida luce lunare che riesce appena a penetrare attraverso la fitta chioma scura e a illuminare debolmente lo spazio attorno alla cascina, ma non la tetra boscaglia.  Si volta più volte, in tutte le direzioni, e realizza di essere solo: non c’è la minima traccia del Lord, né delle sue catene. Tuttavia il senso di inquietudine non lo abbandona, al che è costretto a distogliere lo sguardo dalla foresta e a chiudere la porta alle sue spalle, per poi precipitarsi vicino al fuoco e a ravvivarlo freneticamente con qualche libro preso dagli scaffali consumati. La fiamma prende vita e un fascio di luce illumina meglio la stanza nel suo caldo e confortante abbraccio. 
Il terrore si dissipa per poco tempo: le ombre che il fuoco proietta sulle pareti sono ben più terribili di qualsiasi cosa possa ancora attaccarlo. Istintivamente si rannicchia su se stesso, accanto alla fonte di calore, e inizia ad urlare.

Non deve dimenticare. L’unico contatto che può avere con la realtà è il ricordo che ha di essa. Si impone di tenere gli occhi aperti, perché a chiuderli e poi pretendere di essere lucidi sono bravi tutti. La fiamma si specchia nelle sue pupille rese enormi e dolorose per lo shock, il sospiro si appesantisce nella sua gola ad ogni secondo che passa.
Il tormento gli spezza le ginocchia ad ogni minimo tentativo di movimento. Grida quando gli sembra che un’ombra si stia avvicinando più delle altre. I singhiozzi servono a tenerle a bada: all’oscurità non piace il rumore.
Uno sparo riempie l’aria e Yuki si accascia sul pavimento, insozzandolo di sangue.
Se solo...

I passi irregolari risuonano sulla superficie ghiaiosa del sentiero. Stretto in vestiti che non gli appartengono, un ragazzo tremante si aggira per i campi per il momento disabitati e coperti da un lieve manto di brina. La luce tremula e accecante dell’alba fa capolino da dietro gli alberi e lo costringe a tenere lo sguardo basso e fisso sui ciottoli che scorrono sotto i suoi piedi nudi e feriti. 
La libertà ha un sapore crudele, ora. Come se non gli appartenesse pienamente, come se non l’avesse in realtà conquistata: è uomo, ed è prigioniero dei suoi pensieri. È come se sentisse ancora quell’estenuante e rivoltante tintinnio metallico seguirlo sempre... È coperto soltanto un tremendo picchiettio di dita nella sua testa, e un frastuono di voci e dolore che sembra non poter cessare. 
È un uomo. Lo è davvero? Non ha ancora incontrato nessuno per tutto il tragitto e per un attimo si chiede se semplicemente abbia smesso di esistere. 
Una figura indistinta si fa spazio nel suo campo visivo- è appena un puntino indistinto di colori che corre verso di lui, gridando parole che non riesce ad afferrare. Sbatte le palpebre, comprendendo appena che la sua vista è offuscata e inutilizzabile. 
Supera un gruppo di contadine senza realmente vederle: alle sue orecchie ovattate non giunge che un vago eco delle loro voci stupite e preoccupate, e le immagini dei loro visi stravolti non sono che sagome sfocate. Sente qualcuno toccarlo e prenderlo per mano: Ryuuji presta appena attenzione all’aiuto che gli viene dato, deciso ad uscire dalla proprietà del Lord. – Vi ringrazio, sto bene. – mormora lentamente, la lingua appesantita e i sensi confusi. 
Una voce si fa spazio tra altre mille e riconosce il grido che Atsuya gli rivolge, in lontananza. – Sto bene! – ripete. – Sto bene, sto bene!
Lo ripete nel momento in cui si inginocchia, stremato dalla fatica inconsistente e dallo shock delle mille sensazioni che improvvisamente lo hanno avvolto nella sua bolla irreale. Due braccia salde lo afferrano e lo costringono, lentamente, a riacquistare un barlume di lucidità. Nessuno schiaffone a rinsavirlo: solo la voce disperata e acuta di Atsuya che lo prega di resistere per un ultimo attimo. 
Alcune lacrime si infrangono contro le sue guance e per la prima volta percepisce i suoi sensi riaffiorare vividi.

