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Autore: Ella Rogers    17/01/2016    5 recensioni
"Chi non muore si rivede, eh Rogers?"
Brock Rumlow era lì, con le braccia incrociate dietro la schiena e il portamento fiero. Il volto era sfregiato e deturpato, ma non abbastanza da renderlo irriconoscibile, perché lo sguardo affilato e il ghigno strafottente erano gli stessi, così come non erano affatto cambiati i lineamenti duri e spigolosi.
"Ti credevo sepolto sotto le macerie del Triskelion."
La risata tagliente di Rumlow riempì l'aria per alcuni interminabili secondi, poi si arrestò di colpo. L'uomo assunse un'espressione truce, che le cicatrici trasformarono in una maschera di folle sadismo.
E Steve si rese conto che, per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, Brock Rumlow si mostrava a lui per quello che realmente era, privo di qualsiasi velo di finzione.
"Credevi male, Rogers. Credevi male."
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Prologo



Sei mesi dopo l’Inizio
 
Luglio 2015

 
 
Sperava che il resto della squadra trovasse l’Idiota, prima che commettesse una delle sue solite Idiozie, appunto.
Non avrebbero dovuto separarsi, non avrebbe dovuto permettergli di lasciare la Tower, al diavolo le conseguenze che ne sarebbero scaturite. Forse avrebbero addirittura potuto permettersi il lusso di fermarsi. Dopotutto, i Vendicatori erano stati esonerati dall’occuparsi del caso Hydra.
Il Consiglio Mondiale di Sicurezza aveva ben pensato di poter gestire la cosa senza l’aiuto di… come erano stati definiti? Ah, ecco.
 
Soggetti altamente pericolosi con gravi disturbi relazionali, comportamentali e – ciliegina sulla torta – affetti da manie di autodistruzione.
 
Quanto avrebbe voluto spaccare il grugno al calvo viscido uomo che aveva sputato quelle belle parole, come ringraziamento per aver salvato – di nuovo – il culo all’umanità.
Questa volta il Governo era addirittura sceso a patti con l’incarnazione del diavolo e solo per arrivare a controllare ogni singola maledetta cosa, vivente e non, compresi quei soggetti altamente pericolosi con gravi disturbi relazionali, comportamentali ed affetti da manie di autodistruzione. Aveva fatto male i conti, il Governo.
Alla fine della storia, ovviamente, i bastardi maniaci del controllo avevano cancellato dal loro curriculum la nota “Siamo scesi a patti con il male perché vogliamo controllare il mondo fregandocene di quello che il mondo pensa” e, ovviamente, erano rimasti intoccati.
Per essere più precisi, quasi intoccati, dato che l’Idiota aveva davvero spaccato il grugno al calvo viscido uomo, o meglio, al nuovo leader del Consiglio Mondiale della Sicurezza. Quel momento non l’avrebbe mai dimenticato. Mai.
Quando tutto era parso giungere ad una conclusione soddisfacente – avrebbe anche potuto azzardare a definirla felice come conclusione, soprattutto con il senno di poi – il Male aveva giocato un tiro mancino tanto subdolo da sconvolgere gli equilibri ristabiliti, seppur ancora precari.
 
Era stato versato altro sangue.
 
Adesso la Tower era stata eletta temporanea e abusiva base operativa dei Vendicatori e Tony, suo malgrado, aveva dovuto confessare almeno a sé stesso quanto gli fossero mancati quei pazzi dei suoi compagni. Vederli gironzolare di nuovo in quella che era stata l'Avengers Tower fino a non molto tempo prima gli faceva uno strano effetto, soprattutto se ripensava a ciò che avevano superato insieme.
Peccato che quella rimpatriata non avesse nulla a che fare con il piacere di passare del tempo assieme ai suoi più cari amici. Si chiedeva se sarebbe mai stato possibile organizzare qualcosa di divertente fra loro, senza che sorgessero problemi legati a rischio fine del mondo o a folli esaltati con manie di grandezza.
 
Era stufo di rischiare la vita. Era stanco di scorgere nei volti dei suoi compagni la sofferenza e l’ansia.
Che il cielo si fosse accanito sui Vendicatori? Scosse il capo, riascoltando l’eco di parole che parevano lontanissime, eppure erano ancora forti e nitide.
 
