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Autore: Lizhp    18/01/2016    7 recensioni
SEQUEL DI YOU MADE ME.
-Perché ridi?- gli chiese il riccio, sorridendo leggermente.
-Perché tu sei completamente pazzo!- e così dicendo il biondo si alzò dalla sedia per controllare il cibo sui fornelli.
Mika osservò ancora per un attimo quella lettera, riflettendo di nuovo sulla proposta; Andy però, inconsapevolmente, gli aveva appena dato un ottimo motivo per accettare.
-Dici che è una cosa pazza, eh?- chiese quindi al biondo.
-Assolutamente sì- confermò il ragazzo, tornando a sedersi accanto a lui.
Mika alzò gli occhi alla ricerca delle iridi color del cielo del compagno e quando le incontrò sorrise.
-Allora se è una cosa pazza, la faccio!- dichiarò, prendendo infine la sua decisione con un’alzata di spalle.
Andy lo guardò, sbarrando gli occhi.
-Mika, ma davvero lo farai?-
-Sì!- confermò convinto il cantante, annuendo freneticamente con la testa –Perché non dovrei? Ho detto no a troppe cose in quest’ultimo periodo-
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera!
Non ho avuto modo di inserire un avviso qui su EFP prima di pubblicare il capitolo come su Wattpad, ma come avrete capito dal titolo, questo è l'ultimo capitolo.
La motivazione è che, come già vi avevo detto, idee non c'erano e anche quelle che mi avete dato voi non riesco a scriverle.
Insomma, è il caso di fermarsi, prima di rovinare il tutto.
Non mi dilungo oltre, lo farò già a fine capitolo, ci tenevo solo a dire che ovviamente mi dispiace molto, ma che continuare quando non si riesce a scrivere è pressoché impossibile.




-Mika?- chiese Andy, osservandolo dal letto e stropicciandosi gli occhi, tentando di svegliarsi del tutto.
-Paloma, il bambino sta nascendo- rispose immediatamente il ragazzo, infilandosi un paio di jeans chiari, una maglietta blu elettrico e una felpa bianca con delle scritte.
A quelle parole anche il biondo balzò fuori dal letto, iniziando a recuperare pantaloni, camicia e maglioncino che erano rimasti sparsi per la stanza qualche ora prima, quando non aveva avuto le forze di sistemarli con un minimo di criterio ma si era fiondato immediatamente nel letto.
Il riccio, mentre apriva la sua valigia per riempirla, rifletté un attimo: -Se vuoi restare qui…-
-Non ci penso nemmeno- lo interruppe immediatamente il greco, prendendo anche lui la sua valigia e iniziando a rimetterci dentro tutte le sue cose.
Mika non avrebbe voluto interrompere anche la vacanza del compagno così presto, ma prima di chiederglielo era sicuro che la risposta sarebbe stata proprio quella: lo aveva fatto solo per essere sicuro al cento per cento che a Andy non dispiacesse riaccompagnarlo a Londra in tutta fretta.
-Mel, forza- disse Mika, sventolando il guinzaglio alla cagnolina, che subito si avvicinò, ubbidiente.
Un’ora più tardi erano tutti e tre in aeroporto, pronti a saltare sul primo volo che li avrebbe riportati nella capitale inglese.
Appena Mika vide a che ora sarebbero arrivati, chiamò un taxi inglese chiedendogli di arrivare proprio per quell’ora, di modo che una volta scesi dall’aereo non avrebbero dovuto attendere molto.
Si fecero lasciare a casa loro: appoggiarono le valigie all’entrata e lasciarono Melachi libera di accucciarsi di nuovo sul suo cuscino per dormire. Poi Andy prese le chiavi della sua macchina e fece cenno a Mika di seguirlo.
-Se vuoi guido io- propose Mika, mentre seguiva il ragazzo.
-No- si limitò a rispondere il biondo, ben sapendo che già il compagno non amava guidare; in più era tardi e lui era decisamente troppo agitato per mettersi al volante.
Gli voleva bene, ma in quel momento non sarebbe salito in macchina con lui per nulla al mondo
Venti minuti dopo il greco parcheggiò di fronte all’ospedale, seguendo poi Mika che, a grosse falcate, aveva appena raggiunto l’ascensore e stava schiacciando con insistenza il tasto per chiamarlo.
