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Autore: Made of Snow and Dreams    16/01/2016    2 recensioni
Avviso riguardante un'iniziativa presa dalla sottoscritta sull'attuale situazione di Jeff the Killer. E' urgente, quindi aprite!
P.S.La storia è finita. Ora più che mai c'è bisogno di voi: scrivetemi cosa ne pensate, se è soddisfacente o no, poichè questa terza versione andrà nel sito Creepypasta wikia. FERMIAMO IL NUOVO JEFF!!!!!
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeff the Killer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GO TO SLEEP



 



 



 

Stralcio di un giornale locale:

MINACCIOSO ASSASSINO SCONOSCIUTO E' ANCORA A PIEDE LIBERO
Dopo due settimane di assassinii il killer è ancora all'opera. Dopo alcune ricerche, però, gli investigatori hanno ottenuto la testimonianza dell'ultima vittima, Franz Grimson, un ragazzo sopravvissuto a un attacco del killer. Ecco riportata la sua versione dei fatti.

'Soffro d'insonnia, quindi è davvero raro che riesca a prendere sonno la notte. Tuttavia non soffro affatto di sonnanbulismo: ecco perché quella notte intuii subito che c'era qualcosa di strano quando notai che la finestra di camera mia era aperta, quando ricordo perfettamente che prima di spegnere le luci l'avevo chiusa, anche se non con i fermi alle finestre.
In ogni caso decisi di non dare troppo peso alla cosa e richiusi tutto una seconda volta, rimettendomi di nuovo a letto.
E' stato in quel momento che ho sentito una strana sensazione, come se qualcuno mi stesse fissando. Ho riaperto gli occhi e... ho visto i contorni di una figura in piedi al centro della mia stanza. Aveva un paio di occhi innaturali, freddi... e folli. Non credo che riuscirò mai a dimenticare quello sguardo.
Poi ho visto la sua bocca: sorrideva, ma neanche quello era un sorriso normale. Era... troppo largo.
Ma anche se non sono riuscito a vedere distintamente chi fosse l'uomo in camera mia, giuro, ho sentito chiaramente la breve, semplice frase che mi ha detto.
'Torna a dormire.'
Ho avuto tantissima paura e ho urlato per svegliare mio padre, ma quello mi è balzato addosso, stringendo nelle mani un coltello. Ho provato a respingerlo in tutti i modi possibili, ma, per mia fortuna, è stato quello il momento in cui è entrato mio padre con una pistola in mano.
Quell'uomo, appena lo ha visto, è riuscito a tirargli il coltello e a ferirlo alla spalla prima che mio padre avesse il tempo di premere il grilletto. Sono sicuro che lo avrebbe ucciso a coltellate se un nostro vicino non avesse chiamato la polizia.
Ciò che lo ha fatto scappare è stato sentire gli agenti fare irruzione nel cortile. Ho visto che si precipitava fuori e poi ho sentito il rumore di vetri rotti. Ho fatto appena in tempo a scorgerlo in lontananza, ma non dimenticherò mai la sua faccia, quegli occhi, il sorriso malato...'

La polizia è ancora sulle tracce del criminale. Se vedete qualcuno che corrisponde alla descrizione, contattate il dipartimento di polizia locale.




 




 

Jeffrey Woods e la sua famiglia si erano appena trasferiti in una nuova città. Suo padre aveva ricevuto una promozione al lavoro, e quindi, per agevolare la loro vita quotidiana - visto che l'ufficio era molto lontano - , entrambi i genitori avevano deciso di avvicinarsi comprando una nuova casa.
Mentre Jeff aiutava suo fratello Liu a portare i bagagli dentro la nuova casa, ammise con tristezza che era davvero bella: grande, spaziosa, luminosa, con molte più camere della precedente e con un giardino più curato.
Ma non era la loro casa. Quella in cui era nato e cresciuto con Liu era rimasta a New Orleans, insieme a tutti i suoi ricordi più belli, i vecchi giocattoli, la casetta di legno costruita sull'albero. Come se gli stesse leggendo nel pensiero, Liu gli poggiò una mano sulla spalla, sussurrando:'Beh, non sarà certo perfetta come la prima, ma non è così male. Vedrai che ci abitueremo presto.'
Sospirando, Jeff lo seguì ed entrò.
Mentre stavano disfacendo i bagagli, entrambi i fratelli sentirono suonare il campanello. Davanti alla porta c'era una giovane donna, che sfoggiava un grande e cordiale sorriso.
'Salve,' disse lei, 'il mio nome è Barbara, abito oltre la strada, di fronte a voi. Ho visto che vi siete trasferiti da poco, e ci tenevo a darvi il benvenuto qui. Questo è mio figlio Billy.'
Jeff lanciò un'occhiatina a sua madre, che ricambiava radiosa i sorrisi e sembrava essere stata conquistata dalla gentilezza della vicina di casa.
'Vieni, Billy, guarda: questi sono i nostri nuovi vicini. Saluta, avanti!' disse Barbara, tirando per la manina un piccolo bambino dall'aria intimorita.
'Ciao, piccolo! Vi presento mio marito Peter, e loro sono i miei due figli, Jeff e Liu. Io sono Margaret, molto piacere!', trillò lei.
Ma, mentre il loro padre si era avvicinato per stringere la mano alla donna, Jeff e Liu si limitarono a sfoggiare il loro più falso e tirato sorriso.
'Ah, dimenticavo: tra pochi giorni Billy farà il compleanno. Perché non venite anche voi? Sarà anche una festa di benvenuto, quindi non potete mancare!'
Se non ci fosse stato nessuno in quel momento, Jeff si sarebbe dato una manata sulla fronte: venire al compleanno di quel bambino e giocare con le macchinette o altro sarebbe stato il colmo! Liu si limitò a nascondere un sorrisetto di disperazione.
'Certo, verremo con piacere! Ora dobbiamo disfare i bagagli, a presto e grazie per la visita!' disse la loro madre.
Una volta chiusa la porta, Jeff corse subito da lei.
'Mamma, perchè hai accettato l'invito al compleanno di quel bambino? Se non l'hai notato non sono più un moccioso a cui piace giocare con le macchinine!'
'Jeff,' rispose sua madre, 'ci siamo appena trasferiti, dobbiamo fare vedere che siamo disposti a passare un po' di tempo con i vicini di casa. E' il minimo che possiamo fare per avere dei buoni rapporti con gli altri! Quindi noi andremo a quel compleanno, fine della storia.'
Jeff aprì la bocca per ribattere, ma poi si fermò; sapeva bene che da quando sua madre - per via dei cattivi rapporti con i precedenti vicini da casa - si era fissata di essere sempre cordiale con tutti, era inutile replicare.
Si limitò a salire le scale quasi correndo e a buttarsi sul letto, stanco per il viaggio.
Ah, era la stessa solfa da molto tempo. Aveva 15 anni, cavolo, e Liu era anche più grande, quindi perché continuava a non lasciarli mai decidere da soli, o a non fidarsi, o a non ascoltarli, o a ignorarli?
Lasciò che tutto il fastidio che si andava accumulando a ogni pensiero lo colmasse, e chiuse gli occhi.

