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Autore: aturiel    16/01/2016    2 recensioni
Dal testo "Nico gemette piano, e a quel suono il ragazzo di fronte a lui alzò lo sguardo dalla sua lettura e gli sorrise.Niente gli era sembrato più simile al Sole di quel sorriso, ad eccezione del Sole stesso: aveva illuminato la stanza con una luce calda e rassicurante, i denti bianchi avevano scintillato in contrasto rispetto alla pelle abbronzata, i capelli erano di quel colore che si è soliti definire come biondo grano, senza contare poi gli occhi, azzurri e luminosi come il cielo estivo. Tutto in lui sembrava ricordare il Sole, ed era davvero fastidioso."
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Terza classificata al contest "Game of Judges - II Edizione"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nico si alzò di scatto, madido di sudore e con il corpo che tremava: quella volta i suoi incubi erano stati peggio del solito. Per fortuna c'erano ancora le tenebre attorno a lui, un buio accogliente che gli impediva di vedere, che faceva sì che il mondo fuori non lo raggiungesse, almeno per il momento.
Trascorsero le ore, e Nico stava quasi per assopirsi nuovamente. Poi un raggio luminoso squarciò l'oblio in cui stava per cadere e si svegliò, di nuovo.
Nico guardò il Sole sorgere per l'ennesima volta, e gli lanciò un'occhiata truce, odiandolo un po'.
Per la maggior parte delle persone il Sole è un'entità dolce e calda che illumina ogni cosa e che la rende improvvisamente piacevole, per loro, finché quella palla di fuoco sospesa nel cielo fosse esistita, il mondo in qualche modo sarebbe rimasto gentile.
Ecco, Nico non era dello stesso parere.
Il fatto era che da quando aveva memoria era costretto a vedere la nascita del Sole, e ogni volta che accadeva questa perdeva un po' della sua magia, finché Nico aveva deciso che l'alba, nella sua ripetitività, era inutile e fastidiosa. La sua luce soffusa, infatti, penetrava attraverso le tenebre in cui viveva, le squarciava con una delicatezza che, secondo Nico, era solo apparente e poi lo costringeva ad alzarsi dal letto, stanco ancor prima di iniziare la sua giornata. Se non ci fosse stato il Sole, lui avrebbe potuto tentare di riaddormentarsi, ma quella luce invadente glielo impediva sempre.
Odiava il Sole, lo odiava con tutto se stesso.

Primo giorno della settimana, lunedì.
A differenza di tutti i suoi compagni di classe – e, in generale, di tutti gli studenti dell'Universo conosciuto –, a Nico piacevano i lunedì. Non che amasse ricominciare a frequentare quel gruppo di bipedi che costituiva la sua classe, e nemmeno era poi così interessato alle lezioni, ma il lunedì era la giornata in cui lui era meno stanco, visto che la settimana era appena iniziata, e poi era bello anche solo il suo nome, che ricordava così tanto la Luna.
Ecco, a Nico la Luna piaceva molto: quando si svegliava terrorizzato dai suoi incubi, lei lo confortava con la sua luce gelida e lontana, rassicurante nella sua sola presenza, così diversa da quella indelicata del Sole che non faceva altro che disturbarlo.
Con questi pensieri in testa, Nico se ne stava seduto in un angolo della biblioteca, con lo sguardo perso chissà dove e con un libro di cui non aveva guardato nemmeno il titolo aperto sul tavolo. Non veniva in biblioteca per studiare, ci veniva per stare in pace e in silenzio. Quest'ultimo particolare, però, era evidentemente sfuggito a quell'individuo che si era seduto di fronte a lui e che, da circa dieci minuti, aveva deciso di iniziare a leggere un libro ad alta voce.
Quale diciottenne legge ancora i libri ad alta voce?, non riuscì a non pensare, in un moto di stizza.
Nico già non lo sopportava più, ma, nella speranza che se ne andasse in fretta e poiché non aveva alcun desiderio di iniziare una lite che era troppo stanco per affrontare, decise di non fargli notare quanto lo stava disturbando.
Abbassò lo sguardo verso il suo libro, cercando di concentrarsi su quello visto che i suoi pensieri erano stati interrotti da quel bisbigliare, e vide che si trattava de “Il giovane Holden”. Sorrise lievemente nel leggere il titolo: l'aveva già letto e apprezzato più di una volta, quindi lo ritrovava fra le dita come se si fosse trattato di un vecchio amico. Improvvisamente, però, il suo cervello decise di registrare alcune delle parole che stava biascicando quel ragazzo insopportabile: Sally, Sunny, Maurice... stava leggendo “Il giovane Holden”!
Sul serio...?
Nico gemette piano, e a quel suono il ragazzo di fronte a lui alzò lo sguardo dalla sua lettura e gli sorrise.
Niente gli era sembrato più simile al Sole di quel sorriso, ad eccezione del Sole stesso: aveva illuminato la stanza con una luce calda e rassicurante, i denti bianchi avevano scintillato in contrasto rispetto alla pelle abbronzata, i capelli erano di quel colore che si è soliti definire come biondo grano, senza contare poi gli occhi, azzurri e luminosi come il cielo estivo.
Tutto in lui sembrava ricordare il Sole, ed era davvero fastidioso.
Nico abbassò lo sguardo, quindi si alzò, andò a riporre il suo volume del romanzo di Salinger nello scaffale dove l'aveva preso e uscì dalla biblioteca, con l'irritante sensazione di essere stato appena svegliato da un invadente raggio di Sole quando invece avrebbe voluto solo chiudere gli occhi.
La scenetta si ripeté per una settimana intera, e forse per qualche giorno di più. Nico si sedeva sempre in un angolo differente della biblioteca, con in mano un volume sempre diverso, ma quel ragazzo lo seguiva sempre e si metteva a biascicare le parole del suo stesso libro.
Una volta Nico, scocciato, aveva preso un testo originale di Aristotele. Poco dopo il ragazzo si era appostato di fronte a lui e aveva aperto la sua copia, ma, nonostante tentasse di sillabare qualche parola, non era riuscito a leggere nulla.
Non conosce il greco, aveva concluso Nico, vittorioso.
Il ragazzo aveva allora alzato lo sguardo, confuso, quindi l'aveva guardato interrogativo come aspettandosi una spiegazione, ma Nico si era limitato a piegare le labbra in un ghigno soddisfatto. Peccato che poi anche Nico stesso, poco dopo, era stato costretto a posare il volume per non addormentarsi sul tavolo della biblioteca per la noia. Ma il senso di soddisfazione era rimasto: era stata una vittoria breve, certo, ma molto, molto succulenta.

