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Autore: BebaTaylor    12/01/2016    3 recensioni
"Lui mi ha messo le corna e mi ha piantato dicendomi che non mi amava più, che vedeva un'altra da sei mesi e che era meglio lasciarci.
E io avrei voluto piantargli il coltello in mezzo agli occhi.
E in più... il Nerd sta suonando la chitarra. Alle nove del mattino. Di domenica. Dio, lo ucciderei spaccandogli la chitarra in testa.
Lancio via i cuscini, mi alzo e vado verso la porta finestra, guardando quella di fronte, quella della stanza del Nerd. Faccio scorrere la porta finestra e percorro a grandi passi la breve distanza che ci separa.
«Vuoi smetterla?» sbraito battendo il pugno sul vetro, «Te la ficco nel cu-»
La porta finestra si apre.
«Sì?»
E questo è il Nerd brufoloso? Oh. Mio. Dio.
«Piantala di suonare.» dico, puntando lo sguardo sul suo viso, «Io vorrei deprimermi in pace e tu, con la tua musichetta allegra, me lo impedisci.»
«Tu devi essere Lindsay.» dice lui. «Io sono Ryan.»
«E chi se ne frega?» sbraito.
«Bel pigiama.»
Che cosa? Che cosa?"
***
"Io lo odio. Giuro che lo odio, 'sto cretino di Ryan.
Lui ride, «Che c'è?» domando.
«Oh,» dice, «Adesso mi odi, ma poi mi amerai, lo so.»"
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In a World Like this'
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Straight Through
My Heart

Quindici
In a world like this part II
*** I've got you ***



«Perché non sei venuto con Liam?» sbuffa Jake.
«Perché lui avrebbe detto che ogni cosa è adatta a Svetlana.» rispondo, «Uh, questa cosa le piacerebbe moltissimo!» scimmiotto il nostro amico e Jake ride, «Per questo l'ho chiesto a te, almeno non scassi le palle come lui.» aggiungo mentre ci dirigiamo verso i negozi del centro. È il tre Gennaio e io non so cosa regalare a Lindsay!
«Cosa le regali?» domanda Jake.
Sospiro, «Non lo so.» dico.
«Un bracciale?» propone Jake.
«Già fatto.» gli ricordo.
«Una borsa?»
«Un'altra?» sbotto, «Fra un po' non ci sarà più spazio!» borbotto, «Aiutami!» lo supplico.
«E che ne so?» dice lui, «È la tua ragazza, non la mia!» 
Sbuffo e mi sento scemo perché non so cosa regalare a Lindsay. Non ho nessuna idea. Potrei sforzarmi fino a farmi venire il mal di testa ma non mi verrebbe in mente nulla.
«Un anello?»
Un anello? Ma è scemo? «Ma sei scemo?» sbotto guardando Jake, «Un anello? Non ti pare un po' presto?» chiedo.
Lui ride, «Bhe, dopo quello che è successo in questi mesi non mi stupirei se facessi una cosa del genere.» dice.
Io rimango in silenzio mentre avanziamo, superando un negozio di scarpe e una profumeria. «Tu che le regali?» chiedo e mi accorgo che Jake non è più accanto a me. «Jake?» lo chiamo e lo vedo fermo davanti alla vetrina di una gioielleria, intento a guardare dei cronografi.
«Non capisco perché li guardi se poi non li compri nemmeno.» borbotto.
«Perché mi piacciono.» replica lui.
Sbuffo e avanzo di qualche passo, guardando distrattamente orologi, bracciali, anelli, ciondoli a forma di lettera con un brillantino...
Aspetta, ciondoli a forma di lettera? Torno indietro e fisso le lettere in argento esposte in vetrina. La “A”, la “B” e la “C” sono sopra quei piccoli mezzi busti mentre le altre lettere sono posate sopra un pannello leggermente inclinato, coperto da quello che sembra del velluto blu. La “L”, in un elegante corsivo, è lì, che splende sotto le luci dei piccoli faretti.
“Comprami.” mi sta dicendo, “Piacerò tantissimo a Lindsay! Sono il regalo perfetto!”
Sto impazzendo.
«Uh, che belli!» esclama Jake, «È una di quelle cose che piacerà a Lindsay!»
Okay, direi che è perfetto. Compro quella e spero che a Lindsay piaccia!
Mentre siamo dentro la gioielleria e la commessa incarta la confezione con il ciondolo e la catenina, fisso Jake che guarda i cronografi, esaminandoli uno a uno. Sono convinto che se dicesse in un intervista che gli piacciono ne verrebbe sommerso.
«Andiamo?» sbotto mentre pago.
«Stavo solo guardando!» si giustifica lui.
«Se fai il bravo te ne regalo uno per il tuo compleanno.» dico e ringrazio la commessa che mi porge il pacchetto.
«Ma è appena passato!» esclama Jake e io rido.
«Oh, lo so.» dico, «Andiamo?» chiedo e Jake annuisce.
Finalmente usciamo a questo posto e ci dirigiamo verso un dinner qualsiasi. Ho fame e voglio un bel panino.

Una volta a casa nascondo il regalo accanto a quello di Svetlana e mi rilasso. 
Lindsay e Svetlana sono fuori per una giornata fra “ragazze” qualunque cosa sia e io ne approfitto per suonare un po', perché mi è venuto in mente un qualcosa che potrebbe diventare una canzone.
Forse.
Solo che Lindsay non dovrà mai saperlo. Perché la canzone sarebbe su di lei. Come tutte quelle che ho scritto da quando la conosco. Quasi nove mesi.
Suono e scrivo e canto fino a quando non sento l'auto di Lindsay varcare il cancello, velocemente sistemo tutto quanto, nascondendo i fogli dentro una cartelletta che ficco nell'armadio, dentro una valigia.
«Ciao.» esclamo raggiungendole accanto alla piscina e mi viene in mente quando ho ribaltato il materassino di Lindsay e lei si è incazzata a morte. 
«Ciao.» mi sorride lei e mi abbraccia prima di schioccarmi un bacio veloce sul viso.
Sto per dirle qualcosa quando vedo Svetlana prendere diversi sacchetti dal sedile posteriore, «Ma quanti sono?» gemo, «Non avete esagerato?» esclamo.
Lindsay ride, «No.» dice.
Immaginavo una risposta del genere. Faccio il cavaliere e prendo le borse dalle mani di Svetlana, seguo le due in casa e poso i sacchetti sul divano. «Spero che tu non abbia preso un'altra borsa.» esclamo mentre quelle due mi ignorano e vanno in cucina, «Ne hai troppe.» dico, «Non hai più spazio nell'armadio.» esclamo raggiungendole.
«Non preoccuparti.» dice Linds, «Ho solo preso qualcosa per la festa per il mio compleanno.» aggiunge e lancia un'occhiatina a Svetlana che scoppia a ridere.
Non capisco cosa ci sia da ridere in un paio di vestiti! A meno che... a meno che non abbia preso qualche completino intimo sexy! Perché non ho sbirciato nelle buste quando potevo? Adesso rimarrò con la curiosità! Uffa.
Linds mi sorride e mi porge un bicchiere di succo d'arancia, io la ringrazio e ne bevo un sorso. «Mi dici cosa hai preso?» domando.
«Mah, qualcosina.» risponde lei. 
Lo sapevo, lo sapevo che avrebbe risposto così. «Okay.» mi limito a dire, «Ma non puoi darmi qualche anticipazione?» chiedo.
Lindsay ride, «No.» cantilena, «Aspetti.» dice e ride.
Uffa.
«E va bene.» borbotto e prendo un biscotto dal pacchetto.
«Quanto sei curioso!» dice Svetlana, «Sono solo vestiti...»
Non è che la situazione migliori, con queste parole Svetlana mi ha dato la certezza che in quei pacchi ci sia qualcosa che possa vedere solo io.
E se andassi di là e dessi una sbirciatina? Potrei farlo.
Anzi, lo faccio subito. «Io... vado, allora.» dico, «Ci vediamo dopo.» bacio la fronte di Linds ed esco dalla cucina, mi avvicino al divano e guardo i sacchetti. In quale potrà essere il completino sexy?
«Sei il solito curiosone!»
Per poco non salto in aria! «Linds...» ansimo voltandomi, «Io... io non sono curioso!» dico.
Lei mi fissa, incrocia le braccia e sorride, «Come no.» dice, «E allora perché sei vicino alle borse?» chiede.
«Mi era... mi era sembrato che fosse caduto qualcosa.» butto lì, «Ma mi... ecco, ho visto male.»Lindsay ride, «Tu sei curioso e non provare a negarlo!» dice e afferra i sacchetti, «Aspetti.» aggiunge e si avvia alle scale.
«Io non sono curioso!» esclamo e mi siedo sul divano. Io non posso aspettare ancora due giorni! Diventerò pazzo.
«Sei peggio di un bambino.» mi prende in giro Svetlana, «Curiosone.» ride.
Incrocio le braccia e sbuffo, «Io non sono curioso, proprio no.» dico. Lei mi fissa e so che non mi crede, sto diventando un pessimo bugiardo.
«Come vuoi.» ride lei.
«Sì che sei curioso!» ride Lindsay scendendo le scale, «Ti ricordi che cercavi i regali nel mio armadio?» esclama e si siede accanto a me.
«Ma non è vero!» mento e le due ridono, «Io non stavo cercando i regali!» dico, «Stavo solo guardando.» borbotto, «E non prendetemi in giro!» sbotto ma l'unica cosa che ottengo è farle ridere di più.
La porta d'ingresso si apre e Cameron corre verso di noi, in testa un cappellino da Ranger e fra le braccia un pupazzo di un alligatore che è quasi più alto di lui, «Ciao!» trilla, «Lui è mio.» dice stringendo il pupazzo per il collo.
«Che bello!» esclama Lindsay, «Me lo fai vedere?» domanda piegandosi verso il bambino. Cam la guarda e si avvicina per poi posarle l'alligatore sulle ginocchia, «È bellissimo.» dice lei, «Ti sei divertito?» chiede.
Cam annuisce e infila il pollice destro in bocca, poi si gira verso sua madre, «Ho sete.» esclama, «Mammina.» dice avvicinandosi a lei, dimenticando il pupazzo, così lo prendo io e Cam sembra avere un radar: appena stringo l'alligatore il piccolo si gira e mi fissa, «È mio!» strilla, torna da noi e afferra il pupazzo. «Mio!» dice per poi trotterellare verso la cucina.
«È suo.» esclama Svetlana, «Lo aveva anche detto.» dice.
«Ma lo aveva dimenticato!» esclamo, «E poi a Linds lo ha dato, perché a me no?» chiedo.
«Perché io gli ho chiesto di farmelo vedere.» dice Lindsay, «Tu no!» ride, «E poi... sono io la sua zia preferita.» dice e si alza e, dato che lo fa anche Svetlana, lo faccio anche io.
E comunque... sono curioso. 
Sì, sono terribilmente curioso.
Dio, come farò a resistere altre quarantotto ore?

