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Autore: kitsune999    14/03/2009    9 recensioni
¡Warning! - Raccolta di semi-bakaboiate xD
~Stage 3 • “Permanent Marker” featuring Ryō Ishizaki~
[...] Takeshi diede di gomito a Ken, seduto vicino a lui, e portandosi teatralmente una mano al viso gli mormorò in tono melodrammatico, a metà via tra l’avvilito e il divertito:
-Oh, Signore. Ci troviamo dinnanzi ad un processo di involuzione della specie umana. Peggio che alle elementari…anzi, qui siamo a livello asilo nido.
Mentre sorseggiava una bibita, il portiere catalizzò la sua attenzione verso la persona che aveva suscitato il commento spontaneo dell’amico, ovvero Tarō, che li aveva appena raggiunti al tavolo della colazione.
Fu colto istantaneamente da un'irrefrenabile crisi di ridarella, e per poco non si strozzò con l'aranciata.
[...]
_______________________________
[Tsubasa ✘ Tarō]
Collezione di brevi capitoli, ciascuno dei quali è una storia composta da tredici drabble da cento parole.
Accozzaglia di voli prosaici (leggasi: viaggi allucinanti) sui miei G&G preferiti.
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Living Contradiction

Ben decisa a portare a termine la mia opera di trituramento-palline, rieccomi qui con una nuova serie di vaneggiamenti sui due G&G. Starebbe per Golden Gay, ma scritto così fa tanto D&G e il paragone calza a pennello xD

Allora, io sono masochista, è risaputo.

Quindi, ho pensato di inaugurare una specie di raccolta di brevi racconti, denominati “Stage” perché in inglese fa più fico.

Tali “Stage” si prefiggono il prevedibile obiettivo di raccontare alcuni passaggi della loro storia d’ammmore (la tripla “m” è d’obbligo), ed ognuno sarà composto da un numero variabile di drabble (anche se il mio intento sarebbe quello di non superare mai le tredici), ciascuna rigorosamente da 100 parole l’una.

Pena il taglio delle dita della sottoscritta.

Il genere di questi raccontini potrebbe spaziare dalla commediola demenziale all’introspettivo con la stessa facilità con cui io sto perdendo diottrie davanti allo schermo di un pc. Sul serio, è già la seconda volta che cambio gradazione alle lenti nel giro di un anno. Mi sa che morirò cecata (e con la tendinite cronica alla mano destra, di cui abuso senza pietà per disegnare ad oltranza xD)

 

A proposito, è inutile dire che le fanart su questo pairing si sprecheranno, nei prossimi giorni. Siccome ho più idee che tempo (anche se non si direbbe vista la frequenza dei miei aggiornamenti, LOL), forse ci vorrà un po’, ma giuro che presto o tardi le pubblicherò (intanto ecco qualche disegnuzzo tratto da “Rock, Paper, Scissors”, lo metto anche qui  per sopperire alla mancanza momentanea di altri relativi a questi racconti).

Dimenticavo, il titolo della raccolta è provvisorio, per il momento non lo posso ritenere definitivo ma è un buon candidato. Vedremo quando avrò finito di scrivere gli altri capitoli.

Ultimissima cosa. Se non capite di che cipparola stia parlando in questo agglutinato di drabble, QUI e QUI ci sono le mie altre shot, che potrebbero chiarire le idee sulla visione distorta che ho in merito allo shippaggio di questo pairing canon.

 

Un bacio in fronte a tutti quelli che continuano a seguirmi e a commentare, ed un grazie di cuore a chi avrà la pazienza di leggere quest’ennesima bakaboiata xD

 

Bene, detto questo diamo il via alle danze!

 

 

 

 

 

~Stage 1

Living Contradiction featuring Sanae Nakazawa

 

 

 

-Rispondimi sinceramente: mi hai mai tradito?

Gli era andata di traverso l’acqua che stava bevendo, a pranzo con lei.

I primi colpi di tosse furono la reazione naturale del suo corpo per evitare il soffocamento, i successivi cinque o sei furono invece un suo espediente per temporeggiare un altro po’.

L’aveva preso in contropiede.

Eccheccacchio, aveva bisogno di concentrarsi un minimo prima di riuscire a dare risposte del genere senza perdere di credibilità, lui.

Sanae aveva osservato quella finta agonia con un sopracciglio alzato ed un’aria vagamente insofferente, intuendo la sceneggiata.

Adesso era proprio curiosa di sentire la sua risposta.

 

Non era un attore consumato come Tarō, ma finora gli era sempre andata bene.

Forse perché il suo amante non era una donna.

