Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: Lisachan93    14/01/2016    0 recensioni
Rose Smith è ritornata a Gellert Wood.
Ogni anno attende con trepidazione l'arrivo dell'inverno per poter tornare alle sue lezioni di snowboard, ma soprattutto per ritornare dal suo adorato istruttore: Josh Campbell, bello come il sole ma freddo come il ghiaccio. Rose aveva da sempre una cotta per lui.
Una notte, Rose è di ritorno ubriaca dal party di un amico. Non riesce a trovare la strada di casa e nel bosco si imbatte in un perfetto sconosciuto dall'aria misteriosa e anche un po' maleducato che tutto sommato sembra volerla aiutare.
Dal testo:
"«Hey tu, ma da piccolo non ti hanno insegnato a camminare?», sbottò al malcapitato. Nella foga, fece qualche passo in avanti e inciampò in un ramo. Si versò la birra sugli stivali da neve appena comprati ed emise un ringhio di rabbia. Dal buio totale, una mano la afferrò saldamente per un braccio, sorreggendola e aiutandola a non creare più casini del necessario.
La voce profonda di un ragazzo le giunse alle orecchie: «Chi sei e che diavolo combini?»"
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
LEI
 
Era ormai da un’ora che camminava nel buio pesto con passo pericolosamente incerto. Era in cerca della via per il cottage di famiglia, quello dove passava le vacanze invernali, ma con l’alcol in circolo sembrava tutto così difficile. Barcollava instabile sui suoi passi ed era sul punto di arrendersi e mettersi a dormire ai piedi di un albero, quando all’improvviso andò a sbattere contro qualcosa di alto e solido.
«Ahi», mugolò una voce maschile e profonda. D’istinto, strinse la presa sulla lattina di Miller. Non voleva rischiare di sprecare dell’ottima birra solo perché qualcuno non faceva attenzione a dove metteva i piedi. L’alcol le aveva talmente annebbiato la testa che, almeno all’inizio, non realizzò di essere appena stata trovata. Piuttosto si premurò di dirne quattro al deficiente, brandendo la lattina per incutergli timore.
«Hey tu, non hai mai imparato a camminare?», sbottò. Nella foga fece qualche passo in avanti e inciampò in un ramo. Si versò la birra sugli stivali da neve nuovi di zecca. Emise un ringhio soffocato.
Dal buio totale una mano la afferrò saldamente per il braccio sinistro, sorreggendola. La voce profonda di un ragazzo le giunse alle orecchie: «Chi sei e cosa diavolo combini?».
‘Ottimo’, pensò Rose, ‘Il deficiente non sa camminare e chiede a me cosa combino.’
«Come osi, brutto sfacciato, rivolgerti così ad una sign…», ma non riuscì a terminare la frase che un sonorissimo singhiozzo le uscì dal profondo della gola. Estremamente imbarazzata, farfugliò allo sconosciuto qualcosa che somigliavano a delle scuse. La voce scoppiò a ridere.
«Cos’hai da ridere?», sussurrò a disagio Rose, che non se la sentiva più di tornare ad attaccarlo dopo la pessima figuraccia.
«Rosalyn?», chiese lo sconosciuto con voce perplessa. «Ma come ti sei ridotta? Sei ubriaca, dovresti tornare immediatamente a casa».
‘Io ubriaca?!’, pensò Rose. ‘Questo è troppo!’. Neanche si accorse che il tizio l’aveva appena chiamata per nome.
«Cosa staresti insinuando?», gli urlò contro.
«Non lo sto insinuando, è un dato di fatto».
Non aspettò una sua replica e tirandola per il braccio cominciò a trascinarla verso quella che probabilmente era la direzione giusta per il cottage. Un forte odore di dopobarba maschile misto a una dolce fragranza alla pesca la investì in pieno, inebriandole il cervello già annebbiato dall’alcol.
Quel profumo le era così familiare…
Mentre la trascinava Rose lasciò la presa sulla lattina di Miller.
«Hey, mi hai fatto cadere la birra!», gridava, cercando di liberarsi dalla stretta del ragazzo. «Fermati!»