***

«Volete sbrigarvi?» sbotto, «Siamo in ritardo!» esclamo.
«Sono donne, Ryan.» esclama Greg, seduto per terra che gioca con il trenino insieme a Cam, «Sono geneticamente modificate per essere in ritardo.»
«Ah, sì?» esclama Brenda, «Geneticamente modificate per essere in ritardo?» chiede, «Bhe, allora la prossima volta che tu sarai in ritardo perché la camicia non si abbina alle scarpe ne riparliamo, okay?» dice, «E comunque... scordatelo, almeno per questa sera.»
Greg si blocca e io scoppio a ridere.
«Cosa c'è di così divertente?» domanda Lindsay e io mi volto, smetto di ridere all'istante e rimango a bocca aperta. È bellissima con quell'abitino celeste dalle spalline sottili e dalla scollatura molto accentuata. Anche Svetlana non è da meno con indosso un tubino nero. «Allora... perché ridevi?»
Eh? Cosa? Ah, sì, giusto. «Tuo fratello stasera andrà in bianco.» rispondo.
«Cosa?» dice lei.
«Ha detto che le donne sono geneticamente programmate per essere in ritardo.» esclama Brenda mentre Greg diventa rosso.
«Ah sì?» dice Lindsay, «Bhe...» guarda suo fratello «ti sta bene.» aggiunge andando a prendere la giacca e solo adesso mi rendo conto di quanto sia corto il suo vestito.
«Non è che hai dimenticato un pezzo?» sbotto, «Quel vestito è troppo corto.»
Lindsay si gira e Svetlana ride, «Non è corto.» esclama, «È fatto così.»
«Ma è corto!» esclamo, «Linds... se ti pieghi si vede tutto!»
«Uh, Ryan è geloso!» ride Greg, «Te ne sei accorto adesso che Lindsay usa vestiti cortissimi?» ride ancora.
Lindsay alza gli occhi al cielo mentre indossa la giacca, «Piantala.» sbotta. «E tu,» si rivolge a me «non rompere.» sbotta, «È il mio compleanno!» dice.
Sbuffo anche io. È tutto il giorno che ripete “è il mio compleanno!” a qualunque cosa le si dica.
«Andiamo?» chiede Svetlana, «Siamo in ritardo.»
Sbuffo un'altra volta, saluto i presenti e seguo le due fuori da casa. «Comunque è troppo corto.» ripeto mentre saliamo in auto.
Lindsay sbuffa di nuovo, «E piantala!» sbotta, «È solo un vestito!» dice.
«Un vestito troppo corto!» esclamo e la guardo mentre avvio l'auto, «Guarda, ti si vedono tutte le cosce!» ansimo, «Dio mio, gli altri vedranno tutto.» sospiro.
«Ma se staremo nella saletta!» replica lei, «Eddai, Ryan, non fare il guastafeste!» dice e mi tocca il viso, «È il mio compleanno...» soffia sulla mia guancia prima di baciarmi.
«Guardate che qua dietro ci sono io!» strilla Svetlana, «Non fate sesso mentre sono qui!» dice.
«La colpa è sua.» esclama Lindsay, «È lui che si fa le paranoie!»
Io non replico ma mi limito a sbuffare. Quelle due sono d'accordo e qualunque cosa dica si spalleggiano a vicenda.
Arriviamo da Liam che sale in auto, «Auguri!» esclama, «Per te.» dice porgendo un sacchetto a Lindsay.
«Grazie!» sorride lei e lo posa fra i suoi piedi, accanto al mio e a quello di Svetlana. Ha detto che vuole aprirli tutti insieme.
Liam si sporge fra i sedili, forse per baciare la guancia di Lindsay, «Stai fermo lì!» esclamo e lo spingo via, «Lindsay ha un vestito troppo corto e non voglio che tu guardi!» 
Liam, quello stronzo, ride. «Ryan!» dice, «Stai diventando troppo geloso!» sghignazza, «Mica voglio farmela, ho già Svetlana.» ride.
Io non dico nulla e guardo la strada. Io non sto diventando troppo geloso, non voglio che gli altri possano guardare troppo le gambe o qualsiasi altra parte del corpo di Lindsay.

«Linds... bevi più piano!» esclamo cercando di prendere il bicchiere dalle sue mani, ma lei finisce il suo cocktail in un sorso.
«E piantala!» sbotta lei posando il bicchiere sul tavolo, «È il mio compleanno!» ride e si alza in piedi, «Andiamo?» dice a Svetlana che annuisce, ride e si alza in piedi.
«Dove andate?» domando, «Linds?» la chiamo, «Dove andate?» ripeto e mi alzo in piedi e le seguo, dietro di me c'è Liam, evidentemente è geloso anche lui. «Lindsay!» esclamo quando lei esce dalla zona privata e va nel locale, «Linds...» mormoro guardandola salire su una pedana rialzata di una cinquantina di centimetri, «E se andassi a prenderla?» chiedo.
«Ma stanno solo ballando!» ride Liam, «Lasciala in pace!» dice e sbianca anche lui appena si accorge che un gruppo di ragazzi è attorno a loro e ballano e le indicano e ridono.
«Loro non vogliono solo ballare!» esclamo indicando quelli, «Avranno in mente qualcos'altro!» sbotto.
«Io... quello sta allungando le mani!» strilla lui, «Adesso lo ammazzo.» sbotta, «Poi vediamo se lo fa ancora.» dice e io riderei se non la pensassi come lui.
«Voi non andate da nessuna parte.» esclama Aaron, «Lindsay vi ammazza se fate una roba del genere.» dice.
«Sì ma... le stanno toccando!» esclamo indicando i ragazzi. Se avessi un seghetto trancerei le loro mani, poi vediamo come fanno a toccare la mia ragazza.
«E lascia che si divertono!» sbuffa Aaron, «È il suo compleanno.» ride.
«Non è una scusa valida.» borbotto incrociando le braccia, sempre più deciso ad andare a spaccare la faccia a quelli.
Fortunatamente Lindsay e Svetlana scendono da lì e ritornano da noi ridendo.
«Non potevate ballare qui?» sbotto quando rientriamo nel salottino.
«No!» risponde Lindsay, «E piantala!» ride sedendosi, «È il mio compleanno!» esclama, «E se facessi portare la torta?» domanda e noi diciamo che va bene, lei si alza ed esce per tornare pochi secondi dopo, «Adesso la portano.» dice sedendosi di nuovo e accavallando le gambe, il vestito si alza e ho l'istinto di togliermi la camicia e buttargliela sulle gambe oppure prendere la tovaglia che ricopre il tavolo che c'è in quell'angolo e avvolgerla attorno a lei.
Sono geloso, ecco. 