E quindi nessuna traccia di rossetto sui colletti da dover occultare, nessun capello lungo sulla giacca da far sparire, nessuna reminiscenza sulla pelle di qualche profumo femminile da cancellare.

E per di più, era il suo insospettabile amico d’infanzia.

E quindi nessun alibi da dover montare. Nessuno aveva mai niente da ridire quando era con lui.

Era tutto molto più semplice.

Ma sì, doveva riacquistare la calma.

Sospirò.

-Certo che no, ma come ti viene in mente?

 

Attimi di suspense.

Aspettando che lei replicasse, svelando il motivo di quella domanda scottante.

Scansionò rapidamente il cervello, facendo mente locale.

Possibile che avesse compiuto qualche passo falso?

-Ieri, quando sono venuta a casa tua, ricordi che sei dovuto andare in bagno?

Tsubasa annuì, non capendo dove volesse andare a parare. Sì, c’era andato dopo che avevano fatto l’amore, per darsi una rinfrescata. E allora?

-Ricordi anche che non indossavi i pantaloni in quel momento?

Altro cenno di assenso perplesso.

-E cosa tieni nei pantaloni di solito?

Improvvisamente, realizzò.

Oh, cazzo.

Ma certo.

Il fottuto cellulare.

Iniziò a sudare freddo.

 

-Si era messo a suonare, e l’ho tirato fuori dalla tasca per rispondere. Però era un messaggio.

Sbiancò.

La pressione gli calò di schianto e deglutì rumorosamente.

Adesso capiva perché il giorno precedente gli avesse piantato su un mezzo muso, e senza dare troppe spiegazioni avesse voluto tornarsene a casa prima.

Resistette all’impulso di estrarre il cellulare e controllare la posta, fremente di sapere che cazzarola avesse visto.

Perché lui, quel messaggio, mica l’aveva letto.

Essendo stato già aperto da lei, non gli era figurato nell’elenco di quelli appena ricevuti, e doveva essere finito direttamente nella cartella di quelli vecchi.

 

-Bè, e cos’aveva questo messaggio di tanto strano?- Esclamò, cercando di essere disinvolto e abbozzando un sorrisetto tirato.

Infima recitazione.

E a proposito di attori, non vedeva l’ora di staccargli la testa dal collo con le sue stesse mani, non appena l’avesse avuto a portata di tiro.

Evidentemente parlava arabo.

Quante volte gli aveva detto di NON scrivergli roba compromettente.

-Assolutamente nulla. Era di tua madre.

Per poco non gli cadde la mascella e strabuzzò gli occhi, guardandola come se si fosse improvvisamente rincretinita.

A che pro inscenare la Sacra Inquisizione? Per chiedergli delucidazioni su un messaggino di sua madre?

 

-Non ho mai detto che fosse quello il problema.

Occhiata gelida.

Pausa.

-Allora cosa…?- Incalzò lui spazientito, incrociando le braccia.

Prima si era quasi preso un infarto secco per un’emerita scemenza.

Cominciava ad averne abbastanza.

Poi, la rivelazione.

Che lo colpì tra capo e collo.

E non solo in senso metaforico.

Nel pronunciare il funesto proclama, Sanae lo omaggiò di uno sganassone sulla nuca, accompagnato da un affettuoso appellativo.

-Quello a cui mi riferisco si trova nella cartella dei messaggi inviati, scimunito.

Tsubasa per poco non cadde dalla sedia, e non per la sua sberla.

Per la seconda volta, realizzò.

 

Porca puttana.

Si era dimenticato di cancellarlo.

Aveva da poco cambiato modello di cellulare e non aveva ancora imparato come si abilitava la rimozione automatica dei messaggi spediti.

Ignorò l’impulso di alzarsi per andare a sbattere la testa contro il muro finchè non avesse perso conoscenza.

-Spiegami perché dovresti scrivere delle cose del genere a Misaki.

-Di cosa parli?- Tentò lui, facendo lo gnorri.

Pessima performance, lo sapeva.

Perché si ricordava a menadito cosa gli aveva scritto, e non c’era certo andato leggero.

Qualcosa tipo “Mi manchi. Ho bisogno di scoparti fino al giorno del giudizio.”

Che continuava ancora peggio.

 

Ma purtroppo non riuscirò a liberarmi di lei ancora per un po’. Che palle.”

Con quella frase aveva firmato la sua condanna a morte.

Se la prima avrebbe anche potuto farla passare per una sorta di fraseggio goliardico fra compagni di squadra, sulla seconda c’era ben poco da disquisire.

Unica nota positiva: almeno non aveva fatto il suo nome.

Doveva essere quella l’unica ragione per cui era ancora in vita, magari inventandosi qualcosa di verosimile l’avrebbe fatta franca.

