Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: Alex96_    10/01/2016    1 recensioni
[Theo Reaken x Tracey Stewart]
Coda della 5x10, quindi SPOILER per chiunque non fosse in paro con la trasmissione americana.
Segue gli eventi dagli ultimi momenti della puntata in cui vediamo per la prima volta il branco di chimere e prosegue con la loro prima notte.
Dal testo:
« Tracy Stewart era decisamente confusa. L’ultima cosa che ricordava era la terribile iniezione che i Dread Doctors le avevano fatto. E poi il vuoto. Non aveva la più pallida di cosa stesse succedendo o come avesse fatto a trovarsi ai piedi di uno strano albero tagliato alla base, di come mai fosse sporca di fuliggine e terra e perché ci fossero altri tre ragazzi insieme a lei.
“Cosa sta succedendo?”
Riconosceva quella voce, apparteneva a Hayden Clark. I suoi grandi occhi marroni erano spalancati dalla confusione e guardavano l’unica persona in quella radura che sembrava sapere qualcosa. Anche lei si era voltata nella sua direzione e ne era rimasta catturata: c’era qualcosa nella sua immagine che le impediva di distogliere lo sguardo.
“Chi sei tu?”
Aveva parlato senza rendersene conto. »
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hayden Romero, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Helena Kanbara
perché è stata una fantastica supporter
che mi ha dato il coraggio di postare in questo fandom.
Grazie cara <3 


Tracy Stewart era decisamente confusa. L’ultima cosa che ricordava era la terribile iniezione che i Dread Doctors le avevano fatto. E poi il vuoto. Non aveva la più pallida di cosa stesse succedendo o come avesse fatto a trovarsi ai piedi di uno strano albero tagliato alla base, di come mai fosse sporca di fuliggine e terra e perché ci fossero altri tre ragazzi insieme a lei.
“Cosa sta succedendo?”
Riconosceva quella voce, apparteneva a Hayden Clark. I suoi grandi occhi marroni erano spalancati dalla confusione e guardavano l’unica persona in quella radura che sembrava sapere qualcosa. Anche lei si era voltata nella sua direzione e ne era rimasta catturata: c’era qualcosa nella sua immagine che le impediva di distogliere lo sguardo.
“Chi sei tu?”
Aveva parlato senza rendersene conto. La necessità di sapere chi fosse e cosa diavolo stesse succedendo era troppo grande; aveva bisogno di risposte perché i suoi sensi si stavano risvegliando e aveva paura che quella creatura – la kanima dentro di lei – uscisse nuovamente fuori e iniziasse a farle uccidere qualcuno.
“Sono il vostro Alfa. E tutti voi mi appartenete.”
Tutto in lui trasudava potere e sicurezza. L’azzurro dei suoi occhi brillava illuminato dal chiarore della luna di una scintilla di pazzia. Quello che gli aveva rivolto era decisamente un ordine e quando si era voltato e aveva ripreso a camminare, tutti loro non avevano potuto fare a meno che seguirlo. Le sembrava impossibile il solo pensiero di seguire un completo estraneo alla cieca, ma qualcosa le diceva che lui era l’unica persona in grado di guidarli fuori dall’oscurità.


E così aveva fatto. Theo Raeken – così aveva detto di chiamarsi – li aveva condotti fuori dal bosco fino al suo limitare dove era parcheggiato un grande SUV. E nel frattempo dalla sua bocca erano uscite confessioni sui Dread Doctors, sull’accordo che avevano, sul branco di Scott Mccall e su tutti loro – nient’altro che esperimenti –e il branco che sarebbero diventati. Un intero branco di chimere. Una chimera in parte kanima, una chimera in parte werecoyote, un’altro parte camaleonte, un’altra werewolf e un altro che poteva controllare l’elettricità.
Erano un gruppo di freaks, erano dei mostri e alcuni di loro erano persino degli assassini. Come lei.
Tracy si sentiva sopraffatta dagli eventi. C’erano troppe novità. A quanto pare un segugio dell’inferno l’aveva riportata in vita e adesso era a pieno effetto una chimera. Sembrava un riassunto fin troppo logico contro l’assurdità che era tutta quella situazione.
“Bene. Per questa notte potete andare a riposarvi. Mi farò vivo io domattina.”