 

Il giorno dopo Jeff scese mollemente le scale, per fare colazione e prepararsi per la scuola. Trovò tutto pronto a tavola, e il fatto che fosse solo a mangiare ( visto che Liu non si era ancora svegliato ) e che fosse stata sua madre a svegliarlo con quella vocetta così irritante lo rendeva nervoso.
Tuttavia non disse nulla e finì in frettala colazione. Dopo essersi preparato insieme a Liu, entrambi uscirono di casa, diretti alla fermata dell'autobus.
Si sedettero aspettando il mezzo di trasporto. Erano soli, tranne che per un gruppetto di tre ragazzi, due dei quali stavano correndo sullo skateboard. Il terzo, invece, era appoggiato al muro e stava messaggiando al cellulare tranquillamente.
Improvvisamente, però, uno di quei due skateboard volò sopra di loro, a un pelo dalle loro teste. Sia Jeff che Liu fecero un salto per la sorpresa, adocchiando nervosamente i tre ragazzi.
'Hey, ma che diavolo...?' disse Liu.
Uno dei due ragazzi che andava sullo skateboard atterrò agilmente e si girò verso di loro. Diede un colpetto allo skate col piede per fermarlo e tenerlo in mano. Sembrava avere 15 anni, la stessa età di Jeff, e sembrava essere il leader dei tre. Indossava una maglietta mimetica e dei jeans strappati.
'Bene, bene, bene. Ma guarda che abbiamo qua.'
Jeff spostò l'attenzione sugli altri due ragazzi: uno era magrissimo, con occhi e capelli scuri, l'altro - quello che prima messaggiava al telefono - era enorme.
'Bene: visto che siete nuovi, vorrei presentarvi agli altri: lì c'è Keith.'
Jeff e Liu guardarono il ragazzo magro. Aveva una faccia inebetita, la stessa che ci si aspetta da una spalla: i suoi occhi scuri riflettevano solo insicurezza. Quel ragazzo era nato per essere sottomesso.
'E lui è Troy.'
Guardarono il ragazzo grasso, simile a una vasca di lardo. Sembrava che non facesse esercizio fisico da quando aveva imparato a gattonare. Doveva essere il classico elemento del gruppo che faceva tutto quello che diceva il leader: il ghigno crudele sul suo volto era lo stesso che aveva Randy.
'Ed io,' continuò, 'sono Randy. Ora, per tutti i ragazzini del vicinato c'è una piccola tassa per il bus, non so se mi spiego.'
Liu si alzò, trattenendo l'istinto di prendere a pugni il ragazzo ma preparandosi lo stesso a fronteggiarlo. Alla sua mossa Keith e Troy lo circondarono, guardandolo minacciosammente.
'Dare a voi i nostri soldi? Ve lo potete scordare! Piuttosto toglietevi di mezzo e lasciate stare me e mio fratello in pace.' sibilò Liu, stringendo i pugni.
'Beh, allora credo che tu non abbia ancora capito chi comanda qui. Speravo che sareste stati più cooperativi, ma sembra che dovremo provare con le maniere forti.' disse Randy, e, dando all'improvviso una forte spinta a Liu e facendolo cadere a terra, gli prese il portafogli dalla tasca.
Nel vedere suo fratello sbattere la testa, seppur non essendosi fatto quest'ultimo realmente male, Jeff sentì di nuovo tornare quella sgradevole sensazione. Era la stessa che aveva provato con sua madre! Solo che stavolta... non era solo fastidio, non era nervosismo. Era rabbia. Una rabbia violenta.
Si alzò, pronto a difendere Liu, ma quello (che intanto si era rialzato massaggiandosi i gomiti) gli fece cenno di sedersi. Jeff lo ignorò e si mise davanti a lui.
'Ascoltami bene, teppistello: ridai immediatamente il portafogli a mio fratello, altrimenti...'
Senza minimamente badare a lui, Randy prese tutti i soldi che c'erano dal portafogli, per poi metterseli in tasca.
'Eccotelo, il tuo maledetto portafogli. Contento?' gli ridacchiò in faccia Randy, porgendo a Jeff il portafogli vuoto.
'Bene: ora ridai anche tutti i soldi che hai preso, stronzo.' gli soffiò in faccia Jeff.
Una vampata di rabbia andò a scaldare il viso di Randy, mentre Jeff si preparava mentalmente alla lotta. Ah, era sicuro che quei tre non si sarebbero fermati, e d'altro canto nemmeno lui era tanto sicuro di volerlo fare.
'Altrimenti?' disse Randy, scrocchiandosi le nocche delle mani.
Fece un cenno con gli occhi a Keith, che era dietro a Liu, e gli diede un pugno sul lato sinistro della faccia, facendolo gemere di dolore.
Fu a quel punto che Jeff non riflettè più, e, avendo fatto boxe in passato, colpì Randy sul naso con un potente destro, guardandolo con soddisfazione cadere a terra.
Keith si scagliò verso di lui per difendere il suo amico, ma Jeff riuscì a schivarlo, sebbene a stento. Anche Troy cercò di caricarlo, ma, essendo più lento di Keith, fu per Jeff più facile schivarlo e colpirlo dritto allo stomaco, facendogli sbattere le ginocchia a terra. Vederlo strabuzzare gli occhi per il dolore faceva sorridere Jeff, che ne approfittò per balzargli addosso e colpirgli la faccia due, tre, quattro volte con tutta la forza che possedeva.