Il greco decise che fargli notare che tra poco quel bottone sarebbe esploso non valeva la pena: Mika non avrebbe comunque capito, non in quel momento.
Quando raggiunsero finalmente il quinto piano dell’ospedale, trovarono la famiglia Penniman al completo nel corridoio e Joanie corse loro incontro: felice sì, ma anche lei un po’ agitata.
-È ancora dentro- disse al maggiore dei suoi figli, lasciandogli due baci sulla guancia, per poi avvicinarsi a salutare anche Andy.
Ci fu uno scambio di -Ciao-, -Ehi-, -Tutto bene?- anche con tutti gli altri presenti, poi Mika si sedette sulla sedia libera, facendo cenno a Andy di sedersi accanto a lui.
Il biondo eseguì e rimase un po’ sorpreso quando vide che il compagno stava allungando una mano verso la sua, per poi stringerla forte.
Ricambiò la stretta, capendo perfettamente quello che stava passando per la mente del cantante: era sempre stato un po’ preoccupato per Paloma, aveva sempre avuto quel pizzico di paura che qualcosa potesse andare male e gliene aveva parlato più di una volta e, più di una volta, il greco aveva cercato di tranquillizzarlo. Tutte le visite erano andate bene e i dottori li avevano sempre rassicurati.
Tuttavia non disse nulla a Mika in quel momento, sperando che ricambiare il contatto che il ragazzo aveva cercato poco prima fosse sufficiente a fargli sentire la sua presenza.
Rimasero per più di un’ora ad aspettare, seduti su quelle sedie; desideroso di sgranchirsi le gambe, Andy chiese al suo ragazzo e all’intera famiglia se volessero qualcosa da bere.
Quasi tutti annuirono e ringraziarono; Fortuné si offrì di accompagnarlo per aiutarlo a riportare indietro le bevande.
Il bar a quell’ora della notte era ormai chiuso, così si fermarono alle macchinette accanto agli ascensori. Andy estrasse la moneta che teneva nel portafoglio e la inserì, iniziando a far scendere le bevande calde che gli altri avevano chiesto, aiutato da Fortuné.
Avevano appena finito di dare a tutti ciò che avevano chiesto e ogni singolo Penniman stava ora cercando di restituirgli i soldi, che lui continuava a rifiutare con decisione, quando la porta in fondo al corridoio si aprì.
Tutti scordarono immediatamente i soldi e anche le bevande che tenevano in mano e puntarono gli occhi sul dottore.
-È andato tutto bene- annunciò loro con un sorriso.
Andy notò che bastarono quelle semplici parole per far tornare il volto del suo compagno a rilassarsi: era andato tutto bene davvero, cosa di cui si rallegrò anche lui.
 
Nei giorni successivi la vita di Mika si divise tra casa sua e l’ospedale e poi tra casa sua e quella di sua sorella. Ogni volta che Andy non riusciva ad accompagnarlo, lo vedeva tornare a casa entusiasta e lo ascoltava mentre gli raccontava di un sorriso di suo nipote, di un pianto, di quando gli aveva stretto l’indice e non l’aveva più lasciato.
Tuttavia anche per Mika tornò presto il momento di cominciare di nuovo a lavorare e in particolare fu costretto a prendere di nuovo un aereo per il sud Italia: nel giro di un paio di giorni avrebbe tenuto il suo unico concerto per quell’anno in occasione del compleanno di Nutella, a Napoli.
Inutile nascondere il fatto che fosse molto nervoso: era da parecchio che non faceva un concerto e l’ansia e la preoccupazione si facevano sempre più insistenti. Inoltre, Andy non aveva potuto seguirlo in quell’occasione, a causa di un lavoro che avrebbe dovuto terminare necessariamente ad Atene con un paio di colleghi.
La sera del diciotto maggio, Mika si aggirava torturandosi le mani dietro il palco sul quale avrebbe dovuto fare il suo ingresso di lì a pochi minuti. La sua band era già pronta: anche tra loro si poteva percepire un po’ di ansia, ma nulla se paragonata a quella di Mika. Aveva portato a termine il rituale che doveva necessariamente compiere prima di ogni concerto, eppure la sua preoccupazione non era diminuita, come invece succedeva di solito.
