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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    10/01/2016    2 recensioni
(MadaraxTsunade centric / Altre eventuali coppie)
La guerra ninja è terminata, ma ciò che resta in mano ad entrambi gli schieramenti non è nè una vittoria nè una sconfitta: un accordo.
Un accordo che vede Konoha protagonista, un accordo che costringe due componenti dei due clan "originari" a collaborare per il bene del paese, poichè una decisione deve essere presa all'unanimità da entrambi, per impedire che altro sangue venga versato.
Non più un solo Hokage, non più soltanto una figura a governare il territorio, non più soltanto un clan al vertice: ma due.
Madara Uchiha e Tsunade Senju.

"-E’ una minaccia o un consiglio?- Ribatté lui con sottile ironia, e su quel volto spigoloso quanto maturo si accennò un sorrisetto ironico.
-Vedila come ti pare, Uchiha, ma se non mi lasci entro trenta secondi l’unica cosa che rimarrà integra di te sarà un lontano ricordo.-"
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha, Tsunade, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Life of a Queen'
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Note Autrice:
Arriviamo così - finalmente - alla fine di questa piccola long-fic!
Lo ammetto, è iniziata quasi per gioco, ma sono contenta che sia piaciuta, che abbia fatto sorridere e che abbiate condiviso - voi lettori e/o recensori - questo piccolo momento di shipping di una coppia alquanto improbabile ma, a mio parere, piuttosto divertente.
Grazie a chi mi ha seguita, non nego che mi piacerebbe avere un parere - anche piccolo - sulla storia, essendo ora finita... chissà, magari potrebbe venirmi l'ispirazione per un - altrettanto folle - sequel.
Buona lettura!

 
Capitolo Ottavo
.:Un bel casino:.

Se ne stava seduto lì, le braccia incrociate sul petto muscolo e la camicia scomposta, mentre la giacca dello smoking era abbandonata chissà dove.
Lì, su una delle panchine che fino a poco prima ospitava illustri rappresentanti da tutte le terre, fissava quel dannato altare come fosse stato il suo peggior nemico.
Il che – ad eccezione di una Mizukage particolarmente adirata – lo era a tutti gli effetti.
Una Mizukage che era stata sedata per ragioni di forza maggiore da Shizune, la quale era stata costretta ad una risoluzione tanto drastica proprio dalla stessa Tsunade che, indiavolata a sua volta, aveva dichiarato di “non voler avere nulla a che fare con una mestruata” – l’offesa era probabilmente dovuta all’invidia, secondo Madara – ma che avrebbe preferito “occuparsi” personalmente dell’Uchiha.
La situazione era poi degenerata, Chojuro l’aveva portata via di peso, scortato da due ANBU fino al paese della nebbia, mentre Tsunade era stata costretta ad occuparsi di tutti gli altri ospiti ed anche di un Rikage che, come si può sospettare, non aveva preso troppo bene quella dichiarazione nemmeno lui.
Sbuffò, il volto imbronciato, senza accennare minimamente a muoversi.
Qualcuno si sedette sconsolatamente accanto a lui.
-Certo che, tra tutte le scusanti che potevano venirti per evitare il matrimonio, hai scelto proprio la peggiore- gli fece notare Obito, unico rimasto in quel luogo.
Il capoclan Uchiha sbuffò di nuovo, senza rispondere, come se stesse riflettendo su chissà cosa – non di certo sul pentimento, ovviamente.
-Ed avete un modo molto strano di corteggiare, se posso permettermi – aggiunse poco dopo, facendo andare di traverso la saliva a Madara, il quale gli lanciò un’occhiata omicida.
-Corteggiare? Ma che diavolo blateri?-
-Parlo dell’Hokage… o avete già dimenticato a chi vi siete dichiarato?- gli fece notare. Madara imprecò in chissà quale antica lingua e lo scacciò con un gesto sgarbato della mano, volgendo le iridi scure altrove.
-Quello era un pretesto per metterla nei guai quanto me, idiota.- bofonchiò, trovando l’ipotesi dell’altro alquanto inappropriata, per non dire folle.
Obito scosse sconsolatamente il capo, rialzandosi.
-Già, metterla nei guai con voi… ormai sembra non possiate starle lontano per più di qualche ora.- Un’altra frecciatina, o meglio, un’altra annotazione che il capoclan Uchiha sperava nessuno gli avrebbe mai fatto. Non reagì, apparentemente mantenne quella freddezza e quella compostezza che lo caratterizzavano, eppure dentro di sé aveva sentito qualcosa mutare, muoversi tanto da rigirargli lo stomaco.