Le parole di Theo, il suo Alpha – era una parola che nonostante non avesse ancora un significato per lei, le suscitava una strana reazione alla bocca dello stomaco e un brivido lungo la schiena – l’avevano riportata alla realtà in tutta la loro gelida bruschezza.
La prima a riprendersi era stata Hayden che, dopo aver lanciato uno sguardo duro alla loro guida in questo nuovo e spaventoso mondo, se n’era andata senza neanche una parola. Lei doveva essere stata l’ultima di loro a morire. Sembrava ancora così viva, così poco scossa dagli eventi e frettolosa di tornare a casa. Probabilmente da sua sorella.
“E dove dovremo andare esattamente a riposarci? A casa dove i nostri genitori ci pensano morti?”
Il tono era indignato e pieno di rabbia e lo sconosciuto ragazzo, un tale Josh Diaz, emanava un odore che Tracy poteva identificare solo come odio. Travolgente e scottante odio. Anche Theo doveva averlo sentito perché si era avvicinato al ragazzo con fare sicuro e sguardo gelante e aveva parlato con astio.
“Io sono il tuo Alpha e tu mi rispetterai. Ti ho ucciso una volta e nonostante tu ora sia nel mio branco, niente mi impedisce di farlo di nuovo. Ricordatelo.”
I suoi occhi avevano brillato di rosso per una frazione di secondo e Josh aveva abbassato la testa, sottomesso. Tracy si sentiva quasi in colpa per lui e Corey, il ragazzino timido e insicuro che aveva condiviso qualche classe con lei durante il loro primo anno. Un tempo che ormai sembrava appartenere all’antichità.
“Potete stare a casa mia. Nessuno vi verrà a cercare lì.”
Gli sguardi che i due le avevano rivolto erano di pura gratitudine e non c’era stato bisogno di ulteriori parole. I quattro si erano avviati alla macchina di Theo e, sotto le sue indicazioni, l’Alpha li aveva condotti a quella che un tempo era casa Stewart e ora era soltanto un promemoria di morte. Morte che lei stessa aveva causato.
“Le chiavi sono dentro il vaso sul portico. Sono sicura che troverete da soli tutto quello che vi serve.”
Non si era presa neanche un secondo per osservare la casa e aveva continuato a guardare davanti a sé, la voce fredda e distaccata. Tutti se ne erano accorti, soprattutto Corey che le aveva posato una mano sulla spalla per catturare la sua attenzione.
“Tu non vieni con noi Tracey?”
Voltandosi aveva abbozzato un sorriso per l’ingenuità che quel ragazzino riusciva ad avere. Lui era ancora puro. Tra tutti loro non aveva mai dovuto combattere, non aveva mai ucciso. E lei sarebbe stata dannata se non avesse fatto il possibile per preservare quell’ingenuità.
“No, Corey. Io non metterò più piede in quella casa. Non posso.”
Il ragazzo le aveva sorriso e lui e Josh si erano affrettati a scendere dalla macchina, lasciando soli lei e Theo.
“Dove pensi di andare se non vuoi stare a casa tua?”
Il suo non sembrava un ordine, eppure qualcosa in lei la obbligava a rispondere con onestà.
“Non ne ho idea. So solo che non posso entrare lì.”
Theo aveva annuito e la sua unica risposta era stato il rombo del motore della macchina che tornava a vivere e li trasportava via da quell’abitazione dall’aria così normale, ma testimone di atrocità a cui non poteva fare a meno di pensare. I ricordi continuavano a ripetersi con una tale accuratezza da sembrare uno dei suoi incubi causati dalla parasomnia. Così vividi da farle perdere il contatto con il mondo esterno, tanto concreti e tangibili da impedirle di comprendere la distinzione tra realtà e sogno. Talmente realistici da farla impazzire.
Si era resa conto che la macchina era ormai ferma solo quando una mano si era posata sulla sua, abbandonata su una coscia. I suoi occhi di scatto si erano distanziati da immagini di sangue e carne dilaniata e si erano scontrati con l’azzurro più limpido e cristallino che avesse mai visto. Provava un senso di pace nel guardare gli occhi di Theo e ciò che la faceva fremere era non sapere se il senso di calma fosse causato dal fatto che fosse il suo Alpha, o da lui e dai suoi occhi chiari come il cielo più sereno.
