Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nia    18/01/2016    3 recensioni
“Odiava lo sporco, odiava la polvere così come qualsiasi tipo di macchia.
Ma questa, questa era la più lurida, fetida e schifosa macchia con cui avesse mai avuto a che fare.”
[Partecipa al contest "The Wings of Freedom ~ ERURI contest [SnK Fandom - Edite & Inedite]" indetto da mikki~]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:  “La macchia”
Autore: Nia
Personaggi:  Levi Ackerman, Erwin Smith, Hanji Zoe
Rating:  Giallo
Genere:  Drammatico, Malinconico, Introspettivo
Avvertimenti:  what if? - one shot
Prompt scelto:  “Speranza”
Introduzione: 
Odiava lo sporco, odiava la polvere così come qualsiasi tipo di macchia.
Ma questa, questa era la più lurida, fetida e schifosa macchia con cui avesse mai avuto a che fare.”

N.d.A. (se ci sono):  La storia si colloca in un momento imprecisato del manga senza tenere conto degli ultimi avvenimenti.


 La Macchia



Si fermò davanti alla porta di casa, stringeva le chiavi in mano con dita che tremavano appena. Deglutì cercando di mandare giù un senso di inquietudine che ormai lo accompagnava perennemente.
Cosa avrebbero detto i suoi uomini se avessero visto il loro Capitano così spaventato dalla solo idea di entrare in casa?
Sospirò, chiuse gli occhi un istante e infilò le chiavi nella serratura.

Fu la prima cosa che vide: quella dannata e schifosissima macchia sul muro era rimasta lì ad aspettarlo.
Assottigliò lo sguardo decisamente irritato, varcò la soglia chiudendo la porta alle sue spalle e buttò la giacca sul divano. Gesto decisamente inappropriato per uno come lui: un tempo si sarebbe premurato di riporla con cura sull'attaccappani all'ingresso.

“Erwin?”
La sua voce risuonò nel corridoio vuoto senza ricevere alcuna risposta.
Sospirò infastidito da quel silenzio.
Si rimboccò le maniche con decisione, recuperò i prodotti per la pulizia più potenti che avesse a disposizione e si preparò ad affrontare quell'orribile alone sul muro.

Strofinò per un tempo infinito, probabilmente per ore, si staccò dalla parete solo per mera stanchezza, non certo per il raggiungimento di un risultato soddisfacente.
Era furioso, tanto che sbattè con violenza il panno a terra con forza prima di andare a buttarsi sul divano.
Se ci fosse stato qualcuno lì con lui, di certo avrebbe affermato di non aver mai visto il Capitano Levi comportarsi in un modo simile.

Fissò il panno e il sapone abbandonati sul pavimento. Lentamente sollevò poi lo sguardo sulla macchia.
Quella stronza non era nemmeno sbiadita.
Era colmo di rabbia, ma aveva bisogno di calmarsi. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, per poi abbandonarsi completamente fino a ritrovarsi sdraiato sul divano.
Gli ritornò alla mente l'idea di coprirla, magari con un quadro o uno specchio, ma non sarebbe servito a niente. Lui
sapeva che c'era.

Quel lurido errore doveva sparire dalla sua esistenza.

Finì con l'addormentarsi mentre ancora serrava i pugni su uno dei cuscini del divano.

Si risvegliò sentendo un lieve calore tra i capelli. Assonnato, con gli occhi ancora chiusi, quasi gli venne da sorridere.
Riconobbe subito il calore della mano di Erwin che gli sfiorava la testa.
Bastò quella sensazione a rilassarlo, a farlo ricadere subito nel sonno, un sonno totalmente differente rispetto a quello di poco prima.
Era calmo, la macchia era sparita e lui finalmente stava riposando.


Avrebbe dovuto alzarsi, andare in camera da letto dove avrebbe trovato Erwin ad aspettarlo. Avrebbero fatto l'amore, cancellando ogni cosa dalla loro mente, rifugiandosi uno nell'altro.
Solo Erwin.
Solo Erwin.
Ora c'era solo Erwin nella sua testa, nel suo corpo, nel suo cuore.
Oh sì, decisamente avrebbe dovuto alzarsi e andare a fare l'amore con lui.


Aprì gli occhi, la consapevolezza della realtà arrivò fin troppo presto.
Si alzò dal divano, si stirò la schiena.
Non guardò verso il muro, passò davanti a quell'abominio cercando di calmarsi e di concentrarsi solo sulle cose da fare durante la giornata.
Passò davanti alla porta chiusa della camera da letto, pensando per un attimo che avrebbe dovuto svegliare Erwin: entrambi sarebbero dovuti uscire presto.
Si fece una doccia veloce, si mise la sua divisa e preparò poi la colazione per entrambi, guardando impaziente l'orologio.