«Neanche per sogno. E smettila di gridare, ragazzina!», rispose lui di rimando.
Rose riacquistò un momento di lucidità e strattonò il braccio con violenza, imponendo allo sconosciuto di ascoltarla. Detestava quando la chiamavano “ragazzina”, aveva 17 anni ormai! Puntò i piedi per terra e disse tutto d’un fiato: «Primo, chi diavolo sei? Secondo, se ti azzardi a darmi di nuovo della ragazzina sarà l'ultima cosa che ricorderai prima di entrare in coma. E terzo, non ho alcuna intenzione di tornare a casa, non in questo stato. Quindi ora fermati un secondo e lasciami pensare!». Mentre parlava stringeva i pugni e batteva un piede a terra come una bambina che fa i capricci, mandando al diavolo tutta la coerenza e il buonsenso.
Il tipo scoppiò a ridere. «Allora ammetti di essere ubriaca, ragazzina», esclamò, enfatizzando di proposito l’ultima parola. «Sono Josh Dayland».
Josh Dayland? Per quanto si sforzasse non riusciva a collegare il nome a nessun volto familiare. L'unico Josh della sua vita era suo fratello minore. Rifletté per qualche minuto e poi all’improvviso un’ondata di gelo la investì in pieno, un gelo che non aveva nulla a che fare con la temperatura sottozero. L’immagine di un ragazzo sulla ventina, alto, biondo, dalla pelle candida e gli occhi come il mare le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.
«Oh», esclamò Rose. «Co... cosa ci fai qui?»
«Potrei farti la stessa», rispose con sarcasmo il suo istruttore di snowboard, il ragazzo per cui aveva perso la testa da quando era soltanto una ragazzina.
«Io... non posso tornare al cottage», ripeté. «Non ora e non in queste condizioni. Volevo starmene sotto a un albero fino a quando non avrei smaltito la sbornia».
«E morire di ipotermia o magari come spuntino notturno di qualche bestia, come no. Tu adesso ritorni a casa, Rosalyn», disse Josh perentorio. Il modo in cui pronunciò il suo nome per intero le provocò un brivido lungo la schiena.
«Josh, ti supplico», piagnucolò implorante. «Mio padre non mi parlerà per settimane».
Il suo istruttore di snowboard tacque per alcuni istanti. Rose vide la sua figura indistinta passarsi una mano tra i capelli. Era ancora molto buio intorno e i contorni degli alberi si stagliavano contro la luce della luna, che quella notte era piena a metà ma estremamente abbagliante. ‘Ma che ore sono?’, si chiese. Il cellulare le era morto durante il party di Tyler Walker, quindi non aveva potuto controllare l’orario né chiamare qualcuno per chiedere un passaggio.
«Capisco», disse Josh dopo un po’.
Rose intuì che stava cercando una soluzione. Ormai sembrava ovvio che non le avrebbe mai lasciato mettere in atto il suo piano suicida di dormire ai piedi di un pino. Da parte sua Rose si sforzò di pensare lucidamente ma fu tutto inutile. Erano passati mesi dall’ultima sbronza e aveva quasi dimenticato come ci si sentisse; ora invece lo capiva perfettamente.
Si sentì afferrare di nuovo per il braccio. Questa volta, però, Josh ruotò su sé stesso e prese la direzione opposta.
«E adesso dove stiamo andando?», chiese Rose, infastidita da tutti quei movimenti bruschi e confusa più che mai. Un principio di nausea stava prendendo forma alla bocca del suo stomaco.
«Al rifugio, stanotte dormirai da me», rispose Josh.
«CO... COSA?!». Rose era letteralmente fuori di sé. «Oh, no, no… tu sei fuori di testa!».
«Hai soluzioni migliori?», chiese lui, sbuffando e continuando a trascinarla. Intorno a loro era tutto silenzioso e dormiente; se avessero smesso di discutere avrebbe potuto udire soltanto il fruscio del vento tra i rami spogli e i loro passi nella neve.