'Basta, Jeff, è abbastanza!'
La voce di Liu sembrò riportarlo alla realtà, tuttavia Jeff non lo stava ascoltando: si limitava a osservare trionfante i suoi tre nemici, che ansimavano per le botte ricevute. Troy addirittura stava cercando di tamponarsi del sangue che gli stava uscendo copioso dal naso.
Ma ad un tratto, in lontananza entrambi i fratelli sentirono un rumore: era l'autobus che si stava avvicinando. Un guizzo di paura passò negli occhi di entrambi: nessun testimone, a parte loro, aveva visto ciò che era successo realmente, quindi in nessun modo avrebbero potuto difendersi dall'accusa di aver iniziato loro la rissa. D'altra parte non potevano neanche contare su Randy e i suoi, quei vigliacchi, quei maledetti vigliacchi...
E, riprendendosi i soldi dalla tasca di Randy, entrambi i fratelli si allontanarono il più in fretta possibile.


A scuola nessuno nei due raccontò quello che era successo. Liu pensava soltano a come Jeff fosse cambiato durante lo scontro. Non sembrava essere nemmeno lui, era diventato un'altra persona. Mentre picchiava Randy, lo aveva addirittura sentito ridacchiare.
Quanto a Jeff, in quel momento si era sentito molto più forte: era stato come se un altro Jeff avesse picchiato Randy e gli altri; vedere il sangue macchiare la pelle di Troy, in particolare, lo aveva fatto sentire potente, superiore, invincibile.
Ah, ma ora era tutto finito. Non riusciva a sentire più niente, ed era come se tutto fosse tornato normale e monotono.
Una volta finita la scuola ed essere tornati a casa, Liu entrò nella stanza del fratello, trovandolo disteso sul letto a fissare un punto indefinito del soffitto.
'Ci stai ancora pensando, non è così?'
'A cosa?' chiese distrattamente Jeff.
'A Randy e ai suoi. A quello che succederà quando quei tre diranno che siamo stati noi ad aggredirli. A quello che succederà quando li rincontreremo.'
'Beh,' disse Jeff, mettendosi seduto, 'se dimostreranno di aver gradito i cazzotti che gli ho dato, gliene darò altri, vedrai. Non si devono permettere di toccare né te né me.'
Vi fu un attimo di silenzio, poi Liu parlò. 'Grazie, Jeff, per avermi difeso. E sta' certo che la prossima volta sarò io a difenderti contro quei teppistelli, o chi per loro. E poi...'
'Jeff, vieni subito qui!' gridò la loro madre dal piano di sotto.
Sia Jeff che Liu si scambiarono un'occhiata spaventata ma, dopo aver sussurrato al fratello un 'Resta qui.', Jeff scese le scale.
Di fronte alla porta e accanto a sua madre, c'erano due agenti di polizia.


 

'Jeff, è vero che hai picchiato tre ragazzi senza che loro ti avessero fatto niente?' disse sua madre, fulminandolo con gli occhi e cercando di controllare il tono della voce.
'Senza che loro mi avessero fatto niente? Rubare i soldi a Liu per poi picchiarlo non è una scusa sufficiente?' sputò Jeff con tutta la rabbia che provava.
'Non lo è neanche averli picchiati così, ragazzino.' disse uno degli agenti. 'Renditi conto che hai appena messo nei guai te stesso e i tuoi genitori.'
'Le ripeto che sono stati loro ad averci attaccato per prima!'
'Può darsi, ma non c'è nessuno che può testimoniare in tua difesa! In compenso, l'autista dell'autobus ha riferito di aver visto chiaramente te e tuo fratello correre via quando lo avete visto arrivare. Se foste stati davvero innocenti, perchè avreste dovuto scappare?'
'Io... io...'
'Agenti,' lo interruppe sua madre, mentre un appena celato nervosismo trapelava dal tono della sua voce,' immagino che vorrete portare mio figlio Jeff al vostro dipartimento. Prima di farlo, potreste aspettare che torni mio marito dal lavoro?'
Jeff alzò il viso, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
Entrambi i due poliziotti annuirono, mentre Liu cercava di trattenere l'angoscia, avendo visto e sentito tutto dal piano superiore.
Passarono circa 15 minuti prima che la porta si aprisse ed entrasse il padre, rimanendo attonito nel vedere Jeff pallido, quasi sul punto di piangere, e sua moglie Margaret che cercava di trattenersi dall'avere una crisi isterica. Ma, appena girò l'angolo del corridoio, le sue domande si moltiplicarono quando vide due poliziotti appoggiati contro la parete.
'Che è successo?' chiese.
'Suo figlio è stato denunciato per aver picchiato tre ragazzini e per essere fuggito subito dopo con il fratello. Abbiamo un testimone che lo può confermare, e, ovviamente, le vittime dell'accaduto.'
'Cosa? Jeff... dimmi che non è vero!' si rivolse a lui, con rabbia.
'E infatti non è vero!' disse Jeff con collera. 'Sono stati loro a iniziare, e hanno picchiato anche Liu! Puoi vederlo tu stesso!'

