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Autore: milla4    12/01/2016    3 recensioni
What if in cui i personaggi hanno il loro riscatto, in cui i morti possono cercare di vivere e, chi dovrebbe portare avanti la battaglia, muore miseramente.
Cinna e Rue, Katniss: e se i primi due non fossero morti? E se la Ghiandaia imitratrice non fosse sopravvissuta alla guerra che ,involontariamente, aveva scatenato?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alma Coin, Cinna, Peeta Mellark, Rue
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Il verde e il rosso
Fandom: Hunger games
Personaggi estratti: Cinna - Rue
Decorazione natalizia: Puntale (durante una festa)


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Il rosso imperversava in ogni angolo dell’ampio salone della villa che prima apparteneva al Presidente Snow, ora divenuta residenza ufficiale della Presidentessa Coin.
Erano tutti lì, i protagonisti della rivolta che aveva portato alla fine di Capitol city erano racchiusi in quello scrigno rosso , rosso come il sangue versato da chi era stato meno fortunato.
Come lei, la Ghiandaia, Katniss.

Era morta durante la sua missione per uccidere Snow, del suo corpo erano rimasti brandelli bruciati dalla bomba esplosa sotto i suoi piedi. Ma nulla avviene per caso, la sua scomparsa portò una nuova grinta, nuova passione agli abitanti degli ex distretti che avevano portato alla loro vittoria.

-L’anno della Rimembranza, perché "memoria" era troppo scontato, per loro- Cinna avanzò lentamente lungo l’enorme ingresso che portava alla sala del ricevimento: nulla era cambiato se non gli ospiti di quella sera; il resto, il lusso, le chiacchiere, l’ostentazione era tutto rimasto come ai tempi in cui era uno degli stilisti più ricercati di Capitol city. Una vita prima…ora era semplicemente un vecchio uomo monco da un braccio e dai capelli color d’argento.
Aveva solo quarant’anni eppure il tempo con lui era stato inclemente, l’infinita prigionia aveva, poi, fatto il resto.

Dieci anni

Dieci anni chiuso in una prigione sotto ai piedi del presidente, dieci anni persi nel vuoto, perché nessuna informazione, sino al momento della sua liberazione, gli veniva passata dalle sue guardie.
Non sapeva nemmeno il motivo del perché non l’avessero ancora giustiziato: lo capì soltanto il giorno della sua liberazione.

-Buonasera Cinna, alla fine ha deciso di venire- la nuova presidente di Panem, Alma Coin, gli si avvicinò tendendogli la mano destra, quella sbagliata.
-Mi perdoni, mi era sfuggito, davvero…-
No, non era vero. In quegli occhi che cercavano di dimostrare imbarazzo, Cinna aveva visto soddisfazione; quella donna lo odiava, era stato troppo vicino a Katniss per i suoi gusti… probabilmente solo lui notò quel particolare, ma in fondo faceva parte del suo lavoro notare ogni più piccola cosa.
L’idea di quella farsa era stata dei membri del suo entourage: secondo loro, istituire quell’anno, era un modo per avvicinare la figura della presidentessa a quella di Katniss e, quindi, di smentire le continue voci sul loro odio reciproco.

-Non si preoccupi- egli le porse la mano destra, quella sana, e la Coin la strinse nella sua –Ora mi scusi, ma devo far accomodare altri ospiti- e così la donna si dileguò in un istante lasciandolo nuovamente solo.

Respira, sei libero… devi essere Cinna, vero? Io sono Gale Hawthorn.

Piccoli ricordi lo stordirono, erano sempre là, pronti ad uscire nei momenti meno opportuni; scosse la testa cercando di scacciarli quando il suo sguardo venne rapito da una ragazza alta e molto magra sui cui era stato poggiato un vestito color prugna. “Appoggiato” era la parola esatta, il suo occhio esperto aveva notato subito che lo stilista aveva fatto un pessimo lavoro con quell'abito, sia nel colore orrendo per una ragazza dalla pelle così scura, sia per la forma che assomigliava vagamente ad una tenda barocca.

Per raggiungerla dovette farsi spazio in quella folla danzante, ma dopo poco, le si trovò accanto.
Era venuto solo per lei, per conoscerla finalmente dopo tanto tempo.
-Salve, Rue io sono… -
-Cinna- lo sorprese, non pensava che lo conoscesse.
-Eravamo vicini di cella, io ero nella numero ventitré e tu nella ventiquattro- Rue rispose con molta calma ad una domanda che aleggiava nell’aria, ma che lo stilista non aveva il coraggio di fare.

