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Autore: _eco    10/01/2016    7 recensioni
[Future!fic] [Canon Stydia]
- Ora ti dirò una cosa. E tu tienila bene a mente, Stiles Stilinski, perché non so quando ti capiterà di nuovo di sentirla. Mi sono spiegata? -
Stiles annuisce, confuso.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non volevo pubblicare questa storia all'inizio, perché la sentivo come troppo personale. Ma mi hanno convinta, quindi spero vi piaccia. 

Did you say it?
"I love you. I don't ever want to live without you. You changed my life.' Did you say it? Make a plan. Set a goal. Work toward it, but every now and then, look around; Drink it in 'cause this is it. It might all be gone tomorrow."
- Grey's anatomy.
Ti amo. 
Lydia può contare sulle dita di una mano le volte in cui i suoi genitori l'hanno detto davanti a lei - ed è anche piuttosto sicura che lo facessero solo in quelle occasioni, giusto per non farle balenare in testa l'ipotesi che fossero sempre sulla strada del divorzio. 
La nonna glielo ripeteva spesso, prima di impazzire. La mamma preferiva dimostrarle il suo affetto intrecciandole i capelli, baciandole la fronte, preparando il suo dolce preferito il giorno del suo compleanno. A Lydia questo bastava. 
Papà non parlava spesso. C'era una stanza in casa Martin - c'è ancora, solo che nessuno ci entra da anni - in cui suo padre trascorreva gran parte della serata, quando tornava da lavoro. Lydia ricorda di esserci entrata quattro o cinque volte, non di più. Le sembrava una speciale concessione da parte di suo padre, sempre così restio a renderla partecipe delle sue attività lavorative, certo che Lydia non avrebbe compreso la complessità di calcoli e percentuali. Ma non era cattivo, no. Lydia non crede di poterlo definire tale, così come ritiene ingiusto definirlo un buon padre. A volte si arrabbiava con mamma per motivi che Lydia non era sicura di afferrare, al tempo. A volte era spaventosamente tranquillo, si limitava a scompigliarle i capelli come lo Sceriffo faceva con quello scapestrato di suo figlio. A Lydia dava un fastidio enorme, perché lei non era un maschio, e queste cose le fanno i padri con i figli, non con le figlie. Adesso, Lydia pensa di capire di più quell'uomo che, quasi per caso, si è ritrovato a essere suo padre. Capisce che le voleva - le vuole - bene, in un modo tutto suo. E no, non amava la mamma, di questo ne è certa. Non c'era amore nel modo in cui si guardavano, non c'era complicità; e più Lydia cresceva, più se ne rendeva conto. Osservava i sorrisi che i genitori dei suoi compagni si rivolgevano, durante gli incontri con gli insegnanti, il disgusto ostentato nei volti dei suoi coetanei quando questi si baciavano davanti a loro, come per dispetto. Nella sua famiglia non c'era niente di tutto questo. I suoi genitori erano colleghi, collaboratori che cercavano di crescerla alla meno peggio. Tutto qua. 

Forse è per questo che ha scambiato gli sguardi di Jackson per amore. Forse lo era davvero. A volte Lydia ci pensa, ma non con rancore o nostalgia; come si fa con un ricordo lontano, così distante che quasi sembra non aver fatto parte della tua vita. Osserva la Lydia di tre anni prima da una prospettiva diversa, che non sa se definire più matura. Semplicemente diversa. Jackson era senza dubbio uno dei ragazzi più avvenenti del liceo, con i suoi grandi occhi azzurri, i capelli intrisi di gel e le spalle larghe per via del lacrosse. Quando l'abbracciava, Lydia quasi spariva, il viso premuto contro il suo petto muscoloso. Stava attenta a non sporcargli la maglietta di trucco, stringendosi troppo a lui. Jackson emanava un buon profumo. Se chiude gli occhi, riesce a riprodurlo con l'immaginazione. Jackson aveva quel modo di camminarle accanto, le spalle aperte, il sorriso vittorioso stampato in faccia, il braccio che le circondava la vita, che lo faceva sembrare uno di quei teenagers pompati che si vedono nelle serie TV. La faceva sentire importante. O almeno, l'idea di essere la fidanzata del ragazzo più popolare e ambito della scuola le metteva un piedistallo immaginario sotto ai piedi. Lydia si sentiva intoccabile. Forse è per questo che gliel'aveva detto, quella sera in cui Jackson aveva acconsentito a guardare "The Notebook" con lei. Ti amo. Gliel'aveva detto, perché suo padre non aveva mai accettato di vedere un film che sua madre amasse, per quel che Lydia ricordava. Jackson, invece, l'aveva fatto. E a Lydia questa era sembrata la dichiarazione d'amore più lampante del mondo. A Lydia questo era bastato. Quando Jackson era andato via, Lydia aveva promesso a se stessa che mai, mai avrebbe pronunciato quelle parole di nuovo davanti a un ragazzo.