*-*-*

Apro il regalo di Aaron, «Uh, grazie!» esclamo fissano la cintura nera piena si brillantini bianchi, «È bellissima!» dico, apro il regalo di Chris e Jake che è il più grande di tutti. «Una borsa!» sospiro, «È meravigliosa.» dico fissando la stoffa verde chiaro con disegni più scuri e il ciondolo a forma di stella appeso a uno dei manici.
«Perché?» sbotta Ryan, «Ne ha già troppe!» si lamenta, come se fossero nel suo armadio e non nel mio.
«E piantala.» sbuffo e prendo il regalo di Liam e lo scarto.
«Un'altra borsa?» ansima Ryan.
«Veramente non è una borsa.» lo correggo, «Ma un porta gioie da viaggio.» dico, «Mi piace, è bellissimo.» dico.
«Il mio! Il mio!» esclama Svetlana mettendomi fra le mani il suo regalo. Apro il sacchetto blu e prendo la scatoletta trasparente.
«E quella cos'è?» ansima Ryan mentre io tolgo la trousse nera dalla scatola e la apro, rivelando alcune matite per gli occhi, una per le labbra, un rossetto rosa e una piccola palette con otto ombretti e un applicatore. C'è anche un buono per Macy, da usare sul sito o direttamente in negozio. Questo sì che è un buon motivo per tornare a New York.
Ryan sbuffa, «Finalmente tocca a me.» dice e io prendo il suo pacchetto, rimango senza fiato quando vedo il ciondolo. «È... è bellissimo.» mormoro e mi sporgo verso di lui, lo abbraccio e gli bacio una guancia, «Grazie.» dico e lo bacio di nuovo, questa volta sulle labbra.
«Prego.» sorride lui, «Sono contento che ti piaccia.» dice.
«Okay... facciamo un altro giro?» chiede Chris indicando l'altra bottiglia di spumante.
«Certo!» rispondo e guardo Ryan, pronta a rispondere che è il mio compleanno a qualsiasi sua obiezione. Per fortuna non dice nulla, così Chris stappa la bottiglia e versa il contenuto nei bicchieri.
Questo è il più bel compleanno che potessi desiderare.

La porta si spalanca e una Melanie con il fiatone appare. Dietro di lei c'è uno dei camerieri, «Scusate,» dice «non sono riuscito a fermarla.»
«Non preoccuparti.» dico e gli faccio cenno che può andarsene. «Allora, che vuoi?» le domando.
Melanie mi fissa e si lascia scappare un piccolo singhiozzo, «Perché non mi hai invitato?» dice cercando di non scoppiare in lacrime, «L'ho saputo da Instagram!» urla.
«È la mia festa e invito chi voglio.» dico, rimanendo seduta, con Ryan accanto a me, il suo braccio sinistro sulle mie spalle. 
Melanie mi fissa, fa un paio di passi avanti e scoppia a piangere, «Non è giusto.» singhiozza, poi spalanca gli occhi e mi fissa. Guarda me e Ryan, la sua mano che gioca con i mie capelli. «Che cosa stai facendo?» domanda e non capisco se lo chiede a me o a lui.
«Secondo te?» ride Chris, «Hai la faccia rigata di nero.» esclama. Melanie lo guarda appena per poi fissarsi su di me e Ryan, «E... ah, non ti importa che io ti abbia bloccato?» aggiunge e ride di nuovo.
Melanie stringe i pugni, «Glielo hai detto?» mi urla, «Perché?» strilla per poi piangere di nuovo.
«Sono stato io.» ribatte Liam alzando una mano, «E non urlare.» dice, «O piangere.» ride, «Anche se ci siamo abituati, ormai.» dice.
Lei lo guarda e tira su con il naso, «Smettila!» strilla poi torna a guardare me e Ryan, «Cosa stai facendo?» chiede e io mi domando se è stupida o se fa solo finta. «Io credevo che... credevo che...» esclama asciugandosi le lacrime, «Io piacevo a Ryan.» dice, come se parlasse con se stessa che con noi. «Io... è colpa tua!» esclama rivolgendosi a me, «Prima gli piacevo!» grida.
«Ma è scema?» domanda Svetlana ma Melanie sembra non sentirla, presa dai suoi singhiozzi.
«Perché hai smesso di seguirmi?» chiede per l'ennesima volta.
Ryan sbuffa, «Perché sei una piaga, Melanie.» risponde, «Sei infantile e appiccicosa e se mi rompi le palle un'altra volta giuro che ti blocco.»
Melanie lo fissa, sgrana gli occhi, poi scoppia a piangere con singhiozzi rumorosi: a la testa bassa, le braccia lungo i fianchi. Sembra Cameron, solo che lui ha quasi tre anni e ha tutto il diritto di piangere in questo modo, Melanie ne ha ventitré ed è solo ridicola. «Io ti piacevo.» mormora fra un singhiozzo e l'altro.
«E piantala.» sbuffa Jake, «Tu non piacevi prima, non piaci adesso e non piacerai mai a Ryan.» dice, «Perché non ti guardi attorno?» domanda, «A qualcuno tu piaci, ma sei troppo stupida per accorgertene.»
Melanie alza la testa e lo fissa a bocca aperta, «Cosa?» pigola, «Io voglio Ryan.» dice.
Guardo Aaron per capire cosa stia pensando in questo momento, però la sua espressione è la solita e non traspare nulla. Né dolore, né ansia, né dispiacere. Con un sospiro il bassista si alza e si avvicina a Melanie, «Smetti di piangere.» le dice, anche se sembra più un ordine che una richiesta e Melanie smette di singhiozzare all'istante, «Vieni.» continua lui, la voce dolce. I due escono dal salottino lasciando la porta semi-aperta ed è come se fosse un segnale perché ci alziamo tutti quanti, quasi in sincronia, e ci piazziamo davanti alla porta: io, Svetlana e Chris ci accucciamo a terra, gli altri tre sono sopra di noi.
Aaron e Melanie sono in fondo al corridoio, vicino alla porta sul retro, quella che viene usata per portare dentro gli strumenti delle band che suonano nel locale e i rifornimenti del bar.
«Devi smetterla di pensare a lui.» dice Aaron, «Ryan non ti vuole.»
«Ma io gli piacevo...» pigola lei, «Poi è arrivata quella e lui non mi ha più guardato. È colpa sua!» esclama.
Eh, immaginavo che dicesse che era colpa mia.
«No.» mormora Aaron e le sfiora il viso macchiato di trucco, «Ha ragione Jake: tu ne gli sei mai piaciuta.» dice, «Ma piaci a qualcun altro.»
Chissà se Melanie adesso ci arriva. Chissà se riesce a capirlo.
«A chi?» chiede lei.
«Ma è pirla?» borbotta Svetlana.
Ecco.
Aaron sospira, sfiora i capelli di Melanie e la fissa, «Io.» risponde, «Tu mi piaci.» dice.
Lei lo guarda e sgrana gli occhi, «Ma io voglio Ryan!» strilla ed è più deficiente di quanto pensassi. Uno dei camerieri, appena uscito dal bagno, si volta verso di lei, poi vede noi sei e corre via.
«Vattene, Melanie.» esclama Aaron, «Vai a casa.» dice, «Ora!» grida.
Melanie ha un sussulto, poi si volta e mentre lei corre via, noi torniamo ai nostri posti.
«Certo che se voi lavoraste per la C.I.A. saremmo fottuti.» esclama Aaron rientrando nel salottino.
«Eh?» esclama Jake con in mano una rivista. Al contrario. Idiota.
«Niente.» dice Aaron, «Vi ho visto che eravate lì per sentire cosa le dicevo.» aggiunge e si lascia cadere sul divano, «E Jake... gira quella rivista che è sottosopra.» dice, «Sembri una barzelletta.»
Jake avvampa e gira la rivista.
Odio Melanie per aver rovinato la mia festa di compleanno. E non mi ha neppure fatto il regalo, la stronza.
«Sì, okay... facciamo un altro giro?» esclama Chris e tutti quanti approviamo.
«Non mi ha fatto il regalo.» borbotto.
«Bhe, non l'hai invitata.» esclama Ryan.
«Ma è maleducazione presentarsi a una festa di compleanno senza un regalo.» dico, «È una stronza.» borbotto e guardo Aaron, che se ne sta seduto, il faccino triste. Se rivedo Melanie la prendo a sberle, giuro. Le do così tanti ceffoni da farle diventare la faccia tutta rossa.
Si può essere più stupidi di lei? No, non si può. Bevo un altro sorso e mi dico che non vale la pena rodersi il fegato per quella lì. Proprio no.
Quindi... divertiamoci e basta.

***

«Continuo a pensare che quel vestito sia troppo corto.» mormora Ryan mentre entro nel bagno della mia stanza.
Non è corto! Mi arriva a metà coscia! 
Dieci minuti dopo torno in camera, Ryan è seduto sul letto, con addosso solo i boxer neri.
«Non è corto.» dico, «È della lunghezza giusta.» continuo fermandomi davanti a lui. Lentamente abbasso la zip posta sul fianco sinistro, sfilo le braccia e spingo il vestito a terra.
Ryan mi fissa a bocca aperta, «Tu... tu... tu...» balbetta.
«Ti piace?» chiedo e sfioro la stoffa verde scuro, semi-trasparente e leggera, quasi impalpabile, del baby doll; Ryan annuisce e posa le mani sui miei fianchi.
«Sì.» soffia e mi attira a sé, io mi siedo a cavalcioni sopra di lui, gli circondo il collo con le braccia e sorrido.
«Volevi rovinarmi la sorpresa,» mormoro «cercando di scoprire cosa avessi comprato.» dico, «Cattivo.» mormoro prima di baciarlo.
«Sì...» soffia lui sul mio collo prima di baciarlo, «Sono un bambino cattivo.» dice e poi mi bacia le labbra.
Rido, «Sei un bambino curioso.» lo prendo in giro e chiudo gli occhi quando lui mi tocca la schiena.
«Ti amo.» soffia Ryan nel mio orecchio.
C'è un modo migliore per concludere questa serata?