-E cos’altro sai di me?- aveva puntato tutto su quella domanda, all in, poteva essere l’inizio di una conversazione o la sua fine. Perché avrebbe dovuto parlargli?
In fondo lui era sempre un cittadino di Capitol city, Il suo eyeliner color oro lo rendeva differente dagli altri, nessuno si poteva truccare mai così vistosamente, era una delle leggi imposte dalla Coin, solo delle pesanti creme coprenti erano ammesse.
Per lui era diverso, non lo avrebbero mai arrestato, non dopo che era diventato il simbolo della libertà.

Panem esigeva simboli, solo e soltanto simboli.

-So che ti hanno rinchiuso per il mio stesso motivo, come possibile ostaggio per ferire Katniss- nel pronunciare quel nome, la voce della ragazza vacillò –So che ti hanno amputato una mano per non permetterti più di cucire correttamente come punizione per averla aiutata…- non finì la frase, aveva già detto tutto.

Voleva andarsene, Rue; quella serata era stata uno sbaglio: il vestito era orrendo e non la rispecchiava affatto, le persone le chiedevano solo come avessero fatto, gli Strateghi, a creare ibridi senza la sua morte e lei doveva ripetere in continuazione che non lo sapeva, che non voleva ricordare, che in realtà un pezzo di lei ero morto comunque. E poi lo aveva rivisto, aveva cercato di evitarlo tutta la sera, ma non poteva sfuggirgli per sempre, erano legati in qualche modo.
In fondo erano stati rinchiusi per uno stesso sporco obiettivo, in celle vicine.

Era pronta, avrebbe affrontato le sue paure –Avrei dato anche tutto me stesso purché vivesse, lo meritava più di tutti noi. Credo che non potrà esserci mai nessuno come lei, con un cuore così pieno- Rue lo fissava, non capiva cosa volesse da lei, quei continui rimandi ad una delle persone che più amava al mondo le stritolava il cuore come un’enorme pressa.

Era morta, Katniss, per salvare di nuovo la sua sorellina, per non vedere un’altra morte inutile, eppure se n’erano andate entrambe: una stupida bomba era esplosa e Boom!... due vite spezzate. Un’eroina che non vivrà per assaporare la vittoria, anche se orribile e sanguinosa, ma comunque una vittoria.

Una lacrima le scese guardinga, rigandole la guancia perfettamente imbellettata, lasciando intravedere la sua vera pelle, quella che aveva sofferto.

-Uhm, tutto ben…- -Prego, silenzio. La presidentessa Coin sta per esporre il Discorso della Rimembranza- da alcune casse situate in ogni angolo della stanza, una persona dell’entourage presidenziale aveva interrotto Cinna che, sospirando, si girò verso il palco allestito per l’occasione.
La Coin salì con solennità sul palco, nei suoi fingeva occhi un velo di commozione, ma era tutta scena, una farsa per il suo popolo: questa era Panem ormai, anche i suoi eroi venivano sbeffeggiati.

-Cari fratelli e sorelle, è con estremo dolore che mi rivolgo a voi.
Panem è libera, i suoi figli possono e potranno crescere, ridere, giocare ed è tutto grazie a…- Cinna smise di ascoltare, il solo sentir nominare i nomi dei caduti in bocca a quel mostro mascherato, lo diguastava.
- Sai? Credevo di essere morta. In quella stanza completamente bianca, senza finestre… insomma credo di essere un po’ morta lì dentro- Rue aveva parlato, istintivamente; il tono era neutrale, non un filo di tristezza traspariva da quelle frasi. Provava ogni genere di emozione o sentimento possibile, manon la tristezza
Cinna annuì, non c’erano parole per farle capire che lui era come lei. Annuì e seppe che questo le bastò, lei si era esposta perché lui poteva capirla.
Si guardò il polso, ormai separato dal suo giusto prolungamento, e fissò la busta a esso appeso: volevadarle il vestito. Il suo ultimo vestito.

Ma come darglielo? In fondo, anche se stavano condividendo qualcosa, non era abbastanza per creare intimità, complicità, amicizia.

Qualcuno, cercando di passare in quella folla d gente inebriata dall'ancool, gli fece perdere l’equilibrio e lo fece inciampare; la busta cadde rovinosamente a terra e il suo contenuto si sparse sul pavimento, finendo per essere calpestato da uno dei pochi tributi rimasti in vita, Peeta Mellark.

Cinna cercò di raccogliere la sua creazione, ma il ragazzo fu più veloce di lui, si chinò e rimesso tutto nella busta-Tutto bene, signore?-.
Non lo aveva riconosciuto, aveva dimenticato tutto ciò che riguardasse lei: era diventato un animale insalvatichito dal dolore dopo la morte di Katniss e per il suo bene gli avevano cancellato i ricordi. Oramai Peeta era scomparso.
-Sì, sì certo… grazie- approfittando del braccio offertogli, vi si appoggiò e ritornò in posizione eretta.