Si muove per la stanza sentendo lo sguardo di Atsuya conficcato nella schiena, ma preferisce rimanere in silenzio. Alla fine, dopo alcune ricerche poco attente, riesce a trovare i suoi pochi averi sotto il letto di Atsuya. In una vecchia e piccola valigia di cartone, per la verità appartenuta a Natsumi, ha già inserito la mantellina con la spilla e alcuni tozzi di pane raffermo. Aggiunto il libro e alcuni stracci, chiude l’oggetto con una serratura ridicola. 
- Non sei nelle condizioni. – osserva Atsuya a braccia conserte, appoggiato su uno stipite. – Devo ancora capire se fai sul serio o meno. 
La risposta di Ryuuji è quasi immediata. – Non posso più stare qui. – sospira, controllando lo stato della valigia e preoccupandosi di fasciarla con un lembo di stoffa. 
– Potresti almeno riposare: ti sei visto? Da quante notti non prendi sonno? – prosegue scettico e diffidente il domestico. Da una parte crede di capirlo.
Midorikawa non risponde e appoggia lentamente la testa al muro. Chiude gli occhi, sospirando piano: si è un po’ ripreso, ma il terrore della notte appena passata non potrà svanire facilmente dalla sua mente, né l’intero periodo passato nella villa. 
Atsuya gli si avvicina in modo quasi furtivo e si pone davanti a lui. Si abbassa e appoggia una mano sul suo ginocchio: la sua voce è ruvida e decisa, quasi autoritaria. – Senti. Non so cosa ti è preso e non so cosa diamine è successo là fuori, ma hai bisogno di una dormita. Se hai paura del Lord, sappi che ti ha già dimenticato.
Ryuuji apre leggermente gli occhi: è vero, ha la testa pesante e gli risulta difficile anche solo riordinare i suoi pensieri, ma il bisogno di andarsene è così forte da essere una necessità al di là di ogni buonsenso o ragione. – Non so come dirtelo. Io devo andarmene. 
Atsuya gli lancia uno sguardo tra lo sconcertato e il furioso. Sembra scrutarlo per qualche secondo, poi si alza. – Bene – proclama. – Adesso andrò a prenderti un secchio d’acqua dove specchiarti: forse capirai cosa intendo dire quando dico che mi fai paura. 
Ogni tentativo o sforzo di fermarlo risulta fiacco e inconsistente. Cerca di afferrarlo per il polso, ma per un attimo è come se lo stesse semplicemente trapassando e si rende conto che la sua vista è ancora compromessa. – Atsuya, no... Non capisci... 
– No che non ti capisco! – esclama il domestico, già nell’altra stanza: il rubinetto a pompa, dopo qualche capriccio, inizia ad emettere un udibile scroscio d’acqua. – Non so un cazzo di quello che ti sta passando per la testa! Ma voglio almeno vedere se riesci ancora a spaventarti!
A fatica, Midorikawa cerca di raggiungerlo: lentamente entra in cucina e cerca di sorreggersi appoggiandosi alla parete. Si limita a guardarlo per alcuni istanti, ma nel momento in cui Atsuya si precipita verso di lui con un secchio colmo d’acqua tra le mani si ritrae. 
– Ora specchiati e dimmi cosa vedi! – gli impone.
– No! – si oppone Ryuuji, divincolandosi dall’insistenza del domestico: lo bracca, spargendo acqua da tutte le parti, come se il pazzo fosse lui.. – Tutto quello che vedrei...
Entrambi si fermano non appena entrano nella stanza di Fubuki e lo sguardo del domestico si posa per un attimo di distrazione oltre le sue spalle. A Midorikawa non servirebbe voltarsi per sapere che quella vecchia fotografia sbiadita è ancora là, e appesa a quel muro rimarrà sempre. – Tutto quello che vedrei... – mormora di nuovo, guardandolo negli occhi. – È un uomo. Un uomo segnato, ferito, provato, impazzito. Ma pur sempre un uomo. E questo basterebbe soltanto a convincermi ad andarmene.
Un istante di silenzio che dura una vita. Solo il fiato stanco di Ryuuji lo spezza.
– Allora suppongo che non potrò fare più niente. 
– Niente.

