"Non voglio tornare a casa" continuai a piangere, persa nella
pelle e nella carne di Yoshikawa
"Non aver paura"
"Dove possiamo andare?"
"Ho un po' di soldi in tasca, poco distante da qui c'è un albergo di
due stelle. Staremo lì a dormire per una notte, che ne dici?"
annuii. Il crepuscolo stava arrivando come un velo
nero che ricopre tutto.
"Volete due camere singole?" chiese l'assistente dell'hotel, una
sorridente ragazza di origini coreane, il cui cartellino diceva "Sun
Mi-Yung"
"Non è possibile una singola con due letti?"
"Sì...ce n'è una disponibile, la 418"
sorrise Sun Mi-Yung, affidando le chiavi a Yoshikawa
Salimmo le scale. Era una stanza al terzo piano.
Due letti, un vecchio televisore, due comodini, un armadio e un bagno con la
doccia rotta e con acqua sul pavimento.
Mi stesi sul letto silenziosa, quando squillò il
mio cellulare.
"Pronto?" dissi con la tristezza nel cuore. Era Haruna.
"Ciao...ti sento strana, cosa c'è....dove ti
trovi?"
"Non te lo posso dire"
"Perché no?"
"Ascolta Haruna...devo fare una cosa
importante"
"Che cosa?"
la chiamata era disturbata da strani rumori di fondo
che sporcavano la voce di Haruna, trasformandola quasi in un feedback.
"Haruna...mi senti? Io sento
disturbato"
"Chiharu...dov...chihar...non...t...sent..."
"Io invece ti sento benissimo Chiharu...e sai una
cosa ucciderò prima il tuo amcihetto e poi te, vi squarcerò il collo e passerò
alla vittima successiva, in una catena senza fine" non era Haruna che
parlava e per questo mi spaventai. Cacciai un urlo e gettai il cellulare per
terra.
"Cos'è successo?" sussultò Yoshikawa che stava ammirando il
panorama dalla finestra "Perché hai gridato?"
all'improvviso mi sentii diversa, più leggera, più strana.
"Che cosa ti succede, Chiharu? Che cos'hanno i
tuoi occhi? Hai una faccia strana" la voce di Yoshiakwa
mi appariva sempre più distante, meno nitida. Mi lasciai cadere a terra.
Mi sentivo posseduta.
Yoshikawa accorse "Chiharu! Stai bene?
Chiharu! Chiharu"
cominciai a gridare, sempre più, mentre mi lasciai
andare in convulsioni. Piedi e mani cominciarono a muoversi senza che li
comandassi. Continuai ad urlare, mentre Yoshikawa mi guardava
sempre più disperato "Chiharu! Calmati Chiharu! Calmati!"
Crisi epilettiche.
Yoshikawa riuscì a calmarmi con un bacio. Ritornai ad essere mè stessa.
Nel frattempo, Haruna, terrorizzata dalla strana telefonata accorse a casa mia, suonò il campanello e salì con velocità
le scale, sorprendendo mia madre, che piangeva.
"Salve signora" la salutò cordialmente
con il tipico inchino orientale
"Oh ciao Haruna...Chiharu non è in casa"
"Come no?"
"Non è qui...di solito lascia qualche bigliettino
con scritto che non c'è, ma oggi è diverso...è scomparsa...io non capisco"
"Ero venuta proprio per Chiharu...volevo chiederle
di spiegarmi una cosa di matematica" mentì Haruna
"Capisco...senti vuoi restare almeno finchè
non ritorna? Ho un pezzo di pizza surgelata...basta
che te la scaldo al microonde"
"No signora, non si deve disturbare"
"Non fare complimenti"
Haruna sorrise "se proprio insiste"
"perfetto"
La mia amica, però, approfittò della situazione per introdursi in camera mia e
cercare qualche indizio che le indicasse dove fossi, quando scoprì l'archivio
dell'obitorio e la videocassetta snuff.
Prese quest'ultima e la mise nel videoregistratore di camera mia,
incosciente di un orrore che ben presto avrebbe colpito anche lei.