La scusa del cameratismo però era scontata, lei avrebbe dovuto pensarci subito.

Non l’aveva fatto.

Altrimenti l’avrebbe buttata sul ridere fin dall’inizio.

 

-Sto parlando di un messaggio che definire ambiguo mi pare un eufemismo.

Idiota. Un idiota fatto e finito.

Era lui l’unico che doveva ringraziare, se adesso si trovava in quella situazione.

Si era fregato con le sue stesse mani.

Quella pulce nell’orecchio non ci voleva.

Forse, dopo tanti anni, aveva fatto due più due.

E aveva capito tutto.

Preso alla sprovvista, il suo cervello negava di collaborare, e fece un disperato tentativo per guadagnare tempo.

-E come mai sei andata a controllare quella cartella?

Fuori luogo.

Era inutile fare i sostenuti, con quella chilometrica coda di paglia che si ritrovava.

 

Se continuava a tirarsi la zappa sui piedi in quel modo, Sanae presto o tardi lo avrebbe spellato e messo sotto sale, come lasciavano presagire le occhiate omicide che gli stava lanciando e la vena sulla sua fronte, che pulsava a tal punto da dargli l’impressione di stare per esplodere.

-Ci sono capitata per caso, mentre smanettavo per cercare di non cancellare inavvertitamente il messaggio di tua madre. Non è stato nulla di premeditato.

Dunque era andata così.

Sì, era plausibile.

E comunque, era stupito dal fatto che non l’avesse ancora sbranato, si era trattenuta anche fin troppo a lungo.

 

Difatti, conoscendo il suo temperamento battagliero, si sarebbe aspettato di cadere vittima di una spietata vendetta molto prima.

Invece, calò una pesante cortina di gelo carica di tensione.

Avrebbe preferito di gran lunga una delle sue sfuriate al posto di quel silenzio opprimente ma, dopo alcuni tragici e lunghissimi istanti in cui Tsubasa meditò il suicidio, Sanae allungò una mano verso di lui, esclamando in tono perentorio:

-Dammi quel cellulare.

Con la fronte imperlata di sudore, eseguì l’ordine che gli aveva imperiosamente impartito.

D’altra parte, non era certo nella posizione giusta per mettersi a sindacare, farneticando di privacy et similia.

 

La guardò atterrito mentre trafficava col suo telefonino, con un’espressione che non prometteva nulla di buono.

Che avesse in mente di fare non avrebbe saputo dirlo.

Si spremette le meningi alla ricerca di una risposta che non trovò, perché ormai aveva tabula rasa nella testa e perfino i suoi due neuroni preferiti sembravano averlo abbandonato.

Però, quando la vide accostare l’oggetto della discordia all’orecchio, un orrendo sospetto si fece largo nella sua mente. C’era arrivato, alla buon’ora.

Oddio, voleva chiamarlo.

Fu pervaso da un panico totalizzante.

-Misaki? Sei tu?- Il suo tono di voce aveva un che di sollevato.

Sollevato?

 

Conversarono per un po’ di scempiaggini varie.

Quando riattaccò, gli prese le mani fra le sue chiedendogli di perdonarla per aver dubitato di lui.

Dopo aver rischiato due o tre colpi apoplettici nel giro di appena cinque minuti, Tsubasa non credeva alle proprie orecchie.

Era semplicemente attonito.

Poi lei, finalmente, spiegò.

-Credevo che avessi sostituito il nome della tua amante con quello di Misaki per non farti sgamare.

Era ufficiale, si era bevuta la palla del cameratismo.

Lui gridò silenziosamente al miracolo.

E ringraziò che la psiche femminile per certi versi fosse così contorta ma, per altri, assai poco lungimirante.

 

 

~Stage 1 - END~

 

 

 

e vissero tutti cornuti e contenti (oddio, tutti…solo la povera Sanae che, per inciso, è la “contraddizione vivente” a cui si riferisce il titolo. Come molte donne, ed io mi ci metto in mezzo, è capace di tirarsi delle seghe mentali facendosi trip allucinogeni che a confronto Dante Alighieri è un novellino, ma non vede ciò che ha lampante giusto sotto il naso xD)

 

 

E via, la prima stage-bakata da tredici drabbline da cento parole cento è andata xD

Mi piace comporne di tassative, è come se auto-imponessi dei paletti alla mia follia grafomane. Penso sia un buon espediente per arginare i fiumi di parole di chi, come me, ha la tendenza ad essere prolissa.

, l’ho pur detto che sono masochista xD

 

Orsù, non siate timidi! Fatemi sapere che ne pensate, e se sia il caso che mi dia o meno all’ippica xD

 

 

 

 

 

 

 

  
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