 

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante in sala, ma poi il padre di Jeff disse a bassa voce,rivolto ai poliziotti: 'Agenti, vorreste seguirmi un attimo nell'altra camera? Margaret, vieni anche tu.'
Jeff si rannicchiò, seduto su uno scalino delle scale, nascondendo il viso tra le mani e trattenendo le lacrime meglio che poteva. Liu, scendendo e andando verso di lui, lo abbracciò forte, rimanendo in silenzio. Rimasero lì per quelle che sembrarono ore.
Quando finalmente la porta si aprì, Jeff vide suo padre indicare con un cenno a Liu di seguire i due poliziotti. Jeff si alzò subito, quasi urlando: 'Cosa? Perchè arrestate mio fratello?'
'Stai zitto, Jeff. Liu andrà in commissariato al posto tuo fino a quando le cose non si saranno sistemate.' disse sua madre.
A nulla servì implorare i genitori di lasciarlo stare. Cercò di correre dal fratello minore mentre gli agenti lo portavano via, ma fu fermato. La rabbia di Jeff crebbe, mentre lui fissava con astio i genitori, ferito e umiliato dai loro sguardi preoccupati e angosciati.
Quel pomeriggio stesso, quando suo padre uscì senza dire una parola per andare in commissariato, Jeff non volle nemmeno scendere al piano di sotto. Sdraiato in posizione fetale sul suo letto, guardava il letto vuoto di Liu, rammentando chiaramente le parole di uno degli agenti: 'Renditi conto che hai appena messo nei guai te stesso e i tuoi genitori!'. Solo ora si rendeva conto che, alla fine, avevano avuto perfettamente ragione.
Ma ciò che lo rendeva ancora più infuriato era che la colpa era solo di Randy e dei suoi amici. Era tutta colpa loro se suo fratello e suo padre erano finiti nei guai!
No, non doveva pensare più a loro. Per un attimo aveva risentito quella strana sensazione e l'aveva soppressa subito. Non poteva, non doveva.
Si addormentò lì, rifiutandosi di scendere e sopportare gli sguardi arrabbiati di sua madre, il suo nervosismo, l'irritazione che provava quando la vedeva, quel suo perenne: 'Va bene, Jeff, ora però vai a letto e torna a dormire!'.

Il giorno dopo fu svegliato da un fastidioso raggio di sole sugli occhi e dalla sua voce insopportabile.
'Jeff, è oggi!' gli disse lei, aprendo le tende e permettendo alla luce di invadere la camera del figlio.
'Cosa? Cosa c'è oggi?' chiese Jeff, con la voce impastata dal sonno.
'Il compleanno del figlio della nostra vicina Barbara, non ricordi?'
Quel tono di voce... non cupo né aggressivo, ma stranamente allegro dopo tutto quello che era successo... stava scherzando,vero?
'Mamma, stai scherzando? Non penserai che andrò a una festa di compleanno dopo quel che...'
'Jeff,' lo interruppe lei avvicinandosi al letto, 'ormai si è tutto risolto. Per cosa credi sia uscito tuo padre ieri pomeriggio, se non per andare dalla polizia? E' amico del commissario, che conosce bene la nostra famiglia e ha chiuso un occhio su quello che è successo. Quanto a Liu, se lo sono dovuto portare affinchè testimoniasse in prima persona gli eventi e mostrasse i segni della zuffa con quei ragazzini.'
Jeff si rizzò di colpo, sgranando gli occhi azzurri. Fu come se tutti gli eventi orribili delle ultime giornate non fossero mai accaduti. Liu era salvo! Suo fratello sarebbe tornato presto a casa, da lui!
Anche sua madre ora sorrideva.
'Dovrebbero tornare entrambi tra circa due ore. Ho chiesto a tuo padre di raggiungerci a casa di Barbara. Forza, scendi da quel letto e vestiti! Non voglio arrivare in ritardo come al solito...'


 

Aveva inizialmente scelto un paio di jeans blu scuro e una maglietta dei Ramones. Scese le scale e trovò sua madre truccata con cura e con i capelli castani sciolti che le ricadevano sulle spalle. Aveva indossato un vestito da sera un po' esagerato che però la rendeva bellissima. Appena lo vide, sbuffò:' No, Jeff, ti prego... almeno oggi vestiti un po' più elegantemente! Dai, sicuramente ci sarà di meglio in camera tua!'
Dal punto di vista di Jeff non aveva senso vestirsi con così tanta attenzione per la festa di un bambino, tuttavia adocchiò subito un paio di pantaloni neri che teneva per le occasioni speciali e una canottiera del medesimo colore. Non riuscendo, però, a trovare una camicia da abbinarci, prese al volo una semplice felpa bianca e scese di nuovo.
'Oh, no! Davvero vuoi andare così alla festa? Ahh, fa niente: andiamo, non c'è più tempo.'
Detto questo, spinse Jeff sul vialetto e, insieme, attraversarono la strada per andare dalla vicina di casa.
'Benvenuti! Sono così felice di vedervi... ma suo marito e l'altro suo figlio non ci sono?' chiese Barbara, aprendo la porta.
'Arriveranno tra poco. Possiamo entrare?'
'Ma certo! I bambini sono fuori in giardino, Jeff. Perchè non vai da loro?'
Jeff, a malavoglia, entrò attraversando il corridoio e perdendosi anche un paio di volte, ma il suono di strilli e risate lo guidarono verso il giardinetto sul retro dell'abitazione.
C'erano tantissimi bambini, tutti vestiti come dei cowboy. Correvano a destra e a manca facendo finta di spararsi con delle pistole giocattolo; per un attimo Jeff pensò di essere finito sul set di Toy Story, o qualcosa del genere.
'Hey, bambino grande! Vuoi giocare?' disse una vocina.
Un bambino con gli occhi verdi e luminosi

Come quelli di Liu! Quando torni, fratellino?

gli stava tirando la manica della felpa, porgendogli un cappello e una pistola giocattolo.
'No, mi dispiace... sono troppo grande per giocare in questo modo!'
'Per favore?' insistette il bambino.
'Okay, okay... dammi qua!' disse Jeff, e, indossando il cappello, si buttò nella mischia facendo finta di sparare ai bambini.