Erano trascorse due settimane, e Nico iniziava ad abituarsi a quella presenza solare nella sua vita e, suo malgrado, a smettere di trovarla fastidiosa e sgradita. Ormai non tentava nemmeno più di mettergli i bastoni fra le ruote o di allontanarlo, perché sapeva che quello, in un modo o nell'altro, sarebbe riuscito a sbirciare fra i registri dei prestiti e a trovare la sua firma spigolosa accanto al titolo che aveva scelto per poi scovare una seconda copia e sedersi di fronte a lui.
In compenso anche l'altro si era rassegnato al mutismo di Nico, che mai gli aveva rivolto la parola, e si limitava ormai a mostrargli la copertina e il titolo prima di sedersi, senza più leggere ad alta voce. Erano giunti a una tregua, e a Nico non dispiaceva per nulla.

 
*

Una mano si sporge verso di lui nell'oscurità, cerca di afferrarlo, di stringerlo. Nico si ritrae, ma quella si allunga sempre di più; per quanto si allontani e scappi, quella lo raggiunge.
Ad un tratto, la mano nera e mostruosa sempre presente nei suoi sogni cambia la sua forma e prende il colore di una pelle abbronzata e in apparenza calda e morbida, le unghie si accorciano e diventano lunette regolari sulla punta delle dita, la consistenza non pare più viscida e unta, ma calda e rassicurante. Nico si blocca, stupito, e la mano si posa sulla sua guancia, scaldandola.
Nico, dopo un momento di confusione, si rende conto che il caldo della pelle scura non è fastidioso, che non gli sta facendo del male, anzi, lo sta curando e confortando. Appoggia quindi la guancia a quella mano e ci si abbandona. Dietro quella mano appare il corpo del ragazzo della biblioteca, il suo viso luminoso, i suoi capelli ricci e biondi, i suoi occhi dolci.

Nico spalancò gli occhi, nel buio.
Non aveva paura, non sentiva il solito freddo o il solito tremore, solo una profonda confusione in testa, tanto che il suo primo desiderio fu quello di sbattere il capo da qualche parte per cancellare l'immagine di quel ragazzo.
Il Sole nacque di nuovo, ma per la prima volta non ne fu infastidito: in fondo l'alba significava che mancavano solo poche ore per potersi di nuovo trovare di fronte il biondino insistente. Nico, quindi, sorrise e si alzò dal letto, guardando il Sole che sorgeva e colorava il cielo di rosa e arancio.