Perché diavolo il suo subconscio reagiva in quel modo?
Erano balle, quelle di Obito, balle di uno stupido shinobi rammollitosi negli anni.
Ma lui no, Madara Uchiha si sarebbe mantenuto freddo e distaccato come sempre, senza dar adito in alcun modo a quelle assurde parole che insinuavano una sorta di sentimento per Tsunade. Assurdo, davvero assurdo: lei era una Senju, una stramaledettissima tettona che -
-Come vi siete permesso?!- I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce quasi isterica di Shizune, la quale gli si presentò dinnanzi con un’espressione alquanto furibonda.
Alzò uno sguardo annoiato nei suoi confronti: la plebaglia non gli era mai interessata, da nessun punto di vista.
-Sono l’Hokage, faccio quello che mi pare- asserì freddo, senza tanti giri di parole.
La giovane assistente dell’Hokage strinse i pugni.
-E allora perché a sedare le possibili risse siamo state io e la signorina Tsunade?! Perché è lei che sta cercando di sistemare un casino che voi avete creato e –
-Non puoi startene zitta? Sei irritante. E inutile. E non riesco proprio a capire cosa diavolo ci trovi una Hokage in una jonin che non sa manco – uno schiaffo, dritto alla guancia.
Il volto non si mosse di molto, restava di una forza ben superiore alla jonin, ma lo sguardo che le rivolse fu tanto pericoloso che Obito temette di dover intervenire. L’avrebbe ammazzata, se lo appuntò mentalmente, non appena quel pasticcio fosse stato concluso. Il braccio del Susanoo prese vita da terra, stringendo Shizune in una morsa tutt’altro che rassicurante.
-Ti ammazzo seduta stante. Nessuno si permette di parlarmi in questo modo. A me, capoclan Uchiha!- alzò la voce, la rabbia stava prendendo possesso dell’autocontrollo secondo dopo secondo.
Si stava sfogando su di lei, sì, ma sapeva bene anche lui che la rabbia non fosse realmente indirizzata a lei…
Respirava a fatica, la giovane Kato, ma non sembrava intenzionata a arrendersi.
-Se le fanno del male io ti…- ma si sentì soffocare, senza riuscire a terminare la frase. Una frase che, tuttavia, fece inarcare un sopracciglio all’Uchiha, il quale allentò leggermente la presa soltanto per consentirle di parlare – di certo non gli importava della sua salute fisica o se l’ossigeno le arrivasse effettivamente ai polmoni.
-Del male a chi?- domandò.
-Alla signorina Tsunade. Il Raikage e la Mizukage hanno richiesto un incontro segreto questa sera…- tossì, ma Madara non parve preoccuparsene, anzi, nella sua mente aleggiava tutt’altro pensiero.
-Incontro? E perché io non ne so niente?!-
-Forse… voleva… limitare… altri danni…- biascicò Shizune, senza trattenere troppo l’ironia.
Madara la lasciò cadere a terra senza molto garbo e, mentre lei cercava di riprendere fiato – ed Obito andava in suo soccorso – lo sguardo dell’Uchiha si fece serioso, i pugni si strinsero ed i muscoli si contrassero.
Conosceva fin troppo bene quel genere di “incontro”, si poteva dire che l’avesse inventato lui – e l’invenzione di un sanguinario vendicativo non era certamente nulla di buono.
-Dannata testona- imprecò verso la bionda, cominciando a liberarsi della camicia mentre si dirigeva alla magione dell’Hokage, intento a recuperare poi il proprio kimono – quello da battaglia, s’intende.
-Dove andate?- domandò Obito, non senza una lieve preoccupazione.
-A menare un po’ di gente.- freddo, nervoso.
-Cosa?! Non potete, rischierete di provocare un’altra guerra e – tentò Shizune, ma questa volta fu lui ad interromperla.
-L’unico che metterà le mani addosso a quella maledetta Senju sono io, chiaro?! Non permetterò a nessun altro di precedermi!- e detto questo quasi sparì, deciso a raggiungerla il più in fretta possibile. Non aveva idea di dove si fosse diretta, ma confidava che l’alcool ingerito durante la cerimonia l’avesse resa più sbadata e che, quindi, avesse lasciato qualche traccia.
Era furibondo, Madara, letteralmente: non verso Shizune, non verso quei due che sicuramente non avevano buone intenzioni né tantomeno verso quella zuccona di Tsunade.
No, ce l’aveva a morte con se stesso perché, dopo ormai un secolo, aveva di nuovo provato cosa significasse essere preoccupati per qualcuno.
