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Autore: IMmatura    09/01/2016    2 recensioni
"No, decisamente non era questo che si aspettava quando aveva proposto (con l’imbarazzo nascosto a fatica nelle tasche assieme alle proprie mani) ad Aichirou di visitare di nuovo la fiera assieme. Dopo il suo comportamento... diciamo poco gentile dell’anno passato (un nuovo malessere alla bocca dello stomaco: sintomo di senso di colpa, forse?) l’ultima cosa che voleva era rovinare tutto perdendolo per strada.
Eppure stava andando tutto così bene."
[RinAi] [Possibile OOC]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nitori Aiichirou, Rin Matsuoka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Kyoto Animation; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 


 

Rewind

-Ai!-

Il richiamo di Rin si perse nel frastuono che accompagnava quel fiume di gente come in una danza, nel suo regolare flusso tra due argini fatti di bancarelle e lanterne colorate. Si voltò di scatto per la terza volta, sperando inconsciamente di trovarlo, come sempre, alle sue spalle, magari rimasto un poco indietro per colpa della confusione. Si aspettava di vederlo sgomitare in uno squarcio qualunque in quel muro di folla, balbettando scuse ai passanti. Fissava ogni possibile varco tra coppie, gruppi, famiglie che procedevano a ritmi lenti, ma serrati. Si rese conto di non potersi neppure portare a margine di quel caos senza urtare qualcuno, ipotesi che il nervosismo gli stava facendo seriamente prendere in considerazione.

A fatica si slanciò verso destra infrangendo un’ondata di ragazzini, probabilmente studenti delle medie, per raggiungere un chioschetto dove la tempura sfrigolava, mischiando il suo odore d’olio a quello caramellato della vicina bancarella di dolci e dando al ragazzo un leggero senso di nausea.

No, decisamente non era questo che si aspettava quando aveva proposto (con l’imbarazzo nascosto a fatica nelle tasche assieme alle proprie mani) ad Aiichirou di visitare di nuovo la fiera assieme. Dopo il suo comportamento... diciamo poco gentile dell’anno passato (un nuovo malessere alla bocca dello stomaco: sintomo di senso di colpa, forse?) l’ultima cosa che voleva era rovinare tutto perdendolo per strada.

Eppure stava andando tutto così bene.

Si scostò una ciocca di capelli dagli occhi e poi lasciò scivolare, in senso inverso, la mano lungo il viso, sospirando. Si sforzò di fare mente locale, approfittando della relativa calma nell’insenatura tra i due chioschi. Ricostruire i loro movimenti a ritroso, fare una specie di rewind...

Chiuse gli occhi e la prima cosa che rivide furono le luci tremolanti del porto che si avvicinavano, mano a mano che lui ed Aiichirou procedevano verso la fiera. L’aria a poco a poco iniziava a vibrare di musica e le parole di Ai si facevano meno frequenti, lasciando posto al più bel sorriso del mondo, incontenibile. Cercava di smorzarlo, e quello rispuntava fuori da qualche altre parte del suo viso: in un sobbalzo delle sopracciglia, in un rossore sulle guance... negli occhi, soprattutto.

Si erano studiati in silenzio al ritmo con cui entravano nella luce dei lampioni, mentre Rin sogghignava pregando di non avere a qua volta un’espressione completamente idiota, e misurando il passo per non farsi inseguire, come l’ultima volta. Uno ogni due, circa, era il ritmo perfetto, che però si era perso in fretta una volta sbucati in una strada affollata di sandali, scarpe da tennis, zoccoli di legno.

Ai si era aggrappato al bordo inferiore della sua maglia con un tocco quasi impercettibile, che Rin aveva finto di ignorare fino a quando l’impatto con un uomo piuttosto robusto non comportò uno strattone piuttosto forte. Ricordava distintamente di averlo preso per il braccio e accostato leggermente di più a se, cercando di sentire cosa gli stesse dicendo la sua bocca, semiaperta in una risatina nervosa. Senza sentire una parola gli aveva scompigliato i capelli. Se erano scuse, potevano considerarsi accettate, sebbene inutili.

