Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: TonyCocchi    16/01/2016    1 recensioni
Dall’inglese “to swap”: scambiare, fare a cambio.
Piccolo esperimento narrativo: e se scambiassimo alcuni dei personaggi di Attacco dei Giganti, nei ruoli e nelle situazioni, e provassimo così a riscrivere una scena conosciuta della serie? È ciò che ho provato a fare qui, mettendo al posto del trio di protagonisti (Eren, Armin, Mikasa), il trio Reiner, Berthold, Annie! La scena riscritta è quella dell’episodio 7, in cui Mikasa è sul punto di arrendersi al proprio destino: stavolta però, al suo posto vedremo Annie! Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Berthold Huber, Reiner Braun
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un saluto a tutti, gente! Come anticipato nella descrizione, questa fanfiction vuole essere un po’ come un esperimento, in cui prenderò una delle scene più conosciute ed epiche di Shingeki no Kyojin, provando a riscriverla con personaggi diversi, come se il loro ruolo nella storia fosse stato “scambiato”, facendo ovviamente dei dovuti adattamenti. Con il trio dei titani ho un rapporto diciamo di odio e amore, li trovo fantastici e odiosi insieme: un bel giorno mi sono reso conto del possibile parallelismo col trio dei protagonisti, e da lì è nata questa idea, grazie alla quale (incredibile ma vero), quei tre potevano diventare i “buoni” della storia! Non penso ovviamente di riscriverla tutta in tal senso, ma quantomeno vorrei presentarvi questa scena, in cui al posto di Mikasa ho inserito Annie: spero che la troverete una trasposizione interessante ed originale! Per l’occasione userò anche un personaggio poco conosciuto, Berik, che per chi non ha idea di chi sia, sarebbe il compagno di Reiner e Berthold che viene divorato dal titano che diverrà Ymir (piccolo memo per non lasciarvi spiazzati XD).

Detto ciò, buona lettura!

 

 

 

Così finisce dunque, pensava, ascoltando il sibilo senza fiato della sua manovra tridimensionale, rimasta completamente a secco di gas.

Non che le importasse poi molto a quel punto. Quel suo bel discorso di poco prima, la sua carica forsennata verso il castello, non erano stati che una mera recita, per sé stessa e i suoi compagni condannati: doveva aver già deciso di farla finita nel momento stesso in cui l’aveva saputo.

Reiner e Berthold erano morti.

Divorati, con tantissimi altri in barba di ogni pretesa di riscatto con cui l’umanità, in quelle ore, si era levata per respingere quella nuova invasione, probabilmente l’ultima e definitiva. Persone, inghiottite in gigantesche, ingorde gole, insieme ai ricordi del passato, le speranze del presente, i sogni per il futuro. Amici, che non avrebbe mai più avuto al suo fianco.

E non valeva affatto la pena di continuare trascinarsi in quel mondo tetro e violento senza di loro. Un mondo senza quei due non valeva la pena di essere vissuto.

Buttò a terra le spade, e lasciò le ginocchia si piegassero stanche per sedersi.

Non ne valeva proprio la pena: la crudeltà imperava in ogni dove, fuori come dentro le mura, la sopraffazione del debole era la norma per giganti come per uomini, ipocrisia ovunque voltasse lo sguardo, valori illusori dietro cui affannarsi, comunque incapaci di offrire consolo. E l’unica cosa bella, degna di fiducia, ammirazione, affetto, i suoi unici veri amici, portata via proprio da quel mondo che tanto avevano bramato di migliorare, questa la sua risposta, questo il suo ringraziamento.

Le persone si chiedevano come mai Annie Leonhart fosse sempre così distaccata: forse era proprio un riflesso del suo distacco da una realtà da lei attentamente osservata, meditata nei suoi silenzi, e per la quale non era riuscita a provare che un freddo disincanto.

Chissà come era stata la loro fine. Chissà se avevano sofferto molto.