E non lo era verso se stesso.

(…)
Era ormai buio, giunse nel cuore della foresta che separava il Paese del fuoco da quello del fulmine esattamente nell’orario indicato – e non fece altro che insultare l’Uchiha per tutto il viaggio.
Se lo sentiva, che non sarebbe potuto filare tutto bello liscio come l’olio… e che, alla fine di tutto, avrebbe dovuto farci i conti lei.
Non perché fosse magnanima nei confronti di Madara, non perché avesse voglia di litigare – o darsele di santa ragione, forse era più probabile – con altri due Kage, ma perché teneva alla stabilità ed al bene delle sue terre più di qualsiasi cosa al mondo… anche dell’orgoglio.
E forse era questo a differenziarla davvero da Madara, o almeno così le veniva spontaneo pensare.
Una casupola era la sola fonte di civilizzazione, lì in mezzo, e non poté non pensare che si trovassero all’interno proprio perché si trattava di un incontro segreto, visti i contenuti.
C’era silenzio, un po’ troppo per non metterla sulle difensive, per questo teneva il chakra pronto ad essere utilizzato per le evenienze. Si avvicinò alla porta con cautela, questa scricchiolò nell’aprirsi: una candela era tutto ciò che riusciva a vedervi, all’interno.
Lanciò sguardi diffidenti nei dintorni, per quel che riusciva a vedere, poi finalmente si decise ad entrare.
Nel momento esatto in cui la porta si richiuse, un gas non ben identificato invase la misera casupola, penetrandole nei polmoni senza lasciarle il tempo di trattenere adeguatamente il respiro.
-Maledizione…- imprecò, uscendo immediatamente da quella piccola struttura ma, anche una volta all’esterno, il suo corpo non venne preservato dalle conseguenze: quella dannata tossina non le era semplicemente entrata nei polmoni, ma le aveva penetrato la pelle, rendendo ben poco reattive le cellule del suo corpo.
Non tossiva, non soffriva: non era una tossina velenosa, ma paralizzante.
Cadde a terra, quasi in ginocchio: la sua esagerata forza fisica le consentiva piccoli movimenti, ma giusto quanto bastava per non cadere rovinosamente immobile sull’erba umidiccia.
-Gliel’avevo detto, Mizukage, che avrebbe funzionato.- La voce baritonale del Raikage risuonò nel silenzio circostante, Tsunade riuscì giusto ad alzare il capo per scorgere le figure dei due Kage ormai ad un paio di metri da lei.
-Infami… che diavolo… avete in… mente?- inveì l’Hokage, irritata da quella situazione: se c’era una cosa che detestava era decisamente l’impotenza. I due si scambiarono uno sguardo, nemmeno troppo complice a dire la verità, ma era evidente quale fosse l’obiettivo comune: vendicarsi di chi li aveva umiliati.
-Vede, Hokage, questo genere di situazione non si addice alla diplomazia, visto che è una questione personale e non riguarda i nostri paesi- esplicò la Mizukage con un sorrisetto enigmatico e tutt’altro che rassicurante.
Tsunade strinse i denti, pur senza abbassare lo sguardo: era inerme, completamente inerme, non sapeva nemmeno se sarebbe stata in grado di attivare la Rinascita, nel caso in cui l’avessero aggredita.
-La risolveremo alla vecchia maniera, ormai dovrebbe sapere di cosa siamo capaci, no?- e non perse tempo a dire altro, un chakra azzurro lo contornò nell’immediato, mentre la Miuzkage si posizionava per comporre i sigilli delle abilità innate.
Imprecò mentalmente, la bella Hokage: se ne fosse uscita viva, probabilmente non avrebbe avuto tutti gli arti al posto giusto, e non era certamente la migliore delle prospettive.
Tentare di farli ragionare? Lei sapeva bene quanto i sentimenti potessero essere forti, tanto da oscurare un animo, e distruggerli… no, non ci sarebbe stato alcun altro rimedio.
Serrò denti ed occhi quando li vide pronti ad attaccare, pregò di riuscire poi a rilasciare il sigillo sulla fronte, così come di sopravvivere in generale, ma il colpo atteso non arrivò.
Sfere di fuoco li avevano aggrediti, costringendoli ad arretrare parecchio onde evitare di subire un colpo che non sarebbero stati in grado di parare.
Non comprese, lo stupore che lesse nei loro occhi trovò una spiegazione nel momento in cui l’artefice di quella tecnica si palesò, frapponendosi tra lei e gli altri due.