Quei ricordi però non lo aiutavano minimamente, anzi lo rendevano ancor più irrequieto. Ai poteva essere altrettanto agitato per averlo perso di vista. Preoccupato, magari, di averlo fatto arrabbiare. Oppure poteva essergli addirittura successo qualcosa...

Un anno fa non se n’era preoccupato minimamente, quando l’aveva mollato da solo per andare a rivedere la vecchia piscina abbandonata, ma nel frattempo, per Rin, per entrambi, era cambiato tutto. Non doveva andare così. Non di nuovo.

Si avvicinò al muretto dove si erano appoggiati per mangiare la tempura. In realtà Ai aveva tentato di mettersi a sedere con uno slancio riuscito solo a metà e lui aveva dovuto riafferrarlo al volo. Avevano il riflesso di una lampada rossa in faccia e nelle orecchie il ronzio di una falena attratta irresistibilmente da quei bagliori fiammeggianti, eppure gli occhi del kohai erano ancora di quella perfetta, limpida gradazione di azzurro, immuni alla trasfigurazione che quella luce portava su tutto il resto. I capelli e la pelle, invece, si erano imporporati, come se il suo intero corpo arrossisse mentre gli cadeva involontariamente addosso.

Rin aveva riso un po’, coprendo lo scintillio dei denti appuntiti con il pugno e strizzando un po’ gli occhi.

-Ehi, guarda, si è liberato un posto laggiù!-

Nel rettangolo di prato delimitato dal muretto erano stati allestiti dei tavolini di legno, fatti di grosse assi e, tra l’una e l’altra, voragini tanto grosse da poterci far passare attraverso un anello di frittura. Le lanterne ridisegnavano quello spazio, facendo sembrare scintille le gocce di rugiada sul mare d’erba sdraiata. Il quadro era rovinato solo dalla risata sgraziata di un gruppo di ragazzi, seduti proprio al tavolo accanto a quello puntato da Rin. Quattro o cinque, più o meno della loro età, che sembravano divertirsi un mondo a lasciar cadere le vaschette vuote e i fazzoletti sul prato. Uno di loro, seduto sul tavolo e con i piedi sulla panca, gesticolava freneticamente, rischiando da un momento all’altro di perdere il berrettino con visiera appena posato sulla sua chioma fulva e arruffata. Aveva un ghigno accentuato da una sfera lucida sotto il labbro inferiore.

-Non fa niente, restiamo qui. Per favore.-

Un sussurro, debole persino per le abitudini di Aiichirou. Rin per un attimo l’aveva scambiato per un sibilo del vento, e aveva fatto per scavalcare.

Si era sentito afferrare per il braccio.

-Restiamo qui, ti prego, Rin-senpai!-

Aveva dato una scrollata di spalle, fingendosi non turbato per quel contatto, per il modo in cui di colpo Ai sembrava aver perso ogni imbarazzo ed aggrapparsi a lui come ne andasse della sua vita. Aveva gli occhi sgranati, lucidi, e il volto pallido, nonostante il calore delle lanterne. Il suo sorriso era diventato un accenno di fossette, un’espressione convenzionale come quelle sui volti di statue di marmo.

Perché non aveva notato prima quei dettagli?

Cercò con lo sguardo il tavolino e quello accanto, abbandonato con cadaveri di pesce spolpati e pozzanghere di bibite frizzanti nelle voragini del legno. Ripensò al riso rauco del ragazzo seduto scomposto. Un rumore che imbruttiva il ritmo dei tamburi e crepava l’armonia del quadro che stava ricordando.

Poteva essergli sfuggito qualcos’altro? Una serie di sguardi nervosi alle loro spalle? Un improvviso appetito che aveva fatto riempire le guance di Ai di tempura ad una velocità impressionante?

Poteva non significare nulla, come significare tutto, e Rin l’aveva ignorato.