 
“Siamo noi a costruire la nostra storia. Non esistono destini o disegni divini in grado di fermarci, se non vogliamo essere fermati. A morire sarà colui che perderà ogni speranza. Continua a credere e non sarai mai sconfitto davvero. Cadrai, ma ti rialzerai ancora e ancora. Devi credere, Tony. In qualsiasi cosa tu ritenga degna essere il tuo appiglio, il tuo punto fermo.”
 
“E tu in cosa credi, Steve?”
 
 
Sorrise e percepì muoversi nello stomaco un distinto senso di colpa. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare, ma tentare di fermare Steve Rogers era un’impresa ardua, soprattutto quando lui prendeva una decisione che riteneva necessaria a proteggere le persone che amava.
Erano passati cinque giorni. Quello sconsiderato di Rogers era scomparso cinque giorni prima e ancora non si era fatto vivo – nessun segno, niente di niente.
 
Pensa positivo, Stark. Pensa. Positivo.
 
Tony sobbalzò nel momento in cui una figura diventata familiare si fermò al suo fianco, con lo sguardo basso e l’aria sconfitta. Il nuovo arrivato pronunciò quella dannata parola che aveva finito per nausearlo, a causa del considerevole numero di volte che era stato costretto ad ascoltarla negli ultimi cinque giorni.
 
“Niente.”
 
Altro buco nell’acqua. Perfetto.
 
“Dovresti riposare.”
 
L’ammonimento – diretto al nuovo arrivato – proveniva da Natasha, rannicchiata sul divano con un candido lenzuolo a coprirle il grembo.
Tony la osservò districarsi dalla coperta e poggiare i piedi nudi sul lucido parquet, intenzionata ad abbandonare il comodo cantuccio. Lo sguardo dell’inventore fu poi inesorabilmente calamitato da un particolare a cui non aveva ancora fatto del tutto l’abitudine. Già da mesi, una dolce e pronunciata curva tondeggiante aveva preso forma all’altezza del ventre prima piatto ed esile della rossa.
E doveva ammettere che Natasha era più bella che mai, ma avrebbe evitato di dirlo ad alta voce, perché quell’iperprotettivo di Clint aveva una pericolosissima mira infallibile. Barton si era decisamente trasformato in una mamma chioccia con i fiocchi – tanti fiocchi.
 
“Sai che non posso, Natasha.”
 
L’abitudine, invece, era bella che fatta quando si trattava di avere a che fare con la testardaggine di super soldati scongelati.
Tony era ormai certo del fatto che uno degli effetti collaterali dell’ibernazione fosse una smisurata cocciutaggine. Steve Rogers ne era una prova lampante e Bucky Barnes confermava irrimediabilmente la teoria. Sbirciò il profilo di James, che aveva un aspetto fatiscente e le occhiaie più profonde che avesse mai visto.
 
Natasha raggiunse Barnes e, puntellate le mani sui fianchi, gli scoccò una lecita occhiata preoccupata.
“C’è già il resto della squadra fuori. Prenditi almeno qualche ora. Devi essere in forma nel caso le cose si mettessero male.”
 
Di fronte l’ostentata determinazione della rossa, il Soldato d’Inverno stirò le labbra in un mero sorriso.
Natasha aveva i nervi a fior di pelle, perché le era stato categoricamente proibito di partecipare alle ricerche.
 
“Mi sembra di star vivendo dentro un dannato dejà vu” sbuffò la donna e Tony rise, pensando che non c’era nulla di più vero.
 
La vita sapeva essere terribilmente contorta e pareva divertirsi nel beffeggiarli. Nemmeno un anno prima, era Steve quello impegnato nella disperata ricerca del migliore amico creduto morto. Ora, i ruoli si erano ribaltati. Barnes si era ritrovato nei panni di Rogers e stava sperimentando quanto fosse avvilente cercare chi non voleva essere trovato.
 
“Ti do il cambio io, Barnes” propose Tony a un certo punto.
 
“Non se ne parla. Sei rientrato meno di tre ore fa” obbiettò la Vedova, che stava facendo il possibile per preservare la salute dei compagni, dato che non poteva lavorare sul campo nemmeno di striscio.
Lei e Pepper si erano date da fare fin dall’inizio, soprattutto ricordando ai membri della squadra che morire di fame non avrebbe permesso loro di trovare Steve. Dovevano essere pronti, se le cose fossero disgraziatamente precipitate. E lo avrebbero fatto.
 