È ancora lì vero?”

Sgranò gli occhi, non si voltò subito. Dovette persino stare attento a non far cadere la tazzina di caffè che teneva in mano.
La voce di Erwin sembrò entrargli fin dentro le ossa.
Si voltò di scatto, gli sembrò di vederlo sorridere. Un sorriso triste, arrendevole, il sorriso di qualcuno che non può cambiare le cose anche se vorrebbe.
Un'espressione, talmente priva di speranza, che mai avrebbe pensato di vedere sul volto del Comandante Smith.

“Forse dovresti stare a casa oggi. Forse dovresti cercare di risolvere il problema, non trovi?”

Rimase immobile ancora una volta, senza rispondere abbassò lo sguardo verso la tazzina di caffè che ancora teneva in mano. Si voltò posandola nel lavello distogliendo lo sguardo da lui.
Chiuse gli occhi, inspirò profondamente, mentre nella sua mente rimaneva stampato quel sorriso straziante.
Quando si rivoltò, di Erwin non c'era più traccia. Si ricordò di aver sentito poco prima la porta chiudersi, se n'era andato senza aspettarlo.

Si tolse la giacca della divisa; lo straccio che aveva abbandonato sul pavimento la sera prima era ancora lì.
Ancora una volta si rimboccò le maniche e ricominciò a strofinare.

Odiava lo sporco, odiava la polvere così come qualsiasi tipo di macchia.
Ma questa, questa era la più lurida, fetida e schifosa macchia con cui avesse mai avuto a che fare.
Hanji gli aveva persino consigliato di cambiare casa. Che assurdità!
Quella era casa sua e di Erwin. Il loro spazio, che dopo tanta sofferenza, segreti e bugie, erano finalmente riusciti a conquistarsi.
Erano riusciti a trovare il loro posto, il loro rifugio, costruito su promesse pregne di speranza per un loro futuro insieme.
Avrebbe dovuto lasciare tutto quanto?
“No. Mai.”

Strofinò più forte, molto più forte, tanto che sentì le dita fargli male.



Era ormai pomeriggio inoltrato quanto sentì bussare alla porta.
Si fermò voltandosi sorpreso.
“Erwin...?” sussurrò tra sé e sé, preso per un attimo da un senso di smarrimento.
No. Non poteva essere Erwin, quindi chiunque ci fosse dietro quella porta non aveva importanza.
Si rivoltò e, come se non avesse sentito niente, ricominciò a strofinare con ancora più forza di prima.
Il sapone contro la parete aveva prodotto un po' di schiuma che gli riempiva le mani colando fino ai suoi polsi.

“Levi?”
Si voltò di scatto spaventato e corrucciò lo sguardo quando vide Hanji a solo mezzo metro da lui.
“Che vuoi? Che ci fai qui, come sei entrata?” chiese brusco, ridandole subito le spalle e riprendendo a strofinare.
“La porta era aperta...”
Il suo tono di voce lo irritava da morire, continuò il suo lavoro sperando che decidesse da sola di tornarsene da dove era venuta.
“Levi... oggi non sei venuto, non hai avvisato nessuno, e così... ci siamo un po' preoccupati.”
Parlava come una persona pronta a camminare sui carboni ardenti.
“Sì beh, come vedi ho da fare!”
Si fermò ad immergere lo straccio in altra acqua e sapone, mentre sentiva lo sguardo di Hanji addosso a lui.
“C'è... ehm... c'è qualcosa che non va in quella parete?”
Non poteva crederci che l'avesse chiesto davvero, si stava prendendo gioco di lui? Si voltò irritato da morire, la fissò negli occhi con sguardo truce.
“Mi stai prendendo per il culo Hanji?”
“Levi ascolta....”
“VATTENE!”
Urlò di colpo, nemmeno si accorse di averlo fatto. Era diventato incontrollabile, instabile.
Hanji non si mosse di un passo, anzi, si avvicinò e gli strappò di mano lo straccio fradicio che teneva tra le mani.
“Adesso basta Levi.” disse seria, dura, concreta. “Quella macchia non c'è più! E se la vedi ancora allora forse è meglio che te ne vada da qui, da questa casa.”

