Serie TV > Shameless US
Ricorda la storia  |      
Autore: imperfectjosie    13/01/2016    4 recensioni
«Una volta mi hai detto di aver realizzato che razza di fichetta io fossi» continuò divertito «È esilarante vedere come si siano invertite le parti!» terminò, sciogliendo un braccio dal petto per indicarlo con evidente scherno.
| Mickey/Ian |
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fandom: Shameless US
Rating: Giallo (Il linguaggio, CAZZO!)
Pairing: Mickey/Ian 
Note: Mickey è ancora in carcere, giusto? E allora cosa diavolo ci fa in piena notte, nel bel mezzo del campo di baseball?
Josie's corner:

  
So sweet as usual, Mick.
No sono seria, allora... ho scritto questa breve OS dopo aver visto l'ultima puntata della quinta stagione. E la mia voglia di entrare nel monitor per picchiare selvaggiamente la faccia lentigginosa di Ian Gallagher. Chi non ci ha pensato? Siamo seri, su! 
Questi due sono la mia nuova OTP e penso mi divertirò un mondo da qui a quando - si spera - Noel Fisher deciderà di deliziarci ancora con il suo Mickey (perché ne abbiamo tutti bisogno)
Non so cosa dire, ve lo giuro HAHAHA Sono esaurita, è mezzanotte, domani lavoro tutto il giorno e niente... è una vita triste.
Comunque spero di farvi passare una buona mezz'oretta. 
Enjoy the read and let me know. 
Josie.

I hope this comes back to haunt you

 
 