Smosse le ciocche bionde dal volto e guardò per aria, affondando gli occhi nelle nuvole grigie come si affonda in un cuscino per riposare.

Quanta stanchezza sentiva, come fosse venuta fuori tutta di colpo, ammassatasi per anni nel fondo del suo animo tormentato. Era stanca di sentirsi animale in gabbia, stanca di vedere gente morire, stanca di lasciarsi illudere dall’entusiasmo e dagli sforzi altrui, stanca di osar sperare che possa valerne la pena in fondo.

Ma forse era il dolore della perdita a pensare per lei in quel momento: dopotutto, non poteva neanche dire che non vi fossero stati momenti per cui la sua vita si sarebbe potuta definire bella, difficile, ma anche bella.

Prese un bel respiro e si immerse, tra i flutti dei suoi ricordi, nella sua infanzia di bambina funestata da un padre ossessivo e violento. Quando sua madre aveva provato a scappare di casa con lei, lui l’aveva uccisa davanti i suoi occhi, e poi aveva riso, fiero del suo atto d’amore nei suoi confronti, di aver eliminato chi cercava di separarli, quell’amorevole papà e il suo biondo angioletto adorato.

Prima di quel giorno, non sapeva molto dei due figli adottivi di quel boscaiolo che viveva vicino la loro fattoria sui monti, bambini come tanti altri alla scuola del villaggio con cui, col suo carattere chiuso, non aveva mai legato.

Li avevano inseguiti nella loro fuga, e da soli, quei due moscerini si erano buttati addosso a quell’adulto senza un briciolo di paura, come fosse niente più che uno dei loro giochi, aggrappandosi, mordendo, pizzicando, colpendo.

 

“LEVATEVI DI DOSSO!”

“Dacci una mano!”

“Reagisci!”

Acquattata dietro l’albero, paralizzata dal terrore, sarebbe rimasta lì a guardarli combattere quel “gigante” finché questi non fosse riuscito a tirar fuori dalla tasca il coltello, se le loro parole non fossero risuonate in lei come un eco, un eco proveniente da lei stessa, la voce del suo coraggio, della sua volontà, del suo spirito che in quel momento si incarnava e combatteva in quei due bambini.

“Lui ha ucciso la tua mamma! Vuoi davvero che la passi liscia?” –quel tipetto dai capelli neri sottile e deboluccio.

“Vuoi davvero che ti porti via con sé dopo quello che ti ha fatto? Devi fermarlo!” –e il suo amichetto tarchiato dagli ispidi capelli biondi.
“Combatti con noi!”
“Combatti!”

Si scagliò su suo padre, ben sapendo a quale tasca puntare…

 

Che piccole pesti che erano allora, sorrise. Reiner molto di più per la verità, Berthold, per carattere, era invece sempre stato il tipo obbediente e ragionevole dei due, tranquillo per timidezza come lei lo era per maturità, precoce fin da piccola.

Eppure, anche Berthold a volte era capace di prendere l’iniziativa, e non era qualcosa che aveva scoperto man mano negli anni vissuti insieme, ma da subito, uno dei più antichi e più importanti dei suoi ricordi.

 

“Ehi! Che ti prende?” –fece Reiner, deluso dal non vederla gioire e saltellare insieme a loro dopo aver vinto alla grande contro quel cattivone, essere riusciti a farlo scappare, ed essere tornati sani e salvi da Berik che li stava cercando nella foresta.

Purtroppo per lui, la Annie di allora non aveva che voglia di piangere: “La mia mamma è morta, il mio papà è fuggito via… Non c’è più nessuno!” –singhiozzò asciugandosi con la manica del vestitino- “Sono rimasta tutta da sola!”

Il tipetto biondo si era morso la lingua: già allora iniziava a fare i conti con l’avere più muscoli e coraggio che cervello.

“A-allora…” –balbettò a bassa voce il piccolo Bert, per poi parlare forte e deciso- “Allora vieni a stare con noi!”

“Cosa?” –chiese incredula la bimba.