Stiles ha sempre i capelli arruffati. A Lydia piace pensare che lo Sceriffo non abbia smesso di scompigliarglieli, come faceva quand'era un ragazzino. Probabilmente Stiles è talmente stordito, quando si sveglia al mattino, che già il fatto che si vesta decentemente è un miracolo. Stiles non ha grandi occhi azzurri. Grandi, sì. Azzurri, no. Sembrano cocci di ambra, mutevoli a seconda dalla luce, percorsi da fili d'oro liquido. Quando Stiles la guarda, è come se l'abbracciasse in silenzio. A Lydia piace pensare che sia una cosa loro, e solo loro. Nessuno saprà mai che Stiles l'ha stretta a sè con la forza di un semplice sguardo. Ha un'andatura tutta particolare, Stiles. Cammina ciondolando per i corridoii, come se si divertisse a molleggiare sulle ginocchia, le spalle non perfettamente dritte. Lydia pensa che non si sia mai abituato alla sua statura particolarmente alta, ecco perché tende a muoversi con malagrazia e inciampare in ogni superficie esistente. Ha perso il conto delle volte in cui è caduto faccia a terra per colpa del tappeto che c'è in camera sua. Sto coso è maledetto!, ha borbottato una volta, osservando con aria di sfida quell'oggetto circolare, rosa scuro e spelacchiato che detesta con ogni fribra del suo corpo. Quando camminano fianco a fianco, Stiles non le cinge la vita; a volte le prende la mano - all'inizio lasciava che fosse lei a fare il primo passo, non sapendo se l'avrebbe infastidita o meno. A Lydia piace pensare di essere libera di muoversi ed essere al contempo connessa a lui fisicamente. Le piace non essere il trofeo di qualcun'altro se non di se stessa. Lydia appartiene a se stessa, così come Stiles appartiene a se stesso, e, davvero, dopo tutto ciò che hanno passato, non c'è consolazione più grande del sapere di aver mantenuto ognuno la propria identità. Ci sono, però, quei momenti in cui sarebbe legittimo chiedersi se Stiles e Lydia non siano in realtà una cosa sola; spesso parlano all'unisono o, il che è anche più inquietante, uno inizia una frase e l'altra la completa; e quando Stiles l'abbraccia, Lydia preme la guancia contro il suo petto e chi li guarda ha l'impressione che una folata di vento potrebbe anche spazzarli via, loro rimarrebbero esattamente nella stessa posizione. Chiunque immaginerebbe che se le siano già dette, quelle due maledette paroline. In realtà, no. La loro relazione è sbocciata con naturalezza, giorno dopo giorno, senza grandi dichiarazioni. Un giorno Lydia gli ha preso la mano e l'ha stretta un po' troppo a lungo. Quello seguente Stiles si è ritrovato a osservare le labbra di lei qualche secondo più del dovuto. Qualche tempo dopo, Lydia si è accoccolata a lui e si è addormentata. Nel cuore della notte, si era svegliata di soprassalto, soffocata da qualcosa che le attanagliava lo stomaco, terrorizzata al pensiero che si trattasse delle cinghie che usavano per ancorarla al letto, a Eichen House. Le era bastato un minuto per capire che  il braccio di lui le cingeva la vita, e per quanto, in un primo momento, Lydia avesse tentato di divincolarsi dalla sua stretta, si era poi abbandonata alla dolcezza di quell'abbraccio. Lydia l'aveva capito ormai da tempo, ma in quell'istante ne aveva avuto la conferma. Stiles aveva trovato il modo di farsi amare. Pensarla in questo modo - che fosse stato Stiles l'unico responsabile di ciò - la faceva sentire meno a disagio. Realizzare di essere innamorata, di essere lei il soggetto che compiva l'azione di amare Stiles, la destabilizzava in un modo che non era sicura di saper spiegare.