***

Entro in camera e mi sdraio sul letto. Sono appena tornata dall'aeroporto, dopo aver accompagnato Svetlana.
«Ehi.» esclama Ryan entrando dalla porta finestra.
«Ciao.» dico mettendomi seduta, mentre lui si sistema sulla sedia della scrivania, proprio difronte a me, indossa un paio di jeans chiari e una felpa blu, il cappuccio calato sulla fronte.
«Promettimi di non ridere.» dice Ryan e in quel momento il mio cellulare suona.
«Lo prometto.» dico anche se non capisco perché. Sblocco lo schermo del cellulare e leggo il messaggio di Svetlana, che mi dice che le manco di già.
Ryan sospira e abbassa il cappuccio della felpa, lo fisso senza dire nulla e porto il cellulare alle labbra, coprendole.
«Non ridere.» dice lui.
«Non sto ridendo.» esclamo cercando di non ridere mentre fisso i suoi capelli, «Giuro!» dico, abbasso lo guardo, sfioro l'icona della fotocamera e scatto una foto.
«Non fare foto!» squittisce Ryan, «Lindsay! Lo avevi promesso!» esclama.
«Io avevo promesso di non ridere, non che non avrei scattato foto.» gli faccio notare, «Sembri una pecorella.» dico e indico i suoi capelli che sono una via di mezzo fra l'essere mossi e l'essere ricci, «Una pecorella!» scoppio a ridere.
«Lindsay!» gracchia lui e si sporge verso di me ma io indietreggio, finendo con la schiena contro la tastiera del letto, «Lo avevi promesso!»
«Scusa!» rido, «Ma sei così... buffo.» dico fra una risata e l'altra, «Scusa.»
«Me lo avevi promesso.» ripete Ryan raggiungendomi, «Dammi il telefono, voglio cancellare la foto.»
«No!» dico e mi divincolo mentre lui inizia a farmi il solletico, «Sei così... buffo!» rido e mi giro sul fianco, allungando la mano con la quale stringo il cellulare verso il pavimento
«Non sono buffo, sono ridicolo.» ribatte lui cercando di prendere il cellulare dalla mia mano ma io sono più veloce e lo faccio scivolare sotto al letto.
«Non sei ridicolo.» esclamo, «Ryan, mi stai schiacciando la gamba.» dico e lui si sposta di un poco, lasciandomi giusto lo spazio per farmi sdraiare di schiena. «Fammi alzare.»
«No.» dice lui, «Hai riso, avevi promesso di non farlo.»
«Lo so... è che...» lo guardo e mi impongo di non ridere, «Oh, scusa!» mormoro e scoppio a ridere, «Ma sei così carino!» dico e gli sfioro i capelli, facendoli scorrere fra le dita.
«Uh, grazie.» borbotta lui, «Io ti svelo il mio segreto e tu mi prendi per il culo.»
«Ma sei carino sul serio.» dico mentre con la mano sinistra continuo a sfiorargli i capelli e con la destra tocco il suo viso, «Devo solo abituarmi.»
Ryan sbuffa, «Non ti abituerai perché adesso vado a sistemarmi.» replica.
«No! Rimani così, almeno per oggi.» dico, «Per favore.» aggiungo prima di baciarlo, «Fallo per me.» dico e lo bacio di nuovo.
Lui sospira, «E va bene.» acconsente, «Ma lo faccio solo perché ti amo.»
Sorrido, «Grazie.» dico, «La mia bella pecorella.» esclamo e gli scompiglio i capelli.
«Lindsay.» geme lui, «Non chiamarmi pecorella.»
«Okay,» sorrido «pecorella.»
«Vuoi la guerra?» ringhia Ryan, «E allora preparati.» dice e inizia a farmi il solletico, lo fa per mezzo minuto, smette e inizia a baciarmi, «Ti piaccio lo stesso?» chiede.
«Certo.» lo rassicuro e guardo la sveglia, «I miei torneranno fra un paio d'ore...» informo Ryan.
«Ah sì?» dice lui e mi bacia. «Perfetto.» mormora prima di baciarmi di nuovo, «Così poi ho una scusa per lavarmi i capelli...»
Rido, «Cattivo.» dico, «Ti impedisco di lavarti i capelli.» esclamo, «Per favore!» lo supplico, «Sei così carino!»
Ryan sbuffa, «E va bene.» dice, «Ti amo.» soffia prima di baciarmi ancora.
«Ti amo.» mormoro stringendomi a lui.
La mia bella pecorella.

«Perché non ti fai vedere così?» chiedo, mi sdraio sulla pancia e tengo la testa sollevata e la poso sulle mani.
«Mi vergogno.» dice lui.
«Ma se sei così carino!» esclamo e mi trattengo dal ridere. «È per questo che ti svegli sempre prima di me?» chiedo e lui annuisce, «E che ti chiudi in bagno e ci passi le ore?»
«Sì.» dice Ryan, «E non ci passo le ore.» sbotta, «In mezz'ora ho fatto.»
Alzo gli occhi al cielo, «E poi vi lamentate di noi ragazze!» sbuffo, «Mezz'ora?» sbotto, «Neppure io ci impiego così tanto per asciugarmi i capelli!» dico.
«Bhe...» Ryan mi guarda e rimane in silenzio per qualche istante, come se non sapesse cosa dire, «Voglio che siano perfetti.» dice.
Mi rigiro e mi metto seduta, appoggio la schiena alla tastiera e distendo le gambe, «Sei carino anche così, sai?» esclamo e Ryan posa la testa sul mio grembo, «E ti amo lo stesso, anche se sembri una pecorella.»
«Linds!» sbotta lui e io rido.
«Okay, okay.» dico, «Non ti prendo più in giro.» prometto e passo la mano fra i capelli, facendoli scivolare e attorcigliare attorno alle dita.
Rimaniamo in un piacevole silenzio per qualche minuto.
«Non sono ridicolo?» chiede Ryan a bassa voce, girandosi e guardandomi.
«No.» lo rassicuro, «Sei bellissimo.» dico e sorrido; anche lui lo fa e si mette seduto, facendo forza con le braccia.
«Anche tu.» soffia, «Soprattutto quando sei nuda.» dice.
«Idiota.» borbotto, lo abbraccio e lo bacio, «Ti amo anche quando sei una pecorella idiota.» sbotto.
Ryan ride, «Oh, ti amo anche io.» dice e mi bacia.