Rose non aveva mai avuto paura del Gellert Wood, era come la sua seconda casa. Ci veniva da anni insieme alla sua famiglia, a nonno Charlie e zia Paige. Il loro graziosissimo cottage non era lontano dal complesso di piste da sci. Ma nonostante le bellezze che il Gellert Wood aveva senz'altro da offrire, era da pazzi pensare di passare la notte fuori, al gelo e in balia di Dio solo sa quali bestie feroci.
«N… no», balbettò a malincuore. Questo significava dargliela vinta, ma cosa poteva fare? Di tornare a casa e affrontare i suoi non se ne parlava. Si stava comportando da codarda, ma del resto il coraggio non era mai rientrato tra le sue virtù.
Josh doveva aver intuito lo sconforto dalle sue parole. Rallentò il passo e le disse che le avrebbe lasciato il braccio se l’avesse seguito senza fare storie. Mantenne la parola, poi camminarono per un po’ senza dire niente.
«Senti, Rose», esordì Josh, rompendo il silenzio. «Mi spiace per essermi comportato da stronzo poco fa. Ma ti reggi in piedi a malapena e la puzza di alcol sui tuoi vestiti è ai limiti del sopportabile».
Scandiva le parole come se stesse cercando di spiegare a una bambina molto ottusa che la somma di due più due fa quattro. Anche se le aveva sbattuto la verità in faccia senza il minimo tatto, Rose capì che in fondo era soltanto preoccupato.
«Posso capire dove sei stata?», chiese lui.
«Al party di Tyler Walker», sussurrò Rose.
«Già, Tyler Walker», disse con asprezza nella voce. Rose fu stupita da quella strana reazione.
«Cosa c'è?», chiese.
«Se escludiamo il fatto che Tyler è un presuntuoso e ottuso figlio di papà?», rispose infastidito. Rose rimase a bocca aperta.
«Hey, rilassati.»
«Lascia perdere. Pensa a tenere il passo», capitolò lui, mettendo fine alla conversazione.
‘Woh, ma che problemi ha?’, si chiese, ma non le andava di discutere ancora.
Mentre camminavano rifletté su come tornare a casa l’indomani. Gli Smith erano i genitori più buoni del mondo, ma la loro religione (erano mormoni da almeno quattro generazioni) imponeva loro delle regole ferree e abbastanza antiquate. Facevano di tutto per lei e Josh, suo fratello, ma chiedevano in cambio disciplina e devozione. Rose era sempre stata un po’ la ribelle della famiglia, sfrontata e amante del pericolo, eppure suo padre la amava incondizionatamente e lei amava suo padre. Josh era invece un ragazzino di 12 anni pacato e riflessivo, un po’ sulle sue. Rose lo adorava e alle volte desiderava avere almeno un terzo della sua pazienza e della sua gentilezza. Era in grado di vivere la vita con una positività che lei invidiava.
«Rose, mi stai ascoltando?». La voce di Josh la riportò alla realtà. «Ho detto che siamo arrivati. Ti senti bene?». Il suo istruttore la fissava con aria preoccupata.
Erano arrivati al rifugio senza che lei se ne accorgesse, una semplice ma graziosa costruzione in mattoni, sufficientemente grande ad ospitare una persona o al massimo due.
Udì Josh sospirare. «Okay, Smith. Per questa volta la passi liscia, ma sappi che al prossimo giro non sarò clemente. Puoi giurarci».
Rose avvertì un altro brivido lungo la schiena e questa volta fu sicura che non fosse per il gelo intorno a loro. Qualsiasi tentativo di replica sarebbe risultato inutile e, in ogni caso, col suo tono perentorio non sembrava disposto ad ammetterne alcuno, quindi decise semplicemente di rimanere in silenzio.
«Ora andiamo», ordinò, e Rose non se lo lasciò ripetere due volte.
Entrarono nel rifugio e il calore li investì in pieno. Il caminetto era acceso e il fuoco crepitava vivacemente. D'istinto vi si avvicinò per scaldarsi le mani e si sentì subito meglio.
Aveva scordato i guanti a casa.
