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Autore: Laurie    10/01/2016    0 recensioni
Andarono verso Vinland.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eric Northman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eiríks Saga
 
 
Cattle die and kinsmen die, 
thyself too soon must die, 
but one thing never, I ween, will die, 
fair fame of one who has earned.

 
Håvåmal – Il discorso dell’Eccelso, Edda Poetica
 
 
1. Terra incantata è quella che racconto.
 
Andarono verso Vinland. Verso la terra verde dove cresce il grano. Verso le foreste immense di abeti. Verso i pascoli immutabili dove si inseguono i bisonti, le renne, le pecore e le capre.
A Vinland, cantano. Le case fumano nell’odore del cibo. La birra scorre in torrenti. Le donne sono formose e disponibili.
A Vinland, sognano, si mangia, si beve abbondantemente e si scopano le più belle donne di Midgard.
A Vinland, si combatte.
Ancora non ci pensano ancora, gli esploratori avvolti nelle loro pellicce impregnate di salsedine che in quella mattina di inizio primavera sono chini sui remi.
La barca vola sulle loro canzoni da immigrati che cadenzano lo sforzo degli uomini. Non si vede ancora terra ma presto la vedetta sulla prua, intagliata nella forma di un drago rapace, vedrà le verdi colline di Vinland.
 
***
 
Vinland non era come se lo aspettavano i guerrieri sbarcati sulle sue coste. Non lo era mai. Il tempo era mite, ma in inverno sarebbe stato freddo. C’era abbondanza di alberi ma il terreno non erano ancora pronto per le colture. C’erano animali da cacciare, ma di altri uomini neppure l’ombra. Molti uomini erano delusi. Lo restarono per poco.
Il guerriero che li guidava li mise subito al lavoro: costruire la capanne per ripararsi, procurarsi il cibo, esplorare l’entroterra. Darsi da fare per non dimenticare quante miglia di mare li separavano dalla loro piazzaforte, su nella terra verde circondata dai ghiacci.
Gli uomini chiamavano il loro capo Eric Elmospezzato, per distinguerlo da Eric il Rosso, che per primo aveva posato la chiglia del suo drakkar su spiagge mai esplorate dall’uomo. E il loro capo gli uomini lo seguivano: era giovane ma aveva delle idee chiare dietro quel suo volto imperscrutabile. Era feroce e audace.
Così quando un esploratore tornò con la notizia di un accampamento di uomini a meno di una giornata di cammino dalle loro capanne, Eric non ebbe dubbi sul da farsi. Erano nel mezzo dell’estate: gli uomini avevano scopato abbastanza le loro donne, cacciato ciò che era cacciabile tra quei boschi, scolato quasi tutta la loro riserva di birra.
Avevano bisogno di combattere.
Eric li guidò. A massacrare e a depredare.
 
***
 
Dopo.
Nel fango e nel suo proprio sangue Eric aveva giusto la forza di maledire quegli stronzi di dèi che non lo avevano lasciato morire in battaglia.
Niente ricompensa di un Valhalla glorioso.
Si era ghiacciato il culo e spellato le mano tutta la vita per essere sbranato dal primo animale affamato che passasse.
Non fu però un animale a trovarlo per primo.
L’uomo Che Camminava nell’Ombra, per puro istinto, capì che il guerriero moribondo era un’opportunità.
Eric non si fece tante domande quando, finito di cibarsi con il suo sangue, l’uomo gli porse il proprio polso.
Bevve, bevve avidamente, il guerriero vichingo. Come se fosse ambrosia.
 
***
 
L’Uomo Che Camminava nell’Ombra non aveva un nome. Aveva dei tatuaggi. Erano un ricordo di quand’era qualcosa di diverso dall’orrore dai denti sporchi di sangue. Eppure lo rendevano, se possibile, ancora più bestiale.
Si cibava di corpi ancora caldi. Cacciava alla luce della luna. Presso un’antica quercia consacrò il cuore pulsante di un uomo. Disse che era un antico rito presso la sua gente, quando i sacerdoti sceglievano un uomo, lo drogavano e gli aprivano il torace per tirare fuori i suoi visceri.
Sangue per pregare il ritorno del sole.
Sangue per prolungare la vita della stirpe della luna, pensò Eric.
Ma Eric non pensava spesso e l’Uomo Che Camminava nell’Ombra parlava ancora meno.
 
