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Autore: OcchidiNiall    17/01/2016    6 recensioni
Presi il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e chiamai la mia sbadata mamma che, conoscendola, in quel momento era in bagno con una striscia depilatoria sotto il naso e i bigodini nei capelli.
«Si può sapere dove sei?» le chiesi infuriata, non appena aprì la chiamata.
«Co-come dov... oh mio dio, oh mio dio.»
Già.
«Okay, non muoverti. Sto arrivando!»
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«Penso che se conoscessi un qualsiasi componente di quella band mi starebbe automaticamente sulle palle.» dissi, con enfasi.
«Io so che quel... Calum... sì, ecco Calum Hood, beh... non è poi così male.» rispose il moro, sorridendomi.
Genere: Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Single da contratto || Calum Hood




 
1.




Vivere in una famiglia come la mia non era mai stato così difficile. Avevo sempre pensato che le cose, man mano che si cresceva, sarebbero state diverse, quasi migliori. Eppure adesso mi ritrovavo in un aereoporto con in mano le mie due valigie di cui una colma di speranza. Mia madre, ancora una volta, si era dimenticata di venire a prendermi. Sbottai e mi incamminai, guardandomi attorno. Volevo cercare di evitare di fare altre figure di merda visto che in aereo mi ero addormentata sopra uno sconosciuto. Sfortunatamente però, il signore proveniva dalla Cina, quindi quando io avevo cercato invano di spiegargli che non l'avevo fatto con intenzione, lui mi aveva liquidata sborbottando in cinese. Che gentaglia.
Presi il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e chiamai la mia sbadata mamma che, conoscendola, in quel momento era in bagno con una striscia depilatoria sotto il naso e i bigodini nei capelli.
«Si può sapere dove sei?» le chiesi infuriata, non appena aprì la chiamata.
«Co-come dov... oh mio dio, oh mio dio.»
Già.
«Okay, non muoverti. Sto arrivando!»
esclamò, chiudendo la chiamata senza neanche aspettare una mia risposta. D'altronde sarebbe stato un insulto, perciò meglio così.
Avvisai anche i miei due migliori amici, Harry e Katrine, che finalmente ero arrivata a Sydney e aspettai mia madre, sperando che non ci mettesse così tanto tempo da farsi notte.