“Così non sarai sola!”
“Wow!” –strinse i pugni Reiner- “Berthold, hai avuto un ideona!”

“Ehi, un attimo, ragazzi! Non potete decidere una cosa del genere così su due…”
“Andiamo, Berik!” –lo rimbeccò subito il bambino biondo, già allora con quel forte orgoglio e senso di responsabilità che l’avrebbe sempre contraddistinto- “Non possiamo lasciarla sola dopo che ci ha aiutati a sconfiggere quel farabutto! È una di noi!”

“Una… di voi?”

Solo l’innocente, rassicurante sorriso di Berthold poté sciogliere in un tenue rossore di guance la sua confusione.

“Vuoi?” –le domandò.

Quel sorriso le disse, quel giorno triste e poi bellissimo, che le cose orribili appena successe non avrebbero distrutto per sempre la sua vita, che poteva continuare, e non da sola.

“… S-si.”

“Abbraccio di gruppo!” –aveva urlato subito dopo Reiner. Ci rimase male quando la commozione le giocò un brutto scherzo facendola scoppiare a piangere nella loro stretta, ma il trio nato quel giorno ne avrebbe avute di chance per rifarsi di quell’imbarazzo!

 

Quante cose erano successe da allora, prese a sfogliare la sua mente, mentre la terra tremava dei passi di un grasso, sghignazzante titano che si stava avvicinando pigramente verso di lei.

I giochi, le avventure, le cadute, i combattimenti coi bulli che tormentavano Berthold, le prime cotte di Reiner. Poi l’apparizione del Gigante Colossale e lo sconvolgimento delle loro vite: la distruzione del villaggio, la morte di Berik sotto i loro occhi, la promessa di Reiner di sterminare i giganti dal primo all’ultimo.
In un baleno eccoli, inseparabili come sempre, arruolarsi nell’esercito, e venire alle prese con lo sfiancante addestramento di Keith Shadis, il suo combattimento con Mikasa Ackerman durante la pratica di corpo a corpo, finito in parità, il giro di scommesse sulla posizione di Berthold al suo risveglio, Reiner che si carica sulle spalle quel pappamolla di Armin durante il percorso nel fango nella foresta, e tanto altro ancora.

Sembrava un eternità fa che venivano presentati, tutti e tre, tra i migliori dieci del 104°esimo corso, un istante prima che Trost venisse attaccata, e che i due che le avevano ridato la vita, offrendole un posto accanto alle loro, morissero lontani da lei, dopo la reciproca, infranta promessa di ritrovarsi, al termine di quella giornata. Il trio era stato spezzato, e lei ne avrebbe condiviso le sorti.

Guardò il gigante avvicinarsi dalla sua destra: qualche passo ancora e sarebbe stato tutto finito, libera dai brutti pensieri, dal dolore e dalla violenza, da quel brutto mondo in cui suo malgrado era nata e che comunque le aveva regalato dei momenti felici.

Perché avere dei rimpianti dunque? Non era certo mai stato in potere suo cambiare le cose, né avrebbero potuto riuscirci quei due coi loro sogni strampalati di sterminare i titani, liberare il Corpo di Gendarmeria dalla corruzione, andare un giorno tutti e tre ad ammirare le distese infinite di acqua e di sabbia di cui Berthold aveva letto esistere là fuori su da un libro fuorilegge.

Quante volte quei due dovevano averle sognate ad occhi aperti, quando si sedevano vicini sul ciglio delle mura. Ma lei no, lei era la razionalità nel loro trio, il disincanto, l’amarezza delle cose così come sono, non aveva mai sognato tanto in là, né ci sarebbe riuscita ora per distrarsi da quell’enorme mano che si stendeva verso di lei, coprendola e offuscandola nella sua ombra.

 

Non l’aveva mai fatto.

 

Ma quanto era stata felice di star lì al loro fianco. Le era bastato quello.

 

Certo che quel titano ce ne stava mettendo di tempo per lasciarla pensare così tanto. Era così lento che avrebbe potuto prendere da terra la spada e tranciargli di netto tutte le dita.