Iniziò anche a sentire qualcosa di fastidioso nell’orecchio.
E alla pancia.
La gola.
Era sicuro di riuscire a cantare?
Provò il primo pezzo di Relax, assicurandosi di avere ancora la sua voce.
Se ci fosse stato Andy, lo avrebbe rassicurato sul suo ottimo stato di salute, come faceva sempre, sopportando pazientemente l’esponenziale aumento della sua ipocondria in prossimità di una esibizione.
Ma Andy non c’era e nessuno avrebbe potuto dirgli che andava tutto bene.
-Max? Max!- chiamò frettolosamente il bassista, facendogli cenno di avvicinarsi.
-Mika, cosa…-
-L’orecchio, sento fastidio all’orecchio-
L’uomo di fronte a lui alzò entrambe le sopracciglia, con una punta di divertimento nello sguardo; in quel momento a Mika poco importava essere ridicolo, voleva solo che qualcuno tentasse almeno un minimo di infondergli la tranquillità di Andy. Cosa impossibile, lo sapeva bene, ma doveva tentare.
-E anche la gola. Se perdo la voce quando salgo…-
-Mika, non perderai la voce tra cinque minuti, stai tranquillo-
-E la scaletta… come faccio, Origin Of Love con Chiara l’abbiamo provata solo stanotte e… Chiara! Dov’è Chiara?- era un fiume di parole, tanto confuse quanto lo erano i suoi pensieri.
Max si limitò ad indicare la ragazza, poco distante da loro, e a scuotere la testa, sorridendo: i minuti prima di un concerto non sarebbero mai cambiati, soprattutto dopo molto tempo che non saliva su un palco a cantare.
Scambiò due parole con Chiara, per poi tornare da Max.
-Allora, durante Love Today, ti ricordi vero?-
-Sì, certo- rispose il bassista, paziente -io parlerò e quando sarà ora che tu smetta di cantare ti farò…-
-Sì, sì, Mika lo abbiamo provato. Mi ricordo tutto- lo rassicurò Max, annuendo.
Il cantante stava per aggiungere qualcosa ma fortunatamente il telefono di Mika squillò.
Il riccio aveva tutta l’intenzione di ignorare chiunque fosse ma Max, che aveva notato il nome sul display, gli passò il cellulare.
-Non vuoi perderla questa chiamata- gli comunicò, sorridendo.
Mika allora notò le quattro lettere che formavano il nome della sua metà proprio al centro dello schermo.
 -Andy!- rispose immediatamente, portando il telefono all’orecchio destro.
-Chi stai torturando al posto mio?- chiese il biondo, notando già il tono di voce carico d’ansia del compagno.
Mika si fermò per qualche secondo a riflettere.
-Tutti- rispose poi, sedendosi sulla sedia ma rialzandosi immediatamente in piedi.
Sentì Andy ridere.
-Andrà tutto bene, Mika. Ne sono sicuro-
Il ragazzo stava per rispondere, stava per ringraziarlo di averlo chiamato e di aver pensato a lui, stava per dirgli che non vedeva l’ora di tornare a casa, quando sentì l’organizzatore chiamarlo: tra poco avrebbe dovuto essere in scena.
-Grazie, Andy- gli disse, sinceramente -Devo andare adesso-
-In bocca al lupo-
-Crepi-
Appoggiò il telefono sul tavolo e si mise in fila dietro agli altri per uscire.
 
Non andò affatto male.
Mika si rese conto di tre cose: non era più abituato, aveva fatto troppa televisione e troppi pochi concerti; si era quasi dimenticato quanto si sentisse bene su un palco, quanto si sentisse a suo agio, quanto fosse il posto giusto per lui; e infine, non avrebbe mai dimenticato quella serata.
Più di quarantamila persone avevano cantato insieme a lui Underwater, dando vita ad uno spettacolo di luci che lo aveva lasciato senza fiato e che era stato classificato immediatamente come uno dei migliori ricordi.