*-*-*

«Che fai?» domando fissando Lindsay seduta alla scrivania, davanti al portatile.
«Guardo Facebook.» risponde lei, le bacio la testa e fisso lo schermo, guardando la foto — il panorama notturno di una città — di una certa Charlene.
«Chi è?» chiedo e inizio a leggere il lungo papiro che la ragazza ha scritto sotto la foto.
«Una mia ex compagna dell'università.» risponde lei, «È il racconto dell'appuntamento con il suo ragazzo.» spiega e la guardo, notando qualcosa di strano sul suo viso, qualcosa come il rimpianto, la delusione e la voglia di avere un appuntamento, di poter uscire e camminare lungo la strada e tenermi per mano, baciarmi senza la preoccupazione di avere paparazzi dietro ogni angolo.
«Possiamo andare da Starbucks, se vuoi.» esclamo e le bacio il collo.
«E se ci vedono?» borbotta lei, «Ryan, le sai le regole.» dice.
Scrollo le spalle, «Bhe... è un appuntamento di lavoro.» replico, «Basta che non facciamo nulla di compromettente.» dico.
Dimmi di sì, dimmi di sì, dimmi di sì.
Lei sospira e mi guarda, «Ryan...»
E dimmi di sì, cavolo!
«Vuoi dirmi che rinunci a una colazione o a uno spuntino da Starbucks?» chiedo e rido, «Hai la febbre?» domando e le poso la mano sulla fronte, «Non è da te rinunciare a un cappuccino offerto da me!»
Lei mi fissa, le labbra spinte in fuori, «Cappuccino con muffin e ciambellina?» domanda, fissandomi.
Sorrido e le poso le mani sulle spalle, le massaggio piano, «Certo.» dico, anche se so che prenderà tutti i dolci disponibili, «Come sempre.» aggiungo e le bacio la testa.
«Si può fare.» mormora.
Fisso lo schermo del portatile, «Allora... vuoi uscire con me oggi alle quattro?» chiedo, «Ti offro la merenda da Starbucks.»
«Alle quattro?» domanda Lindsay e fa girare la sedia, facendomi quasi cadere sul letto, «Ma... Ryan!» esclama.
«È un appuntamento di lavoro, se qualcuno ce lo chiede.» spiego, «Dai, dimmi di sì!» esclamo e le tocco le gambe, le prendo le mani e sfodero il mio miglior sorriso.
«E va bene.» acconsente lei.
«Grazie!» esclamo e l'abbraccio.
«Ma sei tutto sudato! Che schifo!» sbotta lei e mi spinge via, «Che hai fatto?» chiede.
Scrollo le spalle, «Sono andato a correre in spiaggia.» rispondo e mi alzo, «Alle quattro, okay?» dico e le bacio il viso, «Se fai tardi vado da solo.»
«Se non ti fai una doccia non vengo da nessuna parte.» dice lei e incrocia le braccia.
Rido, «Vado.» esclamo, «A dopo.»
Un'ora dopo esco da casa e vedo Lindsay avvicinarsi all'auto. Le sorrido perché è bellissima. Lo è sempre.
«Sei puntuale.» le dico.
Lei alza gli occhi al cielo, «Lo sono sempre.» replica, rido e le bacio il viso. 
Una manciata di minuti dopo posteggio accanto a Starbucks e fisso la mano di Lindsay che ho tenuto fino a qualche minuto fa. Vorrei poter uscire, fare il giro dell'auto, aprire la portiera e aiutare Lindsay a scendere e tenerla per mano.
E baciarla.
Ma non si può. Stupide regole.
«Ti sei incantato?»
«Eh?» faccio e mi accorgo che Lindsay mi sta sventolando una mano davanti alla faccia, «No,» rispondo e sorrido «stavo solo pensando a quanto mi costerai oggi.»
Lei ride, «Oh, mi hai invitato tu.» dice, «Non prenderò tanto.» aggiunge, «Basta che scendiamo in fretta.» sorride.
Lo faccio anche io, le sfioro il viso e finalmente scendiamo dall'auto.
«Ma avevi detto che non avevi tanta fame.» sbotto fissando i tre muffin, la ciambella e una brioche di sfoglia. «Se avevi tanta fame che facevi, ti mangiavi il barista?» chiedo.
Lei sbuffa, «E che palle che sei.» borbotta, «Sono quattro robe.» dice e posa il vassoietto e il bicchiere su uno dei tavoli liberi.
«Veramente sono cinque.» le faccio notare.
Lei sorride, prende uno dei muffin al cioccolato e ne stacca metà con un morso, «Tu mi hai invitato,» dice «non lamentarti.»
Io non mi lamento! Solo non capisco dove la ficchi tutta la roba che manda giù.
La guardo, mentre mangia e sorseggia il cappuccino e ho una voglia matta di baciarla, adesso, e fanculo le regole. Lindsay mi fissa e sorride, «Se rimani lì impalato mi mangio anche il tuo muffin.» dice.
«Non provarci.» esclamo e prendo il dolcetto.
«Altrimenti?»
«Altrimenti...» mi sporgo verso di lei, «Lo vedrai a casa.» mormoro e sorrido.
«Oh.» ride lei, «E cosa mi farai?» domanda, «Mi leghi al letto?» soffia.
Mi blocco, preso in contropiede, poi sorrido, «Potrebbe essere.» dico e sorrido di più nel vederla a bocca aperta, in un attimo la sua faccia diventa rossa, come se avessi premuto un interruttore.
«Non ridere!» squittisce, «Ryan!»
«Sei adorabile quando diventi un pomodoro.» la prendo in giro.
Linds sorseggia il cappuccino, «Idiota.» sbotta. 
Rido, «Sei adorabile.» dico e lei ripete che sono un idiota, e vorrei dirle che la amo tanto e vorrei baciarla mi mi trattengo, così bevo un sorso di caffè e noto la donna con la ragazzina che si alzano alle spalle di Lindsay. La piccola mi fissa, gli occhi castani sgranati mentre quella che deve essere la madre la spinge piano verso l'uscita.
«Mamma.» mormora la ragazzina, «È Ryan! È lui!» dice e mi indica, le sorrido e la saluto con la mano, facendola arrossire. Non avrà più di dodici anni e ha il faccino tondo pulito, con le lentiggini sul naso e guance, che la fanno sembrare più piccola. Lindsay si volta e sorride alle due, mentre la ragazzina mi guarda, imbambolata e io non so cosa fare o cosa dire.
«Salve.» dice la donna facendo un passo verso di me, «Mia figlia è una tua fan... puoi fare una foto con lei?» domanda.
«Certo.» dico, mi pulisco le labbra e mi alzo in piedi, «Come ti chiami?» chiedo con un sorriso.
«Ashley.» mormora lei.
«È un bel nome.» dico e mi chino e l'abbraccio, aspetto che la madre ci scatti una foto e drizzo la schiena.
Ashley sorride, fruga nella sua borsa e prende un blocco per appunti e una biro blu, «Mi fai un autografo, per favore?» chiede, la voce che è poco più di un sussurro e le guance rosse.
«Certo.» dico, prendo il blocco e la biro, mi appoggio al tavolino e le scrivo una piccola dedica, le ridò il tutto e le sorrido, «È stato un piacere conoscerti.» dico e le due si allontanano.
«Non sei gelosa?» chiedo a Lindsay dopo aver preso un altro sorso di caffè.
«E di chi?» chiede lei, «Di un'undicenne?» dice, «È praticamente una bambina.» ride.
Sorrido e le stringo la mano per pochi secondi, poi afferro un pezzo del suo muffin e lo mangio.
«È mio!» sbotta lei, «Idiota.» borbotta.
Rido e ne prendo un altro pezzo le mi dice che sono stupido ma lo fa sorridendo, «Li ho pagati io!» le ricordo.
Lindsay mi fissa, la testa piegata di lato, afferra delle codette di zucchero cadute dalla ciambella e le spinge fra le labbra, «Uffa.» dice poi si sporge verso di me, prende quello che è avanzato del mio muffin e ne stacca un pezzo e lo mangia, il tutto senza smettere di sorridere.
Bevo altro caffè le sorrido e credo che potrei scoppiare dalla felicità in questo istante.

«Sono le sei e un quarto!» esclama Lindsay fissando lo schermo del cellulare.
«Di già?» chiedo. Sembra che siamo arrivati dieci minuti fa!
«Sì.» sospira lei.
Guardo il bicchiere vuoto, «Che ne diresti se ce ne andassimo e prendessimo una pizza e un paio di birre?»
Lei sorride, «Offri tu?» domanda.
«Sì.» rispondo.
«Okay.» dice lei, infila il cellulare in borsa e si alza in piedi, «Andiamo?» esclama, allegra, «Voglio la pizza mezza al salmone e mezza ai gamberetti.»
«Io la voglio con i peperoni e salsiccia.» ribatto aprendo la porta.
«Ma io la voglio metà e metà.» replica lei.
«La mia metà è con i peperoni e salsiccia, la tua falla come vuoi.» esclamo.
«Ma io non voglio un quarto e un quarto.» sbotta lei, fermandosi nel parcheggio e guardandomi con le mani sui fianchi, il braccialetto che le ho regalato che tintinna ogni volta che
muove la mano.
«Io prendo solo una pizza gigante.» esclamo e la supero, «La mia metà è ai peperoni e salsiccia, la tua falla come vuoi.» dico e apro la portiera, «Linds?» la chiamo, «Non fare quel faccino» sospiro guardando le sue belle labbra spinte in fuori, in un broncio che dovrebbe convincermi ma che non lo farà.
«Uffa.» sbuffa, «Allora la voglio tutta al salmone e tonno affumicato.»
«Mi costi un patrimonio.» dico e la guardo salire in auto.
«Tu ti sei offerto.» sorride lei e io le scosto i capelli dal viso, portando una ciocca dietro l'orecchio.
«Non puoi vincere sempre.» soffio contro la sua guancia e avvio il motore. «Ma uffa.» sbuffa lei.
«Hai trovato la pizza che volevi, cos'altro vuoi?» chiedo mentre lei apre la portiera.
«Volevo il dolce.» borbotta sedendosi e io le passo il cartone della pizza e il sacchetto con le due birre, «Ehi! Non puoi metterle dietro?» domanda e io chiudo la portiera.
«No.» rispondo sedendomi accanto a lei, «E per il dolce... non ti sembra di averne mangiati troppi, per oggi?» le chiedo.
Lei sbuffa, «Uffa.» dice.
La guardo, «Ho il gelato, nel freezer. Al cioccolato e vaniglia.» sospiro.
«Mi fai i waffles, per favore?» domanda lei guardandomi e tirando fuori un faccino da cucciolotto a cui stavolta non resisto.
«Certo.» rispondo, avvio l'auto e parto.