Procede verso la porta a passi lenti, quasi misurati. Si osserva appena i vestiti non suoi, già un po’ impolverati, sentendoli scomodi e innaturali sopra la pelle ruvida e segnata.
Atsuya non si è ancora mosso dalla porta della cucina, come se stesse attendendo qualcosa. – Dove pensi che andrai?
Ryuuji si ferma davanti alla porta e sospira. Non è in grado di alzare gli occhi contro il soffitto, non riesce a rivolgere un ultimo sguardo all’ambiente che è stato il suo rifugio e la sua condanna. – Rintraccerò mio nonno. – mormora, assente. – E mi vendicherò.
Le parole suonano terribili nell’aria per qualche istante futile: hanno un sapore patetico e amaro sulle sue labbra, mentre le pronuncia. Atsuya non replica: per un attimo è come se non esistesse più. 
Ryuuji alza gli occhi sulla porta e finalmente, con un singhiozzo che gli muore in gola, afferra la maniglia fredda e la preme tra le dita ossute con forza innaturale.
– Aspetta.
E Ryuuji Midorikawa obbedisce, quasi per riflesso condizionato. La voce del Lord giunge fredda e autoritaria dal piano di sopra, ma l’ex schiavo non ha il coraggio di voltarsi. Sente appena i suoi passi eleganti scendere le scale, come se fosse in una sorta di limbo indistinto. 
Kira non si avvicina troppo: si ferma a diversi metri di distanza da lui, come se avesse timore di sfiorarlo. – Ti do un consiglio: segui la ferrovia. Le proprietà dei Midorikawa si trovano a sud della regione. Non ti sarà difficile avere informazioni sulla famiglia, se chiederai un po’ in giro... ma presta attenzione. Il tuo marchio è ancora riconoscibile.
– Perché dovreste aiutarmi? – mormora lo schiavo, senza forze. Il silenzio che ne segue è più pesante di un macigno: appena un fruscio gli suggerisce che Atsuya è tornato in cucina. 
Si chiede se non sia semplicemente frutto della sua mente, come lo sono stati gli avvenimenti che lo hanno portato a quel punto. Tuttavia la consistenza della voce di Kira è una delle più umane che abbia mai sentito: d’un tratto tremula, appena udibile, nella più dolce delle paure. 
Ricordati di me.

E Ryuuji trattiene appena il respiro. Si volta piano, e Hiroto Kira è lì in piedi, sotto la pallida luce del sole che filtra da una delle finestre in un angolo, caldo nella sua vestaglia color rosso porpora, freddo nel cuore macilento. 
Un sussurro abbandona le sue labbra. – Lo farò.

L’uomo si volta e in un attimo non è più suo. 

Angolino di Fay 
È CONCLUSA. LA MIA BAMBINA È CONCLUSA.
Ringrazio ovviamente tutti i lettori per essere giunti fino a qui e avermi sopportata! Oltretutto un ringraziamento va anche alla mia Beta Reader (un po’ dispersa al momento) e ai miei amiki che hanno sopportato i miei scleri per tutto l’arco della stesura senza neanche mandarmi a Quel Paese.
È stato un vero e proprio parto trigemellare in vasca (whut) e mi ha molto provato psicologicamente (o è stata la fic a essere stata provata da me medesima???) quindi sono ultramegasuperfelice di aver concluso bene o male anche questo progetto. Questo capitolo è stato forse il più difficile di tutti! È stato tremendo dover descrivere lo stato psicologico di Ryuuji... 
Non so che ne sarà della trasposizione nel fandom delle Originali e non lo voglio neanche sapere, già mi viene male. 
Prossimo progetto... Death Mask! Ma prima penso che mi prenderò una piccola pausa. O forse no, io non vivo senza scrivere... lol. Spero che mi seguirete tutti anche là :,)
E... fatemi sapere come vi è sembrata! Anche chi mi ha sempre seguita in silenzio... Ora c’è poco da fare i timidi :((( A me non è piaciuta.
Auguro un BUON ANNO in supermegaritardo! Un bacione da parte mia a tutti voi e... Buona Epifania, a questo punto.
Au revoir~

Fay

   
 
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