Non appena mi vide venni subito inondata da mille domande, come ad esempio "come stai?", "ma sei dimagrita?", "com'era l'Italia?" e via dicendo. Notai come mia madre fosse felice di vedermi e, d'altrocanto, non potei che abbracciarla, poiché in fondo mi era mancata molto anche lei. Aprii lo sportello e salii in macchina, cominciando a guardare il panorama che non avevo mai dimenticato. Le strade di Sydney, i parchi strapieni di alberi e bambini sorridenti... tutto ciò di cui avevo bisogno, ora più che mai. Dopo due mesi passati fuori era una cosa normale che la tua città natale ti mancasse tanto da non voler rimanere a casa per tutto il giorno. Mi mancava persino Selene, la mia sorellina di quattordici anni. Non appena fummo arrivati a casa, mi guardai attorno, la mia dimora non era cambiata di una virgola. Certo, forse mia madre aveva aggiunto qua e là qualche fiore ma tutto sommato era come me la ricordavo. Appena aprii la porta del bagno per poggiare la roba sporca, un uomo di più o meno quarant'anni mi si parò di fronte, mettendosi fra la visuale del bagno.
«Oh merda... e tu chi saresti, ora?» domandai, forse non proprio in modo gentile. D'altronde però era una cosa abbastanza scontata. C'era quest'uomo qui che era praticamente nudo, con indosso un'accappatoio verde bottiglia che mi fissava con un sorrisetto imbarazzato e con una mano allacciata alla cintura dell'accappatoio.
Continuava a fissarmi inebetito, fin quando non intervenne mia madre che ci presentò «tesoro, Jade, lui è... il mio compagno, Ron.»
Bel modo di presentarsi, comunque.
«Ciao Ron.» risposi senz'alcuna emozione, scuotendo il capo con un sorrisetto e recandomi poi nella mia stanza. Aprii le valigie, togliendo i vestiti e posizionandoli sul letto, uno per uno. Presi poi il cellulare e composi il numero di Harry, che abitava praticamente di fronte casa mia. Quando eravamo piccoli ci piaceva telefonarci nel bel mezzo della notte per raccontarci storie dell'orrore o (all'età più o meno di quattordici anni) consolarci a vicenda per le cotte d'amore che ci eravamo entrambi presi. La cosa bella del nostro rapporto era che, pur conoscendoci da molto, non avevamo mai oltrepassato la soglia dell'amicizia. Eravamo sempre rimasti Harry e Jade, due ragazzini che amavano divertirsi e stare insieme.
Il telefono, comunque, fece due squilli e poi una voce metallica rispose «ah ma allora sei tornata sul serio!»
Ridacchiai, affacciandomi alla finestra «passo a casa tua.»
Lo vidi sorridere, «ti aspetto.»
Di corsa mi recai a casa del riccio, salutando frettolosamente sua mamma Anne e sua sorella Gemma, le quali erano sempre state molto dolci con me, specie perché a parer loro, mi ci vedevano davvero bene con il loro figlioletto. Harry al contrario, non appena mi vide, mi corse incontro, abbracciandomi e nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. Eravamo entrambi molto felici di questa ricongiunta, lo si notava dai nostri sorrisi a trentadue denti. Harry non era cambiato di una virgola, era sempre rimasto bello, con quegli occhi color verde smeraldo, con quel sorriso sempre armonioso e confortante che ti bastava fissare per ritrovare la tranquillità. La sua capigliatura però, era cambiata, ora portava un codino per legare quei meravigliosi ricci che gli scendevano sul collo, rendendo a chiunque lo conoscesse una visione celestiale di lui. Harry molto spesso veniva additato come quel classico ragazzo stronzo, quel classico ragazzetto che faceva innamorare di sé tutte le ochette, solo che... purtroppo non lo si conosceva veramente. Lui era capace di darti il mondo anche solo ricevendo in cambio un tuo sorriso. Era davvero una persona speciale e, ahimé, era il mio migliore amico.
«Allora, com'è andato il viaggio, Jade?» domandò, sorridendomi e tagliando delle foglie vecchie e giallognole.
«Mmmh... abbastanza bene, grazie. L'Italia è davvero fantastica, Firenze poi... ah, che ti sei perso!» esclamai, sedendomi a peso morto sull'altalena che affacciava sulla finestra della mia camera.
Presi il binocolo di Harry e, «ma quella non è mia sorella?!»
«Come al solito sta prendendo in prestito qualcosa, eh?»
Annuii, sbottando.
Harry sospirò, attirando la mia attenzione.
«Che è successo?»
«Nulla è che... c'è una pianta molto rara, che è carnivora e... mi piacerebbe davvero molto averla, solo che... non è in vendita.» poi aggiunse, «si trova in una serra, quella vicino il London Pub.»
Ci pensai un po' su, in realtà, se proprio dovevo essere sincera, non avevo portato neanche un regalino per Harry, così decisi di fare una cosa abbastanza azzardata: «beh, non ne vedo il problema.»
Lui aggrottò le sopracciglia, guardandomi interdetto «ehi, il problema c'è... non possiamo intrufolarci in una serra, insomma... è pericoloso. E poi è privata.»
«Harry, non ti ho portato nessun regalo dall'Italia, permettimi di rimediare. So che la desideri più di ogni altra cosa.»
Fece finta di pensarci e acconsentì, sorridendomi e mostrandomi le sue splendide fossette marcate.
«Oggi pomeriggio avrai quella dannata pianta. Parola mia.»






 

Buongiorno!
Per tutte coloro che mi conoscono, eccomi qui con un'altra storia sui 5 Seconds of Summer, yeeey.
Allooora, comincio col dire che è solo il prologo e che, spero, vi sia piaciuto.
Non date nulla per scontato perché, come ben sapete, io sorprendo.
Per chi, invece, ancora non mi conosce, mi presento:
Mi chiamo Chiara e amo scrivere. Beh, poi valgono le stesse regole scritte sopra.
Ovviamente vi invito a lasciare una vostra opinione e... nulla, vi auguro una buona domenica!


Baci, Chiara xxx
  
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