Madara Uchiha.
Madara Uchiha l’aveva appena salvata.
Se avesse potuto muoversi, si sarebbe fatta un facepalm da sola: il mondo si stava decisamente ribaltando.
-Tu! Maledetto, cosa diavolo –
-Nessuno può uccidere una Senju a parte me, chiaro?!- tuonò come sorta di scusante, adirato in modo non indifferente, nonostante stesse cercando di contenersi, di essere l’impassibile e freddo Uchiha che avevano affrontato solo poco tempo prima.
-Avete fatto tanti bei discorsi sulla pace, sull’assurdità della mia vendetta e sul mio imperdonabile orgoglio e poi? Voi vi comportate allo stesso modo? Sono io quello che è stato preso in giro, non voi.- asserì con convinzione, zittendoli.
Non parlava mai molto, Madara Uchiha, ma in quell’occasione gli sembrava più che lecito sputargli in faccia la verità: lui era stato “condannato” per l’orgoglio e per la sete di vendetta, quei due per primi lo aveva etichettato, criticato e combattuto proprio per questo.
Ed ora facevano esattamente ciò che avevano tanto sbandierato come insensato, folle ed irresponsabile? Se non fosse stato tanto iracondo – e se ne fosse stato capace - sarebbe scoppiato a ridere.
-E poi, per dirla tutta, oltre al danno mio c’è pure la beffa. Perché mi tocca ammettere che, qua in mezzo, l’unica che abbia davvero dimostrato coi fatti ciò che diceva a parole è quella testona che volevate ammazzare.-
Sgranò gli occhi, sinceramente stupita.
Oltre a salvarla, si complimentava pure?
Cominciò a sospettare che assieme al paralizzante ci fossero degli allucinogeni.
Incrociò poi le braccia sopra il petto muscoloso, fiero, vittorioso, consapevole – almeno quanto gli altri due – che non avrebbero potuto sconfiggerlo: ce l’avevano fatta a fatica in cinque, con il miglior ninja medico disponibile a salvargli le chiappe, di certo quei due non avrebbero avuto speranze.
-E l’unico motivo per cui non vi uccido seduta stante è che poi la suddetta rompicoglioni tutta giustizia e diplomazia non mi lascerebbe vivere in santa pace.- detto questo, voltò loro le spalle con teatralità – era pur sempre egocentrico – e si apprestò a recuperare Tsunade, ancora immobile a terra.
La prese tra le braccia, lanciando uno sguardo alquanto minaccioso agli altri due Kage, ancora allibiti per quanto avevano visto e sentito.
-Provateci di nuovo e vi ammazzo.- sentenziò, ed aveva tutta l’aria di essere più sincero d’un bambino.
Detto questo, si affrettò a fare ritorno a Konoha, ancora combattuto, ancora in lotta con se stesso per quanto detto e fatto: avrebbe potuto liberarsi di Tsunade, addirittura senza sporcarsi le mani né venire poi successivamente incolpato, perché diavolo lo aveva impedito?
Davvero voleva essere lui a farla fuori, era realmente questo il motivo?
Non volle pensarci, e probabilmente nemmeno la bionda aveva intenzione di rimuginare sull’argomento.
-Madara.- proferì in un fil di voce.
-Mh?- distrattamente le rispose, senza volgerle lo sguardo, senza accorgersi che, per la prima volta, lo aveva chiamato per nome.
-Grazie-.

(…)
Raggiunse la magione in poco tempo, in via eccezionale – o meglio, per forza di cose – ebbe accesso agli alloggi di Tsunade, tanto che non si trattenne dallo sfoggiare una risatina sardonica nel notare il disordine.
La bionda non lo notò, concentrata com’era a tentare di utilizzare il proprio chakra per far smaltire più velocemente le spore paralizzanti in corpo.
La adagiò sul letto, lei sembrava cominciare a riprendersi, a muovere abbastanza bene gli arti superiori almeno.
La appoggiò lì, ma non si allontanò: quando mai gli sarebbe capitato di rivederla così mansueta?
Avrebbe trovato mille motivi per fargli guerra il giorno seguente, uno in più non avrebbe fatto poi molta differenza.
Rimase così, ad osservarla, ne percorse il profilo con lo sguardo, sino ad incontrare il suo, ambrato.
Era bella, dannatamente bella.
Lei non disse nulla, parve lasciarlo fare – quasi compiaciuta – ed attese, come se sapesse cosa sarebbe accaduto di lì a poco – o meglio, cosa avrebbero voluto che accadesse, entrambi.