Ian non ricordava un sacco di cose.
Non riusciva, nello specifico, a ricordarsi di un sorriso bianco e sarcastico affacciarsi sotto a due occhi pericolosamente azzurri. Non perché non lo volesse, aveva spesso fantasticato sul come potessero essere diventati dopo un anno esatto da quando quel vetro sporco li separava dai suoi.
Di Mick, Ian, ricordava poche cose.
L'odore intenso di tabacco e colonia scadente, le mani piccole e forti, l'accenno di barba che puntualmente si insinuava tra le cosce bianche che ospitavano – nelle notti più calde – il viso stremato del moro.
Di Mick, Ian ricordava questo.
Era buffo pensare come i suoi ricordi viaggiassero tra le lenzuola, quando qualcosa glielo portava in mente. E così, camminando senza una vera meta, si era ritrovato a scavalcare la grata di quel campo. Ancora, questa volta completamente solo.
Era buffo credere che in una periferia talmente piccola e disastrata, sarebbe riuscito a rimuovere completamente il ricordo di Mickey, ma la parte razionale e libera dai farmaci del suo cervello un po' lo sperava. E fu quando - impigliato tra il ferro della rete – trovò un pezzo sudicio della maglietta di Mick, che l'altra metà sperava invece di rivederlo.
Gli aveva chiesto una menzogna quel giorno e Ian aveva accettato, gliel'aveva offerta su un piatto, aspettando che l'altro capisse. Aveva capito, il rosso era riuscito a sentire un crack, lo stesso che gli aveva sfondato i timpani quando decise di abbandonarlo.
Strinse forte quel piccolo tessuto tra le dita, volgendo lo sguardo al campo completamente vuoto.
«Hey, Gallagher!»
Gli occhi verdi si sgranarono velocemente e Ian sollevò lo sguardo, fino a scorgere una figura in mezzo all'erba, proprio al centro, oltre la grata.
Non poteva sul serio essere lui.
Era in galera. Mickey era in galera.
Battè le palpebre più volte, ma quella lingua ironicamente stretta tra i denti in un sorriso di pura sfida, sembrava fottutamente reale. E non stava svanendo affatto.
«Mick» sussurrò, lasciando andare il pezzo della maglia per riuscire a stringere il ferro della recinzione tra le dita. Le nocche bianche dallo sforzo.
Il moro spostò il peso sull'altra gamba, incrociando le braccia al petto e piegando appena la testa di lato.
«”Mick” i miei coglioni. Che cazzo ci fai qui?»
Ian scosse la testa, inarcando un sopracciglio rosso e storcendo il naso in un mezzo sorriso sghembo.
«Non sono io quello in galera» rimbeccò sarcastico, osservandolo mordersi il labbro inferiore e sbuffare un mezzo sorriso.
Poi Mick alzò la testa al cielo e l'unico pensiero ad attraversare la mente di Ian in quel momento, fu la voglia irrefrenabile di abbattere la dannata griglia che li saperava, per succhiare avidamente quella porzione di pelle esposta.
«Lo sai» continuò il moro, riportandolo alla realtà.
Era tornato a fissarlo e si sentì stranamente vulnerabile.
«Una volta mi hai detto di aver realizzato che razza di fichetta io fossi» continuò divertito «È esilarante vedere come si siano invertite le parti!» terminò, sciogliendo un braccio dal petto per indicarlo con evidente scherno.
Ian si irritò, strattonando la recinzione che scricchiolò pericolosamente sotto al peso nervoso dei suoi muscoli. Ringhiò in direzione del campo, avvicinando il viso colmo di lentiggini fino a toccare la superficie fredda.
«Vaffanculo, Mick! L'ho fatto per te!» quasi urlò a pieni polmoni, ma Mickey non si scompose affatto e sembrava non avere alcuna intenzione di avvicinarsi.
Se c'era una cosa che Ian detestava, era essere giudicato.
Ma se c'era una cosa che Ian amava, era il carattere di Mickey Milkovich. A dispetto di tutto e tutti. Di ciò che la società pensava di lui, dello schifo che aveva sopportato fin da bambino e fece violenza su se stesso, per non ripescare dalla memoria il ricordo del corpo di Terry su quello del suo ex-ragazzo svenuto.
«L'hai fatto per me? Oh che carino, aspetta che mi ci pulisco il culo con il tuo fottuto finto buonismo del cazzo!»
«Mick» rispose stanco, lasciando la presa sul ferro e posandoci invece la fronte.
Gli era mancato, cazzo. Gli era mancato da morire. E sapeva di non averne alcun diritto.
«È per questo che sei qui, vero? Per me» lo punzecchiò, addolcendo il tono di voce abbastanza, per quanto il suo essere lo permettesse.
Solo con Ian, ci riusciva.
«Non è così, ti sbagli»
«Io dico che sei un frocio cagasotto»
«Smettila» sibilò in risposta il rossino, tremando vistosamente sotto alla voce ironica dell'altro che sembrava non provare interesse nel alleggerirgli la pillola.
«È come il tizio basso e moro che ti sei scopato l'altra notte nel cesso del club, dico bene?» continuò, imperterrito, marcando ogni parola avvelenata con gesti espliciti e sorrisi aperti.
«Per favore, basta»
«No, continuiamo invece, cazzo. Hey, ti ricordi il nome? Nicky, mi pare»
Ian ormai piangeva come un bambino, i tubi dei farmaci che avrebbe dovuto prendere la mattina dopo rotolarono sull'asfalto quando si piegò sulle ginocchia, senza riuscire a mollare la presa sulla grata.
Avrebbe voluto strapparla via, correre da lui e picchiarlo fino a fargli seriamente male, poi farci l'amore in mezzo al campo, dirgli che non aveva mai smesso un attimo di amarlo e che la vita aveva il sapore di una sconfitta ingestibile, da quando non c'era più.
«Ti prego, Mick»
«Sono io qui quello che ti prega, fanculo. Ti prego di farla finita con queste stronzate da pre-mestruo e portare il tuo culo in carcere. Oh, già che ci sei comprami due stecche di Marlboro rosse e fatti una foto con l'uccello in tiro. Sai com'è, mi annoio» lo aggredì, senza tradire una punta d'acidità nel tono e allargando le braccia al nulla.
Fu in quel momento che Ian sollevò lo sguardo. E lo vide.
Non era mai stato bello, non bello nel vero senso della parola, ma sapeva di libertà, di proibito, qualcosa che il sé stesso un po' più giovane non avrebbe mai dovuto toccare.
E invece lo aveva fatto. E si era macchiato insieme a lui, fino a farsi male.
Ma in mezzo a quel campo, quella sera, allucinazione oppure no, Mickey gli sembrò bello come nessun altro.
«Non puoi fare niente per me, Mick»
«Mettimi alla prova, coglione!»
Il rosso voltò appena la testa per riprendere fiato e quando ascoltò quelle parole, tornò a fissare davanti a sé, ma il campo era vuoto. Mickey non c'era più. Insieme a lui, anche il suo odore era svanito nel nulla, lasciando ad Ian la voglia irrefrenabile di percepirlo un'altra volta, e ancora una. Per sempre.
Strinse le labbra, sollevandosi in piedi con l'aiuto delle braccia ancora stese a stringere la recinzione.