Mentre assaporava il tepore che si propagava piano dalle mani al resto del corpo, realizzò tutto d'un tratto quello che stava accadendo. Avrebbe passato la notte da Josh Dayland. Il panico si impossessò di lei all'istante.
Si diede un rapido sguardo intorno.
In un angolo della casa era sistemato un unico grande letto a due piazze e accanto al letto, addossato alla parete, c'era un armadio a due ante. Sulla parete opposta c’era il caminetto e davanti un divano a due posti dall’aria molto confortevole. Al centro della stanza troneggiava un massiccio tavolo di quercia dalla forma quadrata, con una sedia per ogni lato, e nell’angolo opposto al letto si trovavano una piccola cucina e un paio di dispense. Da un’altra porta posizionata esattamente di fronte all’entrata si accedeva a un bagno che da lì sembrava davvero minuscolo.
A Rose il posto piacque all’istante. Le provocava un senso di calore e protezione.
Josh entrò dalla porta d’ingresso con una pila di legna tra le braccia, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Si accovacciò accanto al camino e cominciò a sistemare i ceppi sulle braci morenti.
«Ti piace qui?», le chiese.
«È molto carino», rispose lei sincera, fissandolo. Poi spostò lo sguardo altrove quando si accorse che l'imbarazzo stava lentamente prendendo possesso di lei.
In tutti quegli anni passati a Gellert Wood, Rose non aveva mai cercato di nascondere l’ammirazione straordinaria che provava per il suo istruttore di snowboard. Fu praticamente amore a prima vista. Aveva 13 anni quando mise piede per la prima volta su una pista da sci. L’anno precedente era rimasta ammaliata dallo snowboard dopo aver seguito le Olimpiadi invernali alla TV e assillò la mamma per un anno intero per prendere lezioni. I suoi l’accontentarono e da allora frequentava ogni anno, nel periodo invernale, le piste da sci di Gellert Wood.
È qui che fece la conoscenza di Josh.
«Bene», disse ad un tratto Josh, alzandosi e spolverandosi energicamente le mani. «Per stanotte prendi il letto, io mi sistemo sul divano».
Con un ampio sorriso scalciò via gli stivaloni e si diresse a passo sicuro verso l'armadio. Lo aprì e afferrò un piumone e un cuscino, che sistemò sul divano, poi tornò indietro e tirò fuori due tute dai cassetti. Posò uno dei due completi sul letto e disse: «Quello è tuo. Stanotte metteremo i tuoi vestiti fuori, sperando che il tanfo dell'alcol possa sparire almeno un po'».
Rose annuì. Si avviò con passo incerto verso lo specchio di fianco all’armadio. Una ragazza decisamente scomposta le ricambiò lo sguardo: la treccia, sistemata alla perfezione e curata nei minimi dettagli prima di andare alla festa, era diventata un ammasso informe di capelli che andavano in tutte le direzioni. Col trucco ormai sbiadito era pronta a vincere il premio Oscar per la categoria "miglior zombie" dell'anno. Il maglione era sgualcito e sul pantalone c'era una macchia grande quanto il palmo di una mano. Era in uno stato pietoso e sarebbe volentieri sparita all’istante dalla vista di Josh se non fosse stato già troppo tardi.
Prese la tuta sul letto e andò in bagno. Era davvero piccolo come credeva. Una volta dentro, si chiuse a chiave e fece un respiro profondo. Per prima cosa si sbarazzò dei vestiti e indossò quelli caldi e puliti. Gli stavano larghi, ma in quel momento aveva davvero poca importanza. La sua reputazione era andata insieme alla sua dignità. Sciolse la lunga treccia e, guardandosi nel piccolo specchio del lavabo, cercò di rifarla nel modo più decente possibile. Infine, si sciacquò il viso con una bella dose di sapone alla pesca e decise che l’indomani mattina avrebbe fatto una doccia. Si specchiò per l’ultima volta e quando si convinse che quello era l’aspetto migliore che potesse ottenere ritornò in camera.
Nel frattempo anche Josh si era cambiato. La tuta che a lei stava troppo larga aderiva perfettamente al corpo scolpito del suo istruttore. I bei pettorali e le braccia possenti disegnavano delle curve perfette sotto la stoffa.