 
***

Will non sapeva più che fare. Aveva chiesto consiglio a quasi tutti i suoi amici – e di amici ne aveva! –, ma nessuno gli aveva dato un'opzione praticabile. Leo gli aveva infatti detto di offrirsi per riparare il suo computer, peccato che Will non avesse la minima idea se avesse o meno un computer da riparare e, soprattutto, lui di tecnologia non ci capiva un'acca. Annabeth invece gli aveva consigliato di invitarlo a vedere insieme una mostra, ma l'unica che in quel periodo era stata allestita nella loro piccola cittadina di provincia s'intitolava “Femme – conoscere le grazie femminili” e non gli sembrava esattamente adatta per un primo appuntamento. Percy aveva proposto di chiedergli di andare insieme al parco, e sarebbe stata un'ottima idea se non fosse che Will soffriva di una terribile allergia al polline che gli impediva di pronunciare una frase completa di soggetto, verbo e complemento oggetto senza starnutire almeno tre volte nel mezzo. Infine Jason, l'unico di loro che conosceva Nico di persona, gli aveva invece detto di aspettare che fosse lui a parlargli. Il problema era che Will era stanco di aspettare: erano trascorse due settimane, ma non era cambiato nulla.
Will, però, voleva davvero conoscere Nico.

Il fatto era che, per caso, si era imbattuto in uno di quei blog abbandonati, di quelli che non vengono seguiti da nessuno ma che l'autore continua lo stesso ad aggiornare per soddisfare il proprio bisogno di sfogarsi.

 
15 settembre
 
 
Anche questa notte ho avuto un incubo.
Non ho più paura di nulla, solo di chiudere gli occhi.
O di non riuscire più a farlo.

Non sapeva esattamente che cosa l'avesse spinto a continuare a leggere, d'altronde l'autore non si curava di spiegare ciò che scriveva e quindi la metà degli aggiornamenti erano per lui incomprensibili, ma alla fine era stato catturato da un qualcosa, da una forza interiore fortissima e da una personalità che, seppur malinconica e tenebrosa, era affilata come una lama e intensa, intensa come nessuna che avesse mai conosciuto.
 
24 marzo

Odio il Sole.
Nasce sempre nello stesso modo.
Ma è nuovo ogni giorno.

Ogni tanto le frasi perdevano senso, seguivano il corso dei soli pensieri dell'autore, eppure, senza che Will nemmeno se ne rendesse conto, gli lasciavano qualcosa.
Poi un giorno Will si era seduto accanto a un ragazzo sul pullman che prendeva sempre per andare a casa. Non lo aveva mai visto su quel pullman, ma la sua faccia era in qualche modo conosciuta. Will aveva visto quel ragazzo scrivere qualcosa sul suo cellulare e, anche se generalmente non si sarebbe nemmeno sentito abbastanza curioso da sbirciare cosa il suo vicino stesse digitando – lo trovava un comportamento davvero infantile! –, i colori della schermata attirarono come una calamita la sua attenzione. Il nero, il grigio e poi il viola che si mescolavano e le immagini minimal in bianco infatti erano proprio le caratteristiche del blog che Will aveva imparato a conoscere.
Quante possibilità c'erano di incontrare l'autore anonimo di quel blog?
È un segno del destino!, si ritrovò a pensare, eccitato come una ragazzina di fronte al suo idolo.
Will, improvvisamente congelato, alzò lo sguardo dallo schermo del suo vicino al suo volto. Non era bellissimo, però il suo aspetto aveva qualcosa che ammaliava e incuriosiva: i capelli erano mossi e scuri, trasandati – probabilmente non vedevano delle forbici da qualche mese –, lo stesso colore in una sfumatura più scura Will lo poté scorgere anche nelle sue iridi e nelle ciglia lunghe che proiettavano un'ombra sulle guance chiare e pallide. Aveva dei tratti ancora un po' infantili, eppure si vedeva che non era più un bambino: la linea della mandibola iniziava ad essere squadrata, le sue braccia, seppur sottili e morbide, sotto la maglietta sottile mostravano un accenno di bicipite.
Will avrebbe voluto parlargli, chiedergli magari il suo nome e spiegargli che aveva letto il suo blog, che voleva conoscerlo per dare un senso alle tre frasi che ogni giorno pubblicava e magari iniziare a parlare con lui del più e del meno. Ma proprio quando stava per aprire la bocca, il ragazzo prenotò la fermata e, poco dopo, scese.

Il giorno dopo Will, leggendo il blog dello sconosciuto, aveva trovato un nuovo post.

 
13 maggio

Ci dicono che il primo passo per amare gli altri è amare se stessi.
Perché allora io amo gli altri e mai me stesso?
Nemmeno il mio amore funziona come dovrebbe.

Will allora, preso da uno strano impulso, aveva commentato sotto:
 
From: sunisup
Reply: Ti amo.

Suonava come una falsità, ma a Will non importava. Voleva mostrare a quel ragazzo che non era del tutto solo come credeva, che qualcuno aveva trovato un modo per entrare nei suoi pensieri e capire i suoi sentimenti: non poteva costringerlo ad amare se stesso, ma era convinto che mostrandogli quello strano affetto che aveva sviluppato nei suoi confronti limitandosi a leggere il suo blog... beh, l'avrebbe aiutato e, forse, reso felice.

