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Autore: Andysmile    09/01/2016    6 recensioni
«Chiudi gli occhi.» Grinch obbedì, restando in silenzio, le braccia di Michael strette intorno alla sua vita.
«Michael…»
«Ehi, silenzio. Tieni gli occhi chiusi. Immagina… la neve. Le luci che corrono lungo i profili delle case, le canzoni di Natale.» Grinch sorrise, un sorriso dolce, per la prima volta.
Restava zitta, Michael parlava. La sua voce era come una musica natalizia, una canzone che non sentiva da quando era bambina.
Vide se stessa correre in cortile e lasciare impronte nella neve bianca e soffice, mentre le luci colorate illuminavano ad intermittenza il suo giardino.
Vide se stessa sdraiarsi sotto l’albero per fare i compiti, il fuoco scoppiettante nel caminetto lì accanto, le ghirlande di agrifoglio appese a tutte le mensole.
Vide il vischio sulle porte, udì le risate dei volontari vestiti da Babbo Natale che distribuivano caramelle agli angoli delle strade.
Michael parlava ed il Natale, per la prima volta, era davvero perfetto.
***
Vincitrice del premio 'Lista di Babbo Natale' al contest "Under the snow - contest" indetto su Facebook.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa OS partecipa al contest "Under the snow - Contest" indetto su Facebook.

 
YOU’RE NOT SO MEAN, MISS GRINCH.
 
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You're a monster, Mr. Grinch
Your heart's an empty hole
Your brain is full of spiders
You've got garlic in your soul, Mr. Grinch 
[x]


 
Aveva sempre pensato che le migliori storie di Natale cominciassero nei centri commerciali.
Anzi, Michael ne era assolutamente certo, in qualche modo.
Il suo incrollabile spirito natalizio percepiva la magia scaturire da ogni scaffale.
E, doveva ammetterlo, un po’ lui ci sperava anche nel famoso miracolo, nella grande fiaba romantica bagnata dalla neve, nei baci inaspettati sotto il vischio.
Ci credeva in virtù di tutti quei film –decisamente troppi– che aveva guardato nella sua vita.
Soprattutto da quando c’era Roxanne.
Frozen era diventato il suo pane quotidiano, così tanto che aveva imparato a memoria tutte le canzoni e, addirittura, aveva sviluppato una vera e propria ossessione nei confronti di Elsa.
Michael era solo da così tanto tempo che lei, la regina del ghiaccio, era l’unica donna su cui riuscisse ancora a fantasticare.
Per questo, da mezz'ora a quella parte, malediva se stesso per essersi preso la briga di passare ad augurare un sereno Natale ai suoi dipendenti, invece di starsene comodamente sdraiato sul divano con la sua bambina a canticchiare le canzoni dei cartoni animati.

Ma il suo Karma doveva avere qualcosa di decisamente sbagliato se, per ripagarlo di un gesto così nobile, lo faceva finire chiuso in magazzino niente meno che con Grinch. 

Forse era troppo sognatore e romantico per pretendere che il Natale gli regalasse un miracolo degno di film. 

Chiuse gli occhi e si sentì a casa, per un istante, immaginando Roxanne che lo abbracciava stretto sotto il piumone e gli lasciava bacini sulla guancia per fermarlo ogni volta che lui le faceva il solletico. 

Aveva speso l'ultimo mese della sua vita con il pensiero costante di organizzare il Natale perfetto per lei, con i nonni e moltissimi regali, compresa quella casa di Barbie che aveva a lungo sognato e che Michael aveva dovuto vendere un polmone per comprarle.
Ma avrebbe fatto qualunque cosa per Roxanne.

Beh, ovvio, qualunque cosa nelle sue possibilità dato che la porta del magazzino non accennava proprio ad aprirsi.
Quando riaprì gli occhi la realtà lo investì come uno tsunami in pieno volto.