Non sembrò badare a lei mentre trafficava nella credenza. Quando finalmente girò la testa nella sua direzione, uno strano luccichio gli balenò negli occhi per un istante. Ma durò talmente poco che Rose credette di esserselo soltanto immaginato. Infatti, subito dopo il ragazzo tornò a rivolgere la sua completa attenzione all'interno del mobiletto.
Josh la ignorò a tal punto che Rose cominciò a sentirsi come se non esistesse. Non che a lavoro Josh fosse un tipo loquace, ma dal momento che l'aveva costretta a passare la notte al rifugio si aspettava almeno che intavolasse una conversazione per metterla a suo agio.
Alla fine, Josh tirò fuori un pacchetto di Cheetos al formaggio e glielo lanciò. Con sorpresa di entrambi Rose riuscì ad afferrarlo al volo, segno che pian piano aveva quasi riacquistato del tutto la lucidità.
«Mangia, ti sentirai meglio. Poi domattina prenderai un’aspirina», le disse.
Rose stava decisamente perdendo la pazienza. Josh continuava a darle ordini come se fosse una bambina e la cosa era estenuante. Era sul punto di dare al via a una polemica, ma il suo stomaco brontolò rumorosamente e la fame ebbe la meglio. Scartò la confezione di Cheetos e cominciò a sgranocchiarli.
Intanto Josh aveva portato gli abiti di Rose fuori dal rifugio. Dalla piccola finestra accanto alla porta d’ingresso, alla luce esile di una lampada al cherosene appesa in veranda, lo vide mentre stendeva i vestiti su un filo sottile sospeso tra due pali di legno. Quando rientrò, annunciò che si era fatta ora di andare a dormire e cominciò a sistemarsi sul divano. Rose buttò la confezione vuota di Cheetos e si distese sul letto. Si accoccolò sotto le coperte impregnate del profumo alla pesca di Josh.
«Buonanotte, Rose», disse lui e da sotto le coperte la sua voce le giunse leggermente ovattata.
«Buonanotte, Josh. E grazie di tutto», rispose Rose, ma la risposta non arrivò.
Calò un silenzio assordante.
Rose si immerse nei suoi pensieri. Tutta quella storia aveva dell’assurdo: non solo Josh le aveva salvato la vita quella sera, per di più l’aveva invitata – o meglio, costretta – a passare la notte da lui. Non immaginava come avrebbe potuto ricambiargli un favore tanto grande.
Trascorsero diversi minuti, non seppe dire quanti, e ancora non riusciva ad addormentarsi. Aveva un terribile mal di testa, segno che il post-sbronza cominciava a fare il suo corso. Si girava di continuo sotto le coperte, in cerca di una posizione confortevole che l’aiutasse ad assopirsi, ma era tutto inutile. Si chiese se Josh fosse già nel mondo dei sogni e la risposta le arrivò appena qualche secondo più tardi.
«Dannazione, Rosalyn, ti muovi da ore», esclamò ad un certo punto. «Non lasci dormire neanche me».
«Ti chiedo scusa, Josh. Non mi sento molto bene», rispose Rose sconfortata.
«Hai mal di testa, vero?», le chiese lui.
«È terribile», rispose lei, sull’orlo delle lacrime.
D’un tratto sentì un fruscio provenire dal divano e Rose lanciò uno sguardo nella sua direzione. Josh si era messo a sedere e nella penombra lo vide passarsi una mano tra i capelli, gesto che le parve piuttosto abituale quando rifletteva. Lo sentì sospirare e poi lo vide alzarsi, dirigendosi verso il letto.
«Dai, fammi spazio», disse lui, con tono quasi di rassegnazione.
«Co… cosa?», balbettò Rose, sconvolta.
«Fammi entrare nel letto, Rosalyn. C’è posto per entrambi e mancano poche ore all’alba. Vorrei cercare di riposare».
Troppo scossa per controbattere, Rose fece come le disse, ma si premurò di rannicchiarsi in un angolo quanto più lontano possibile da lui. Era estremamente imbarazzata.