***
 
Fu un lampo, come quello che illuminava la notte. Eric era sempre attratto dalla luce, dal calore degli umani, dalla tenera carne delle donne. Non riusciva a stare lontano da loro anche se l’Uomo Che Camminava nell’Ombra desiderava tutto il contrario.
Non sempre, non spesso, ma Eric ricordava le pantomime di un essere umano. Quando succedeva sceglieva le più rumorose taverne o i più sordidi tuguri e quando aveva finito e la scia di sangue era un altro pasto che batteva nelle sue vene lasciava dietro di sé le storie di un’ombra che parlava con una lingua dimenticata.
Quella notte vide un lampo nell’occhio opaco che moriva sotto di lui, l’immagine di un guerriero del suo villaggio, uomo libero votato alla fedeltà al suo jarl. Ci vollero tanti battiti del cuore umano che zampillava sprecato tra le sue mani prima di capire che quel guerriero era lui stesso.
 
***

L’Uomo Che Camminava nell’Ombra capì subito che qualcosa era cambiato.
La sua progenie si avvicinò, portava sangue fresco sulle sue labbra che lasciarono un traccia scura sulle sue mani bianche quando gliele baciò.
“Il tuo nome sarà Godric, padre.”
“Quelli che vagano nelle tenebre non hanno bisogno di un nome.”
“Ti sbagli,” rispose con un sorriso feroce. “Le creature libere hanno sempre un nome.”
 
2. Le bella dama senza pietà.

Godric lo metteva spesso in guardia.
“Tu vuoi tutto, figlio mio. Prosciugheresti il cuore del mondo e non ti sazierebbe.”
L’unica risposta di Eric era un sorriso prima di baciarlo.
Lo amava perché aveva l’intensità di un sacerdote a cui gli dei avevano sussurrato il futuro e la crudeltà selvaggia di un lupo.
Sarò per te tuo padre, tuo fratello, tuo figlio.
La sua promessa aveva risuonato in tutte le notti che avevano trascorso assieme, ma a Eric non sarebbe bastato mai.
Aveva conquistato la terra dell’eterna morte, solo per poter esplorare la vita.
“Temo per te. Temo che ti annoierai, un giorno, e andrai a sfidare la vera morte.”
E Godric si sarebbe mai stancato?
Eric non lo credeva possibile. Lo aveva guidato lungo le vie oscure nutrite del sangue, consapevole di quanto profondo fosse il divario che lo allontanava dall’essere umano.
***


Londra stava crescendo con fierezza quando vi giunsero, nell’epoca frivola che era seguita all’unificazione dei tormentati territori inglesi nella pace. Eric aveva speso senza imbarazzo il suo denaro per presentarsi con ogni ricchezza nella capitale. Con cura aveva scelto il travestimento per sé e per Godric, e con cura lo acconciava ogni sera per nascondere il suo aspetto da figlio della foresta.
Godric non sarebbe mai stato un cacciatore come il suo prediletto.
Mancava della capacità di mimesi.
Eric non gli disse mai quanto si era avvicinato alle confidenza del re, del resto Godric non aveva mai accennato alla cosa.
Per Godric i re erano carne e sangue come tutti gli altri.
Uomini in trappola non meno degli altri.
***
 