Grinch se ne stava di fronte a lui, vicina, troppo vicina, le labbra tinte di nero piegate in un sorriso impertinente.
Produsse un rumore osceno, gonfiando una bolla con la sua chewingum e lasciandola scoppiare a due millimetri dal naso di Michael che, confuso, osservava quella scenetta.
Storse le labbra in una smorfia quando il profumo di fragola invase le sue narici.
«Sono il tuo capo, potrei farti licenziare.»
Grinch rise di gusto, puntando le ginocchia a terra di fronte a lui.
Questo non era decisamene il Natale che si era aspettato.
«Non saremmo in questo casino se i tuoi clienti fossero più gentili» esordì lei. Era la prima volta che Michael sentiva la sua voce così, senza che fosse arrabbiata o stesse urlando ordini a destra e a manca.
Perché era questo che Grinch faceva: si arrabbiava.
Ora, invece, il suo tono era solo un sussurro flebile, privo di spirito, una constatazione ovvia e senza alcuna speranza.
Grinch aveva un nome, ovvio.
Era anche un bel nome, Michael lo sapeva perché l’aveva assunta –e di preciso ancora non capiva il motivo di tale decisione.
Ma lì, nel suo piccolo market, la chiamavano semplicemente Grinch.
Michael aveva capito da subito il perché di quel nomignolo e non si era fatto molti problemi ad adattarsi.
E poi lei, animata da un pessimismo cosmico e da un odio viscerale verso qualunque cosa le ricordasse vagamente l’amore, sembrava particolarmente felice di quel soprannome.
Infatti eccola lì, impassibile e fredda di fronte ad una simile emergenza.
Insomma… lui aveva un costume da Babbo Natale pronto, una casa addobbata, mille lucine colorate da accendere e una splendida bambina che lo aspettava di fronte ad un caminetto acceso con due tazze di cioccolata tra le mani.
Era questo il suo Natale, non restare intrappolato in un magazzino spoglio con una ragazzina incazzata mentre fuori, il resto del mondo, viveva la sua magica storia di Natale.
«O forse non saremmo qui dentro se tu fossi più gentile» replicò quindi. Grinch roteò gli occhi, lasciandosi cadere con il sedere per terra, di fronte a lui.
Il pavimento era freddo, maledettamente freddo.
Presto avrebbero iniziato a congelare.
«Senti… sei stato tu a seguirmi qua sotto. Non avevo certo bisogno della tua compassione. Sono abituata agli insulti per i miei capelli, per il mio rossetto, per i tatuaggi o semplicemente perché mi atteggio da stronza. Ti sei mai chiesto perché lo faccio, per caso? Non è di sicuro un tuo problema.» Michael si massaggiò le tempie, rilasciando un lungo respiro, lo sguardo basso per non dover sopportare quello maledettamente verde e freddo di lei.
Forse, ma proprio forse, aveva un po’ esagerato.
Dopotutto quel cliente si era rivolto a lei in modo poco cortese e il fatto che fosse ormai orario di chiusura il giorno della Vigilia di Natale aveva contribuito ad innervosirla ancora di più.
Era scappata via, dopo aver insultato una quantità infinita di santi proprio in quel giorno di festa, ed era corsa nel magazzino.
Lui che davvero era troppo buono, si era semplicemente sentito in dovere di seguirla.
Michael era il suo capo, ma non sapeva nulla di Grinch, in fin dei conti: sicuramente aveva anche lei una famiglia da cui tornare, qualcuno con cui passare il Natale.
Il fatto che fosse sempre così cattiva con tutti… poteva passare inosservato, almeno a Natale.
«Una volta avevo anche io i capelli tinti e l’aspetto inquietante, sai?» Non disse altro, perché tanto bastava a farle capire che, in qualche modo, quel problema li accomunava.
Grinch sollevò un sopracciglio. Finalmente si guardarono e fu un po’ come osservarsi in uno specchio.
«Hai una figlia.» Lo disse così, per quello che era, un’ovvietà, ma che suonava tanto… un rimprovero, perché no, lui non poteva capirla.
In quel momento Michael comprese qual era la sottile linea che li divideva: l’età, la posizione sociale, la maturità.
Eppure non erano diversi, non lo erano affatto.
«E in questo momento dovrei essere da lei, già.» Grinch si morse l’interno della guancia e, per la prima volta, la sua espressione parve quasi colpevole.
«D’accordo. Ho fatto di tutto per sabotarti il Natale, ma erano solo scherzi innocenti! Non so, volevo… tipo, ribellarmi al sistema? Sfogarmi su di te per il giorno più triste della mia vita? Ma giuro, non pensavo che tu mi seguissi qua sotto. Okay, forse un po’ ci speravo, sai… per capire se davvero tieni a tutti i tuoi dipendenti, anche a quelli… senza speranze come me.» Prese una boccata d’aria, poi, in silenzio, si spostò accanto a lui, gli occhi chiusi. «Io… ero solo arrabbiata con il mondo per essere così cattivo, con me stessa per essere così, con… te! Perché sei sempre così maledettamente buono con tutti! È così… frustrante! Quando ho sbattuto la porta non pensavo che si sarebbe bloccata. Non sapevo neanche che si potesse aprire solo dall’esterno.» Michael annuì, perché credeva davvero a quello che aveva detto, ma la parte in cui restavano bloccati lì dentro senza cellulari dopo l’orario di chiusura al momento passava inosservata.
Era stato tutto il resto del suo discorso a farlo sentire intrappolato davvero.