Lydia fa per chiudere l'armadietto, quando Stiles le accarezza delicatamente la schiena e le sfiora i capelli con le labbra. La ragazza assottiglia le labbra in un sorriso compiaciuto, che ha un retrogusto d'imbarazzo. Tutti questi sfioramenti appena accennati, i baci in testa, le mani intrecciate. Lydia non c'è abituata, ma di certo non può dire che non ne sia deliziata. Stiles ha un modo tutto suo di metterla in imbarazzo senza davvero farla sentire a disagio. 
- Buongiorno. - lo saluta lei, mettendo in mostra le fossette agli angoli della bocca. 
- Buongiorno a te. - le risponde Stiles, simulando una sorta di inchino da giullare che la fa scoppiare a ridere.
Sembra che questo sia diventato il suo mestiere e che la paga consista semplicemente nel sentire il gorgoglio della sua risata. Stiles potrebbe ascoltare quel suono in eterno. Lydia si sporge sulle punte dei piedi e lui la incontra a metà strada. Poco prima che le loro labbra s'incontrino, Stiles, come per dispetto, la bacia sulla punta del naso. Lydia storce la bocca, fingendo di essere indispettita. 
- Ahem. - una voce familiare l'interrompe.
Scott cinge le spalle di Kira con il braccio. Kira è la classica persona che ride con gli occhi. Le si illuminano in un modo impossibile da descrivere, probabilmente solo un pittore molto bravo saprebbe riprodurre quel luccichio. 

Ormai è un rituale sul quale non si soffermano più a riflettere: i ragazzi accompagnano le ragazze a lezione di economia ogni martedì e venerdì, approfittandone così per stare qualche altro minuto in più insieme. Stiles e Lydia non si tengono per mano, oggi. Lui si limita a sfiorarle la schiena, come per guidarla per il corridoio, anche se entrambi sanno benissimo che Lydia conosce quel percorso a memoria. Quando Kira cammina accanto a Scott, sembra sempre sul punto di iniziare a saltellare. Un giorno o l'altro lo farà per davvero. Non parlano molto lungo il tragitto, che dura sì e no un minuto o due. Si beano semplicemente della presenza dell'altro, tutti e quattro. Felici del fatto esistere e coesistere, ostentando una normalità che a fatica hanno riconquistato, che continua a perdersi da qualche parte e a riaffiorare. 
- Buona lezione. - mormora Scott, rivolgendo un sorriso a Kira. 
La ragazza replica con un bacio a fior di labbra; e quel che probabilmente doveva essere un sussurro appena percettibile, è una frase perfettamente chiara. 
- Ti amo. - 
Kira non lo dice spesso. Non davanti agli altri, almeno. Non in situazioni talmente ordinarie, ma oggi l'ha detto come se fosse la cosa più naturale del mondo. La sorpresa negli occhi di Scott è evidente; probabilmente per questo motivo il ragazzo ci mette una decina di secondi a ricambiare. 
Lydia si afferra il braccio destro con la mano sinistra, come per tenersi tutta intera e farsi ancora più piccola di quanto non sia già. Stiles è insolitamente silenzioso, in piedi di fronte a lei. Soltanto quando Kira entra in classe e Scott fissa l'amico con impazienza, quest'ultimo sembra riprendere contatto con il mondo. 
- Ci vediamo dopo? - 
Stiles non sa nemmeno perché Lydia gliel'abbia chiesto. È ovvio che si vedranno dopo. Che razza di domanda.
- Certo. - le risponde con un sorriso, sporgendosi per baciarla sulle labbra. - Vedi di non far impazzire il coach. - aggiunge poi, per smorzare l'insolito imbarazzo che lo sta soffocando. 
