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Autore: malukuku    10/01/2016    2 recensioni
Dopo una nottataccia, Castiel incontra una tizia che fa ginnastica ad un'ora improponibile del mattino. Il ché non ha nessun senso, a meno che non si sia un po' masochisti.
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!ATTENZIONE! Ad alzare il rating è solo il lessico forbito di Cassy. In ogni caso continuo a non saper scegliere il rating quindi non prendete troppo sul serio quel giallo *LE GASP*
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Castiel non piaceva ubriacarsi. Ne era assolutamente convinto mentre si appoggiava ad un muro per riuscire a tenersi in piedi, il cervello rintronato e gli occhi che cercavano di incrociarsi.

Era perché non gli piaceva ubriacarsi che di solito non usciva con quel cretino di Damien.
Quella sera il cretino era venuto a prelevarlo già alticcio, biascicando di poter guarire il suo… la sua… misc_... uh, misan… La misantofia? Da sobrio sapeva cosa voleva dire. C’entrava con il prendere a calci chi si avvicinava troppo.
Prima che Castiel potesse dimostrargli quanto fosse misantofico, il cretino lo aveva trascinato in un locale dove servivano questa famosa medicina.

Da come era stato cacciato per aver rotto il naso ad un tizio, Damien non aveva curato proprio un cazzo. Castiel si era solo guadagnato un livido sullo zigomo, che in realtà non era malaccio finché la sbronza teneva a bada il dolore. Faceva di certo la sua figura.

Il ragazzo fece uscire un grugnito divertito pensando a che aspetto dovesse avere in quel momento. Un liceale sfatto contro il muro, i capelli tinti in disordine, la maglietta stropicciata, l’odore pungente di locale sulla pelle e un occhio nero a completare il quadretto. Il tipico scarto della società.
Semplicemente spettacolare.

La sua risata roca rimbalzò da un palazzo all’altro nella strada deserta.

O

Lo svegliò il suono dei lampioni che si spegnevano. Un risveglio brusco: in quella zona erano affari vecchi che emettevano ronzii e clangori minacciando di rompersi da un momento all'altro.
Castiel uscì dal nero totale dei suoi sogni per ritrovarsi in un parco invaso dalla nebbia. Il sole non era ancora spuntato ma la luce nell’aria era abbastanza da fargli richiudere gli occhi con un lamento.

Non ricordava se la sera prima avesse provato a tornare a casa o se si fosse semplicemente scelto un posto dove accovacciarsi. In ogni caso, dormire per strada era fra le decisioni più stupide che avrebbe potuto prendere.
In modo piuttosto scoordinato, controllò subito le tasche. Chiavi, cellulare e portafogli; c'era tutto.

Una volta calmata l'ansia, passò a valutare le conseguenze della nottata. Aveva i vestiti appiccicati addosso, gli faceva male la faccia, gli sembrava di aver mangiato immondizia e la testa lo stava uccidendo. Cristo, bere faceva davvero schifo.

Appoggiò la nuca a qualsiasi cosa lo stesse tenendo seduto diritto. Socchiudendo un occhio, si rivelò essere una di quelle strutture di metallo su cui si arrampicano i bambini nei parco giochi, per questo il freddo fottuto alla schiena.
Anche se a quell’ora del mattino non c’erano marmocchi urlanti a peggiorargli l'emicrania, Castiel non era solo.

Ad una prima occhiata, quello in piedi vicino a lui gli parve un ragazzo dai pantaloncini decisamente succinti; almeno finché gli occhi non gli caddero sul seno molto femminile a cui aderiva la maglietta. Dovevano averlo ingannato i capelli corti sparati in tutte le direzioni e le gambe robuste.

La ragazza aveva la gamba sinistra appoggiata alla struttura, stesa davanti a sé all’altezza dell’ombelico. Era piegata a prendere la punta della scarpa con le mani facendolo sembrare di una facilità estrema. Per appoggiarsi del tutto alla gamba, teneva la testa girata di lato in un modo che non permetteva a Castiel di vederle il viso.

Passò un intero minuto prima che si voltasse per cambiare gamba e lo notasse. - Ah, sei sveglio. -

Se l’avesse vista subito in faccia, Castiel non l’avrebbe scambiata per un maschio. Aveva grandi occhi nocciola, naso piccolo, guance tonde e labbra piene. Le sopracciglia spesse e leggermente inarcate non facevano che dare forza alla sua espressione tranquilla. Era un viso così femminile che pareva strano non fosse incorniciato da una cascata di boccoli.

La ragazza si piegò sulla gamba tesa continuando a studiarlo, probabilmente più per via della posizione che per effettivo interesse. Castiel non era esattamente nel pieno del proprio fascino, al momento.
Lui, dal canto suo, era quantomeno incuriosito. Una ragazza che faceva ginnastica a quell’ora accanto ad un tizio svenuto per l’alcool non era una scena che si vedeva tutti i giorni. Sebbene il guizzare dei muscoli attestasse una certa forza, non era un buon motivo per avvicinarsi ad un ubriacone; a meno che non si sentisse tranquilla per una ragione precisa.