«La mia vita non è perfetta, Grinch» sospirò, appoggiando la testa contro il muro. Si voltò appena, sfiorando il profilo di lei con uno sguardo.
D’accordo, lei a Michael era sempre piaciuta.
L’aveva trovata… diversa. Semplicemente diversa. In qualche modo speciale nella sua diversità.
E forse era stato un po’ condizionato dai discorsi di Roxanne, quelle rare volte in cui l’aveva portata al market, che era rimasta letteralmente affascinata da Grinch.
L’aveva presa come esempio, ripeteva di voler diventare così da grande, con tanti tatuaggi come lei e come suo padre, con i capelli colorati come lei e come suo padre.
Michael si era sorpreso. Aveva ragionato da genitore, per un istante, ma poi il suo orgoglio l’aveva sopraffatto.
Roxanne aveva saputo dimostrargli che loro, nella diversità, non erano affatto un fenomeno da evitare e da guardare con disprezzo: loro avevano il coraggio necessario per affrontare il mondo a testa alta pur essendo fuori da ogni convenzione.
Michael ci aveva messo un po’ per capirlo, la sua vita non era mai stata semplice.
Aveva convissuto con i giudizi della gente, con gli insulti e le prese in giro perché lui era sempre quello diverso. Un disastro, un illuso.
Era stato male, ma aveva saputo rialzarsi, ma la vita –mascherata da una vile approfittatrice– gli aveva regalato Roxanne. E il suo mondo aveva trovato realizzazione.
Per questo era sempre stato affascinato da Grinch, per puro spirito di ammirazione nei suoi confronti.
Michael l’aveva sempre creduta più forte di lui.
Nonostante non la comprendesse, aveva sempre apprezzato la sua capacità di restare fredda e distaccata nei confronti del mondo intero.
Solo ora si rendeva conto che lei, quella ragazza che non riusciva ad essere buona e dolce nemmeno a Natale, in realtà era più debole di quanto apparisse.
Si nascondeva dietro quello spudorato cinismo per non mostrare agli altri la sua sofferenza.
Questo non era affatto giusto: perché Grinch doveva combattere, doveva farsi forte di chi guardava a lei con ammirazione. Doveva essere un esempio per la sua Roxanne, perché il mondo non le mettesse i piedi in testa, qualunque persona lei avesse voluto diventare nella vita.
Michael voleva che fosse così.
«Comunque… è Natale» constatò allora lui. Questo parve zittirla, per un istante, un sorriso amaro dipinto sulle sue labbra scure, tremanti per il freddo.
Gli si avvicinò piano, esitante, ma Michael non si lasciò pregare per stringerla contro il suo petto, avvolgendola in un abbraccio.
«E a Natale siamo tutti più buoni, immagino. Perché io non ci riesco?» Michael sospirò tra i suoi capelli, restando in silenzio.
Non glielo disse, ma lei non era Grinch.
Lei era buona, più di quanto immaginasse.
«Chiudi gli occhi.» Grinch obbedì, restando in silenzio, le braccia di Michael strette intorno alla sua vita.
«Michael…»
«Ehi, silenzio. Tieni gli occhi chiusi. Immagina… la neve. Le luci che corrono lungo i profili delle case, le canzoni di Natale.» Grinch sorrise, un sorriso dolce, per la prima volta.
Restava zitta, Michael parlava. La sua voce era come una melodia natalizia, una canzone che non sentiva da quando era bambina.
Vide se stessa correre in cortile e lasciare impronte nella neve bianca e soffice, mentre le luci colorate illuminavano ad intermittenza il suo giardino.
Vide se stessa sdraiarsi sotto l’albero addobbato per fare i compiti, il fuoco scoppiettante nel caminetto lì accanto, le ghirlande di agrifoglio appese a tutte le mensole.
Vide il vischio sulle porte, udì le risate dei volontari vestiti da Babbo Natale che distribuivano caramelle agli angoli delle strade.
Michael parlava ed il Natale, per la prima volta, era davvero perfetto.
Quando la porta sì aprì con uno scricchiolio sonoro, chissà quante ore dopo, Grinch aprì gli occhi e si rese conto di non essere più bambina.
Si rese conto che lì, in quel magazzino, non era Natale.
Ma non lo era nemmeno dentro di lei.
«Michael, grazie al cielo! Tua madre era preoccupata, mi ha mandato a chiamare… ho girato tutto il market e…» Michael si alzò in piedi, lasciandola sola e un po’ più fredda, per poter ringraziare il suo socio che finalmente li aveva trovati.
Grinch lo raggiunse sulla porta, un sospiro sulle labbra.
Michael era felice di tornare a casa, lei no.
Lo seguì fuori dal magazzino, fino alla porta sul retro, dove lui si bloccò all’improvviso.
«Sai… uhm… tu a Roxanne piaci un sacco.» Grinch inarcò un sopracciglio, fissandolo.
«A Roxanne? Davvero?» Michael sorrise, alzando lo sguardo sopra la porta.
Un ramoscello di vischio pendeva sopra di loro.
«D’accordo Amanda, hai vinto. Un po’, forse, piaci anche a suo padre.» Lei rise, il viso di Michael a pochi millimetri dal suo.
Gli si avvicinò lentamente, lasciandogli assaporare l’istante.
Poi, però, gli poso solo un buffetto leggero sulla guancia, gli occhi di lui spalancati davanti a tale affronto.
«Ehi, non posso essere proprio troppo buona!»
Michael allora scoppiò a ridere, facendole cenno di seguirlo.
«Sai… mia madre ha cucinato per un esercito… qualcuno dovrebbe aiutarci a finire tutto quel ben di dio.»
Fu l’inizio di un nuovo Natale.