*

Il carcere puzzava di urina e disperazione. Si domandò distrattamente come facesse Mickey a sopravvivere là dentro e si odiò, per averlo lasciato con l'inutile speranza che lo avrebbe aspettato.
Strinse il corpo nel cappotto verde, seguendo una guardia oltre la sala dei controlli e superando una porta chiusa elettricamente che si aprì con un sonoro “click”.
«Cinque minuti, non di più. Il detenuto sta facendo il bravo, possiamo per una volta chiudere un occhio e concedergli delle visite normali, libere dal vetro. Ma hey... mi stai ascoltando, ragazzo?» si irritò l'uomo, piantando le mani sui fianchi larghi ad osservare la testa rossa di Ian vagare da una parete all'altra.
Il giovane Gallagher voltò la testa, annuendo piano e lo sbirro sospirò, fino a spingere con una mano la porta grigia davanti a loro, dandogli spazio per entrare.
«Non più di cinque minuti sono stato chiaro? E niente stronzate» lo avvisò nuovamente, spingendolo dentro la stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Ian dubitava di essere rimasto totalmente solo e spostò lo sguardo su un enorme parete apparentemente spoglia, notando ai margini del soffitto un paio di telecamere con la spia rossa accesa.
«Cosa cazzo ci fai qui?»
Sobbalzò al tono severo di quella voce, voltandosi velocemente.
Mickey era lì, in tenuta arancione, seduto ad un tavolo d'acciaio freddo come i suoi occhi. Mani e gambe legate insieme da una catena abbastanza spessa.
Ian deglutì.
«Sei sordo, cazzo?! Ti ho chiesto cosa ci fai qui, Gallagher» ringhiò di nuovo, arricciando il naso in una smorfia di disprezzo e amarezza.
Gli guardò le mani, ricordandosi di come una volta si posavano dolcemente sulla sua testa rossa, promettendogli che in un modo o nell'altro sarebbe andato tutto bene.
Ma Ian non aveva prestato sufficiente attenzione, né fiducia. E si sentì incredibilmente fuori posto. Avanzò lentamente verso il corpo teso di Mickey.
«Ho sputtanato la cosa più importante della mia vita» sussurò con voce roca, guardandolo dritto negli occhi e serrando le labbra, quando il sopracciglio scuro di Mickey si sollevò appena.
«Ma davvero?!» fu la risposta sarcastica dell'altro.
Mickey non era bravo a mentire sulle proprie emozioni e Ian aveva notato la pelle delle braccia accapponarsi appena. Nè sorrise leggermente e si sentì vivo, per la prima volta in un anno.
«Mick, senti»
«Hey, baciami il culo, ok?» ringhiò, con il dito medio destro bene in vista.
Ian sospirò, aggirando il tavolo fino a piazzarsi di fronte a lui e vederlo sollevare la testa dal basso, per guardarlo meglio.
«Ti ho portato due cose»
Alla vista del volto scettico di Mickey, Ian sorrise, decidendo che non era stata poi un'idea tanto folle dare retta ad un'allucinazione dettata dalla mancanza dei farmaci. Così affondò entrambe le mani nelle tasche della giacca, tirando fuori un paio di pacchetti di sigarette e una foto stropicciata.
Glieli porse, mordendosi un labbro in attesa.
Mickey lo osservò attentamente, poi spostò gli occhi azzurri sulle mani nivee del ragazzo e ci mise le sue, frugandone il contenuto.
«Stai scherzando, vero?» domandò ironico, posando i pacchetti sul tavolo e prestando totale attenzione all'erezione che aveva tra le mani, immortalata in una foto per la quale, forse, avrebbe dovuto ringraziare Lip e la sua usa e getta.
«Non direi, no» fu la risposta sincera di Ian, seguita da una scrollata di spalle e dal solito sorriso sghembo che aveva il potere di scogliere persino l'animo combattivo di un Milkovich.
Mickey si leccò le labbra, tentando di nascondere senza troppo successo un sorriso.
«Mi pianti in mezzo alla strada come un coglione, inseguito dalla tua psicopatica sorella del cazzo armata di un fottuto fucile, mi prometti che... cazzo, Ian... fingi una promessa inesistente, sparisci per un anno lasciandomi solo in questa merda e poi ti presenti qui con un paio di sigarette e la foto del tuo cazzo in tiro? Che cazzo ti cali là fuori? La cosa mi preoccupa»