- Non potrei fare meglio di te. - replica lei, sarcastica. 

Lydia ha sempre pensato che Stiles parli più di quanto respiri. Ragion per cui il fatto che non abbia ancora detto niente - se non "vuoi un po' d'acqua?" o "preferisci iniziare con matematica o biologia?" - la stupisce non poco. E la preoccupa anche il fatto che lei abbia risposto "biologia" e lui, come se non l'avesse sentita - il che è possibile - abbia aperto il libro di matematica. Inizia a chiedersi se qualche interrogazione non abbia fruttato il risultato sperato. Forse ha litigato con Scott. E, se è questo il caso, è davvero un miracolo che l'abbia fatta entrare in casa, visto che in quei giorni è intrattabile. A volte, Lydia e Kira hanno la sensazione di trovarsi in una strana e divertente relazione a quattro, dove loro due devono far da paciere quando i ragazzi si mettono a discutere per stupidate. Di solito è roba di poco conto, sempre qualcosa che riguardi Star Wars o "Quanto è assolutamente ingiusto che tu usi i tuoi super poteri in campo, Scott!". 
- Stiles? - 
- Uhm? - risponde lui, senza alzare lo sguardo dalla pagina di quaderno. 
Sono seduti sul letto di Stiles, la schiena contro la testiera di legno, le spalle che si sfiorano appena. 
- Stai fissando quel foglio da dieci minuti e non hai scritto niente. - constata la ragazza, azzardando un movimento di cui non conosce le conseguenze, nel momento in cui poggia la mano sul ginocchio di Stiles. - Va tutto bene? - 
- Benissimo. Tutto benissimo. - ribatte Stiles, alzando il pollice e sorridendo con un po' troppa enfasi. 
Lydia schiocca le labbra, per nulla convinta.
- Sì, tutto benissimo. - gli fa il verso, ingrossando la voce. - Cosa c'è? Hai preso un brutto voto? - improvvisa Lydia.
Stiles mugola qualcosa e scuote la testa, lo sguardo di nuovo puntato sul quaderno, che Lydia prontamente chiude e poggia sul comodino. 
- Cosa stai...? Lydia! Sto studiando! - sbotta lui.
- No, stai fissando una pagina da così tanti minuti che penso che il tuo cervello stia diventando più bianco di quel quaderno. - 
- Tecnicamente, è bianco. Sai, tutta la storia della materia grigia e bianca...? - 
- Stiles! - esclama lei, che sembra aver preso seriamente la situazione. 
- Cosa? Stavo pensando a come risolvere quella funzione, se permetti. - replica il ragazzo, sporgendosi per recuperare il quaderno e mettendoci un po' troppo tempo - di proposito, Lydia ne è certa - a ritornare alla sua posizione iniziale, rimanendo in bilico tra il comodino dall'altro lato del letto e lei.
- Se non la scrivi, risolvi ben poco. - lo rimbrotta Lydia.
- Tu salti i passaggi, io non le scrivo direttamente. - risponde Stiles, con aria di sfida. - Vediamo chi ha il quoziente intellettivo più alto. - aggiunge con una punta di cattiveria nella voce.
Lydia boccheggia, incapace di formulare una risposta adeguata, perché questa, davvero, non se l'aspettava. Di solito loro due si prendono in giro, ma in modo scherzoso, e Lydia lo trova un aspetto divertentissimo del loro rapporto, ma adesso c'era astio, quasi rancore nella voce di Stiles. Un rancore parecchio infantile, se Lydia dev'essere sincera. Le ritornano alla mente tutte le volte in cui è stata lei a rifilargli una risposta poco cortese e lui si è trattenuto dal risponderle con lo stesso tono. Stiles non è così. Dev'esserci un motivo se Stiles le si è rivolto in questo modo. Non l'ha mai fatto, se non quando hanno litigato pesantemente, una volta, e non si sono parlati per un giorno intero. 
- Okay. - dice Lydia, annuendo. 
