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Autore: Weightlessness    14/01/2016    1 recensioni
"Il suo sguardo raggiunse angoli così reconditi della mia anima che mi sopresi io stessa di scoprirli."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Era una noiosissima lezione sull’elettromagnetismo. Una delle lezioni più pesanti a cui io abbia mai partecipato.
Il professore danzava davanti alla lavagna con il gesso in mano, borbottando formule con l’entusiasmo di una caffettiera. Mi ero distratta per un momento quando aveva iniziato a parlare della legge di Ohm e da allora non ero più riuscita a riprendere il filo.
-Ricorderete sicuramente cosa avevo anticipato riguardo al potenziale elettrico dei condensatori.-
Francamente mi ricordavo ben poco dei condensatori. Sfogliai svogliatamente il mio quaderno per cercare degli indizi a riguardo, ma trovai solo scarabocchi incomprensibili. Alla fine mi arresi e abbandonai ogni tentativo di provare a capire. Mi dedicai con molto più interesse ad affondare i denti sul retro della mia matita, fingendo di ascoltare.
L’aula era grande e luminosa e, malgrado quella giornata fosse uggiosa, dalle finestre proveniva un’intensa luce. Improvvisamente mi ricordai di aver lasciato il mio ombrello appeso alla sedia del bar in cui avevo fatto colazione. Sbuffai. Ma dove avevo la testa quel giorno?
-Quindi, come potete intuire, questo provocherà un innalzamento della temperatura.-
Continuò il professor Johnson picchiettando il gesso sulla formula che aveva appena finito di scrivere. Assottigliai lo sguardo per analizzare meglio quella specie di geroglifici scarabocchiati alla lavagna. Era incredibile quanto scrivesse male il professore, non si riusciva a distinguere una K da una R e inutilmente tentavo di cogliere la presenza di eventuali lettere greche. Sospirai e tornai a rosicchiare la matita. Ormai mancavano solo dieci minuti alla fine della lezione, sarei riuscita a sopravvivere.

Quella mattina ero arrivata al bar un po’ più tardi del solito e l’avevo visto seduto tre tavolini più in là del mio, con la testa china su un imponente libro con le pagine ingiallite. Aveva appoggiato gli occhiali accanto alla tazza di cappuccino vuota e sembrava completamente assorto nella lettura, così mi concessi di osservarlo mentre sorseggiavo il mio tè. Era spettacolare quando studiava, la concentrazione gli abbelliva il volto dandogli un’aria tremendamente interessante. Adoravo vederlo leggere di prima mattina, riusciva a calamitare la mia attenzione e a rubarmela. Ogni giorno mi alzavo dal letto temendo di non vederlo seduto al bar. E invece lui era sempre lì, sempre assorto nella lettura. Era diventata un’abitudine, una necessità, avevo fame della sua presenza come della colazione.
Quanto invidiavo e ammiravo il modo attento e metodico in cui i suoi occhi scorrevano rapidi sulle pagine. Quel giorno in particolare fui rapita dalla sensualità con cui accarezzava la superficie della pagina col pollice. Aveva mani da pianista, con delle splendide dita affusolate e degli eroticissimi solchi tra le ossa sul dorso. Mani su cui non mi ero risparmiata diverse fantasie.
In generale non sapevo niente di lui, se non che studiava alla facoltà di giurisprudenza, ma non conoscevo né il suo nome, né la sua età.
Ormai erano tre settimane che lo vedevo regolarmente ogni giorno, ma lui non aveva mai fatto caso a me. Non sapevo dire se avesse iniziato a frequentare il bar da allora o se fossi stata io a non accorgermi mai di lui prima, data la sua discrezione.
Mi aveva conquistata. Mi aveva colpita. Era strano, insolito, misterioso. Sembrava saltato fuori da un libro. Aveva un profilo da eroe greco, un’aria trasognata e vagamente assente, come se la sua mente fosse distante dalla realtà, ma la osservasse da lontano.
Non avevo ancora visto il colore dei suoi occhi fino a quella mattina. Forse era stato quello sguardo inaspettato ad avermi completamente privata della facoltà di ragionamento per il resto della giornata. Lo stavo fissando, quando improvvisamente aveva alzato gli occhi dalle pagine, come se io l’avessi chiamato per nome, e mi aveva guardata. Immagino di essere impallidita, eppure non riuscii ad abbassare lo sguardo.
Aveva gli occhi color nocciola e uno sguardo intrigante e carezzevole. Come mi sentii sciocca e patetica in quel momento. Tutte le sdolcinate leggende metropolitane sull’amore a prima vista mi si concretizzarono davanti agli occhi. Mi alzai e fuggii abbandonando il mio ombrello sulla sedia e un paio di monete sul tavolo.

 

  
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