Le maglie della folla si erano, finalmente un po’ allentate. La massa si apprestava a convergere nei punti d’osservazione migliori per i fuochi d’artificio. Rin non sapeva ancora cosa fare, a arte guardarsi attorno nervosamente, con l’impressione di conoscere il ragazzo con la mascella quadrata e i capelli a spazzola che stava comprando una bottiglietta d’acqua a pochi passi da lui. Ricordava un profilo simile in mezzo alle sagome sul prato, ricordava le sopracciglia folte aggrottate nello studiare da lontano lui ed Ai che si allontanavano.

Il ragazzo ricambiò lo sguardo un po’ scocciato, mentre Rin si sforzava di recuperare meglio il ricordo, tornando di nuovo indietro con la memoria.

C’era una bancarella dove si poteva provare a pescare dei pesci rossi. Il ragazzo col berretto ed un altro alto, coi capelli a spazzola, stavano azzuffandosi con due retini quando lui ed Ai erano passati li davanti. Aichirou era inciampato, lo ricordava benissimo.

I due si erano voltati. Il ragazzo col berretto aveva mosso le labbra, dando di gomito all’altro, che sogghignava.

-Mi allontano solo un secondo, Rin-senpai!-

Aveva mugugnato qualcosa facendo un cenno d’assenso e sbirciando l’orologio al polso. Mancava ancora un’ora e mezza ai fuochi quando l’aveva visto l’ultima volta.

Panico.

Un’ora e mezza era decisamente troppo. Soprattutto se Ai era turbato per qualcosa come sospettava. Iniziò a correre nella direzione che credeva di avergli visto prendere.

-Ai! Ai, dove sei?-

Non gli importava delle occhiate curiose della folla, che adesso si allargava al suo passaggio, spaventata forse dai riflessi delle lanterne, guizzanti nelle iridi rosse di Rin, o semplicemente dall’espressione completamente disfatta, un po’ più scossa per ogni volta che ciamava il kohai senza ricevere risposta.

Si chiese se quei due potessero conoscere Ai, se non fosse meglio tornare indietro per cercarli e chiedere... che cosa? Se l’avevano visto?

Come una raffica di mitraglia, ad ogni botto che scuoteva il cielo una nuova domanda si formava nella testa di Rin. Rivedeva e rivedeva quello che era successo, ignorando lo spettacolo di luci sopra la propria testa, ignorando il modo in cui le figure attorno a lui si facevano cangianti, ora gialle, ora blu, ora rosse, secondo la luce dei fuochi. Erano ombre sullo sfondo che gli ruotava attorno, dandogli quasi le vertigini. Fu costretto a fermarsi.

Aveva l’impressione che i botti scuotessero anche la terra, o forse solo a lui, di colpo, mancava sotto i piedi.

Era un idiota. Un idiota totale che per lavarsi la coscienza da un errore aveva finito per ripeterlo. Non si era preoccupato davvero di Ai, quella sera. Non aveva notato che qualcosa non andava, forse addirittura gliel’aveva fatto pesare sbuffando (pregava di no, ma non riusciva a ricordare con certezza). Non bastava misurare i passi per non lasciarlo indietro. Ai si era aggrappato a lui, e lui era andato avanti dritto per la sua strada, esattamente come l’anno prima.

Non ci aveva mai riflettuto prima, ma Aiichirou non era affatto tenuto a perdonargli quel comportamento. Né la prima volta, né adesso.

Non era mai stato tenuto a rispettare il suo dolore o il suo silenzio eppure l’aveva fatto. Si rese conto di non avergli mai raccontato davvero cosa l’aveva turbato l’anno passato, esattamente. Era chiaro che sapeva, ma doveva aver raccolto i pezzi di un puzzle, da discussioni e conversazioni successive, da Sosuke, dai ragazzi dell’Iwatobi. Da tutti, tranne che da lui. Ed anche così, muovendosi a tentoni, sbattendo ogni tre per due contro i suoi sbalzi d’umore, era riuscito a rimanergli vicino come nessun altro... e lui come ricambiava? Non accorgendosi neppure di quando aveva un problema? Dando per scontato di essere l’unico con una vita, delle paure, delle ansie, dei segreti.

Notizia dell’ultimo minuto: il mondo non girava attorno a Rin Matsuoka, anche se la leggera vertigine che avvertiva, al momento, cercava di convincerlo del contrario.