Prima che Stiles possa fermarla, la ragazza esce dalla stanza. Il fatto che non abbia portato con sé né le scarpe né i libri lo conforta, perché significa che non è andata via. Sente i suoi passi leggeri percorrere il lungo corridoio di casa Stilinski. Lydia torna con un bicchiere di vetro pieno d'acqua sin quasi all'orlo. Con cautela, glielo porge e si siede accanto a lui e incrocia le gambe. 
- Bevi l'acqua. - gli dice. - Ti calmi. E mi dici cosa sta succedendo. - 
Stiles assottiglia gli occhi come per opporsi, ma poi butta giù l'acqua a sorsate rapide e si schiarisce la gola. Vorrebbe parlare, ma in realtà la situazione è piuttosto ridicola. Stiles sa bene di avere ancora un lato piuttosto infantile in sè, ma non credeva di arrivare a questo punto. Non ci aveva mai pensato, a quelle parole, tantomeno a quelle parole pronunciate da Lydia. O meglio, ci aveva pensato, ma erano tutte fantasie di un ragazzino parecchio speranzoso. Che cosa esattamente dovrebbe dirle? Lydia non ha alcuna colpa. Non è che le ragazze ragionano tutte allo stesso modo. E, cosa più importante, non è che loro due stiano insieme da tanto tempo come Scott e Kira. Saranno mesi. Sciocchezze, sono esattamente quattro mesi e tredici giorni. Stiles li ha contati e non crede che smetterà mai. 
- Stiles? Mi stai facendo preoccupare. - confessa Lydia, con sincerità. - È successo qualcosa a Scott? O con Scott? - 
Stiles scuote vigorosamente la testa.
- Tuo padre? Stiles, sta bene tuo padre? - 
Stiles annuisce.
- Okay! Allora cosa c'è che non va? - si spazientisce la ragazza.
- Niente, Lydia. Va tutto bene. Ho bevuto un po' d'acqua fresca, sto meglio. Grazie. Torniamo a fare matematica? - 
Lydia sbuffa pesantemente. 
- Non so quale persona con un minimo di cervello ti crederebbe. - 
Stiles solleva un angolo della bocca in un sorriso patetico. - Tu? - prova a indovinare.
- Errore. - 
- Donna di poca fede. - la rimbrotta lui. 
Eccolo che riapre il quaderno, impugna la penna e ricopia il testo della funzione con una grafia sgangherata. 
- Bugiardo. - replica lei, ormai arresasi al fatto che non faranno altro che studiare questo pomeriggio.
E probabilmente non parleranno nemmeno.
Quando Stiles è così evasivo, di solito sta cercando di tenerla all'oscuro da qualcosa che potrebbe danneggiarla. Il che è tremendamente adorabile e fastidioso al contempo. Ma, siccome Lydia è sicura - non proprio sicura, ma abbastanza certa - che non vi siano pericoli in agguato al momento, l'unica alternativa plausibile è che sia arrabbiato. Non con Scott, altrimenti gliel'avrebbe detto senza problemi. Nè con il padre. Forse con il coach, ma non sarebbe così infastidito e soprattutto non temporeggerebbe tanto per dirglielo.
Lydia inizia a pensare di essere la causa di quell'atteggiamento insofferente. 
A un certo punto, l'esercizio di matematica sul suo quaderno diventa la cosa più insignificante del mondo. E Lydia ripercorre la sua giornata, soffermandosi sui dettagli che ricorda meglio.
Rivede l'armadietto, il libro di economia, quell'inchino da clown che Stiles le riserva per farla ridere, il bacio sul naso, Kira che con la sua allegria sembra uscita da un libro di favole, il corridoio gremito di studenti, la porta dell'aula. Kira che bacia Scott. Stiles che le accarezza la spalla. Kira che parla. Stiles che guarda in basso e si ammutolisce.
Kira che parla.
- Chi è che fissa una pagina bianca da minuti senza scrivere niente, ora? - la punzecchia Stiles. 
Lydia fa per aprir bocca, mentre nella sua testa si affollano ancora le immagini della mattinata da poco trascorsa, di Jackson che la abbraccia, di Jackson che va via, della nonna che le bacia la fronte e le sussurra "ti voglio bene" nell'orecchio, della mamma che le intreccia i capelli con cautela, di Lydia che si guarda allo specchio e si promette che mai, mai, mai lo dirà di nuovo. Mai. 