Tony e James scambiarono un’occhiata veloce e poi tornarono a rivolgere l’attenzione alla rossa.
“Hai vinto” sentenziò Barnes, alzando le mani in segno di resa, e Natasha gli regalò un sorriso leggero.
 
Prima che qualcuno facesse o dicesse altro, Sam Wilson varcò la soglia della Sala Comune seguito a ruota da un Clint Barton parecchio provato.
 
“Siete in anticipo” fece notare Stark, come se non fosse già palese. Aprire bocca, anche solo per dire cose inutili, era un ottimo metodo per lenire il senso d’inquietudine che altrimenti lo avrebbe reso isterico, molto isterico.
 
Se Sam e Clint erano lì, se avevano fatto ritorno alla base così presto, c’era un unico motivo, un motivo che mandava finalmente a farsi fottere il nauseante Niente.
 
“È almeno un’ora che proviamo a contattarvi” sbottò Wilson “Dove eravate finiti?”
 
Tony controllò il cellulare e interpellò anche JARVIS. Non c’era segno del tentativo di comunicare da parte dei suoi compagni. E questa non poteva essere una coincidenza o un semplice malfunzionamento. Mentre cercava di capire cosa fosse andato storto, non fece caso a Clint che recuperava il telecomando e accendeva il televisore, se non quando fu l’arciere stesso a richiamare la sua attenzione.
 
“Abbiamo un grosso problema… l’ennesimo grosso problema” annunciò Barton con una serietà quasi solenne.
 
Nei secondi successivi, nessuno dei presenti si mosse, troppo impegnati a fissare le immagini che si susseguivano sullo schermo piatto.
Fu Natasha a riprendersi per prima, rompendo il silenzio insopportabile che era venuto a crearsi.
“Che cos’è?” chiese, senza riuscire a mantenere salda la voce.
 
Sam abbassò lo sguardo e sopirò stancamente. “Non ne ho la più pallida idea, ma scommetto che loro sono lì. Devono essere lì.”
 
“Allora diamoci una mossa, perché non saremo gli unici interessati” Tony serrò i pugni “E io vorrei tanto essere il primo a dire un paio di paroline ad una persona in particolare.”
 
 
 
 
D’improvviso, sembrò che le lancette di un orologio, impazzite, avessero preso a girare a rovescio, costringendo a tornare a galla scottanti memorie non ancora così lontane da essersi sbiadite.
Tutto era cominciato sei mesi prima, quando il Passato era permeato nel Presente, sconvolgendolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Adesso sai che il passato è un fil di ferro attorcigliato attorno al cuore, Steve.
Non riuscirai mai a tirarlo via. Non puoi.
Hai finto di dimenticare. Ma non hai potuto ignorarlo. Non per sempre. Perché è tornato. E il tuo cuore non ha potuto far altro che sanguinare.
Adesso sai che dal passato non si fugge, Steve. Né ora. Né mai.










Note
Eh sì, sono tornata. Ve lo avevo detto, no? Il mio non era un addio, ma un arrivederci.
Vorrei puntualizzare alcune cose, riguardo questa nuova storia.
Di fatto è il sequel di “Demons of light and darkness”, ma strutturato in modo da permettere la lettura a coloro che vorranno seguire questa storia, senza dover leggere la precedente.
“A Hero gonna fight for what’s right” ha una trama a sé stante, ma saranno presenti alcuni personaggi e citazioni di vicende appartenenti alla prima storia. Farò in modo di chiarire ogni cosa, promesso.
La storia, dal prossimo capitolo, riprenderà da dopo gli eventi di “The Winter Soldier” ed ignorerà la storyline che conduce ad “Age of Ultron”.
Ci sarà Clintasha, perché amo questa coppia.
Conoscerete o rincontrerete Anthea, personaggio di “Demons of light and darkness” e con cui Steve ha intrapreso una pseudo relazione.
M’impegnerò a scrivere note iniziali, per chiarire nomi ed eventi citati nei capitoli ed appartenenti alla storia precedente.
Naturalmente questo è solo il Prologo, perciò aspettatevi capitoli più corposi.
Vi ringrazio per la gentile attenzione.
Spero che vorrete seguirmi ancora, voi che c’eravate già durante la prima storia, e spero che si uniscano a questo viaggio altri nuovi lettori.
Per ora è tutto. Ci tenevo a precisare queste cose.
Ci vediamo precisamente tra una settimana per il Capitolo 1!
 
Un grande abbraccio ❤️

Ella
   
 
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