 

-Dove diavolo eri finito?-

Ai sobbalzò, senza il coraggio di guardarlo in faccia. L’aveva letteralmente mollato nel bel mezzo della fiera, per farsi trovare rannicchiato su una panchina, con le mani strette a pugno sulle ginocchia e le spalle scosse dallo sforzo di trattenere i singulti. Complimenti, Aichirou, ottimo modo di gestire la situazione. Molto maturo, soprattutto.

Non aveva neanche senso scusarsi, era un comportamento talmente stupido da meritare solo uno spintone o un pugno in faccia. Invece, sorprendentemente, si sentì avvolgere dal calore di Rin che lo abbracciava, stringendolo in un solido guscio, appena un filino troppo stretto.

Così strizzato, con i capelli del senpai sul viso a pizzicargli gli occhi ancora irritati, non riuscì a non versare un paio di lacrimucce, pur sentendosi improvvisamente al sicuro. Rin rimase per qualche minuto immobile, passando le mani sulle spalle e le braccia di Ai per sentire la sua pelle riscaldarsi poco a poco, smettere di rabbrividire, e le sue braccia ricambiare il gesto d’affetto con altrettanto calore.

Avrebbe voluto illudersi, il maggiore, che non ci fosse bisogno di parole, invece ce n’era. Tanto.

-Ascolta. Quello che devo dirti è una cosa davvero, davvero importante.-

-Scusami se ti ho fatto preoccupare Rin-senpai, io... io...-

Lo zittì dolcemente, soffiandogli un “shhhh” nell’orecchio, per poi tornare a guardarlo.

Si sedette accanto a lui, a gambe larghe reclinando le spalle e il collo oltre la spalliera della panca, senza però mai perdere di vista l’altro. Ai si girò lentamente, seguendo quei movimenti con fiato sospeso.

-Se non vuoi dirmelo non fa niente, ma... non ti ho mai ringraziato per tutto quello che hai cercato di fare per me. Non devo averti reso la vita facile, non è così?-

-Rin, non devi dirlo neanche per scherzo!- protestò il più giovane, per poi rendersi conto di essersi espresso in maniera un po’ troppo confidenziale.- Scusami, Rin-senp...-

-Solo Rin. Se vuoi...-

Per qualche secondo il silenzio fu rotto solo dal cigolio di una piccola altalena che oscillava al vento, in quel piccolo parco giochi disegnato nel buio da linee di luce bianca dei lampioni.

-Il punto è...- si schiarì un paio di volte la gola, tentando con le dita di allargare il collo della maglietta. -...il punto è che non mi hai mai forzato a dirti nulla e, in un certo senso, anche questo mi ha aiutato. Tu eri la persona con cui potevo non parlare di quello che mi ossessionava continuamente. Però... non voglio che pensi di non poterti confidare con me, ecco. Se c’è qualcosa, qualsiasi cosa di cui vuoi parlare, fallo. E se vuoi domandarmi qualcosa, chiedi e ti risponderò. Qualsiasi cosa, Ai. Capisci cosa voglio dire?-

-Non proprio....- mormorò Aichirou, leggermente confuso dal modo in cui il senpai si era proteso di colpo verso di lui, fissandolo con quei suoi occhi così rossi e sgranati che, fossero stati di chiunque altro, lo avrebbero spaventato a morte. Un venticello leggero faceva danzare i capelli rossi di Rin come fiamme e il suo respiro, posandosi sul viso di Ai, sembrava mandargli a fuoco le guance.

-Ti ho trattato male e non te lo meritavi. Non dire niente, so che è così. Non sono mai stato bravo a scusarmi, a farmi perdonare in generale... quindi, facciamo finta di ricominciare da capo. E voglio esserci per te, stavolta. Puoi dirmi quello che vuoi e chiedermi quello che vuoi. Come se dovessimo conoscerci adesso per la prima volta.-

-D-davvero?-

Annuì, una ciocca gli scivolò in mezzo agli occhi.