 

SLASH!

 

L’essere mostruoso retrasse la mano e ne guardò, inespressivo, i moncherini sanguinanti.

 

<< Perché l’ho fatto? >>

 

L’altra mano del titano provò ad abbattersi su di lei, ma con un agile capriola si sottrasse a quella morsa famelica, di cui poi provvide a tranciare nuovamente le dita, come disgustosi lombrichi.

 

<< Che mi prende adesso? >>

 

Il gigante perse l’appoggio e cadde faccia a terra, dandole il tempo di recuperare anche l’altra spada e allontanarsi di qualche passo.

 

<< Io ho rinunciato ormai a questa vita. Non ho rimpianti. >>

 

Colei che seduta bramava la propria fine, ora si ergeva fiera al proprio posto, scrutando il nemico, le spade tenute salde e pronte, i muscoli tesi e pronti a scattare.

 

<< Senza Berthold e Reiner… che senso ha andare avanti? >>

 

Il sole fece breccia tra le nubi, illuminando il muro alla sua sinistra, e lei strinse gli occhi abbagliata, mentre dall’ombra del cielo scuro, il titano tornava a puntarla dall’alto della sua primordiale brama divoratrice con le sue iridi spente.

 

<< Perché sto continuando a combattere se penso che non valga la pena di vivere? >>

 

“Reiner, tutti ti danno del visionario. Pensano che sei fuori di testa.”
“Perché? Perché dico che i titani vanno sterminati tutti? Al diavolo! Se è così mi sta bene essere deriso! Quelli non capiscono niente! Non lo capiscono di essere delle bestie in gabbia! Ma io cambierò le cose.”
Sospirò: “Reiner, sei soltanto un umano.”
La spiazzò ridacchiando: “Forse, ma sono un umano bello tosto!” –si batté i pugni sul petto solido come ferro- “Se do l’esempio, anche quelle pecore si smuoveranno! La natura mi ha dato questo corpo forte e una testaccia dura, e non bisogna lasciare che i propri doni vengano sprecati: ho deciso di utilizzarli per lottare contro quei mostri assassini, e anche se so che non basteranno, non mi tirerò indietro, mai! Annie, immagina per un istante se nessuno di noi si tirasse indietro: altro che sterminare i titani, chissà che cosa l’umanità potrebbe essere in grado di fare!”

Scosse il capo: quella testaccia era troppo dura e piena di stupida buona fede per continuare a mortificarlo coi suoi commenti da guastafeste. L’avrebbe lasciato stare per quella volta, e che non provassero a dubitare del bene che gli voleva!

 

<< Questo mondo è senza speranza, e uccide chi prova a cambiarlo! >>

 

“Ma chi diavolo si credono di essere quelli?” –sbraitò Connie, aiutando Sasha a rialzarsi da terra dopo un alterco con quelli del Corpo di Gendarmeria, i quali non se ne erano andati senza insegnare alle reclute, ultime ruote del carro, come funzionano le gerarchie.

“Non dovrebbero comportarsi così.“ –commentò Berthold, storcendo la bocca per l’indignazione.

“Invece è esattamente così che vanno le cose, Berthold.” –gli aveva risposto senza esitare- “Puoi disgustarti quanto ti pare, ma la realtà è che chi sta in alto può spazzare via i deboli a suo piacimento, forse non ne avranno il diritto, ma sicuramente ne hanno il potere. Non farti il sangue amaro, è così che va. Almeno tu sei una brava persona.”

“Beh, anche se va così non è così che deve andare!” –ribatté sordo alla saggezza delle sue considerazioni- “Proprio perché sono “una brava persona” è mio dovere disgustarmi, e mostrare a tutti che può andare diversamente!”

“Sempre convinto di voler entrare nella Gendarmeria quindi.”
“Convintissimo!”