- Nhmn ti conosco? - Non la frase accattivante che Castiel aveva immaginato di dire. Le parole sembravano incollarsi alla lingua impastata.

- Andiamo alla stessa scuola. Sei quel “Castiel”, no? – La ragazza appoggiò il piede a terra. – Sei abbastanza famoso perché ti conosca perfino io. -

Castiel la esaminò un’altra volta. Molto alta per essere una ragazza, viso carino e capelli corti. - Non penso di averti mai vista. - O se la sarebbe ricordata, no?

La ragazza terminò la questione con un mugugno disimpegnato.

Dando le spalle alla struttura di ferro, si piegò a ponte per prendere una delle sbarre. Iniziò gradualmente a scendere per afferrare la sbarra più in basso, e poi quella più in basso ancora. Castiel aveva la sensazione che il corpo umano non fosse fatto per piegarsi in quel modo.
Uno schiocco improvviso fece uscire un sospiro soddisfatto a lei e correre un brivido lungo la schiena a lui.

Siccome aveva la netta impressione che quella stesse cercando di mettersi in mostra non dando la giusta attenzione al diciassettenne per terra, Castiel si preoccupò di spostare la conversazione su di sé. - Non mi chiedi cosa ci faccio qui a quest’ora? -

- Credo di poter indovinare da sola. - disse lei tirando su col naso in modo eloquente.

Risalì con attenzione fino a rimettersi diritta in piedi e si spostò verso una sacca che Castiel notava solo in quel momento. Ne tirò fuori un asciugamano con cui pulirsi la faccia ed il collo sudato. - È per questo che non vieni quasi mai a scuola? -

- Non mi riduco così ogni notte. Ieri uno che conosco diceva di poter guarire la… – Voleva davvero provare a dire quella parola complicata? Non gli andava di attorcigliarsi la lingua di fronte ad una che faceva ginnastica accanto ad uno sbronzo come se nulla fosse. – …di poter migliorare i miei rapporti con gli altri. Con un intruglio di tre basi alcoliche. -

- Ed ha funzionato? -

- Non lo so. Questa conversazione come sta andando? -

- Uhm, direi bene. -

Castiel mugugnò poco convinto. Ora che ci pensava, era stato sbattuto fuori dal locale in cui Damien lo aveva portato per aver preso a pugni un tizio, no? Non era stato perché quello gli aveva messo un braccio attorno alle spalle come se si conoscessero?
Gli sfuggì un ghigno. - Ripensandoci, probabilmente non ha funzionato. -

Un “bip” gli fece tirare fuori il telefono. Nella chat con Damien lampeggiava un nuovo messaggio vocale. Castiel avvicinò il cellulare all’orecchio, rimanendo a guardare distrattamente cos’altro faceva la tipa in pantaloncini: c’era una sorta di armonia nel suo modo di muoversi che lo distendeva.

Il messaggio era breve ed i primi tre secondi erano biascichi di chi si è alzato troppo presto. - Ehi, sei vivo? Ho dormito da te e Damon mi ha appena svegliato. Che gli do da mangiare? -

Era il caso di tornare a casa. Quel cretino di Damien era capacissimo di dare latte e biscotti ad un cane e sebbene fosse intelligente, Damon non faceva lo schizzinoso quando aveva fame.
Il ragazzo iniziò a cercare la forza d’alzarsi.

La ragazza nel frattempo aveva fatto un giro intorno all’area giochi alternando skip, corsa laterale e scatti. Mentre riprendeva fiato dal naso, si era piegata a toccare le punte dei piedi divaricati, finendo in una posizione che le aveva alzato un altro po’ i pantaloncini lungo la gamba. Era abbastanza difficile non guardare, nonostante non ci fosse nulla di morbido o provocante nella coscia scoperta. Era un intrico di nervi e lievi ombre di muscoli.

Castiel parlò prima che potesse rifletterci. Gli succedeva spesso quando stava rimuginando su qualcosa da un pezzo, e quasi mai risultava educato. - Senti, si può sapere perché stai facendo ginnastica a quest’ora? Guarda che non sei nel lato sicuro della città, e se sei così sves_-

- Vivo qua vicino. - lo interruppe a metà frase.
Meglio così; Castiel stava per dire qualcosa di abbastanza sessista e non c'era motivo di insultare una che si era limitata a farsi gli affari suoi mentre lui smaltiva l’alcool.

- Faccio sempre ginnastica qui prima di scuola. -

- Alle_... – Castiel controllò il cellulare prima di terminare oltraggiato. – Alle 5 del mattino?? -

- Aha. -

- Sempre?? -

- Già. -

Il solo fatto che qualcuno si svegliasse alle 5 del mattino di sua spontanea volontà era inconcepibile, ma che fosse per fare fatica era semplicemente una cazzata.
Castiel aveva tutta l’intenzione di farglielo notare nel modo più chiaro possibile. - Perché cazz_ -

- Io andrò alle Olimpiadi. -

Lo disse in modo così fermo da fargli dimenticare cosa stesse per dire lui.
Impegnata con i suoi esercizi non lo aveva più guardato, però adesso aveva lasciato da parte tutto per fissarlo negli occhi. Come per sfidarlo a replicare qualcosa, a criticare qualcosa riguardo il suo sogno.
Castiel soppresse l'impulso di ritrarsi dall’intensità dello sguardo.