- Lydiaaaaa? - la chiama Stiles, schioccandole le dita davanti al viso. - Sta morendo qualcuno? Oh mio Dio, sta morendo qualcuno! Devo chiamare Scott. Dio mio, sta morendo qualcu...-
- Sì, Stiles, sta morendo qualcuno, se non la smetti di fare domande a raffica. - 
- Oh, allora sicuramente stavi risolvendo l'esercizio a mente. - le fa il verso Stiles.
Quando Lydia lo guarda negli occhi, la prima cosa che Stiles nota sono le sue iridi verdi, troppo verdi. Luminose come quando stai per piangere. Ma Lydia non piange. O almeno, non la vede piangere da parecchi mesi. La fase di riabilitazione dopo l'internamento a Eichen House, quella è stata dura e Stiles non vuole nemmeno pensarci. Ma dopo... dopo Lydia non ha più pianto, non davanti a lui. 
- Ti sei offesa? Okay, sono un idiota. - ammette il ragazzo. - Non avrei dovuto dirlo, mi dispiace. - 
- No,  Stiles. - risponde con voce sottile, accennando un sorriso che in qualche modo rincuora il ragazzo. 
Lydia, che fino a poco fa era poggiata alla testiera di legno, si volta, dando le spalle al comodino, le gambe incrociate. Si sorprende nel constatare quanto i suoi palmi siano sudati, e all'inizio non le sembra un'ottima idea prendere per mano il suo ragazzo in quelle condizioni, ma sa che a lui non importerebbe. C'è qualcosa di inspiegabile e confortante nel fatto che fino a poco prima abbiano litigato e discusso, ma ora Stiles le stia accarezzando il dorso della mano con il pollice, come fa sempre quando vuole tranquillizzarla.
- Ora ti dirò una cosa. E tu tienila bene a mente, Stiles Stilinski, perché non so quando ti capiterà di nuovo di sentirla. Mi sono spiegata? - 
Stiles annuisce, confuso.
- Okay, uhm. - Lydia prende un respiro profondo e chiude gli occhi, perché così sarà più semplice iniziare. - Sai quando arrivi al mattino a scuola e mi baci fra i capelli? -
Lydia non ha bisogno di vedere la reazione di Stiles. Probabilmente sta annuendo o si sta mordendo la lingua pur di non rispondere con qualche battutina delle sue. 
- Ecco. - riprende la ragazza. - Nessuno l'ha mai fatto, e all'inizio ero tipo "ma cosa crede di fare?!". L'hai rifatto l'indomani. E il giorno dopo, e quello dopo ancora. E il successivo. - 
La voce di Lydia è instabile. Stiles non riesce a capire se stia ridendo o piangendo, perché è impossibile non notare le ciglia imperlate di lacrime e al contempo il sorriso che si espande sempre di più sul viso di Lydia. È così fragile e così forte allo stesso momento. Stiles non si sa spiegare come questo sia possibile.
- Lasci sempre che sia io a scegliere il film da vedere. - 
- Anche se tu decidi Star Wars per farmi felice. - 
- E poi metti su The Notebook per fare felice me. - 
Per farmi felice.
Lydia se lo ripete più volte in testa, assaporando l'ultima parola con tenerezza. Felice. Stiles la rende felice.
- E tu ti addormenti a metà film. - 
- Beh, cosa pretendi? La scuola è stancante. - 
Lydia non si è nemmeno accorta di aver aperto gli occhi. Non c'è più paura o dubbio o incertezza. Stiles non andrà via. Stiles le mette sempre un plaid addosso non appena lei si assopisce appoggiata al suo petto, perché sa che di notte la sua temperatura corporea si abbassa e lei finisce con il sentire freddo. Stiles le lascia mangiare la fetta di torta più grande, perché "non ingrassi mica per un po' di torta!". Stiles la bacia tra i capelli al mattino e la stringe così forte che a volte Lydia vorrebbe rimanere così per sempre, chiusa in una bolla. 