-Sai una cosa, Senju?- spezzò il silenzio con un tono lievemente ironico, quasi malizioso, simile a quello utilizzato la prima volta che aveva osato sfiorarle le labbra.
Mosse una mano verso di lei, lì a pochissima distanza, sfiorandole un fianco, poi la parte superiore della gamba, con una lentezza che non lasciava molti dubbi, almeno quanto il tocco tutt’altro che delicato.
-Potrei approfittarne- terminò, coronando il tutto con un sorrisetto.
E mentre stava giusto per abbassare lo sguardo in una zona particolarmente generosa della donna, si sentì prendere per il colletto e trascinare a ben poca distanza dal suo volto.
Sì, decisamente lo sapeva maneggiare bene, il chakra.
-Cosa ti fa pensare che non sia io, ad approfittarne?- Eccola, quella sfida che continuamente si lanciavano, provocazione dopo provocazione, sguardo dopo sguardo.
Per la prima volta – all’unisono – sembrarono aver accettato quell’ormai innegabile attrazione nascosta dietro a litigi, pugni ed insulti.
Ne stavano approfittando entrambi: lei con la scusante della salute, lui con quella della conquista.
Azzerò le distanze, premette con foga su quelle labbra carnose – ancora al sapor di fragola – mentre le mani andavano a liberarla dei vestiti, divenuti ormai futili dinnanzi a quel dannato impulso, irrefrenabile.
Sebbene riuscisse a muovere bene solo la parte superiore del corpo, Tsunade non si tirò certamente indietro e lo spogliò senza troppe difficoltà, pretendendo – in un certo senso – la sua parte.
Le lenzuola divennero inutili almeno quanto lo erano stati i vestiti fino a poco tempo prima, ed entrambi ringraziarono di essere gli unici ad abitare nella magione.
Non si trattennero, non si nascosero: forti, orgogliosi e potenti entrambi, quella notte combatterono una battaglia che avevano desiderato da molto, molto tempo.
Forse l’unica.

(…)
Il sole era già alto nel cielo quando terminarono, ritrovandosi coperti da un sottile lenzuolo di seta – si trattava bene, la principessa – entrambi con la schiena appoggiata al materasso.
Se ne stavano così, uno affianco all’altro a fissare il soffitto, lei coprendosi il seno prosperoso, lui a fregarsene totalmente delle condizioni in cui avevano ridotto la stanza – e se stessi.
Ansimavano ancora un po’.
-Abbiamo combinato un casino.- proruppe Tsunade ad un certo punto, spezzando il silenzio con un sospiro sconsolato.
-Già.-
-Se lo si viene a sapere, la questione diventerà seria.-
-Vero anche questo.- Silenzio.
La bionda si massaggiò le tempie.
-Comunque è stata la peggior dichiarazione degli ultimi cent’anni, Uchiha. Si vede che sei fuori allenamento.- non resistette dal punzecchiarlo, anche se l’affermazione era piuttosto veritiera.
Madara si limitò ad un sbuffo con fare superiore.
-Eppure fino a poco fa non ti lamentavi, tutt’altro…- rispose malizioso, osservando la sua reazione con la coda dell’occhio, giusto per godersela.
Silenzio di nuovo, ma non c’era imbarazzo, anzi, si comportavano come fosse stata una cosa del tutto… naturale?
Uchiha e Senju nello stesso letto?
Sì, era più probabile che vederli andare d’accordo.
-Dovrai comunque scusarti con Mei.-
-E tu con lo scimmione.-
-Col cavolo, ha cercato di ammazzarmi. Mei con te non l’ha fatto.-
-Perché a quello ci pensi già tu – asserì volgendole completamente lo sguardo – e ti riesci anche piuttosto male.- terminò.
Tsunade volse a sua volta lo sguardo nella sua direzione, fulminandolo.
-Vuoi davvero avventurarti in questa conversazione, Uchiha?-
-In realtà, avevo in mente un altro tipo di avventura…- sorriso sornione, di nuovo.
Ormai stava diventando un’abitudine – una piacevole abitudine.
La bionda lo osservò per un lungo attimo, indecisa se assecondarlo oppure ucciderlo. Sospirò di nuovo.
-Devo aggiungere pervertito sessuale alla lista degli aggettivi.-
-Non è colpa mia, se tu non avvicini per niente alla redenzione - si difese.
Un altro scambio di sguardi, il sorrisetto si accennò anche sulle labbra della donna.
-Idiota.- e lo tirò nuovamente a sé.
Sì, avevano combinato proprio un bel casino.


 
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