 

Alla fine era divertente: il giardino era davvero grande e c'era tantissimo spazio per correre e saltare; in più, tutti i bambini sembravano essersi coalizzati contro il 'bambino grande', e ciò portava Jeff a inventare nuovi modi per scappare via da loro.
Stava per puntare la pistola giocattolo contro Billy, quando la madre di Jeff fece capolino da dietro la porta, intimandogli di avvicinarsi.
'Jeff, ascolta: la polizia ha appena lasciato andare Liu e tuo padre. Stanno per arrivare qui, e anzi dovrebbero essere vicini.'
'Cosa? Corro subito da loro. Grazie per la notizia!'
'Va bene, Jeff, ma non ti allontanare troppo dal marciapiede!'
Facendo cadere a terra il cappello e gettando la pistola con noncuranza sull'erba - con grande dispiacere dei bambini -, Jeff riattraversò il corridoio, dando gomitate agli altri ospiti.
Si precipitò fuori.
Non c'era nessuno.
Decise di aspettare davanti alla casa, in piedi sul marciapiede. Ma, all'improvviso, gli si gelò il sangue nelle vene.

Il suono di piccole ruote.

Due skateboard.

Loro.

Neanche Randy sembrava essere felice di vederlo. I suoi occhi scuri erano impregnati di un odio profondo, e così sembravano essere anche gli sguardi di Troy - il cui viso era segnato da diversi lividi bluastri - e Keith.
'Ma guarda chi si rivede!' disse Randy, saltando giù dallo skate. 'Abbiamo dei conti in sospeso.'
Il volto di Jeff, dapprima contratto in una smorfia di paura, si sciolse in un ghigno di soddisfazione. Quasi ridacchiando per come appariva gonfio il viso di Troy,
Ah, ma te lo sei meritato, figlio di puttana!

ghignò:' Beh, se volete essere presi ancora a calci in culo, accomodatevi!'
Randy divenne ancora più furioso, e arrossì vistosamente.
'Ci avrai preso a calci in culo ieri, ma di certo non lo farai oggi, frocetto!'
Dopo aver detto questo, colpì Jeff con un pugno, facendolo indietreggiare.
'Jeff!'
Tutti e quattro i ragazzi si girarono in direzione della voce. In lontananza stava correndo un ragazzino, con gli inconfondibili occhi verdi.

Liu!

'No, Liu, non ti avvicinare! Corri ad avvertire gli altri, sono tutti a casa di Barbara!' urlò Jeff, prima che Randy, approfittando del fatto che Jeff non lo stesse guardando, lo colpisse con un altro pugno.
Ancora una volta, Jeff riuscì a non cadere a terra, seppur sospinto all'indietro dalla forza del colpo.
Di nuovo quella sensazione.
No, non devo! Io... io non posso...
Vide con la coda dell'occhio Liu correre alla ricerca dei loro genitori. Fu in quel momento che Jeff, raccogliendo tutte le sue forze, scattò in avanti, colpendo Randy al mento con il gomito.
Corse verso casa sua.
Ti stanno inseguendo. Senti i loro passi? Vuoi davvero diventare la loro preda?
Il viso gli pulsava terribilmente per i pugni prima ricevuti, e il cuore gli batteva così velocemente che sembrava sul punto di esplodere. Ma non poteva fermarsi.
Riconobbe subito il vialetto di ghiaia, le pareti bianche e il giardinetto. Sentiva dannatamente vicini anche quei maledetti skateboard, sentiva la voce di Troy urlare:' Fermati, Jeff, non fare il vigliacco!'.
Con folle disperazione si gettò contro la porta, scuotendola.
Non si apre, cazzo!
Si tastò le tasche dei jeans e frugò nella tasca della felpa bianca, e, con un sospiro di sollievo, trovò la copia del mazzo di chiavi che sua madre gli aveva affidato appena erano arrivati. Ma una volta aperta la porta e prima che Jeff potesse entrare, una mano lo afferrò dal cappuccio della felpa, spingendolo all'indietro e facendogli perdere l'equilibrio.
Era Randy.
Teneva nella mano destra un coltello a scatto, con la lama lunga almeno 15 centimetri. Se lo rigirava passandoselo tra le mani, come se pregustasse il momento in cui lo avrebbe affondato nello stomaco di Jeff.
Jeff stava per rimettersi in piedi, ma venne rispedito nuovamente a terra da un calcio al diaframma che gli mozzò il respiro. Uno, due, tre calci: Randy sembrava non volersi più fermare tanto era la rabbia che si leggeva nei suoi occhi; prima che il quarto calcio gli colpisse lo stomaco, Jeff, allo stremo delle forze, riuscì ad afferrargli il piede, torcendolo di scatto.
Randy gridò per il dolore e lasciò cadere il coltello.
Jeff era troppo stordito per alzarsi ed afferrarlo, tanto forti erano le fitte che sentiva allo stomaco in quel momento. Per questo fu Troy che lo prese da terra; con prontezza, cercò di affondarlo nella spalla di Jeff. Fu la felpa che attutì, seppur parzialmente, il colpo: la lama quindi lacerò il tessuto e affondò nella pelle e nel muscolo per qualche centimetro, sufficente affinchè Jeff gridasse di dolore.
'Dai, Jeff, guardami!' urlò Troy.