“Forza, puoi restare qui stanotte.”
Aveva distolto lo sguardo dal suo per guardarsi attorno: era di fronte a una casa dall’aria così americana che non era riuscita a trattenere una risata. La prima che ricordasse da quando tutto quell’inferno era piombato nella sua vita. E tutto per la banalità di sapere che un Alpha viveva in una normalissima casa nella periferia di una città.
“Tu vivi qui?”
Theo aveva alzato un sopracciglio e, sorridendole, era sceso dalla macchina invitandola a fare lo stesso.
“Pensavi che vivessi in una tana segreta? I miei genitori se ne sono andati e io non ho bisogno di nascondermi da nessuno.”
Tracey aveva annuito e l’aveva seguito lungo il vialetto ben curato e i gradini del portico, finché non si era trovata in un soggiorno accogliente illuminato da una tenue luce dai toni caldi.
“Se vuoi farti una doccia ci sono degli asciugamani puliti nel bagno al piano di sopra. La seconda porta sulla destra. Ti porterò dei vestiti che dovrebbero starti.”
Aveva notato un certo imbarazzo nel suo tono di voce ma aveva deciso di lasciar correre perché aveva bisogno di recuperare un po’ di calma e tranquillità. Doveva lavare via la sporcizia, l’odore del  metallo dalla sua bocca, sciogliere i nodi nei suoi capelli, cercare di dimenticare gli orrori che la sua mente aveva subito nelle settimane passate. Una doccia avrebbe aiutato solo parzialmente, ma si sarebbe accontentata per il momento.
“Grazie.”
Aveva cercato di produrre quello che sperava essere un sorriso più che convincente e si era avviata su per le scale, senza guardare indietro.
 



Theo poteva sentirla piangere. Odiava le sue abilità quando lo costringevano a provare empatia. Lui aveva desiderato essere una chimera sin da quando aveva ricordi, non era stato un caso che lo fosse diventato. Voleva il potere e aveva trovato il modo per ottenerlo. Ma Tracey e Hayden e Corey e Josh erano stati solo delle pedine nel suo piano di ottenere un branco tutto suo. Almeno loro erano sopravvissuti, erano stati più fortunati di altri. Simboleggiava che almeno in parte erano forti, anche se troppo umani a giudicare dalla ragazza che piangeva disperata nel suo bagno.
Ma lui avrebbe cambiato le cose, gli avrebbe insegnato ad apprezzare le loro abilità, gli avrebbe dimostrato quanto fosse inutile avere empatia e quelle emozioni così ridicolamente umane sempre in mostra, come fosse più apprezzabile la forza e il fascino del potere. Gliel’avrebbe provato e solo allora avrebbe avuto un suo branco. Una famiglia vera.
Aveva sentito l’acqua smettere di scorrere, così ne aveva approfittato per prenderle un paio di pantaloncini e una maglietta e aveva bussato alla porta del bagno.
“Tracey, ti ho portato dei vestiti. Posso entrare?”
Aveva udito un flebile “sì” ed era entrato trovandosi davanti la giovane ragazza avvolta in uno dei suoi asciugamani blu che le copriva a malapena le cosce; aveva i capelli ancora gocciolanti e gli occhi rossi e gonfi nonostante il chiaro tentativo di non fargli notare che stesse piangendo. Sembrava così spaurita e devastata, ma almeno non aveva più quell’odore di morte impresso e sembrava essere tornata alla normalità. Almeno in apparenza, ma a volte bastava solo quella.
Le aveva messo i vestiti sul bancone del lavandino e le sue labbra si erano incurvate in un sorriso di muto ringraziamento. I suoi occhi inevitabilmente erano stati catturati dal percorso di una goccia d’acqua che scendeva lenta e sinuosa dal collo lungo di Tracey, fino all’incavo dei seni, per sparire sotto la soffice spugna dell’asciugamano.
Aveva distolto lo sguardo velocemente; non aveva bisogno di perdersi in certi pensieri, non ora e tantomeno non per una sua beta.
“Ti aspetto di sotto. Vuoi una cioccolata?”