Poteva vedere chiaramente il petto di Mickey seguire il corso dei suoi respiri accelerati oltre il tessuto arancione. Ian voleva toccarlo, ma si trattenne.
«Se ti dico che ho fatto lo stronzo, cambia qualcosa?» azzardò lentamente, abbassando il tono di voce e guardando il moro passarsi una mano sulla bocca, chiaro segno di battaglia interiore.
Ian sperava fosse quella parte che non si era dimenticata di lui, a vincere.
«Cosa cazzo vuoi ancora da me?»
«Mi ami ancora, Mick?» sputò ansioso, il cuore che quasi sfondava la cassa toracica.
«E tu mi hai mai amato, cazzo?! Dico sul serio, lo hai mai fatto? Cristo santo... non si può nemmeno finire in galera e sperare di starsene un po' fottutamente in pace, cazzo!» imprecò a denti stretti, stirandosi sulla sedia e sollevando il capo al soffitto.
Ian sapeva.
Conosceva Mickey abbastanza bene da riconoscere che se si fosse concesso il lusso di guardarlo, avrebbe ceduto. Così richiamò la sua attenzione con un calcio bene assestato.
Mickey si tirò in piedi di scatto, allarmando la guardia subito tranquillizzata da Ian con un'alzata della mano.
Andava bene. Mickey ansimava di rabbia, ma andava bene. Questo era il loro rapporto. E Ian sorrideva come uno stupido, consapevole di non averlo mai perso, nonostante tutto. Nonostante quella malattia del cazzo che lo aveva costretto a spezzargli il cuore.
«Ti devi fare la barba»
«Succhiamelo!» fu la repentina risposta del moro. Affaticata dalle catene, la mano “U-UP” stretta sul pacco e il bacino leggermente sporto in avanti.
Ian inarcò un sopracciglio rosso, prima di scoppiare a ridere.
Non rideva così da tempo, ne era passato talmente tanto, che gli addominali gli facevano un male fottuto.
Anche Mickey rideva, in silenzio. Quella lingua sempre spinta contro i denti e l'azzurro di nuovo vivo.
«D'accordo Mick, lo farò, ma prima esci da questa merda di posto. E te lo giuro, cazzo... ti aspetterò»
«Sei serio... merda»
Non era una domanda, ma una riflessione.
Ancora in piedi di fronte ad Ian, Mickey lo osservava allargare le braccia con un sorriso, prima di avvicinarsi ancora.
Avrebbe potuto allontanarsi, ma non lo fece e rimase lì, a sentire l'odore di muschio bianco e sigarette invadergli nuovamente i polmoni.
«Abbracciami e ti spezzo tutte e due le gambe, cazzo» tentò di metterlo in guardia con il solito tono minaccioso un po' strascicato dall'emozione, ma fu inutile.
Non lo abbracciò, comunque. Si limitò solamente a sfiorargli il naso con il proprio e fu la sensazione più bella del mondo.
«Sono la persona più fottutamente incasinata del pianeta, Mick, ma tu mi guardi come se fossi un quadro... e mi fai sentire qualcosa. Con te sento, anche senza l'aiuto delle maledette pillole» gli soffiò sulle labbra, staccandosi in tempo – prima che la guardia lo chiamasse – per osservare il volto stravolto di Mickey.
Le guance leggermente arrossate, la bocca schiusa e gli occhi più chiari del solito.
Ian sorrise, indietreggiando fino alla porta con il braccio alzato in segno di saluto. E una promessa. Non sarebbe scappato, non di nuovo.
«Fatti la barba, sembri un pappone messicano» lo avvisò con un dito puntato e una mano stretta intorno alla maniglia d'uscita.
Mickey ringhiò, piantando i piedi per terra con entrambe le dita medie sollevate per aria.
«Ma vaffanculo, cazzo»
«Ti amo»
Abbassò gli insulti al suono di quella semplice frase che – ripensandoci attentamente – non aveva mai sentito pronunciare dalle labbra di Ian. Un brivido si fece largo in lui, riempiendolo di calore nelle vene.
Quando il sorriso del rosso sparì da quella stanza, Mickey tornò seduto, fermo a passarsi nervosamente una mano tra i capelli scuri.
«Cazzo» sibilò, piantando gli occhi sul cavallo dei pantaloni, diventato improvvisamente soffocante.


END
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shameless US / Vai alla pagina dell'autore: imperfectjosie