-Ecco, il fatto è... prometti di non odiarmi?-

-Ai...-

-Hai presente i ragazzi che abbiamo visto ai tavolini, durante la fiera?-

Vide un’ombra attraversare il viso di Rin. La sua mascella serrarsi in un’espressione dura. Capì che doveva aver intuito qualcosa, e le parole gli salirono alla bocca come un fiume in piena. Aveva così paura che potesse farsi idee sbagliate da non vergognarsi più, finalmente.

-Ecco, loro... frequentavano la mia stessa scuola alle medie e non andavamo proprio d’accordo, diciamo. Per il resto mi trovavo bene nella mia scuola ma con loro, all’ultimo anno...- tirò su col naso. -...c’è stata una brutta situazione. Avevo iniziato a legare con uno di loro, Takeo, quel ragazzo coi capelli rossi e il berretto, non so se l’hai notato...-

-Si, l’ho notato.- borbottò, calcando l’ultima parola con una punta di sarcasmo.

-Lui mi piaceva, allora.- deglutì -In quel senso.-

Rin si ritrovò per un attimo a boccheggiare. Si aspettava di affrontare un discorso simile, prima o poi, ma non cosi, e non con Ai sull’orlo di una crisi di pianto. Era sbagliato. Lo faceva incazzare così tanto da voler andare subito a cercare quel tipo senza neanche sapere altro e... fare chissà cosa. Dovette aggrapparsi allo schienale con un braccio e ad Ai con l’altro, per trattenersi e fare la cosa giusta. La sua rabbia poteva e doveva aspettare, adesso doveva ascoltare Ai.

-Lui l’ha capito e... non l’ha presa bene, diciamo. L’ha detto ai suoi amici e ogni volta che mi vedevano ridevano. Tutti i giorni. Tutte le volte. Avevano iniziato anche a mettere in giro qualche pettegolezzo, a cui, per fortuna, nessuno dava troppa importanza. Non mi importava molto di quello, comunque. La cosa che mi dispiaceva era che, da allora, Takeo non ha neanche più voluto parlarmi. Voleva tenere le distanze, come se gli avessi fatto qualcosa di sbagliato... volendogli bene.-

Si rannicchiò contro il braccio di Rin, nascondendo il viso contro il suo petto e sfogandosi in un paio di singulti.

-Quando li ho rivisti ho avuto paura che ti parlassero male di me, che potessero farti pensare... io avevo paura di perdere anche te e sono andato nel panico. Avevo paura iniziassi ad odiarmi.-

-Perché mai avrei dovuto fare una cosa del genere?- gridò Rin, completamente alterato, afferrandolo per le spalle.

-L-lo so che non avrei neanche dovuto pensarlo, ma... quando sono arrivato alla Samezuka ero così contento di averti come compagno di stanza, di allenarmi con te, di starti vicino in tutti i modi che potevo. Mi rendeva felice. A-anche quando eri nervoso, o ero io ad essere insopportabile, sapevo che non ce l’avevi davvero con me, con quello che provavo, era... esattamente quello che volevo. L’amicizia di cui ero disposto ad accontentarmi, ma... ho avuto paura di perdere anche quella perché mi ero innamorato di te e...-

Ai si tappò la bocca, terrorizzato da quel che ne era appena uscito. Vide mordersi il labbro e sbattere le palpebre un paio di volte. Teneva la mano serrata a pugno e la muoveva in aria come se fosse sul punto di picchiare la panca, ma si trattenesse per non spaventarlo. L’altra mano era ancora salda sulla sua spalla. Quando i loro occhi si rincontrarono, ebbe l’impressione che anche lui fosse sul punto di piangere.

-Aiichirou, non devi pensare una cosa del genere mai più! Come potrei avercela con te per questo se... anche tu mi piaci.-

Non era così che avrebbe voluto dirglielo. Dannazione, quanto si odiava in quel momento, vedendosi da fuori di fronte ad Ai così pallido, così carino, così sconvolto eppure di colpo rasserenato.

-I-in... quel modo?- chiese quest’ultimo, dopo una pausa interminabile, serrando gli occhi. Poteva sempre aver frainteso e si sarebbe volentieri turato le orecchie per non sentire la risposta, se non si fosse già ampiamente esposto. Un rifiuto sarebbe stato comunque un male minore, a quel punto.