 

<< E le persone buone muoiono ogni giorno spazzate via dai forti e dagli oppressori! >>

 

“Ehi, Annie, facciamo uno scherzo a Berthold! Aspettiamo che dorma, poi lo solleviamo col materasso e lo portiamo fuori nella foresta! Chissà che faccia farà quando si sveglia!”

“Reiner, questo farà infuriare sia Berthold sia quelli che hanno scommesso di ritrovarlo a testa in giù domattina e che non potranno accertarsene.”

“Proprio questo è il bello, gli roviniamo la festa!”

“Che devo dirti, se vuoi fai pure.”

“Dai, non fare la solita disinteressata, pure perché hai di che farti perdonare: puoi dire in tutta sincerità di non aver mai scommesso?”

“…… Foresta sia!”
“Ah ah ah!”

 

<< Si, loro lo hanno reso più bello ma… Adesso sono di nuovo sola. >>

 

“Reiner, che diavolo stai facendo?” –mugugnò, con tono da omicidio, mentre il biondo le stirava su gli angoli della bocca in una sorta di strano sorriso.

“Io e Reiner ci stiamo solo assicurando che i tuoi muscoli facciali non siano rotti!”-spiegò l’altro, pure lui in vena di scherzi.

“Filatevela tutti o due, o farò di quei tuoi inutili pettorali bistecche e userò Bert come spiedino!” –cercò di liberarsi smanacciando.

“Sentito, Berthold? Il suo senso dell’umorismo è catalettico ma ogni tanto ci sa fare!”

“Ve lo do io l’umorismo!” –ne volarono di calci e risate quella sera.

 

<< E i bei ricordi non cambiano certo le cose. >>

 

“Su, impegnati, Annie! Attaccami con tutto quel che hai!”

Reiner non volle far pausa dall’addestramento di lotta neanche mentre Shadis trascinava in punizione quei soliti lavativi di Sasha e Connie.

“Mi raccomando, non lasciarti intimidire dalla mia mole… ?!?!?”

Due secondi dopo, il suo zigomo dava un saluto molto ravvicinato al terreno polveroso: non avrebbe saputo dire in tutta onestà come aveva fatto a ritrovarsi lì e con tanta rapidità.

“Beh… Non male direi…”

Ecco apparirgli davanti gli occhi gli stivali di Berthold: “Direi che ora sei tu quello un po’ intimidito, eh Reiner?”

“Bah!”

“Annie, hai davvero una tecnica straordinaria!” –si stava complimentando intanto Eren.

Aveva sempre etichettato le sue tecniche come “niente di speciale”, nulla che potesse fare la differenza. Ma l’ammirazione nello sguardo di Eren la lasciava tutt’altro che indifferente, scaldandole piacevolmente il petto.

“Forse… potrei insegnartela?”

 

<< Che ne è di loro ora che non ci sono più? Che ne è di tutto ciò in cui credevano? >>

 

“Annie, a questo mondo ci sono tante cose per cui vale la pena di vivere, per cui vale la pena di lottare! Non per forza grandi ideali o obiettivi, anche cose piccole, sciocche, ci fanno sentire felici di essere al mondo, e non c’è niente di stupido in questo, perché è la felicità che proviamo che conta, non importa quanto grande.”

“Mi sta venendo in mente Sasha e il suo cibo…” –aveva commentato, immaginandola addentare una salsiccia col trasporto che solo lei poteva metterci.

Berthold rise e poi, fissando il tramonto all’orizzonte, proseguì.

“Annie, il mondo è bello. So che farai fatica ad essere d’accordo con tutto quello che ti è successo… ma io nel profondo sono convinto che sia così. Si può mangiare e bere in compagnia, fare pisolini all’ombra, ammirare i panorami, superare difficoltà al fianco dei propri amici, innamorarsi…”

I loro sguardi si incrociarono.

“Non essere così dura e indifferente a tutto, Annie, dagli un po’ di fiducia. Sono sicuro anche tu prima o poi troverai qualcosa di importante, per cui valga davvero la pena di andare avanti.”