Lui non aveva nessun sogno. Se n’era accorto osservando Lysandre per anni; abbastanza a lungo da imparare a riconoscere chi ne aveva uno.
I sogni erano robe più palesi di quanto ci si sarebbe aspettati. Donavano alle persone una costanza che sfiorava l’ossessione, degli occhi limpidi e un magnetismo che a volte spingeva gli altri a dare una mano. Seriamente, funzionava quasi come una magia. E questa ragazza ce l'aveva.

Ciò che Castiel non capiva era come si potesse mostrare così apertamente ciò che si aveva dentro. Non solo era imbarazzante, ma anche pericoloso, no? Chissà cosa poteva pensare la gente di un sogno, improbabile per definizione.

La ragazza davanti a lui sembrava sicura di ciò che aveva detto, almeno ad una prima occhiata. Le mani strette a pugno e una tensione nelle spalle che non derivava dalla decisione la tradivano.
In fondo i sogni erano fragili, anche quando il proprietario era cocciuto o poco disposto ad ascoltare gli altri. Non ci voleva molto a distruggere un sogno; certamente meno di quanto ci voleva a coltivarlo. Era uno strumento utile a chi voleva farti del male.

Era stupido ammirare gente così indifesa e ingenua.
Era perfino più stupido invidiarla.

Lo sapeva, lo sapeva benissimo e tuttavia... Castiel non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stata la vita di tutti giorni, quella in cui faceva cazzate senza senso come passare la notte all’aperto, bere fino a svenire e uscire con gentaglia, se avesse avuto un sogno. O qualcosa di simile.
Un obiettivo che desiderava raggiungere per quanto lontano. Uno scopo.

- Per Olimpiadi intendi… Uh, di che Olimpiadi stiamo parlando? -

Non avvertendo malizia nella domanda, le spalle della ragazza si rilassarono. Il viso le si distese fino a far affiorare un sorrisetto che le raggiunse gli occhi caldi.
Castiel decise che per vedere un’espressione come quella su un volto come quello, era disposto a subire del sarcasmo per la domanda poco brillante.

- Hai presente quel periodo in estate in cui danno solo sport in tv? Con tutta quella gente che corre, nuota, salta, lancia… -

- Ah sì, quelli che sudano per vincere una strana collana. - replicò con un proprio sorriso sghembo.

La ragazza soffocò una risata. - Bhè, ho messo gli occhi su quella strana collana. Quella gialla. Deve essere mia! -

- Fare salti mortali per una collana: sei proprio una ragazza. -

Stavolta la risata uscì disinibita, scoprendole i denti in un ghigno. - Sei un idiota. - gli comunicò gettandosi la sacca sulla spalla.

Rimase a studiarlo in silenzio. Normalmente Castiel avrebbe reagito male a qualcuno che fissava come se volesse dire qualcosa, invece lo sguardo divertito della ragazza non lo infastidiva. Forse perché lui sentiva di avere un’espressione simile mentre la osservava.

Era facile parlare con ‘sta qui. Era meno rumorosa di Iris e stava più allo scherzo di Lys.
Era un evento più unico che raro che Castiel cercasse qualcosa da dire per continuare la conversazione. Era costretto a dare un po’ di credito all’intruglio di merda di Damien.

La ragazza gli tolse il fastidio di riprendere il discorso per primo. - Oggi vieni a scuola? -

- Vedremo. - mugugnò con un gesto della mano. Prima di andare da qualsiasi parte doveva riuscire ad alzarsi e per ora nessuno dei suoi muscoli sembrava voler collaborare.

- Ok. – Annuì una volta prima di dargli le spalle e raggiungere l’uscita del parco giochi con una corsa leggera. Come se non ne avesse fatto abbastanza, di esercizio. Castiel si sentiva stanco solo a guardarla.

Quando ormai sembrava se ne sarebbe andata senza aggiungere altro, la ragazza rallentò e si voltò indietro. - Ci vediamo! - urlò scuotendo un braccio.

Era una cretinata che Castiel sentisse il petto pieno per un saluto così scarno e dal pessimo tempismo.

O

Durante l’ultimo intervallo della giornata, Zoé si sollevò da una flessione e trovò ad accoglierla un ghigno allegro e un occhio nero.
- Non mi hai detto che sport assurdo fai, donna gorilla. -

Le scappò un sorriso. Non immaginava sarebbe venuto a scuola in quello stato pietoso.

 


--L'autrice Rantola--
Fan sfegatata di qualsiasi anime sportivo a rapporto! I ragazzi e le ragazze pieni di passione sono una cosa preziosa, bimbi ;w;
(E dopo questa posso ufficialmente considerarmi fuori dalla gioventù. Sono vecchia T___T)

Si nota che mi stessi irritando per non riuscire a trovare un finale? Scommetto che si nota :V
 

  
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