Odio.

'Siamo stati noi ad aver spedito il tuo fratellino e tuo padre dalla polizia!'

Collera.

'E tu rimani lì per terra? Non volevi prenderci a calci in culo? Ho forse sentito male?'
Risatine.

Esasperazione.

'Dovresti vergognarti!'

Furore.

'Combatti! Mi hai sentito, Jeff? Combatti!'

Ira.

'Mostra i coglioni che neanche possiedi, Jef-
Con tutta la forza che aveva, Jeff colpì Troy al naso. Si udì uno strano rumore, simile a uno scricchiolìo. Troy si accasciò a terra gemendo, mentre rivoli di sangue andavano a imbrattargli la faccia e la maglietta.
Keith e Randy si girarono a guardare Jeff, sorpresi.
Rideva.
Era come se il suo corpo non esistesse più. Come se delle catene invisibili che lo avevano tenuto imprigionato per tutto quel tempo si fossero sbriciolate. Era come se stesse prendendo possesso del suo corpo per la prima volta. Era... era magnifico.
Non aveva più importanza il dolore, non aveva più importanza Liu o la sua famiglia, non aveva più importanza niente.
Jeff desiderava solo...
Con uno scatto, balzò addosso a Keith, afferrandolo per la maglietta e spingendolo contro il muro. Gli fece sbattere la testa più e più volte, ignorando i suoi gemiti di dolore, ignorando le gocce di sangue, ignorando lo sguardo sempre più confuso e sofferente di Keith, bloccato dalla stretta di Jeff nei suoi capelli neri.
...uccidere.
Fu solo quando le gambe di Keith non lo ressero più che Jeff lo lasciò andare, semicosciente.
Si girò trionfante verso Randy, sorridendo, con una nuova luce negli occhi. Randy, zoppicante, inquieto, e senza più idee, si gettò verso il pugnale.
Jeff entrò correndo dentro casa sua, precipitandosi verso il bagno. Ricordava bene che in uno dei cassetti sotto il lavandino c'era un piccolo coltello ( e ricordava altrettanto bene quando suo padre, avendolo trovato tempo fa in camera del figlio nell'altra casa, aveva pensato di nasconderlo lì. Povero illuso! ), così nuovo, dalla lama fin troppo pulita...

 

'Maledetto schifoso! Li hai uccisi... hai ucciso i miei amici!'
La voce di Randy riecheggiava nelle pareti, ed era intrisa di rabbia e paura. Jeff, ridacchiando tra sé e sé, afferrò uno degli scaffali per i pomelli e lo buttò a terra; asciugamani,saponi e dentifrici si riversarono sul pavimento mentre Jeff frugava e cercava, finchè...
Eccolo!
...vide con chiarezza il debole riflesso della luce sul metallo.
'Ora me la paghi!'
Randy entrò come una furia nel bagno, brandendo nelle mani il suo coltello. Riuscì ad afferrare Jeff per i capelli e a spingerlo contro uno degli armadi; quest'ultimo vibrò pericolosamene.
Jeff afferrò con slancio la testa di Randy, premendo i suoi pollici sugli occhi per spingerli contro il cranio, e lo udì urlare per il dolore. Randy, con la faccia sanguinante nascosta tra le mani, lasciò la presa su Jeff, e ques'ultimo ne approfittò per riafferrarlo, sbatterlo contro l'armadio con un altro tonfo, e affondargli il coltello nel ventre. Un suono strozzato uscì dalla bocca di Randy, mentre annaspava con le mani e si spingeva contro le ante per tentare di sottrarsi.
Jeff rise.
Tutti i pugni -sempre più deboli- che Randy dava, fissando il vuoto e tenuto fermo della stretta che Jeff aveva sulla sua gola, fecero sì che le bottiglie e i flaconi appoggiati sopra l'armadio cadessero.
Un flacone di candeggina si rovesciò su di loro.
Entrambi urlarono per quell'insopportabile bruciore: Jeff cadde in ginocchio, cercando di pulirsi gli occhi e la bocca alla meglio, mentre Randy crollò per terra.
Jeff udì uno strano suono. Randy rideva.
'Che c'è da ridere?' urlò.
Non riusciva ancora a vedere bene, ma fu capace di intravedere Randy: stava uscendo dalla tasca dei pantaloni un piccolo accendino.
Con ultimo sforzo e un ultimo sorriso, Randy lo accese e sussurrò:' Vedi... è che dopotutto... ora sei completamente coperto di candeggina.'
E, detto questo, gettò l'accendino su Jeff, che si trasformò in pochi secondi in una torcia umana.
La felpa si incendiò subito insieme ai jeans neri.

Caldo...

Il fuoco si propagò sulle braccia e sulle gambe crudelmente, ma fu solo quando intaccò la fragile pelle del viso che Jeff urlò.
Sentiva debolmente delle voci... lo scalpiccio dei passi di suo fratello Liu, sua madre che urlava il suo nome ripetutamente, suo padre che cercava di spegnere il fuoco in tutti modi.

Caldo...

Nessun altro rideva.Tutti urlavano.
La candeggina, a contatto con il fuoco, reagiva sfrigolando: la pelle, oltre a bruciarsi, diventava sempre più bianca, mentre i capelli ardevano come se fossero paglia.
Non riusciva a vedere più nulla.
Cadde per terra, rotolandosi debolmente.
Non vedeva più Randy, non distingueva più la sagoma di Liu, non sentiva più nulla.
Jeff vedeva solo rosso.


Rosso...

Nero.