Il giorno seguente Will aveva trascorso l'intera giornata a sperare che quel ragazzo prendesse il suo stesso pullman: magari non avrebbe trovato il coraggio di parlargli, ma sentiva il bisogno di osservarlo almeno un po'. Era quindi corso a salutare Jason fuori dalla porta dell'aula di scrittura creativa per non doverlo aspettare all'uscita da scuola e poter quindi prendere il pullman in fretta, ma tutti i suoi piani andarono in fumo. Il motivo? Quel ragazzo sbucò improvvisamente dall'aula. Will lo seguì con lo sguardo ed aveva iniziato già a muovere qualche passo nella sua direzione, quando Jason l'afferrò per una spalla, fissandolo come se avesse disegnati negli occhi due bei punti interrogativi.
Will aveva quindi staccato lo sguardo dal suo obbiettivo e, con un sonoro sospiro, aveva spiegato all'amico tutta la situazione. La chiacchierata fu più fruttuosa di quanto si fosse aspettato: scoprì che il suo nome era Nico Di Angelo, che era un ragazzo molto silenzioso e decisamente tenebroso, a detta di Jason, e – informazione essenziale – che si andava a rifugiare durante quasi tutti gli intervalli in biblioteca.
Da quel momento tutto ciò che aveva fatto era stato seguirlo e scoprire che cosa leggesse, nella speranza che lui gli rivolgesse la parola. Non che la sua strategia stesse funzionando molto, in realtà, ma per lo meno era sicuro di essersi fatto notare da Nico, e per il momento bastava: aveva ingaggiato con lui una guerra ad armi pari, e aveva tutte le intenzioni di vincerla. Il premio? Una conversazione e, magari, un'amicizia.

 
***

Nico si sedette al solito posto in biblioteca, concentrandosi nel rispettare il patto che aveva preso con se stesso: rivolgere la parola al ragazzo di fronte. Non sapeva esattamente con quali ragionamenti fosse giunto a quella promessa – e forse non ne aveva proprio fatti, manco se ne ricordava tanto era agitato –, ma ormai aveva deciso e, a costo di balbettare come un idiota, sarebbe riuscito a salutarlo.
Aprì il libro che aveva preso a caso dallo scaffale e aspettò pazientemente che arrivasse il suo, ormai, compagno di letture. Non attese molto, in realtà: cinque minuti dopo era già lì, con un'altra edizione del suo stesso romanzo fra le dita e uno sguardo più determinato del solito stampato in viso.
Nico chiuse gli occhi, prese un gran respiro e aprì la bocca per parlare, ma il ragazzo lo interruppe, esclamando: «Will. Mi chiamo Will, Will Solace. E tu ti chiami Nico Di Angelo, e hai un blog. Ecco, quel blog io l'ho letto tutto e un giorno per caso ho scoperto che eri tu ad aggiornarlo, quindi mi è venuta voglia di conoscerti. Posso conoscerti?»
Nico rimase per qualche secondo sorpreso per il fiume di parole che gli era stato appena riversato contro, tutto d'un fiato. E ci mise qualche altro secondo per assimilare le informazioni: il ragazzo – no, Will – sapeva il suo nome, e aveva letto il suo blog, e voleva conoscerlo. Nico deglutì, improvvisamente in imbarazzo al pensiero che qualcuno oltre a lui avesse potuto leggere quelle righe che pubblicava giornalmente. E si sentì ancora più in imbarazzo al pensiero di ciò che aveva scritto nell'aggiornamento di quella mattina:

 
15 aprile

Un incubo si può mai trasformare in sogno?
Un codardo si può mai trasformare in coraggioso?

Non importa: il Sole oggi sarà nuovo e diverso, almeno per me.

Nico si risvegliò dalla sua trance, e alzò lo sguardo verso quello di Will. Era carino, ora che ci faceva caso, sembrava uno di quei surfisti delle pubblicità di costumi o villaggi turistici, se non fosse stato che continuava a passarsi nervosamente una mano fra i capelli, e se non fosse stato che i suoi occhi azzurri dardeggiavano fra lui e un qualsiasipuntochenonfosselui, come impazziti. Gli fece un po' di tenerezza, in effetti, e fu proprio quella tenerezza che lo convinse a mantenere la promessa che si era fatto. D'altonde, sembra più in imbarazzo di me, si disse.
Allungò la mano destra e, con un sorriso che probabilmente appariva più simile a una smorfia, annuì.

 
*
15 aprile – pomeriggio

Oggi ho vinto.
Ho vinto la mia paura del Sole, ho vinto la mia paura della luce.
Non ho vinto contro di Lui, ho vinto contro me stesso.

 

   
 
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