Silenzio. Il silenzio riempì ogni cosa dopo quelle parole.
La osservò senza fiatare. Sembrava dispiaciuta e probabilmente si sentiva persino colpevole, ma sapeva che non si sarebbe rimangiata niente.

“Erwin... lui, mi ha detto che devo togliere quella macchia. Mi ha detto lui di mandarla via, e... non ci riesco. Non riesco a mandarla via.”
Hanji lo fissò allibita, visibilmente in dubbio su cosa fare, su come comportarsi.
“Levi...”
“Non ci riesco! E lui non mi è di nessun aiuto! Come pensa che possa farcela senza di lui?!”
Si ritrovò tra le braccia di Hanji senza nemmeno accorgersene. Da quando la conosceva era ben sicuro che tra loro non ci fosse mai stato un simile contatto.
Fu una sensazione strana e... sgradevole. L'unico contatto umano che avesse mai realmente tollerato avveniva solo da parte di Erwin e quello invece significava qualcosa che non poteva accettare.

“Levi, lascialo andare.”

Le parole di Hanji furono appena sussurrate, ma colpirono Levi ferocemente.
“Devi uscire da questa casa, devi andartene da questo posto.”
Sentì Hanji continuare a parlare, ma l'unica cosa che lui riusciva a sentire era la voce di Erwin.

“Ti prometto che le cose andranno meglio.”
gli diceva.
“Succedono un mare di cose terribili in questo mondo, nel nostro mondo, ma adesso ho un vero posto in cui tornare.”
Sentì un magone incontrollabile salire fino alla gola.
“So che ti irritano queste cose Levi, ma qualsiasi cosa succeda ti prometto che tornerò da te. Quindi promettimelo anche tu per favore, ho bisogno di sentirtelo dire per continuare a combattere.”
Sentì la presa di Hanji farsi più forte intorno alle sue spalle, lui era semplicemente immobile mentre cercava di mantenere un respiro regolare, cosa che gli stava comportando un notevole sforzo.

“Ti amo Levi.”

Le lacrime uscirono senza che riuscisse a controllarsi. La vista divenne appannata, e l'unica cosa che percepiva davvero era una rabbia smodata, incontenibile, atroce, tanto che per un istante pensò persino di colpire Hanji e allontanarla da sé.

Non c'era nessuna mano di Erwin ad accarezzarlo mentre dormiva.
Non c'era la sua voce a parlargli.
Non c'era la sua divisa sul letto.
Non c'era più niente di Erwin.
Solo quella fottutissima, maledettissima macchia sulla parete.

Il Comandante Smith non aveva nemmeno avuto l'onore di cadere in combattimento: il fratello di uno dei suoi uomini, morti durante una missione, l'aveva seguito fino a casa, entrato con l'inganno aveva fatto saltare le cervella di Erwin sulla parete.
Così. Semplicemente e brutalmente così.
Sul muro della loro casa.
Provocando un'orribile macchia che per quasi un mese Levi fu costretto a trovarsi davanti.
Sempre lì, quella stronza, a guardarlo e sbattergli violentemente in faccia la realtà.
La guardava e ogni speranza di rivederlo gli veniva prosciugata via.
La vedeva e ogni speranza di poter di nuovo stare bene svaniva nel nulla.

Levi non aveva più niente, se non una dannatissima macchia sulla parete.
Una macchia che odiava, che detestava, ma era l'unica cosa che gli restava. Era l'unica cosa che gli ricordava dove fosse, con chi fosse.
Chi non ci fosse.
Era l'unica cosa che gli ricordava di essere diventato un fottuto pazzo che sentiva le voci, che aveva allucinazioni, che ancora credeva di vivere con una persona che in realtà non sarebbe mai più tornata.

Osservò la parete, e forse solo adesso tra le braccia di Hanji si rese conto di quale fosse la realtà.
La macchia su quel muro non c'era più da tempo, lavata via con forza e terrore subito dopo quell'incubo.
Ma era rimasta fervida nella sua mente, e mai più se ne sarebbe andata, portando via da lui ogni speranza di rivedere l'unica persona che avesse mai amato senza riserve.


Hanji osservò inerme le due tazze sul tavolo della cucina. Una delle tue tazze era ancora piena di caffè.
Due toast con marmellata riposti in due piattini.

Osservò Levi rimettersi a strofinare il muro, un muro senza ormai alcun segno, se non quello dell'acqua e del sapone.

Ma quella macchia, quella era l'unica macchia che Levi non sarebbe mai riuscito a pulire via.





   
 
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