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Autore: lapoetastra    11/01/2016    0 recensioni
< Io non ti lascio. >
Era un’affermazione, pronunciata con il tono della promessa, e Ned scelse di crederci, e si aggrappò a quella tenue speranza.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ispirata al film "The Normal Heart"

< Dottore, il Times continua a premere. Ha trovato un nome per questa nuova malattia? >

< Non ancora. >
 
Ned camminava per la strada infagottato nel pesante giubbotto di pelle che, per quanto caldo fosse, non lo preservava completamente dai gelidi tocchi del vento invernale.
Era un dottore, lo era da sempre.
Tuttavia, adesso avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ricoprire un’altra professione, una qualsiasi, una che potesse evitargli di assistere all’orrore a cui i suoi occhi erano sottoposti ogni giorno, nell’arco dell’ultimo anno.
Giovani, poco più che bambini, che morivano in massa, come carne al macello, trucidati da una malattia sconosciuta e devastante.
Si manifestava in soggetti omosessuali maschili e si presentava con macchie scure sulla pelle, debolezza e pallore: ecco tutto ciò che si sapeva su di essa.
Per quanto il team di Ned lavorasse giorno e notte, la cura era ancora un miraggio, esattamente come l’individuazione precisa della provenienza e della causa del ceppo virale.
Ed il Times premeva affinché fosse assegnato un nome proprio a quello che era genericamente definito “il cancro degli omosessuali”, o “dei sodomiti”, come lo chiamavano coloro che non avevano ancora riconosciuto la libertà ed il diritto incondizionato di amare indipendentemente dal sesso.
E toccava a lui individuare tale nome, ma non vi riusciva.
Tutti quelli che ciclicamente gli venivano in mente, infatti, sembravano inadatti, vuoti. Stupidi.
Con quei pensieri in testa, Ned aprì la porta di casa con una mano, cercando di reggere la spesa con l’altra.
Non appena varcò la soglia del piccolo appartamento di provincia, però, il pavimento di parquet si ricoprì di latte, e carne, e frutta, fuoriusciti come sangue dalle buste, ormai completamente abbandonate.
Ned non ci badava: tutta la sua attenzione era rivolta alla figura emaciata sdraiata a terra, a pochi passi da lui.
< Felix! >, urlò Ned, invocandone il nome con disperazione ed impregnandolo di terrore.
Si accovacciò accanto al corpo dell’altro uomo, tastandogli il polso sottile in cerca di un qualunque segno di vita.
Lo trovò, debole ma costante.
Felix aprì gli occhi troppo chiari per essere sani, con fatica, come se quel semplice gesto lo prosciugasse delle ultime riserve di energia.
< Sei qui >, rantolò  con quel sibilo soffocato che da un paio di mesi era divenuto la sua voce.
Alzò le dita scarne, accarezzando il volto roseo di Ned.
Quest’ultimo imitò il suo gesto, come fosse una superficie riflettente, ma fu una pelle cerulea, quella che si ritrovò sotto i polpastrelli.
Una pelle cerulea, e ricoperta di macchie scure.
< Certo che sono qui. Certo. > Era una risposta stupida e banale, eppure sul momento non gli era venuto in mente altro.
Felix distese le labbra scure, scoprendo i denti deboli e grigi.
Non aveva più sorrisi a disposizione.
Eppure ne aveva appena trovato uno per lui.
< Hai trovato una cura? >, chiese stentatamente.
Ned distolse lo sguardo.
Ogni giorno quella domanda, che gli disintegrava il cuore in pezzi talmente piccoli da essere impossibili da ricombinare.
Perché anche la risposta era sempre la stessa, e per lui sussurrarla era molto più difficile che per Felix ascoltarla.
< Non importa, tanto io… >, mormorò d’improvviso questi, come se gli avesse letti nel pensiero.
Non era così, ovviamente, era solo che lo conosceva troppo bene, ormai, ed era in grado di percepire il flusso delle sue emozioni unicamente guardandolo negli occhi, quegli occhi che sempre aveva bramato su di sé e che ora erano colmi di lacrime.
< Tanto tu cosa? >, sibilò Ned, e la sua voce vibrava di consapevolezza, ora, consapevolezza travestita da rabbia.
Felix sorrise ancora, e c’era calma, nel suo sguardo, adesso.
La paura era passata, scacciata via dalla vicinanza di Ned, ed il dolore aveva deciso di allentare almeno per un fugace attimo la propria stretta sul suo corpo martoriato.
< Niente >, rispose in un soffio. < Io non ti lascio. >
Era un’affermazione pronunciata con il tono della promessa, e Ned scelse di crederci, e si aggrappò a quella tenue speranza.
< Certo che non mi lasci. Non pensarci nemmeno, tanto non te lo permetterò >, disse, cercando di alzare Felix da terra per portarlo nel letto, dove avrebbe potuto comodamente riposare.
L’altro, però, gli si oppose.
< Andiamo, Felix >, lo incitò dunque. < Non ti fa bene rimanere sdraiato sul pavimento, al freddo. Già ti sei opposto al ricovero in ospedale, lascia almeno che ti metta al caldo sotto le coperte. >
L’altro sospirò. < Non voglio >
Poi, addolcendo il tono, spiegò: < Non ho la forza di muovermi, Ned. Non ci riesco. Non adesso. Ti prego, se vuoi, rimani qui con me, ed abbracciami. >
Ned non se lo fece ripetere.
Strinse forte il corpo magro e tremante di Felix, percependo il suo respiro rauco sul proprio collo.
Non sapeva se una vicinanza così diretta avrebbe potuto causare un contagio, facendo sì che anche lui si ammalasse.
Non gli importava.
Felix era tranquillo, adesso, lo sentiva dal battito placido del suo cuore.
E forse era felice.
Ed anche lui lo era, per questo.
< Io non ti lascio >, sussurrò dopo alcuni minuti Felix, debolmente.
Ned si riscosse. Era convinto che l’altro si fosse assopito, o forse era lui stesso ad essere sprofondato tra le braccia di Morfeo, riscaldato dalla pelle ardente della persona più importante della sua vita.
< Io non ti lascio >, disse ancora Felix, e questa volta la sua voce era più forte, più sicura.
Era nuovamente un’affermazione, ma adesso era stata pronunciata con il tono del giuramento.
E Ned ci credette con tutto se stesso.
Poi Felix si tese tra le sue braccia.
< Aiutami, io devo sopravvivere! >
Fu l’ultima cosa che disse.
Poi morì.
 
 
< Dottore, ha trovato un nome per la nuova malattia? Il Times… >
< AIDS. Si chiamerà AIDS. >
 
   
 
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