Il viso di Tracey si era illuminato in un sorriso tutto denti e per la prima volta aveva visto la ragazza, l’umana e non la potenziale chimera, non la donna da sfruttare, ma la ragazzina che non riusciva a smettere di sorridere per una cioccolata.
“Volentieri, grazie.”
Nelle sue parole riverberava solo gratitudine e sincerità, non c’era sottomissione, non c’era nulla che stesse cercando di ottenere da lui. Era solo una ragazza che ringraziava un ragazzo. Un nodo gli si era formato in gola e si era affrettato a  chiudersi la porta alle spalle, incapace di restare un secondo di più in quella stanza.
 

Quando lei era scesa nuovamente due tazze di cioccolata fumante attendevano di essere bevute sul bancone della cucina e Theo non riusciva a non guardare come i suoi vestiti sul corpo longilineo di Tracey sarebbero dovuti essere ridicoli, non sexy. Aveva distolto lo sguardo, di nuovo.
“Marshmallow?”
Lei aveva annuito e si era seduta sullo sgabello affianco al suo, aspettando che la servisse. I due avevano appena preso un paio di sorsi quando quello che sembrava un silenzio piacevole era stato interrotto da Tracey che sembrava stesse scrutando le pareti dell’asettica cucina in cerca di qualche segno, probabilmente un indizio che potesse darle informazioni su di lui.
“Tu non hai una famiglia?”
“No.”
La risposta era stata fredda e immediata perché non aveva la benché minima intenzione di pensare ai suoi idioti di genitori che non riuscivano a capirlo minimamente ed erano talmente spaventati da lui da scappare alla minima occasione che avevano, oppure a sua sorella. No, non poteva pensarci. Ma a quanto sembrava il suo essere così laconico non aveva spaventato Tracey, anzi sembrava che lei si sentisse più a suo agio con lui. Aveva sorseggiato ancora la sua cioccolata e l’aveva guardato attraverso la tazza fumante con i suoi grandi occhi marroni.
“Già, neanche io. Non da quando ho ucciso mio padre.”
Sembrava rammaricata per ciò che era accaduto e in fondo come poteva non esserlo? Non tutti erano come lui, non tutti riuscivano a sacrificare un familiare per un bene superiore. Così aveva fatto l’unica cosa sensata che una normale persona avrebbe fatto in quel momento e aveva sorriso nella maniera più umana che gli riusciva possibile. Con una mano le aveva gentilmente massaggiato una spalla, sperando che sarebbe stato sufficiente a rassicurarla.
“Imparerai a dimenticare, Tracey. Vedrai.”
Se per un momento sembrava che i suoi gesti fossero stati apprezzati con un sorriso gentile, le sue parole false avevano fatto breccia dentro la ragazza di fronte a lui. Gli occhi le avevano scintillato e un lampo giallo li aveva illuminati, prima di tornare ad essere del loro normale colore.
“Tu l’hai fatto?”
Le sue parole erano fredde, poteva sentire la durezza nel suo tono. Tracey sembrava volerlo ferire, era arrabbiata e se aveva intuito qualcosa di lei era che non le piaceva essere trattata con condiscendenza. Così aveva ritirato la mano e aveva compreso che se voleva che restasse nel suo gruppo, che fosse fedele a lui e lui soltanto avrebbe dovuto avere almeno la decenza di degnarla della verità.
“No.” Ed era vero, non aveva mai dimenticato come aveva lasciato morire sua sorella e come aveva permesso ai Dread Doctors di impiantargli il suo cuore nel petto. Ma voleva il potere che a sua sorella era spettato e non avrebbe mai sfruttato. Così l’aveva preso lui, come tutto nella sua vita. Aveva capito che nessuno si sarebbe mai scomodato per fare qualcosa per lui e che se voleva ottenere qualcosa ci avrebbe dovuto pensare da solo.
Tracey aveva annuito e sembrava aver apprezzato che almeno non avesse mentito.
“Dovremmo andare a dormire, domani ci aspetta una lunga giornata.”
La ragazza non aveva replicato e aveva lasciato che sistemasse le tazze nel lavandino e l’aveva seguito su per le scale finché non si era fermato davanti la stanza dei suoi genitori che le avrebbe ceduto per la notte. Le aveva aperto la porta e l’aveva invitata ad entrare e si era voltato, pronto per andare anche lui a dormire, quando l’aveva sentita schiarirsi la gola.