Haruna visionò l'intero video e ne rimase scioccata, sconcertata, ma quando
notò che il video era continuamente inframmezzato da un'immagine confusa e
continua, schiacciò il tasto "pause" per vederla meglio. Era una
fotografia di una donna, forse Joy Barker, in bianco e nero e con i capelli
corvini a celarle il volto ceruleo. Haruna, affascinata dalla scoperta,
avvicinò lo sguardo alla televisione, ma in quel mentre, il viso si voltò di scatto.
Haruna indietreggiò...com'era possibile?
la televisione era ferma si "pause".
Corse via e raggiunse in cucina, dove mia madre era completamente immobile,
come una statua.
"Signora, c'è qualcosa di strano in camera di sua figlia" gridò
Haruna, quando mia madre si mosse cadaverica sino al forno microonde e ci
infilò la testa.
"Signora ma che sta facendo?" si sconcertò Haruna, quando notò che la
mano destra di mia madre, la stessa che aveva colpito Joy a morte stava avendo
delle strane convulsioni. Lo sportello del microonde
continuò a chiudersi con violenza, fino a squarciare il collo di mia madre, che
non lanciava il minimo grido di dolore.
Haruna urlò, corse giù per le scale, senza nemmeno indossare le scarpe che
aveva abbandonato all'ingresso.
Io intanto mi svegliai. Avevo la testa devastata eppure ero riuscita ad
addormentarmi. Provai una strana sensazione e corsi in bagno, quando sentii un
odore lancinante provenire dalla doccia distrutta, coperta da un drappo. Un po'
curiosa e un po' terrorizzata, mossi il drappo e guardai cosa nascondeva sotto:
lo stesso catino del sogno contenente il mio vomito. Gridai e mi lasciai cadere
a terra, mentre riuscii a vedere l'immagine di Joy che dava da bere il suo
vomito a Kobayashi. L'amore nella forma più pura. Mi diedi digli schiaffi,
ingenuamente credendo che mi avrebbero salvato dall'incubo e tornai in camera,
sorprendendo Yoshikawa dolorante e sanguinante.
"Che è successo?" urlai disperata. Un paio di forbici era
conficcato nel ventre del ragazzo.
Cominciai a piangere, mentre vedevo che quel taglio maledetto sgorgava
sangue e macchiava la camicia del mio ragazzo. Con il dolore nel cuore, riuscii
a estrarre le forbici e lo abbracciai.
"Yoshikawa...cos'è successo? Cos'hai
fatto?"
"Non lo so, Chiharu non lo so"
Piansi su di lui, bagnandogli il colletto della camicia sporca di sangue.
Non avevo mai sentito la morte così vicina prima d'ora.
Poi un rantolo.
Guardai Yoshikawa negli occhi e vidi il suo viso terrorizzato, pietrifciato.
"Cosa c'è?" gli chiesi spaventata
Non rispose, era pietrificato.
"Yoshikawa rispondi!" mi stavo preoccupando davvero
Allora lui indicò qualcosa dietro di me. Brividi mi perturbarono il corpo,
gocce di sudore mi scivolarono giù dalla fronte. Speravo fosse solo uno stupido
scherzo di Yoshikawa ma quando mi girai trasalii: c'era Joy Barker, eretta sul
corpo sparito dall'obitoreo, dalla carne cerulea, avvolto in un vestito bianco
leggero, privo di spalline. I capelli corvini le corpivano il volto, erano
vagamente mossi e non superavano il seno. Ma ciò che si intravvedeva tra quei
capelli era il taglio profondo sull'ugola, che continuava a sanguinare,
macchiando il tessuto candido in rosso vivo.
Facendo finta di non vederla, presi il braccio di Yoshikawa e lo misi
intorno al mio collo e cercammo di fuggire.
"Non avere paura Yoshikawa, ci sono le scale ora ci sono le ..." neanche il tempo di quella frase, che mi resi
conto che le scale erano scomparse, spazzate via da un'immensa distesa di
stanze.
"Ohnnò" sussurrai quando vidi che l'unica via di salvezza era in
fondo al corridoio: un ascensore.