***

«Lei vuole un appuntamento con tutti i crismi!» esclamo e mi siedo sul divano del salotto della casa di Aaron, sprofondo fra i cuscini e sbuffo.
«Ma te lo ha detto lei?» chiede Jake.
«No.» rispondo.
«Quindi non ne sei sicuro.» dice lui e io lo prenderei a cazzotti.
«Sì che ne sono sicuro.» dico, «La conosco, lo so.» continuo, «Mi basta guardarla in faccia per capire che vuole un cazzo di appuntamento, che vuole uscire a cena e poi fare tutte quelle cose che fanno le coppie.» dico, «È da quando ha letto l'appuntamento di quella Charlene che lo vedo che ci pensa e ci ripensa e vuole anche lei una cosa del genere!» sbotto.
«E che cavolo di appuntamento era?» domanda Aaron, apparentemente comodo fra tutti 'sti cuscini.
«Il suo fidanzato ha prenotato in un ristorante vicino a Central Park, un tavolo accanto alla vetrata da cui si vedeva la città, poi hanno fatto un giro in una carrozza trainata da due cavalli, poi lui ha fatto fermare il cocchiere accanto a un laghetto e... le ha chiesto di sposarla.» spiego.
«Vuoi chiedere a Lindsay di sposarti?» ride Chris, «Non ti pare un po' presto?»
«Oh, taci.» sbotto. «No, non adesso e non è quello il punto.» dico, «Il punto è che lei vuole un appuntamento!» esclamo.
«Ma qui non c'è né Central Park né un ristorante da cui si può vedere!» ride Jake e lo prenderei a sberle.
«Per i cavalli potresti farcela.» ride Aaron, «Al maneggio puoi fare un giro a cavallo durante la notte, però devi sapere cavalcare.» dice «E tu sei caduto da cavallo!»
«Io non sono caduto da cavallo!» urlo, «Sono inciampato quando sono sceso, ecco.» incrocio le braccia al petto. Che amici imbecilli che ho.
«Bhe, potresti portala alla collina degli innamorati.» dice Liam. «C'è una bella vista, è un posto romantico...»
«Poi ti porti un paio di tramezzini e qualche birra ed ecco la tua cena con vista su qualcosa che non sia la parete delle stanza di Lindsay.» ride Jake.
«Un paio di tramezzini e due birre?» sbotta Chris, «E che è, una roba fra ragazzini delle medie?» chiede, sarcastico, «Non ci vuole mica tanto a ficcare in una borsa frigo un paio di contenitori con... che so, vitello tonnato o insalata di mare e una bottiglia di Dom Pérignon.» dice.
«Vitello tonnato?» replica Jake, «E che è, un incontro fra vecchietti dell'ospizio?»
«Sempre meglio di due tramezzini!» sbotta Chris.
«Alla collina degli innamorati si va per scopare, non per fare un pic-nic!» sbotta Jake, «Devo spiegarti tutto?»
«No!» esclama Chris, l'aria vagamente offesa, «E parli proprio tu... mi pare che l'unico che non abbia concluso nulla in questi mesi sia proprio te.» dice e sorride, trionfante.
Jake incrocia le braccia e sbuffa, mentre io mi chiedo quanto siano idioti da uno a dieci. Probabilmente quindici.
Dai, come si può pensare che una serata alla collina degli innamorati, con del vitello tonnato, due tramezzini, un paio di birre e dello champagne possa essere romantico?
Che idea assurda! È così stupida da essere... perfetta.
È un genio!
Chris è un genio!
«Sei un genio!» esclamo guardandolo, «Un genio.» ripeto e mi disincastro da tutti i cuscini e mi alzo in piedi. «Un genio!» dico, «Io vado, ci vediamo!» prendo le mie cose, «Aaron, grazie per la birra!» dico, «Ci vediamo!» li saluto e me ne vado.
So cosa fare. Spero solo che Cameron mi presti il SUV.

*-*-*

«Domani sera usciamo.»
Guardo Ryan come se fosse uscito di testa. E in effetti lo è, se si è scordato delle regole.
«Ryan...» sospiro.
«Non è niente di che.» dice e scrolla le spalle, «Ci facciamo un giro lungo la costa, ci fermiamo a prendere un paio di Big Mac al McDrive e ci fermiamo in un parcheggio, magari uno che dà sull'oceano e mangiamo. Altro giro e torniamo a casa.» spiega.
Lo fisso, guardando gli occhi azzurri, le labbra piegate nel suo miglior broncio da cucciolotto abbandonato. E chi resiste?
Io no.
«E va bene.» acconsento.
Ryan sorride e mi dà un bacio sulle labbra, «Grazie!» dice, «E mettiti un bel vestitino!»
«Perché?» chiedo, «L'ultima volta ti stavi rodendo dalla gelosia!» rido.
«Perché così posso guardarti le gambe mentre guido!» esclama lui.
«No, tu quando guidi guardi solo la strada.» dico e incrocio le braccia, «Non le mie gambe.» sbotto, «Puoi farlo quando mangiamo, se vuoi.» sorrido.
«Bhe, farlo in quel momento mi pare ovvio.» ride, «Non c'è neanche bisogno di dirlo, tesorino.»
«Non chiamarmi tesorino.» sbotto e infilo la chiave nella serratura, cosa che avrei fatto  prima, se qualcuno non mi avesse interrotto, «Altrimenti la vedi con il binocolo per i prossimi tre mesi.»
Ryan ride e mi segue in casa, «Oh, non credo proprio.» dice, «Non resisteresti così tanto tempo.»
Mi giro di scatto e lo fisso, «Ne sei sicuro?» chiedo, «Ma proprio sicuro?» ripeto e Ryan mi guarda a bocca aperta, «Io non ne sarei così sicuro, se fossi al tuo posto.» dico e mi giro.
«Linds... scusa.» borbotta e io sorrido mentre vado in cucina, «E dai, era un nomignolo carino.»
«Ma non mi piace.» esclamo e apro il frigo, «Pecorella.»
«Non chiamarmi pecorella!» sbotta lui.
«E tu non chiamarmi tesorino.» sorrido mentre lui si siede su uno degli sgabelli.
«Okay.» sbuffa, «Dai anche a me il succo, per favore?» chiede.
Verso il succo d'arancia anche a lui e gli porgo il bicchiere, «Perché vuoi passare una serata in auto?» chiedo.
Ryan mi fissa, poi sorride, «Per fare qualcosa di diverso.» dice, «Altrimenti stiamo sempre in casa o al locale con gli altri.» aggiunge e beve un sorso. «Mi sto iniziando ad annoiare.»
Annuisco, «Okay, per me va bene.» dico. E su vuole un abitino corto... abitino corto sia, poi vediamo il “voglio guardarti le gambe”.

***

«Ryan?» chiamo chiudendo la porta di casa, infilo il mazzo nella pochette e vado verso la sua auto. 
E per fortuna che sono io quella che fa tardi!
«Ryan?» ripeto bussando alla sua porta, lui la spalanca, mi guarda e spalanca la bocca.
«Lin-Linds...» balbetta, «È... È...»
«Ti piaccio?» chiedo e sfioro il corpetto del vestito. È nero, senza spalline, con la scollatura a cuore. La gonna scende ampia, con un paio di balze fino a metà coscia. Solo che le balze sono di tulle, praticamente trasparenti. La vera gonna è sempre nera, attillata e cortissima, così corta da coprire il necessario e non di più. Mi sistemo la giacca di pelle nera e l'allaccio, senza smettere di fissarlo.
«Tu... sì.» dice lui, io mi scosto per farlo passare e lui chiude la porta, «Sei bellissima.» sorride e mi bacia le labbra; mi posa un braccio sulle spalle e mi conduce verso l'auto, solo che prosegue oltre la sua.
«Ryan?» dico, «La tua auto è dall'altra parte.»
«Oh, ma non andiamo con la mia.» ride lui e mi bacia la testa.
«Ah.» faccio, «E con quale andiamo?» chiedo e, quando lui si ferma davanti al SUV di papà, lo guardo, «Mio padre lo sa?» chiedo.
«Certo che lo sa.» risponde Ryan e mi apre la portiera.
Io salgo, un po' dubbiosa. Perché usiamo questa e non la sua o la mia? «Perché?» chiedo.
«Perché sì.» risponde lui, mi bacia e avvia il motore.
C'è qualcosa di strano, in tutto questo, ma non m'importa, così mi rilasso contro il sedile, accavallo le gambe e lascio che Ryan mi sfiori il ginocchio.