- Stiles, - riprende Lydia, guardandolo fisso negli occhi - non so con quanta frequenza te lo dirò, e forse un giorno ti spiegherò perché mi riesce così difficile dirlo. Non voglio che tu creda che non lo pensi davvero, è solo che... - 
Le parole le muoiono in gola, sostituite da un nodo traditore. Stiles sta per parlare, probabilmente vuole confortarla e dirle di prendersi il suo tempo, perché lui è lì, e, santo cielo, Lydia è abbastanza consapevole del fatto che sia lì. E del fatto che sia completamente ridicola in questo momento e che Stiles abbia messo su la solita espressione ansiosa-preoccupata-che-cosa-diamine-succede?
Lydia apre e chiude la bocca più volte, poi deglutisce con forza e manda giù il nodo. Le parole le accarezzano la gola e risalgono con rapidità, come se fossero state finalmente liberata da una prigionia troppo lunga.
- Lydia? - 
- Ti amo. - 
Parlano all'unisono e per un istante Lydia non è sicura che Stiles l'abbia sentita, come Stiles non è certo che Lydia l'abbia detto. Se l'è immaginato. Sì, l'ha immaginato. L'istinto gli suggerisce di contare le dita delle mani, ma sono impegnate a stringere quella più sottile di Lydia. E in più sembrerebbe un perfetto idiota e...
- Lo sai, vero? - sussurra la ragazza. 
Stiles spalanca la bocca ed è sicuro, ci scommetterebbe la testa, di aver smesso di respirare. Niente aria. Niente di niente. Morto. Però è vivo. In qualche modo è vivo. Ma sta morendo. Lydia ha detto quelle parole.
Ti amo.
Lydia Martin lo ama. 
Lo sai, vero?
E certo che lo sa! La sua più grande certezza nella vita. No, no che non lo sa. Assolutamente no che non lo sa. Dio mio, che razza di domanda è questa?!
- Dovresti dire qualcosa, perché credo che mi sia morto un neurone per lo sforzo. - lo incoraggia Lydia, la voce che tradisce nervosismo. 
- I miei neuroni stanno ballando la samba. - biascica Stiles, sbattendo le palpebre più volte. 
Lydia scoppia a ridere con naturalezza, gettando la testa all'indietro, le lacrime, prima intrise di tensione, adesso le accarezzano il viso tradendo gioia e sollievo. Stiles le fa eco. La stanza si riempie delle loro risate per un tempo indefinito, poi pian piano entrambi scivolano nel silenzio. È un silenzio rassicurante, non c'è incertezza o imbarazzo. È un silenzio di contemplazione. 
La prima volta che Lydia aveva detto "Ti amo" a Jackson, lui le aveva risposto "Anch'io". Lydia gli aveva creduto. Gli aveva creduto anche per tutto il tempo in cui avevano fatto sesso quella sera. Mai avrebbe immaginato che sarebbe finita a ridere dopo averlo detto a un altro ragazzo. 
Stiles si sporge lentamente verso di lei e le accarezza le guance, scacciando via le lacrime. È un bacio diverso dai soliti, sia Lydia che Stiles lo capiscono immediatamente. C'è tenerezza nel modo in cui Stiles le sfiora il viso e contina a tenerle la mano. C'è passione nel modo in cui Lydia si aggrappa alla sua maglietta con la mano libera. C'è una strana disperazione nel modo in cui lei cerca di comunicargli che è lì, che non ha detto una bugia, che non si rimangerà quelle parole. 
- Bill mi ha detto di dirti che Stiles ti ama anche lui. - le sussurra il ragazzo, appoggiando la fronte a quella di Lydia.
- Bill? - replica la ragazza, con un mezzo sorriso, già pronta alla prossima sciocchezza che sparerà il suo ragazzo.
- Bill. Il neurone che ha appena smesso di ballare la samba mentre gli altri stanno ancora  a festeggiare. - le spiega lui con il tono più serio del mondo. 
Lydia alza lo sguardo per ancorarlo a quello di Stiles. 
- Oh, grazie, Bill. Tu sì che sai come rispondere per bene. - 
 
  
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