“Ti ho mai chiesto nulla?”
“Mai.”
“Accetterai?”
Era dell’ardore di Eric che si era innamorato e di quell’ardore ora pagava i conti. Troppo simile a lui, il suo prediletto: aveva trovato nella sua strada il suo stesso bivio.
“Ti piacerebbe moltissimo, Godric.”
Sì, gli stava già piacendo.
Piccola bambina con il volto di donna, Nora agonizzava senza battere ciglio, la morte nelle vene e due sconosciuti che discutevano sul suo destino accanto a lei.
“Ti chiederò questo, Eric. Perché non tu? Puoi renderla tua progenie, se vuoi.”
“Io non sarò mai te.”
“Questo è vero. Non lo sei, e non lo sarai in futuro. Tu sei un guerriero, ancora ora, e vivi per i piaceri più semplici che può offrirti questa vita.”
Girò attorno a Eric mentre girava attorno con le parole.
“Di cosa hai paura?”
Godric lo afferrò per i capelli, la carezza del predatore di sangue.
“Tu chiami questa paura. Non conosci altro? Dunque ho fallito perché in tutte queste notti assieme non hai imparato ad apprezzare l’attesa.”
“Non è vero, so essere paziente.”
Il creatore fece scattare le sue zanne, deridendolo.
“Non quando c’è di mezzo una donna.”
Lo lasciò andare con un tenue carezza.
Era parco di affetto, Godic, come di tante altre cose. Ma non mancava mai di intensità, quanto Eric non difettava di audacia.
“Temo per te, figlio mio. Sarà una donna a trascinarti nella rovina.”
Eric avrebbe riso, se l’odore della morte non stesse avvolgendo nel suo sudario la giovane Nora.
“Tu.”
Tremante, il dito della ragazza indicò lui, poi Godric.
“Gradirei fossi avvertita delle decisioni che prendete sulla mia persona, anche se sono una donna.”
Godric la denudò con lo sguardo.
“Ti voglio donare la vita eterna.”
“A quale prezzo?” fu la sferzante risposta.
“Il più alto che possa esserci.”
Nora scosse la testa.
“Non sono una donna che si piega facilmente.”
“Dopo che ti avrò dato il mio dono non dovrai piegarti, se non lo vorrai.”
Mentiva, ma Nora lo scoprì solo dopo.
Mentiva, perché l’immortalità cambia tanto nell’uomo, tutto tranne i suoi appetiti.
Mentiva, ma come Eric scoprì, Nora lo prese in parola.
 
3. Il sogno americano, a zanne.
 
America, la più grande nazione al mondo.
America, polvere e praterie che confinavano col sole.
America, la frontiera dove tutto era possibile.
Sì, un vampiro non avrebbe potuto resistere a quel canto da sirena.
Salparono furtivi, in una nave oscura.
Puzzava di morte, la nave, ed era il migliore vascello che avrebbero mai potuto trovare.
Nascosti tra i corpi degli schiavi, saziandosi ogni notte.
Chi badava ad un cadavere in più?
Scivolarono nella notte a riva, dopo un viaggio che era stato un banchetto.
Si sentivano forti e invulnerabili.
Tutti e tre assieme.
Furono giorni gloriosi.
Non durarono.
Nora divenne quello che aveva sempre voluto, la donna che possedeva il potere. Non la soddisfò mai del tutto.
Eric diventò quello che poteva diventare un vecchio vichingo in un territorio così fertile. Ricco. Governò nel suo trono il suo territorio come lo jarl che aveva sognato di essere, quando era un uomo. Tutti erano deliziati e atterriti da lui.
Godric visse intensamente e morì intensamente, col sole sul viso. Aveva provato ad essere la perversione più grande in questo mondo, aveva scelto di diventare il vampiro più puro che la notte avesse mai conosciuto.
 
***


Questo accadde dopo, molto dopo.
Molti anni in cui addentarono le gole dell’America e succhiarono fino al midollo tutto quello che aveva da offrire.
Fu rapido separarsi.
Nora aveva gustato il potere e ne voleva sempre un po’ di più. Non lo faceva per sé, si diceva, ma le piaceva lo stesso, forse ancora di più.
E Godric… un giorno Eric non lo trovò più accanto a sé ma sapeva sempre ritrovarlo, nel fondo dei suoi pensieri.
Era solitario, come all’inizio.
A posteriori, molto molto tempo dopo Eric si chiese se l’inizio della crisi di Godric non avvenne in quei giorni, quando giravano per un continente ancora deserto.
Eric non era un uomo che viveva nel passato. Il tempo scorreva inesorabilmente in avanti e in un certo senso non scorreva neppure più, attorno a lui, un’isola nel mezzo della mareggiata.
Aveva sempre adorato le cose umane: amare, combattere, consumare. C’era tutto questo in America, nuovi modi in cui l’umanità evolveva la sua capacità di bruciare rapidamente e completamente la propria vita.
Accadde poi Pam.
Non fu preventivato.
Pam era quella scintilla che accade solo poche volte nella vita di un uomo fortunato.
Pam era molto al di là di ogni umano che lo aveva circondato negli ultimi secoli. Non si curava di avere dei vampiri sotto il suo tetto finché non nuocevano ai suoi affari: era acuta e pratica come un coltello.
Pam sarebbe morta per stare con lui. Quella donna pratica, fredda, calcolatrice. All’improvviso il peso di tutta le conseguenze di ciò che era stato lo schiacciarono, e non c’era Godric a salvarlo.
Avrebbe dovuto scegliere.
Furono gli anni d’oro, quelli che seguirono, il secolo migliore dalla sua morte.