 
 
 
JADEY'S BAAACK
Va beh, va beh, sono di nuovo qui a fare la babba (che parola in tema natalizio lol)
Anche se non sono molto convinta di questa os (come sempre, d’altro canto, ma tralasciamo ahah) ho preso gusto nel partecipare ai contest e quiiiindi ho partecipato di nuovo ad un contest :3
Sooo ripeto, questa storia partecipa al contest “Under the snow” indetto su Facebook (linkato sopra).
E non è più Natale, ma io sono stata mega impegnata e mega in crisi e quindi di scrivere proprio non ero in grado, perciò ci ho messo assai a scrivere una storia che avrei dovuto pubblicare tipo due settimane fa, ma meglio tardi che mai è uno dei miei motti di vita!
Cioè, è già tipo la seconda storia a rating verde che scrivo! Mi sto davvero mettendo alla prova ahah
E chiedo perdono alle ragazze che leggeranno questa storia per il contest, perché ho l’impressione che sia la più lunga scritta dai partecipanti *sinascondesottoterracomeunostruzzo*
Mi sono lasciata trasportare dal “non c’è più un limite di parole” ahah
Però è comunque la Os più corta che io abbia mai scritto.
Infatti, non so se sono riuscita a sviluppare l’idea come volevo, ma l’avevo già iniziata e sono stata spinta (come al solito ci sono le mie due muse –e ringrazio anche Mary per il bellissimo banner <3– che mi spingono ad andare avanti) a finirla.
Quindi eccoci qui.
Spero non vi sia dispiaciuta troppo, o che vi sia piaciuta almeno un pochino :3
E niente, alla prossima.
Love ya all, Jadey <3

 
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