«Cosa ti è passato per la testa, Rose?», disse Josh dopo essersi sistemato sotto le coperte. «Sai bene che Walker non è un tipo affidabile. Perché eri a un suo party?»
Era palese ormai che tra lui e Tyler non scorresse buon sangue. Okay, forse era davvero un tipo presuntuoso come diceva e forse la sua fama di donnaiolo era abbastanza meritata. Ma con lei era sempre stato piuttosto gentile. Certo, aveva notato che di tanto in tanto le riservava qualche attenzione di troppo, ma non era mai stato particolarmente invadente o insistente. Era un tipo a posto, per quanto le riguardava.
«Per me è okay, non capisco perché tu ce l’abbia tanto con lui. E poi i suoi party sono fighi», gli rispose.
«I suoi party sono fighi», ripeté lui con sarcasmo. «Tu proprio non capisci, vero Smith?»
«Cosa dovrei capire?», chiese, senza avere la minima idea di cosa stesse parlando. Si accorse che non si era neanche premurato di spiegarle il motivo della sua ostilità.
«Tu gli piaci, Rose, e non perde occasione per fartelo capire».
La risposta di Josh fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto.
«Ma... ma cosa dici. Non può essere...», farfugliò lei.
«Mio Dio, Rose, dovresti smetterla una buona volta di essere tanto ingenua. Walker ti vuole nella sua collezione e tu dovresti decisamente darti una svegliata».
Il tono del ragazzo era duro, quasi d’ammonimento.
«Tu farnetichi», rispose Rose con una risatina nervosa, ma non ne era più tanto convinta dal momento che aveva appena ricevuto un’ulteriore conferma al fatto che Tyler avesse per lei un occhio di riguardo.
«Fai un po’ come ti pare. Ma non dirmi che non ti avevo avvertita», concluse Josh e si girò dall’altra parte, dandole le spalle.
‘Perché è tanto arrabbiato?’, si chiese Rose. Non doveva essere stata la migliore delle serate per lui, ma in fondo era stato lui a decidere di ospitarla. Aveva apprezzato moltissimo la sua gentilezza, ma il suo atteggiamento duro e distaccato le metteva i brividi. Era persino più freddo di quando era un semplice istruttore su una pista da sci.
Bello come il sole, ma freddo come il ghiaccio…
‘A cosa serve essere belli se poi devi avere un simile caratteraccio?’, pensò. Pochi minuti dopo le sue palpebre cominciarono a farsi pesanti. Era sul punto di assopirsi, quando la voce profonda di Josh ruppe il silenzio.
«La verità è che detesto i suoi modi viscidi».
Proprio quando il discorso sembrava ormai chiuso e archiviato, il ragazzo rivelò finalmente il motivo del suo astio verso Tyler.
«Detesto il modo in cui ti guarda e detesto come faccia sembrare tutto così causale quando invece ha già accuratamente studiato tutte le sue mosse. È una serpe e non merita di avere una come te».
«Co… cosa intendi?», chiese Rose. Non era sicura di aver afferrato il senso delle parole del suo istruttore di snowboard.
Josh si girò di scatto e fece una cosa del tutto inaspettata. Con una mossa fulminea, le afferrò la vita e l’attirò a sé. Rose trattenne il fiato, pietrificata. Nel buio gli occhi chiarissimi di Josh splendevano come catarifrangenti.
«Intendo che nessuno può averti, Rosalyn. Nessuno a parte me», le rispose, sussurrandole all’orecchio.
Rose rimase a corto di fiato e di parole. Deglutì a fatica ed era tanto sconvolta da non riuscire nemmeno a pensare. Aveva sognato una scena come quella da sempre, eppure in quel momento le sembrò così tremendamente sbagliata. Voleva darsi un pizzicotto per accertarsi che fosse tutto reale, ma era come paralizzata.
Dopo un tempo che le parve infinito riuscì soltanto a biascicare: «Josh, cosa stai dicendo?». Avrebbe voluto dare un tono ironico alla domanda, ma le uscì solo una voce strozzata che tradì tutta la sua emozione. In un attimo di lucidità, cercò di allontanarsi un po' dalla presa del ragazzo, ma lui non sembrava in nessuno modo disposto a lasciarla andare.