Lei era appoggiata contro lo stipite della porta con le mani e, prima di parlare, aveva tirato il labbro inferiore tra i denti, chiaramente indecisa sul come esprimersi meglio.
“Theo, aspetta. Io volevo solo…grazie.”
Era ancora troppo preso dalle sue labbra rosee, adesso leggermente inumidite dalla saliva per registrare completamente ciò che le aveva detto. Gli ci erano voluti un paio di secondi per riscuotersi, lo sguardo perso e la fronte aggrottata.
“Per cosa?”
Lei aveva sorriso abbassando lo sguardo, le lunghe ciglia a creare delle ombre sul viso olivastro.
“Per aver reso possibile questa mia trasformazione.”
Questa era sicuramente la cosa più assurda che le aveva mai sentito dire e non aveva nascosto la sorpresa dal suo volto, ridendo.
“La trasformazione che ti ha fatto uccidere tutte le persone alle quali volevi bene?”
Il volto di Tracey era stato attraversato da un’ombra, ma lei l’aveva scacciata scuotendo la testa e l’aveva fissato con il suo sguardo penetrante.
“Mi ha anche liberata dalla parasomnia. È l’unico aspetto positivo che riesco a trovare al momento e sto cercando di farmelo bastare per poter accettare questa condizione.”
Le sue parole l’avevano colpito e non era riuscito a trattenersi. L’aveva avvicinata a sé posandole entrambe le mani sul collo – per una volta non stringendo, o dilaniando carne – e con quello che probabilmente era uno sguardo da folle aveva provato a manifestare ciò che stava provando.
“Ti renderà libera Tracey. Scoprirai quanto sei più forte e le cose che puoi fare e imparerai ad amarlo. Essere una chimera sarà la cosa migliore che ti sarà mai capitata. Non dovrai più soffrire, niente e nessuno potranno ferirti. Fidati di me.”
Voleva che lei lo facesse. Ne aveva quasi bisogno. Era la prima persona che stesse almeno provando ad apprezzare il regalo che aveva fatto loro, nonostante fosse difficile. Quindi era necessario che lei capisse e qualcosa dentro di lui lo spingeva a desiderare che lei non si fidasse di lui perché glielo ordinava, che non lo seguisse perché doveva, ma perché voleva.
“Lo sto già facendo.”
La sua mano sul suo avambraccio era calda e morbida e il suo profumo di muschio – il suo bagnoschiuma – lo stava avvolgendo più di quanto avrebbe ritenuto possibile. Era bravo a controllare le sue emozioni, ma Tracey – il suo odore, il suo corpo vivo e caldo – lo stava coinvolgendo troppo.
Così aveva fatto un passo indietro e le aveva sorriso augurandole buonanotte. Aveva aspettato che lei si ritirasse nella stanza e solo quando si era chiusa la porta alle spalle si era concesso di respirare nuovamente.
Ma, da solo nella sua stanza, al buio e sotto il conforto offerto dalle coperte aveva ascoltato il ritmo calmo e regolare del suo cuore solo a pochi metri da lui. L’aveva ascoltato e aveva lasciato che lo cullasse in uno dei sonni più tranquilli che avesse avuto in anni.
Era un Alpha adesso. Aveva un suo branco. Non era più solo. E, forse, non avrebbe avuto solo dei beta da ordinare, ma qualcuno che volesse seguirlo davvero. 




Angolo autrice:
Salve a tutti! Questa è la mia prima volta nel fandom di TW nonostante ami il telefilm e ho deciso di iniziare a postare proprio su Theo e Tracey, una "coppia" sicuramente molto particolare che neanche ero intenzionata a shippare, ma c'è qualcosa in Cody Christian che me lo fa amare insieme a tutte le ragazze del cast *cof cof* MALIA *cof cof* Hayden *cof cof* 
Maaa non voglio dilungarmi troppo, spero che la storia vi sia piaciuta; le opinioni sono sempre ben accette e potete trovarmi sui link qui sotto per qualsiasi cosa. 

Profilo FB  -  Pagina autrice FB  -  Profilo EFP 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Alex96_