Stiamo andando su e giù per il lungomare da almeno venti minuti e sembra che Ryan non abbia intenzione di fermarsi. «Inizio ad avere fame.» esclamo.
«Adesso mi fermo.» dice Ryan e svolta a destra, poi a sinistra e ancora a destra.
«Ma il McDrive è dell'altra parte.» gli faccio notare.
«Andiamo a quell'altro.» esclama lui.
«Dovevi girare a destra!» esclamo qualche minuto dopo quando Ryan torna sul lungomare.
«Non andiamo al Mc Drive.» dice e si ferma in una piazzola di sosta, mi guarda e sorride. «Fidati.» esclama, prende un qualcosa dalla tasca della portiera del guidatore e me la porge.
È una mascherina nera, una di quelle che si usano per dormire. «Che dovrei farci?» chiedo.
«Indossarla.» ride lui, la prende e me la mette, facendola scivolare sulla mia fronte fino a coprirmi gli occhi, «Quante dita sono?» domanda.
«E che ne so?» sbotto, «Non vedo un cazzo!» dico.
«Perfetto.» esclama lui.
«Perfetto cosa?» sbraito, «Adesso mi tolgo 'sto affare e tu vai dritto al McDrive altrimenti mangio te, okay?»
Ryan mi afferra la mano, «Lindsay... fidati di me, ti prego.» dice, «È una sorpresa.» continua, «Per favore.»
Inspiro lentamente, «Okay.» dico, «Basta che mi fai mangiare.»
Ryan ride, «Mangeremo, non preoccuparti.» dice e mi bacia il dorso della mano prima di posarla sulla sua coscia, così decido di rilassarmi di nuovo e non pensare a nulla.
Qualche minuto dopo Ryan ferma l'auto. «Posso togliermi la benda?» chiedo.
«No.» risponde lui e sento la sua portiera aprirsi, «Stai ferma qui.»
«Ryan!» lo chiamo, «Ryan! Che diavolo combini?» strillo e mi accorgo che sta trafficando con i sedili posteriori. «Non rompere l'auto di papà!» sbotto.
«Non la rompo.» ride lui, «E tu non agitarti e non levarti la benda, altrimenti mi rovini la sorpresa.»
Io sbuffo, incrocio le braccia al petto e tendo le orecchie per sentire il minimo rumore. Se rompe il SUV gli spacco la testa. «Ryan...»
«Non sto rompendo nulla.» dice lui.
«Non è per questo.» sospiro, «Parlami... che se stai in silenzio mi fai venire l'ansia.»
«Okay.» ride lui e inizia a canticchiare una canzoncina che Cam ha ascoltato per parecchio tempo quando era qui e io mi rilasso, fino a quando non apre la portiera dalla mia parte e io caccio uno strillo.
«Chi pensavi che fossi?» dice lui, mi slaccia la cintura e mi prende per mano.
«Mi hai spaventato.» borbotto, «Posso toglierla?»
«Non ancora.» dice lui e mi aiuta a scendere, facciamo solo due passi poi Ryan si ferma, «Sali.» dice e io obbedisco: poso le mani sul sedile ribaltato e gattono fino all'altro lato, mi giro e appoggio la schiena alla portiera.
«Posso toglierla?» chiedo e sento la portiera chiudersi e la mani di Ryan sfiorarmi le caviglie.
«Sì.» soffia e io mi tolgo la benda e fisso l'abitacolo: Ryan ha ribaltato i sedili e steso una trapunta rosso scuro. In un angolo c'è un secchiello con dentro una bottiglia di... Dom Pérignon? Ha preso del Don Pérignon?
Ci sono due piatti di porcellana bianchi, due bicchieri per lo champagne e un frigo da campeggio, oltre a una borsa frigo azzurra. Piccole candeline elettroniche sono sparse qua e là, regalando un'atmosfera romantica.
«È... bellissimo.» sospiro e guardo Ryan, fissando gli occhi azzurri che sembrano brillare alla luce delle candeline, «Grazie.» soffio e gli getto le braccia al collo, «Grazie.» ripeto e gli bacio e labbra. Lui ride e mi stringe, mi bacia il collo.
«Sono felice che ti piaccia.» dice, «Beviamo?» chiede e io annuisco, prendo i due flûte, lui afferra la bottiglia, la stappa e riempe i due bicchieri, infila la bottiglia nel secchiello e prende uno dei bicchieri.
«A noi.» esclama alzando il bicchiere.
«A noi.» dico e bevo un sorso, «Allora... in quei cosi c'è da mangiare, vero?» dico, «Perché ho fame.»
Ryan ride, «Sì, c'è da mangiare.» dice e apre il frigo da campeggio, prende un contenitore trasparente e lo apre: insalata di mare con cozze, vongole, polpo e gamberetti. Prende delle posate e mi passa una forchetta mentre io ribalto il tavolino estraibile dal sedile del guidatore — ci sono due porta bicchieri — poso i due flûte e prendo il piatto, Ryan li riempe entrambi, estrae un contenitore più piccolo pieno di salsa rosa dal frigo e me lo porge insieme a un cucchiaino. Apre la borsa frigo e prende un contenitore con delle fette di pane tostato.
«Che è?» domando indicando quella che sembra una grossa pentola in acciaio.
«Uno scalda vivande portatile.» risponde lui e alza il grosso coperchio, rivelando altri tre coperchi più piccoli.
«Non devi attaccarlo all'accendi sigari?» chiedo.
«No.» dice e mi porge una cappasanta dall'aria buonissima.
Io lo ringrazio e mi metto comoda, afferro un tovagliolo di carta e lo stendo sulle cosce per poi posarci sopra il piatto.
«Finalmente mangi.» ride Ryan, «Così non rompi più.»
Faccio una smorfia, infilzo un paio di cozze, le passo nella salsa rosa e infilo il tutto in bocca. «È buono.» dico, «Grazie.»
Lui mi sorride, «Ti amo.» mormora con le labbra sporche di salsa rosa.

Siamo fuori, seduti sul cofano del SUV e guardiamo le stelle. Il posto è leggermente isolato, non ci sono case, lampioni o hotel con mega fari ad illuminare l'insegna e il cielo è limpido.
«Vuoi il dolce?»
Guardo Ryan, «Hai il dolce?» esclamo, «E cosa aspettavi a dirmelo?» sbotto.
Lui ride, mi bacia e scivola dal cofano, «Arrivo subito.» dice.
Faccio un respiro profondo, mi sdraio sentendo il cofano praticamente freddo sotto di me.
«Linds?» mi giro verso Ryan, fissando i due piatti con dentro i profitterol.
«Oh.» faccio, «Grazie.» dico e prendo i due piatti mentre Ryan va a prendere lo champagne che ormai è quasi finito. Quando torna poso i piatti sul cofano, prendo i bicchieri e attendo che lui si sieda accanto a me.
«È buono.» esclamo, «L'hai preso in pasticceria, vero?» chiedo.
«Potrei saperlo fare.» replica Ryan, «Io so cucinare.» dice.
Rido, bevo un sorso di champagne e lo guardo, «Non dico di no, ma è un profitterol. I bignè sono difficili da fare.»
«Okay, l'ho preso in pasticceria.» ammette e io mi sporgo e lo bacio.
«Sei adorabile.» dico e lo guardo mentre le sue labbra si allargano in un sorriso che gli illumina il volto.
Ha fatto tutto questo per me! Nessuno aveva mai fatto una cosa così romantica e così dolce per me. Chissà come gli è venuta in mente una cosa del genere. Magari ha mangiato troppi waffles alla Nutella e lo zucchero gli ha intasato il cervello.
Mangiamo il dolce tenendo i piatti sulle ginocchia, i bicchieri accanto a noi ed è tutto così bello, così meraviglio che se morissi adesso morirei felice. Quando finiamo Ryan prende i piatti e i bicchieri e ritorna in macchina, lo sento far rumore mentre sistema, poi torna e si ferma davanti a me, posa le mani sulle mie ginocchia e si sporge. Non ci impiego neanche due secondi che sono già contro di lui e lo bacio sul collo. Ryan ride e poi geme piano prima di staccarsi e sedersi accanto a me.
«Sei bellissima.» dice.
«Credevo che il vesto fosse troppo corto.» replico.
«Ma ti vedo solo io...» lui scrolla le spalle e sorride prima di spingermi a sdraiarmi sul cofano. In un attimo le sue labbra sono sulle mie, le sue mani mi accarezzano e poi Ryan abbassa la cerniera del vestito. «Cazzo.» mormora quando si accorge che sono senza reggiseno.
«Bhe... che fai, smetti?» rido.
«Tu... io...» balbetta, «Non me l'aspettavo.» dice e fa correre la mano lungo la coscia e mi guarda, il suo viso a pochi centimetri dal mio.
«Non vado in giro senza mutande!» esclamo.
«Peccato.» fa lui e riprende a baciarmi, «Sarebbe stato... interessante.» commenta e mi bacia la spalla.
Io chiudo gli occhi e inarco la schiena, godendomi la sue carezze.
«Andiamo dentro?» soffia Ryan al mio orecchio e io annuisco a occhi chiusi. Ryan si alza, mi aiuta a scendere, rientriamo nel SUV e ci sdraiamo, vicini, io sotto, lui sopra.
Apro per un attimo gli occhi mentre lui mi toglie il vestito e fisso le stelle che si vedono dal finestrino sul tettuccio: è semplicemente meraviglioso, tutto quanto. Io, lui, noi due, l'oceano dietro di noi, il cielo stellato che ci avvolge... 