Corsi velocemente, trascinandomi dietro Yoshikawa che ad ogni passo emetteva
una smorfia. Era lui il prossimo a morire, dovevo proteggerlo.
Cominciammo a gridare e a sbattere pugni sulle porte, ma fu inutile, nessuno
pareva rispondere al nostro allarme così capimmo che se avessimo
voluto sopravvivere, avremmo dovuto difenderci da soli. All'improvviso
però, qualcosa di strano schizzò sul mio volto.
Il sangue mi si raggelò nelle vene. Non poteva essere vero. Mi girai verso
Yoshikawa e vidi con orrore che la sua testa non c'era più: il sangue
continuava a schizzare dal suo collo mutilato.
Urlai e lasciai cadere a terra il corpo esanime, poi corsi in fretta,
cercando di raggiungere l'ascensore della salvezza. Un rumore mi fece
sussultare. Joy stava arrivando, sempre più in fretta, dietro di me. Raggelai,
ma trovai comunque il coraggio di voltarmi.
La porta della camera di me e Yoshikawa si stava aprendo. Caddi a terra e
riuscii a vedere Joy Barker uscire dalla stanza, cercando di arrivare a me.
Con un balzo ritornai sulla mia strada e finalmente raggiunsi l'ascensore.
In quel mentre la testa di Joy abbandonò il corpo e rotolò velocemente
dietro me.
Pochi secondi, pochi secondi.
Come se avessi un tic nervoso nel dito, continuai a
schiacciare il pulsante del piano terra e mi accorsi di quella scritta "Io
sono viva, voi no. Joy Barker"
La stessa dell'ospedale.
Diedi un ultimo sguardo che si stagliava di fronte ai miei occhi: Joy era
sparita.
"L'unico modo per uccidere una persona di sangue A0 è attraverso le sue
paure" le parole dell'archivio dell'obitorio entravano nel
mio cervello sempre più nitide ed implacabili. Solo in quel momento mi
ricordai del vero terrore di Joy: le forbici. Ed era quello che stavo reggendo:
il paio di forbici che avevo estratto dal corpo di Yoshikawa. un tonfo mi fece sussultare.
Joy stava venendo a prendermi attraverso la grata dell'ascensore.
Ancora tremolante, allora posizionai le forbici in verticale, con la punta a
toccare il cielo. Piangevo.
Stava arrivando, stava arrivando: La sentivo.
L'ascensore non si muoveva sebbene continuassi a schiacciare il pulsante.
Sentii un sussurro, dolce ed estremo allo stesso tempo:
"Sorella!". Smisi di schiacciare e restai con gli occhi tesi sulla
grata, insieme alla punta affilata del paio di forbici.
Un sussulto mi percosse.
"Chiunque possieda sangue A0 può essere ucciso solo attraverso le sue
paure"
Ero bloccata. I brividi mi impedivano di ragionare, le mani che reggevano le
forbici tremavano. Sarei davvero riuscita a spezzare la maledizione?
"Sorellaaaaa!" un urlo!
La testa di Joy scivolò dalla grata aperta per ragiungermi, quando entrò in
pieno con la punta delle forbici, che le trapassarono l'occhio. Urlai. Il
sangue di Joy arrivò a sgorgare sino alla mia mano.
L'incubo era finalmente finito.
"Sorellina" mi voltai verso il corridoio e vidi il fantasma di mia
sorella sorridermi e salutarmi con la mano "Ti ringrazio"
"Di cosa?"
Non mi rispose e scomparì nel nulla. "Addio Joy Barker" sussurrai
con dolcezza. Finalmente capii per cosa mi stesse ringrazinado: l'avevo
liberata. Non voleva uccidere, ma finchè fosse restata in vita, quello era il
suo unico scopo: vendicarsi.
Uccidendola le diedi finalmente la libertà eterna.
Non sapevo se piangere o se ridere e in quella parentesi di tempo, nel
dubbio totale, appoggiai le labbra sulla testa morta di Joy, le baciai la
ferita sulla parte destra della fronte, mentre fuori iniziò a nevicare.
Bianco, il colore dell'espiazione.
-FINE-