4. Ciò che è immortale morirà per sempre.
 
Pam piange lacrime di sangue, le rovinano la perfezione di un volto che non conosce sconfitte né rimpianti.
“Tornare in America, dici? Sai almeno cos’è l’America? Non la chiamavo così, quando ero giovane. Per me era una terra verde, di vino e belle donne e pensavamo tutti di averla trovata ma sai cosa… ho scoperto solo molto tempo dopo che era la Francia.”
Eric ride, guardandola soffrire in silenzio.
“Perché mi stai dicendo questo?”
“Perché è vero. Mi piace stare qui.” La sua mano cade nel suo grembo, un gesto che in altri tempi avrebbe suscitato desiderio, prima che rimanesse solo stanchezza. “Ho conquistato il diritto di stare dove voglio.”
“Hai deciso di morire.”
Pam non supplica. Per quanto il suo creatore sia di umore malinconico, per quanto il dolore sia quello di un stiletto d’argento che rigira nel suo cuore, lo guarda senza un briciolo di perdono.
Meravigliosa Pamela, la più bella di tutte le sue compagne.
“Sai, Pam, mi sono ricordato di una cosa. La sussurravano davanti al fuoco della pira, durante i funerali. L’uomo morto vede davanti a sé i suoi cari, quelli che hanno percorso il sentiero prima di lui. Vede i volti di sua madre e di suo padre, dei suoi fratelli, delle sue sorelle. Il viso della moglie, dei figli che gli ha dato. Quella dei compagni che hanno combattuto al suo fianco. Il viso di Godric nei suoi ultimi istanti di vita, quello è il più chiaro di tutti. Nora. Mancavi solo tu, Pamela, ma tu sei mia erede e mi sopravviverai. Non temo il momento della mia morte.”
Questa volta, per davvero.
“Ne ho abbastanza di queste stronzate.”
I tacchi di Pam risuonano sul pavimento con lo stessa veemenza della sue parole: “Guardati, Eric. Sdraiato su questo divano a blaterare sciocchezze sentimentali. Vuoi un’antica tradizione vichinga? Prendi le armi e muori combattendo come ti sei sempre vantato di aver fatto.”
Pratica come sempre.
Pam tira fuori una salvietta e tolse le tracce secche di sangue che le hanno rovinato il suo trucco. Ignora  il suo creatore fino a quando lui non le risponde.
“Che cosa mi offri?”
“Un nome.”
Eric rimane in silenzio, antichi istinti che si risvegliano nel suo corpo dilaniato dal virus mortale.
 
***


Così disse il saggio Odino, che diede un occhio, appeso sull’Albero, per possedere tutta la conoscenza di questo mondo.
Taglia il legno nei giorni di vento, prendi il mare nella stagione calda, al calar della notte sussurra ai tuoi amici: molteplici sono gli occhi del mondo.
Ricorda di chiedere ad una nave la velocità nel solcare le onde, ad una scudo la protezione in battaglia, ad una spada un buon taglio per uccidere i tuoi nemici, ad una ragazza solo i baci.
Vola veloce la tua drakkar.
Alla ricerca di Vinland nessun sacrificio è mai vano.
La troverai, e morrai solo per lei.
***

Note dell'autore.
Fuori tempo massimo una storia per ricordare quanto era bello questo show nelle prime stagioni. Che poi Eric non è mi è mai piaciuto troppo, ma l'Eric della prima stagione sulla sua sedia da vichingo metallaro meritava. 
Scusate se mi è sfuggito qualche errore in fase di correzione.
  
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