-In tutti i modi possibili ed immaginabili, temo. E... tutto questo è successo perché non te l’ho detto prima.- si strizzò gli occhi con una mano, borbottando di essere un cretino.

Ai protestò, mentre una risatina imbarazzata, una scarica elettrica di isteria gioiosa, gli usciva dalle labbra e gli risuonava dentro, mentre gli occhi continuavano a rovesciare fuori lacrime e lacrime, stavolta di gioia.

Quando le labbra di Rin incontrarono le sue, il maggiore sentì il sapore di quel sale sulla lingua e immaginò che qualche goccia gli scivolasse lungo i capelli. Aiichirou aveva portato i polsi all’altezza della sua nuca e nascondeva le dita tra quelle ciocche così arruffate e morbide.

Le mani di Rin scivolarono sotto la maglietta di Ai accarezzandone la schiena, un po’ curva, per accoccolarsi meglio contro di lui.

Aveva l’impressione di poter resistere fino all’alba così, in quella esatta posizione, con le dita di Ai che percorrevano la lunghezza di una sua ciocca, parlandosi sottovoce di tutto e di niente in un parco deserto, spiati dal visetto tondo della luna. Somigliava un po’ a quello di Ai, ma non aveva i suoi occhi che, adesso, si concedevano occhiate quasi maliziose al corpo del senpai, al suo petto che si rivelava attraverso lo scollo slabbrato della maglietta.

Aveva paura di svegliarsi e scoprire di aver fatto un buffo sogno, imbarazzante, assurdo e meraviglioso, e di farsi sorprendere dal suo nuovo compagno di stanza Momotaru a sbavare su un cuscino. Decise di tenersi quella paura per se. Se fosse riuscito a dire anche una sciocchezza del genere non avrebbe più avuto dubbi: sarebbe stato per forza un sogno.

Si girò appena di fianco, per osservare meglio il senpai. Entrambi alternavano lente carezze e movimenti più impacciati, nessuno di loro voleva rompere quella cantilena di cesti altalenanti. Le dita di Aichirou percorsero delicatamente il profilo di Rin, come lo stesse davvero scoprendo per la prima volta, in quella penombra. Rin distolse appena lo sguardo, imbarazzato, pensando a quante volte avrebbe voluto rivivere quel momento, fare migliaia di “ultimi” rewind di quella serata e, soprattutto, del miglior nuovo inizio di sempre.

 

 

 

 

Angolino di IMma

Ed ecco qui un testo di oltre tremila parole che avrebbe potuto benissimo intitolarsi “Cosa succede quando IMma-chan cerca di forzare il blocco dello scrittore usando la sua OTP come piede di porco”, ma dato che era troppo lungo, beccatevi questo titolo tremendo e anche quest’intera storia potenzialmente OOC.

L’idea iniziale, nella mia testa, era molto più lunga e figa, ma ho cercato di asciugarla al massimo per dare al testo una lunghezza accettabile senza rinunciare ai nuclei fondamentali della vicenda (in particolare la piccola lezioncina a primadonna-Matsuoka sul fatto di non essere l’unica persona al mondo coi “proBBlemi!!!1!”).

Qualsiasi richiamo possiate aver colto alla canzone “The scientist” dei Coldplay NON è puramente casuale, anzi, si può dire che ad alcune frasi (“Tell me your secrets and ask me your questions/ oh, let’s go back to the start...”) io mi sia ispirata quasi esplicitamente. Vi consiglio la rilettura della fanfic con questo sottofondo (magari la migliora un po’ ^^”) e vi chiedo, se vi va, di lasciarmi una piccola recensioncina. Come ho già detto sono un po’ arrugginita e qualsiasi commento mi sarà molto utile per “rimettermi in carreggiata” come si deve.

Saluti

IMma

PS Credo che questo sia seriamente l’angolo autrice più lungo da me mai scritto! O.o

(Perdonate l’ammorbamento, di solito non sono così...)

  
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