“Io… penso ci siano cose per cui valga la pena di andare avanti.”
Sorrise: “Mi fa piacere sentirlo!”

 

Sgranò gli occhi, come le porte sbarrate dietro cui si era rinchiusa fossero state spalancate di botto dinanzi a lei.

 

<< Perdonatemi… >>

 

Lacrime improvvise presero a grondarle lungo le guance.


<< Perdonatemi, amici miei, vi ho molto deluso… >>

 

Strinse i denti.

 

<< Io… non mi arrenderò mai più! >>

 

Neanche ora che un secondo titano stava scavalcando il muro alle sue spalle, chiudendo, insieme all’altro, ogni via di fuga.

 

<< Se mi arrendessi, vi mancherei di rispetto, mancherei di rispetto a tutto ciò in cui avete creduto… >>

 

“Annie, essere realistici è un pregio, ma non puoi dare sempre tutto per scontato, accidenti!” -aveva sbraitato Reiner una sera che aveva esagerato con la sua apatia- “Se le cose non vanno bene, devi semplicemente impegnarti a cambiarle, usando tutte le tue forze! È così che bisogna vivere!”

 

<< A tutto quello che siete stati per me... >>

 

Mentre sorseggiava l’insipida zuppa, avvertì sul braccio un colpetto di gomito che prometteva di dare un po’ di sapore in più alla serata.

“Ehi, Annie, guarda questa!” –gli bisbigliò Berthold all’orecchio.

Fece finta di guardarsi intorno e poi agitò una mano verso le spalle di Reiner, che cenava seduto di fronte a loro: “Ciao, Christa! Vuoi sederti qui?”

Veloce come si scatta sull’attenti davanti un superiore, Reiner saltò dal posto come una molla: “Prego, qui c’è pos…”

Ovviamente di Christa non c’era traccia…

“… Divertente, molto divertente, Bert!”

Lo spilungone si coprì la bocca con una mano per non far notare troppo le risate. Lei invece, con più discrezione, si era girata da un’altra parte per nascondere il suo sorrisetto.

 

<< Mi avete sempre spronata a vivere appieno la mia vita: mi avete fatto capire che può continuare nonostante tutto, che posso combattere, che posso avere dei sogni, che posso essere felice! >>

 

“Berthold, perché mi fissi sempre?” –si era azzardata a chiedergli direttamente.

“EH?! I-io? F-fissarti? N-no, io… Cioè, perché… M-ma no, sarà una tua impressione!”

Che libro aperto, anche senza notare Reiner assistere da dietro un angolo passarsi sconsolato una mano sulla faccia.

 

Guardò il gigante dinanzi a sé con occhi di sfida e tese i muscoli, pronta a farsi largo anche circondata da quelle due montagne!

 

<< Per il bene che vi ho voluto, per rispetto alla vostra memoria, io non morirò qui! Resterò viva! Non mi arrenderò e troverò la mia strada nella vita! Sopravvivrò, a qualsiasi costo! >>

 

Lancio un grido battagliero, ma questo fu mozzato da un forte rumore, come di un tuono, e si ritrovò sbalzata per aria.

 

L’altro gigante, quello alle sue spalle, doveva aver fatto un balzo in avanti, e la scossa prodotta dal suo passo e lo spostamento d’aria l’avevano spazzata via come un fuscello.

 

Annie si ritrovò rannicchiata a terra, certa che fosse solo questione di attimi prima di sentirsi ghermire.

 

Invece niente. Come se la scena fosse andata avanti anche senza di lei.

 

“Che cosa…”

Spalancò gli occhi e questi dovettero salire parecchio in alto, trovandosi al cospetto del gigante più alto che avesse mai visto, all’infuori del Colossale. Quella cosa la lasciava a bocca aperta: raffrontandolo con gli edifici, era sicuramente più alto di un titano della classe dei quindici metri: vedendolo di spalle, non riusciva ad apprezzarne il volto, celato da una chioma di lunghi e ribelli capelli corvini. Curioso anche il fatto che mentre il suo corpo, snello e sinuoso, fosse coperto dalla pelle, i suoi lunghissimi arti ne fossero invece sprovvisti, sicché ai suoi occhi appariva la rossa trama di fibre muscolari, solcate dai tendini e dai legamenti, bianchi come avorio.