Perchè non riesco a vedere niente?

Gli faceva male ovunque. A ogni piccolo, insignificante movimento che faceva, il suo corpo reagiva con delle fitte lancinanti che lo costringevano a rimanere immobile, disteso sul letto. Si sentiva ancora ardere dentro, sentiva la pelle tirata e... strana, i suoni gli giungevano ovattati e indefiniti.
Poi con un flash ricordò tutto: lo scontro con Randy, i coltelli, la candeggina, il fuoco, tutto quel rosso...

Sono dunque all'ospedale? Sono vivo?

Udì dei passi strascicati venire verso di lui. Passi sconosciuti, estranei.
Una voce senza dubbio maschile, ma così insensibile e fredda...
'Non credo sia il caso di muoverti. Stai fermo mentre ti cambio le bende, d'accordo?'
Doveva senza dubbio trattarsi di un infermiere. Jeff lasciò che quelle mani lo toccassero, gli sollevassero piano una gamba e gli sostituissero i bendaggi.
Il fatto di non poter parlare attraverso le bende sul viso gli provocava molta frustrazione. In più, il fatto che quell'estraneo lo toccasse lo irritava parecchio. Non poteva neanche gemere di dolore: in silenzio, inghiottì ogni lamento provocato dalla manipolazione del suo arto.

Rosso...

Aveva tante domande da fare. Dov'erano i suoi genitori? Dov'era suo fratello? Com'era diventato il suo corpo? Dov'erano finiti i tre bastardi che lo avevano aggredito?
 

Come se lo stesse leggendo nel pensiero, l'infermiere disse:' Non preoccuparti, la tua famiglia è qui all'ospedale. Stanno parlando con il tuo medico curante. Vado a chiamarli! So che li vuoi vicino a te.'
No, no, no, no, no!  avrebbe voluto urlare Jeff, ma non poteva muovere la bocca, ostacolata dalla fasciatura troppo stretta attorno al suo viso distrutto.
Non voleva sentire sua madre e men che meno suo padre, lui che era perennemente a lavorare. Forse... forse Liu avrebbe potuto distrarlo.
Altri passi. Il suono troppo acuto dei tacchi con quello morbido e lieve delle Convers. L'odore troppo pungente del profumo che utilizzava sua madre
frequentemente, addolcito da quello più discreto di Liu.

Toglietemi queste dannate bende ora! Non voglio vedere il nero... Liu, almeno tu, liberami!

'Jeff! Tesoro mio, come ti senti ora?'
La voce... quella fin troppo riconoscibile e assolutamente indesiderata. Sì, sua madre.

Stai zitta!

'Inutile, Margaret. Non può risponderti ora con le bende strette sul viso.' disse una voce più profonda.
Suo padre.
'Comunque, Jeff, ecco una buona notizia: la polizia ha arrestato Keith e Troy, che hanno confessato di aver provato ad ucciderti con la complicità di Randy. Sono in commissariato, ora, e non credo che ne usciranno tanto presto.' continuò la voce.

Ahhh... quindi hanno finalmente preso quei due bastardi! E Randy? No, ricordo... lui è finito, lui... lui dorme ora...

'Jeff, non vedo l'ora che tu torni!' ruppe il silenzio un'altra voce, più squillante e allo stesso tempo tanto simile a quella di Jeff.

Beh, Liu, io non vedo l'ora di poter vedere come cazzo è diventato il mio viso!

Jeff non dovette aspettare tanto a lungo. In uno dei tanti giorni che passavano lenti ( Jeff non teneva più neanche conto dello scorrere del tempo: non gli importava ) e inesorabili, ai familiari passi e alle familiari voci se ne aggiunse un'altra. Non apparteneva neanche all'infermiere che ogni giorno si occupava di lui.
'Ciao, Jeff! Oggi toglieremo le bende dal tuo viso, contento? Sei anche dimesso, puoi tornare a casa!'
Jeff si sentì sollevare piano la testa e sentì la morsa delle maledette bende allentarsi.
Sentiva l'ansia, sentiva la trepidazione dei suoi genitori e di Liu nell'aria. Lui stesso era molto curioso di vedersi allo specchio.
Sentì l'aria fresca a contatto con la sua pelle, una sensazione che non sapeva ben definire. Prima la fronte, poi gli occhi, poi le guance, fino a scoprire tutto il viso.
Sua madre soffocò un grido appena l'ultima benda fu rimossa. Persino suo padre e persino Liu sgranarono gli occhi appena lo videro.

Anche tu, Liu? Perchè? E' davvero così orrenda la mia faccia?

'Voglio... voglio lo specchio. Datemelo. Voglio vedermi.' sussurrò Jeff, lasciando che i capelli gli cadessero sul viso.
Il dottore annuì e glielo porse, lasciando trapelare un certo nervosismo dagli occhi. Jeff lo afferrò senza alcuna delicatezza.
Il suo viso... era diverso. La pelle era talmente bianca da sembrare innaturale, e presentava molteplici chiazze più scure in zone diverse, dalla fronte alle guance. Le labbra erano ustionate, ed erano di un colore rosso vivo

Rosso...