Era un vecchio senza dignità, ormai.

-Ti senti bene?- Rue lo guardò sorpresa; era accaduto tutto troppo velocemente e proprio mentre la Coin finiva il sui discorso che lei ascoltò cercando di non urlare ciò he pensava veramente.

Bene, era il momento: per un momento, un piccolo sprazzo di vita, sarebbe tornatato ad essere uno stilista. Era il suo ultimo regalo al mondo e lo voleva dedicare a una delle ultime persone che ancora amavano Katniss veramente. Il vecchio Cinna sarebbe molto fiero di lui

Espirò e cominciò a dire ciò che si era preparato da oltre un mese, ormai: - Lo so, è una cosa molto strana, non siamo amici né lo saremo mai, abbiamo solo avuto la sfortuna di voler bene alla stessa persona, nello stesso modo crudo e intenso .
Quando…quando ho saputo che fossi sopravvissuta, che avevamo convissuto fianco a fianco, senza sapere l’uno dell’altro, senza sapere nulla della rivolta, senza vivere, ho sentito che qualcosa di lei era rimasto, nei nostri ricordi, nelle nostri menti, ma soprattutto in ciò che lei amava.
Tu sei una di queste e vorrei che questo lo tenessi tu, per lei. – le affidò la busta.
Rue non parlò, per la prima volta non aveva una risposta pronta, voleva solo ascoltare -Far felice ciò che la rendeva felice è ciò che mi da ancora uno scopo- finì lui, in un soffio.

Con la mano ancora sana estrasse una creazione unica.
Alberi… era questo che veniva da pensare guardando quell’abito di un verde straordinario e dalle milioni di sfumature colorate sul busto, come dolci frutti in attesa della raccolta, per poi acquisire sempre più colori terrosi verso i tre grandi spacchi che completavano la gonna.

La parte superiore era modellata per sembrare un cuore verde, verde come la foresta, come il Distretto 11, come i boschi del 12, come i luoghi dove vivevano le ghiandaie imitatrici. Verde come Katniss, come il suo ricordo.

Rue osservò il vestito rapita; era stato un regalo inatteso e forse il più bello: c’era la sua vita in quella stoffa, c’erano tante vite.
-Scuotilo- Rue obbedì e, appena lo scosse, una fiammata color smeraldo impregnò l’aria attorno a loro, in mezzo ad essa comparve un volto tanto amato.
Era un’illusione ottica, una delle sue ultime invenzioni...Cinna sapeva che nessuno fosse in grado di replicare, era la sua firma. Voleva dare un messaggio a tutta quella gente lì, nella stanza rossa, per ricordare loro chi fosse la vera eroina, di chi era il rosso del sangue delle pareti.
Non solo un ricordo del passato, ma una giovane donna ancora viva in loro.

Il suo intento fu premiato: alla vista delle fiamme tutti si girarono, lasciando la presidentessa a parlare da sola; quando, poi, il viso di Katniss era comparso, improvvisamente tutti sussultarono, la loro coscienza, il loro orgoglio erano stati riattivati. La Coin osservò la scena in un silenzio rabbioso.

Rue non parlò, strinse solamente al petto quella stoffa così ben lavorata; sorrise al suo creatore che, vista la felicità nel volto della giovane, scusandosi, si girò per andarsene.
Il suo compito era stato svolto. Ora poteva abbandonarsi all'oblio senza rimpianti.

-Aspetta! Dove vai?- Cinna, giratosi, puntò i suoi occhi in quelli di lei che lo stavano implorando di restare.

Rue aveva capito, aveva visto in quel vecchio uomo i segni della sofferenza che gli avevano lacerato l’animo, i motivi di quel gesto senza ritorno che sicuramente stava per compiere.
Ma non voleva lasciarlo andare, gli serviva la anche sua forza per sopravvivere.

Aveva intenzione i farla finita quella sera, ma non avrebbe mai potuta abbandonarla… il suo compito ancora non era finito.


Note:
Dunque, la storia nasce grazie al contest " Tombola dei regali - contest natalizio- indetto da Angyefp e, devo dire, che la sua composizione è stata molto travagliata.
Mi ritengo soddisfatta si come è venuta? Diciamo di sì
Potevo fare di più? No, credo di aver dato il mio massimo.
I personaggi, le ambientazioni e tutto ciò che riguarda questa storia non sono di mia proprietà, ma si ispirano a materiale coperto da copyright. Non vi è nessuno scopo di lucro su questo mio racconto.

 
   
 
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