Ancor più di stucco la lasciò lo spettacolo ad alcuni metri più in là: il primo titano era riverso a terra, la faccia gonfia e deformata, come devastata da un colpo tremendo. E non v’erano dubbi su chi glielo avesse inferto.

D’un tratto, il Titano Longilineo, levò la testa al cielo ed emise un grido, serrando i pugni con fare nervoso. Annie, tappatesi le orecchie, lo vide prendere la rincorsa contro l’altro gigante, fare perno sul piede sinistro e assestargli un calcio tremendo in pieno volto, con una violenza immane, tale da decapitarlo e far volare la testa oltre le case oltre di essi.

<< Questo… è assurdo… >>

Come a prendersi gioco dei suoi pensieri, il misterioso gigante, anomalo persino per quei titani che definivano così, prese a ruggire e schiacciare col tallone il moncone del collo dell’altro mostro, più e più volte, come non gli bastasse assicurarsi di averlo ucciso davvero.

<< Un titano… che ammazza un altro titano?! >>

Come lo odiasse, con tutto il cuore, e volesse oltraggiarne il cadavere sfogandovi la propria rabbia.

<< Non è possibile una cosa del genere! >>

In cento e passa anni di guerra contro i titani, una cosa del genere non era mai stata riportata. Stava assistendo ad un evento più che raro, unico nel suo genere.

“Ma… Ma…”

Un forte rumore preannunciò l’arrivo di altri titani: due, che sotto gli attoniti occhi azzurro chiaro di Annie si scagliarono inferociti contro l’”assassino” di uno del loro genere, afferrandogli le braccia e provando ad azzannarlo.

Il Gigante Longilineo, di cui ora riusciva a vedere il viso, allungato e dal naso ricurvo, urlò sofferente, ma riuscì a reagire: fece forza sul braccio sinistro e lo usò per sbattere contro l’edificio alle sue spalle il gigante che lo addentava, sfracellandogli la faccia con un pugno, mentre l’altro gigante, un quindici metri, continuava imperterrito a divorargli l’altra spalla, incapace di raggiungergli la testa per il paio di metri di differenza tra i due.

“Giganti che… lottano tra loro… Ma perché?”

Aveva sempre pensato fossero gli umani la razza più spietata nei confronti dei propri simili.

Mentre ancora stava elaborando il tutto, il quindici metri, sussultò improvvisamente, ed Annie se lo vide letteralmente arrivare addosso.

“!!!”

Con un salto e una capriola, riuscì ad evitare di restare schiacciata; si voltò, e la scena che le si presentò raddoppiava l’assurdità di quanto stava accadendo.

Il quindici metri che aveva aggredito di Titano Longilineo si trovava schienato al suolo, e su di esso incombeva la spaventosa mole di un altro titano. Tozzo e robusto, non riusciva ad identificarne per certo l’altezza, seduto com’era a cavalcioni del corpo del suo avversario, ma dava un inquietante sensazione di potenza, con le spalle e il torace larghi e muscolosissimi.

Anche quest’ultimo emise un ruggito, più profondo e gutturale di quello del Longilineo, ancora più spaventoso, per poi abbattere il proprio pugno destro sul muso del gigante sotto di lui, più e più volte, fino a scavarne la faccia, fino a raggiungerne il punto debole, e strapparlo a mani nude con un ruggito di trionfo.

In tutto ciò lei era rimasta lì, ai margini di quella scena, completamente ignorata, a guardare i titani scannarsi tra loro. Si sarebbe aspettata a quel punto anche un combattimento tra il Possente e il Longilineo, ma invece questi si ruggirono a vicenda per poi allontanarsi insieme. Dunque la sua impressione era corretta: era intervenuto per aiutarlo.