«Respira, Smith. Non ti mangio mica», esclamò lui, beffardo.
Con il braccio che la teneva per la vita cominciò a risalirle lentamente lungo i fianchi, per poi arrivarle al volto. Prese la treccia e cominciò a rigirarsela tra le dita, poi tolse l’elastico e la sciolse con movimenti lenti e studiati. Arrivato alla fine, le ravvivò i capelli e glieli aggiustò dietro l’orecchio.
«Ora va molto meglio», disse, più a se stesso che a Rose.
La ragazza continuava a restare in silenzio. La mano di Josh era ora sul volto. Le carezzava le guance col pollice mentre la fissava intensamente. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo da quegli occhi meravigliosi, ma che era dannatamente difficile.
«Sei così bella», le sussurro, col volto a pochi centimetri dal suo.
«Josh, sarebbe meglio che…», farfugliò Rose con le ultime forze che riuscì a raccogliere, ma non terminò mai la frase.
Josh annullò del tutto quella poca distanza rimasta tra loro e premette con delicatezza le labbra di Rose sulle sue. Lei smise di respirare all’istante e si lasciò baciare. Il meraviglioso profumo di lui la investì in pieno.
Il silenzio della notte calò come un velo nella stanza…
Josh premette con più foga sulle labbra di Rose e lei, superato lo shock iniziale, rispose a tutti i suoi baci. Si potevano udire soltanto i respiri profondi e sempre più affannati di lui mentre la baciava con una dolcezza disarmante.
In un attimo Rose si ritrovò sotto il peso del suo corpo. Josh le afferrò i polsi e glieli spinse contro il cuscino. Intrecciò le mani con le sue mentre continuava a torturarle le labbra e a cercare la sua lingua. Dalla bocca scese poi lentamente lungo il collo, lasciandole una scia di baci incandescenti. Poi risalì verso l’orecchio, mordicchiandone il lobo. Rose si lasciò sfuggire un mugolio di piacere; con la coda dell’occhio vide Josh sorridere soddisfatto. Il ragazzo passò poi a baciarle con delicatezza gli occhi e la fronte e alla fine ritornò alla sua bocca.
Rose era ormai alla sua mercé. Approfittò del momento in cui Josh le aveva lasciato liberi i polsi per intrecciargli le dita tra i capelli e spingerlo con più forza contro le sue labbra. Il ragazzo mugolò di rimando.
Si staccarono dopo un tempo infinito e solo per riprendere fiato. Josh la fissava intensamente negli
occhi e Rose poteva scorgerci le fiamme nel blu inteso. La stava divorando con la forza dello sguardo.
 
 
*****************************************************************************************

 
 

Nota dell’autrice:
Salve a tutti! Ho deciso a distanza di un paio di anni di rileggere e riscrivere questa storia, ora che ho acquisito una maggiore confidenza con la scrittura. Devo dire che prima era un vero disastro! Ho preferito eliminare qualche pezzo che a mio parere non costituiva nulla di importante ai fini della trama (già di per sé abbastanza nonsense) e spero che adesso il risultato sia quantomeno decente e più godibile. Ci tengo a precisare ancora una volta che questa storia è nata solo come esercizio di scrittura, ecco perché la trama è così banale e insignificante. Sono un’aspirante traduttrice letteraria, quindi è cosa buona e giusta che abbia un minimo di senso pratico nella scrittura di storie. Non nego che ne ho buttate giù tante altre, molte rimaste incompiute e altre invece che aspettano solo di essere pubblicate. Più in là deciderò cosa farne di loro. Per adesso vi lascio con Bello come il sole, freddo come il ghiaccio, che - rammento a chi ha già avuto modo di leggerla e specifico invece a chi ancora non l’ha fatto - è autoconclusiva e presenta in tutto due capitoli e un epilogo. Un forte e caloroso abbraccio a tutti.
Vostra per sempre,
Lisachan.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Lisachan93