*-*-*

Non capisco perché debba sempre svegliarmi con i capelli di Lindsay su tutta la faccia. li scosto piano e le bacio la spalla. Linds mugugna qualcosa d'incomprensibile, si appallottola come un gatto tirando su il plaid fino al mento.
Con uno sbadiglio mi metto a sedere e mi sporgo fra i sedili davanti, verso il cruscotto dove ho lasciato il telefono. Sono le tre e dieci del mattino e credo sia l'ora di andare a casa. «Linds?» chiamo e sbadiglio ancora, «Lindsay? Dobbiamo andare.»
«Mmh.» fa lei e dà uno strattone al plaid che mi fa quasi cadere.
«Linds?» chiamo ancora e la scuoto piano, «Svegliati, tesorino.» dico e le bacio i capelli.
«Non chiamarmi tesorino.» borbotta.
Rido, «E tu svegliati.»
«Che ore sono?» chiede abbassando la coperta quel tanto che basta per scoprire gli occhi.
«Le tre.» rispondo e inizio a rivestirmi.
Lindsay sbadiglia e si mette seduta. «Okay.» dice, «Non è che hai dell'acqua?» chiede stropicciandosi gli occhi.
«Sì.» rispondo, prendo una bottiglietta dal frigo portatile e gliela porgo.
«Grazie.» mormora, la apre e ne beve un paio di sorsi prima di richiuderla e darmela, velocemente si riveste, sistemiamo tutto quanto — anche se c'è poco da mettere a posto, visto che l'ho già fatto mentre mangiavamo.
Lindsay scavalca i sedile e si siede su quello davanti mentre io piego il plaid e la coperta, tiro su i sedili posteriori, metto nel bagagliaio tutto quanto e la raggiungo.
«Ti è piaciuto?» chiedo.
«Sì.» soffia lei, ancora mezza addormentata. «Grazie.» dice, «È stato bellissimo.» mormora e si rilassa contro il sedile mentre io faccio manovra, «Come ti è venuta un'idea del genere?» chiede.
Per qualche secondo rimango in silenzio, «Così.» rispondo, «All'improvviso.» dico, «Sai... quelle cose che ti saltano in mente così, quando pensi ad altro?» chiedo e lei annuisce, «Ecco.» dico.
Lei mi sorride, un sorriso bellissimo, che le illumina il volto e io continuo a guidare.
Arriviamo a casa in silenzio e Lindsay scende dall'auto con un sonoro sbadiglio. «Da me o te?» chiede appoggiandosi all'auto.
«Entrambi.» rispondo.
«Eh?» fa lei, «Cosa?»
«È un appuntamento, ognuno dorme a casa sua.» rido e la accompagno verso la porta.
«Dopo quello che abbiamo fatto in auto?» chiede lei fissandomi con perplessità.
«Sì.» dico.
«Perché?» chiede lei, fermandosi e guardandomi.
«Perché sì.» dico, «Eddai, Linds, tesorino bello... ho organizzato una serata romantica, falla finire come voglio.» esclamo, «Per favore!» la supplico e sarei pronto a sbattere i piedi se fosse necessario.
Lei mi guarda e sospira, «Okay.» dice, «Ma domani mattina mi prepari i waffles.»
Io annuisco, la stringo a me e la bacio, «E va bene, tesorino.» dico.
«Non chiamarmi tesorino.» sbotta lei, «Pecorella.» dice e mi tocca i capelli.
Io rido, la bacio e l'aiuto ad aprire la porta, «Buona notte.» soffio e la bacio di nuovo.
«'notte.» sbadiglia lei, sorride e chiude la porta.
Sorridendo torno al SUV, tolgo la mia roba e controllo che sia tutto a posto, sbadigliando entro nella dependance, lascio il frigo portatile e la borsa frigo in cucina e vado in camera. Passo velocemente dal bagno, mi spoglio e rimango ad osservare la stanza di Lindsay finché le luci non si spengono. Solo a questo punto vado a letto anche io.
Che idea idiota! Quella di dormire separati, intendo. Perché me ne sono uscito con una roba del genere?
Imbecille!
E se andassi da lei? Lei si sveglierebbe e mi darebbe un calcio, lo so. Quindi, forse, è meglio rimanere qui.
Sbuffo, sospiro, mi rigiro nel letto, sospiro, sbuffo, mi rigiro e sbuffo.
Sono un cretino.
Qualcuno bussa al vetro. Scosto le lenzuola, mi alzo e mi avvicino piano alla porta finestra, scosto la tenda e sorrido nel vedere Lindsay.
«La tua idea è una vera stronzata, sai?» sbotta entrando. «Una minchiata assurda, fattelo dire.» continua e si siede sul letto. «Ogni tanto sei un vero idiota, lo sai?» borbotta sdraiandosi.
«Lo so.» dico raggiungendola.
«Eh, meno male.» dice lei, si sistema contro di me e sbadiglia, «Passare la notte lontani dopo un appuntamento... che idea scema.» dice.
«Lo so.» dico, «Me ne sono accorto anche io.» esclamo e la stringo a me, sentendo il suo corpo contro il mio fianco, le sue gambe contro le mie... e i suoi piedi freddi contro i miei.
L'amo anche per questo, dopotutto, anche se sono praticamente ghiacciati. Ma finché non me li ficca da qualche altra parte mi sta bene.
«Per fortuna.» mormora lei, «Credevo che fossi diventato scemo all'improvviso.» dice e sbadiglia. «Buona notte.» mormora.
«Buona notte.» dico, le bacio io capelli, le prendo la mano e chiudo gli occhi con un sorriso.

*-*-*

Ryan non c'è. Non è nella mia stanza e neppure in bagno. Lo chiamo, girando per ogni stanza di casa ma non c'è. Così vado nella dependance e lo chiamo, ma lui non risponde. Salgo le scale di corsa, l'ansia e la paura che mi stringono lo stomaco in una morsa dolorosa.
Dov'è Ryan? Dov'è andato? Perché non mi ha svegliato?
Apro la porta della sua stanza e il cuore manca un battito quando mi accorgo che non c'è più nulla di Ryan. Mancano le foto sulla mensola, la bandiera dei Miami Dolphin appesa al muro, mancano le sue chitarre. Apro l'armadio e cado a terra quando lo trovo completamente vuoto.
Se ne è andato. Ryan è andato via.
Mi ha lasciato.
Mi abbraccio le ginocchia e scoppio a piangere.
Apro gli occhi, di scatto, e mi ritrovo al buio e non so dove sono. Ci metto qualche attimo per capire dove mi trovo: nella mia cuccetta del tour-bus, accanto a Ryan, che dorme, sdraiato sul fianco sinistro e sembra un angioletto.
Era solo un incubo, uno stupido e terribile incubo. Scosto la tendina e salto giù dalla cuccetta — ovviamente quella di sopra — e vado in bagno a sciacquarmi il viso e soffiarmi il naso, appena esco da lì vado nella zona cucina e mi verso un bicchiere d'acqua.
Non mangerò mai più la pizza ai peperoni e salsiccia subito prima di andare a dormire. Mai più, se mi fa fare incubi del genere, ho ancora l'ansia e la paura addosso. Bevo l'acqua, getto il bicchiere nel cestino e torno alla cuccetta.
«Mmh.» mormora Ryan socchiudendo gli occhi.
«Sono io.» sussurro e mi sdraio accanto a lui, che mi abbraccia, «Dormi.»
«Dove sei andata?» biascica ad occhi chiusi, il viso reso azzurrognolo dalla piccola luce ai piedi della cuccetta.
«In bagno.» rispondo.
«Mmh.» mormora lui e mi bacia i capelli, sdraiandosi sulla schiena e continuando a stringermi. Mi sistemo sopra di lui, la testa sul suo torace, la mano stretta nella sua.
Non so che ore sono ma è ancora notte, saranno le due, le tre del mattino a giudicare dal cielo nero che si vede dalla finestrella. Abbiamo avuto una serata ad Orlando e adesso siamo diretti a Columbia, in South Carolina.
Mi stringo di più a Ryan, cercando di scacciare le orribili immagini dell'incubo dalla mia testa. Ryan non se ne andrà, Ryan non mi lascerà, lui mi ama e io lo amo ed è tutto perfetto, tutto perfetto e continuerà ad essere così lo so, me lo sento.
Voglio che sia così.
Il problema è solo che quella pizza era troppo pesante e io non l'ho digerita, tutto qui.
Respiro il profumo di Ryan e mi concentro sul rumore del suo respiro e chiudo gli occhi.
Sarà tutto perfetto, d'ora in poi.
Perché ho Ryan al mio fianco e tutto il resto non conta. 



Scusate il ritardo, ma prima ero bloccata (stupida Melanie!), poi ho avuto da fare, poi mi sono dimenticata, poi mi sono scordata di postare il capitolo... scusate!
Ormai siamo giunti alla fine della prima parte, perché sì, c'è una seconda parte! ( e forse anche una terza... *fischietta*)
Qualche curiosità sui titoli. Su quindici capitoli un titolo è una canzone di SHane Filan (quel cretino che non muove il culo dall'Irlanda e UK), uno di Lee Ryan, tre dei Westlife (quegli stupidi che si sono divisi! Ma perchééééééééééééééééééééé ç_ç), due di Ben Montague (il mio amore!), tre dei Blue, e cinque dei Backstreet Boys.
Bhe, ringrazio ogni persona che ha letto la storia, quelle che l'hanno messa nei preferiti, nelle seguite e nelle ricordate. Ringrazio chi ha commentato e chi commenterà.
Siete dei pasticcini ♥.
Grazie ancora,
Barbara.

   
 
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