Si riscosse dal torpore della sorpresa, rendendosi conto dell’importanza di quanto tutto ciò implicasse: “Ehi! Fermatevi!”
“ANNIE!”

Alzò gli occhi, e sul tetto dell’edificio accanto a sé, vide Connie Springer agitare un braccio.

“Annie, stai bene? Hai visto anche tu QUEI COSI?”

“Si, sto bene… E si, li ho visti…”

“Hai finito il gas, vero? Ora vengo a prenderti!”

Tratta in salvo, si affrettò a suggerire a Connie, per meglio dire costringere, ad inseguire immediatamente quei due titani anomali: fortunatamente, data l’altezza spropositata di uno dei due sarebbe stata impresa facile. Dopo una veloce corsa, balzarono entrambi sul tetto di un edificio vicino, fermandosi sul ciglio di esso ad osservare un nuovo combattimento che stava avendo luogo.

I due strani titani erano al centro di un ampio viale, dalle cui direzioni stavano sopraggiungendo altri titani, due da un lato e uno dall’altro, tutti dall’aria minacciosa.

“Guarda!” –esclamò guardandoli mettersi spalla contro spalla, come compagni d’arme abituati a lottare insieme. Non aveva mai visto dei titani tanto… umani.

Il gigante che fronteggiava il Longilineo si lanciò di botto alla carica, ma lo “spilungone” rimase ad attenderlo fino all’ultimo, per poi abbassarsi di scatto. Allora il suo robusto compagno roteò su sé stesso allargando il pugno sinistro, fino a far impattare le proprie nocche sull’attaccante, decapitandolo. A quel punto, dopo aver fatto tremare la terra con le loro grida, si scagliarono insieme sui due che ancora arrivavano dall’altra direzione.
Il Possente afferrò la faccia di uno di essi, spappolandogliela con la sola forza della mano, prima di schiantargli la testa sul tetto di una casa; il Longilineo, sfruttando la lunghezza delle sue gambe, tenne a bada l’altro con un calcio nello stomaco che lo scagliò a terra decine di metri più in là, prima di spiccare un salto ed abbattersi con tutto il suo peso dritto sul suo collo. Nel frattempo, il compagno finiva senza pietà il titano decapitato prima che finisse di rigenerarsi.

“Cavolo…” –commentò l’imbambolato Connie- “Brutale ma… Dannatamente figo…”

Annie inarcò un sopracciglio.

Connie era il solito sempliciotto, quel che avevano appena visto era ben più che semplicemente “figo”: se avessero trovato un modo di indirizzare quei due inarrestabili bestioni verso il castello con i rifornimenti, di certo avrebbero spazzato via tutti i giganti che lo assediavano e loro avrebbero potuto ricaricarsi di gas e riparare sani e salvi alle mura.

 

L’unica cosa più sbalorditiva della loro stessa apparizione, era quanto familiari le sembrassero quei due…

 

 

 

Li conosci molto bene infatti, cara Annie! ^__°

Questa fanfic è proprio come piace a me, poiché spazia tra i vari generi: l’introspezione e la riflessione nella prima fase, azione e combattimenti “titanici” nella seconda, con i ricordi capaci di offrire momenti di tenerezza e anche di divertimento! Credo proprio di aver costruito un bel mix e mi auguro vi sia risultato gradito! Ho cercato di far quadrare il più possibile questo “scambio”, giocando in particolare sul rapporto tra i membri del “Titan Trio”, in particolare su Annie, la protagonista, persona fredda e impassibile, ma nel cui ghiaccio i suoi amici sono riusciti a far breccia e fare in modo di farle vivere la vita con pienezza.

Mi sono concesso qui e là anche qualche licenza narrativa (i titani misteriosi sono due anziché uno solo, la storia del padre di Annie), che nel complesso ritengo coerente.

Spero di ricevere molti commenti ^__^
Grazie della lettura, a presto!

  
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