dove la carne era rimasta. Anche i capelli erano cambiati: erano rimaste sporadiche ciocche ancorate a malapena al cuoio capelluto, ed erano divenute di un colore molto simile al carbone. Al tatto la sua pelle era fragilissima, e se si premeva o la si toccava con un po' più di forza, faceva ancora male.
'Beh...' sentì mormorare Liu da dietro, '...n-non è poi così male...'
'Non è così male?'quasi urlò Jeff. 'E'... è perfetto!'
Sì, lo era. Appena aveva visto il suo riflesso allo specchio, si era sentito nello stesso identico modo di quando aveva picchiato Randy, Keith e Troy. Era euforico, era felice. Lo era talmente tanto che gli veniva da ridere, e così fece, sotto gli sguardi basiti della sua famiglia e quello impietosito del medico accanto a lui.
'Il mio viso... oh mamma, oh Liu, papà, ora capisco perchè stavate facendo quelle facce appena mi avete visto senza bende. E' così bello, ed è mio!' continuò Jeff, accarezzandosi il viso e toccandosi i capelli, ignorando il dolore.
'Dottore,' sussurrò sua madre, 'mio figlio sta... bene? E' a posto... capisce... mentalmente?'
'Difficile a dirsi, signora. Considerando lo shock fisico che suo figlio ha subito fisicamente, il fuoco e la massiccia dose di antidolorifici, le consiglio di riportarlo a casa. Se domani il suo comportamento non sarà tornato quello normale di sempre, lo riporti qui per dei test psicologici.
La madre di Jeff annuì piano, non riuscendo a staccare gli occhi dal figlio. Le sembrava così assurdo che Jeff fosse diventato in quel modo nel giro di pochissimo tempo.
'Va bene, dottore. La ringrazio. Jeff, tesoro, ora vestiti e andiamo a casa.'
Jeff non riusciva a smettere di ridere. Era così divertente... era così bello.
Anche quando attraversarono il corridoio per prendere i vestiti - o ciò che ne restava - tutti gli infermieri lo guardavano spaventati e impietositi. Persino la donna al bancone rivolse a Jeff un lungo sguardo, quasi volesse esaminare l'entità delle ferite.
'Ecco i suoi vestiti.' disse.
Mentre Jeff si vestiva, sua madre notò che i pantaloni e la felpa - sebbene per buona parte bruciati e inservibili - erano stati puliti dal sangue e dalla cenere. Sembravano essere l'unica cosa normale in quel momento.
Il tragitto verso casa non era mai apparso più bello e allo stesso tempo più brutto.



 

Jeff si accucciò contro il sedile posteriore, guardando fuori dal finestrino.
Non aveva più timore di quello che sentiva. Era solo grazie a quella sensazione che era potuto divenire bellissimo.
Quando la provava, quando la avvertiva, l'estasi era così forte che gli veniva da ridere convulsamente. Quindi... perchè non farlo sempre? Perchè non sorridere sempre?



 

Quella notte una risatina squarciò il silenzio che si era creato in casa. Proveniva dal bagno.
'Oddio... che Jeff si sia sentito male?' pensò Margaret, uscendo dal letto e correndo in direzione della voce.
Tuttavia, passo dopo passo la sua corsa rallentò: nell'aria aleggiava uno strano odore... dolciastro, pungente, di bruciato.
Dalle fessure della porta socchiusa filtrava una debole luce.
Aprì lentamente la porta.

Ciò che vide fu orrendo.
Jeff era là, davanti allo specchio. C'erano macchie di sangue ovunque, e l'odore di bruciato si fece sempre più acuto.
All'improvviso quello si voltò.
Aveva in mano un grosso coltello da cucina e con quello si era inciso un lungo sorriso sulle guance, intagliandole. I suoi occhi erano cerchiati di nero.
'Jeff! C-cosa... cosa stai facendo? I... i tuoi occhi!'
'Non riuscivo a vedere la mia faccia.' rispose tranquillamente lui. 'Ero stanco... e le palpebre si chiudevano. Ora non lo faranno mai più. Le ho bruciate.'
'M-ma...'
'Ti piace il mio sorriso? Prima... prima non riuscivo a sorridere bene. Faceva male dopo un po'... faceva... male. Ora sto sorridendo. Guardami.'
La madre di Jeff indietreggiò. Quella... cosa davanti a lei non era suo figlio. Ne aveva paura.
Questo sembrò turbare Jeff.
'Cosa c'è mamma? Non ti piaccio? Non mi trovi bello?'
'S-sì... Jeff... lo sei...' balbettò lei. 'Ora l-lascia che chiami anche... anche tuo papà, così faremo vedere la tua... l-la tua nuova faccia anche a lui!'
Corse in camera da letto, ansante e con le lacrime agli occhi per la paura, e si gettò su suo marito, scuotendolo violentemente.
'Caro, ti prego, svegliati! Devi fermare Jeff, è...'
Si fermò quando vide Jeff sulla soglia della porta con il coltello in mano.
'Stavi mentendo, mamma.'
'Oddio! Jeff... posa quel coltello subito!' urlò suo padre, mettendosi in piedi.
Gli occhi di Jeff, con le palpebre annerite per via delle ustioni che si era creato in bagno, si riempirono di odio. La stretta di Jeff sul manico del coltello divenne più forte.
'Sai che c'è, papà? Non ti ho mai sentito parlare, non ti ho mai sentito prendere una decisione, niente. Dovresti fare il bravo e stare in silenzio come hai sempre fatto, e l'unico modo con cui lo farai è tornare a dormire!'



 



 

Liu si svegliò di soprassalto.
Fece il giro della sua camera con gli occhi, aspettandosi di vedere qualcosa di anomalo, ma ogni cosa sembrava normale. Eppure...?
Scrollando le spalle, chiuse gli occhi e si sforzò di riprendere sonno nuovamente, cercando di ignorare il pensiero che non fosse solo nella stanza.
Tuttavia, il peso di un altro corpo sul suo letto gli fece alzare gli occhi. Davanti al suo volto c'era quello completamente tumefatto di Jeff.
Cercò di gridare, ma la paura lo aveva immobilizzato, costringendolo a guardare i sottili ma profondi squarci che aveva sulle guance il fratello.
'Jeff! Cosa...'
Jeff gli tappò la bocca con una mano e con l'altra avvicinò il coltello.
'Shhh... Torna a dormire, Liu... Torna a dormire.'



 



 

The end


 

  
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