-Diciamo buonasera a tutta Italia su internet e anche sulla radio- aveva detto, osservando come le luci dei telefoni dei suoi fan creassero una sorta di cielo stellato sotto di lui -Napoli voi siete belli stasera!- aveva poi aggiunto, esprimendo ad alta voce ciò che provava in quel momento.
-Ma… io penso che possiamo fare ancora una cosa di più, con queste luce. Cantiamo per loro, loro non sono qui ma noi possiamo cantare per loro. Iniziamo molto dolce… piano piano-
Ma mancava ancora qualcosa, che avrebbe reso il momento ancora più speciale.
-Chiudiamo gli occhi- aveva aggiunto -Io voglio cantare come se fossi l’ultimo sulla planeta­- e aveva chiuso anche lui gli occhi, diventando un’unica entità con il suo pubblico, creando un’atmosfera che aveva fatto sentire tutti quanti nel posto giusto al momento giusto, a casa.
E aveva poi iniziato a cantare Underwater.
-A voi, Napoli… ancora una volta- aveva sussurrato, dirigendo le persone, senza distruggere l’atmosfera che si era creata.
-La prossima volta, la terza, voglio che tutte le persone che sono qui, di fronte del palco, voglio che tutti cantano con me e con noi, anche nella strada lì alla sinistra, anche nella strada lì alla destra, e voglio che tutti cantano il più forte possibile con me. Voglio che a Roma loro possono sentire noi qui, sulla piazza. Okay? Uno… due… -
E, cantando, aveva riaperto gli occhi per godersi quello spettacolo meraviglioso che avevano costruito tutti insieme.
Mika finì di cambiarsi mentre ancora pensava a quel momento in particolare; il concerto, quella sera, gli aveva ridato la carica giusta per voler riprendere il suo lavoro, per voler tornare di nuovo su molti palchi in molte città e chiedere al suo pubblico di ricreare la stessa magia a cui avevano dato vita quella sera.
 
Non fu una cosa immediata però.
Aveva riconfermato X Factor e aveva dato conferma anche per The Voice: rappresentavano di nuovo una sfida e lui non aveva potuto fare a meno di accoglierla.
In più, nei mesi successivi, i contatti con Simon Leclerc per i concerti sinfonici del febbraio successivo si stavano facendo sempre più frequenti e Mika iniziava davvero a rendersi conto che, tra un talent e l’altro, il tempo stava passando velocemente.
Napoli gli aveva ridato la carica e l’entusiasmo che gli servivano per salire di nuovo su un palco, ma prima avrebbe dovuto affrontare la grande sfida di un concerto senza scenografie, senza giochi di luce, senza la possibilità di distrarre il pubblico da eventuali imprecisioni: solo lui, un microfono, e un’orchestra alle sue spalle.
Le sue canzoni venivano man mano arrangiate da Leclerc, che non mancava mai di fargli avere aggiornamenti sull’andamento del lavoro e la preoccupazione di Mika cresceva in modo direttamente proporzionale al numero di canzoni pronte.
Aveva avuto un anno per entrare nell’ottica di quello che avrebbe dovuto fare sul palco di Montréal, per tre sere di fila, eppure nonostante ci avesse pensato e ripensato più volte, non riusciva ancora a capacitarsene del tutto.
Un teatro, un’orchestra; era sempre stato il suo sogno, in fondo.
Dare un tocco di diversità alle sue melodie, suonare del pop con un’orchestra sinfonica: una sfida, e ne stava prendendo sempre di più ultimamente.
Lo aiutavano a farlo sentire vivo.
Per la triade di concerti quindi, alternava momenti di euforia pura a momenti di sconforto; esaltazione e abbattimento; felicità e depressione.
In più, la fine di X Factor -e di una edizione non particolarmente leggera- gli aveva permesso di liberare ancora di più la mente e di potersi concentrare più profondamente sui concerti, che divennero a tutti gli effetti la sua priorità.
Quando finalmente giunse il momento di partire, il quadretto che si presentava nell’accogliente casa di Londra era assai buffo.
-Stiamo via cinque giorni- aveva appena fatto notare Andy, osservando ad occhi spalancati l’enorme valigia che il suo ragazzo stava tentando di trascinare giù dalle scale. -Non riesci nemmeno a sollevarla!-
-Certo… che… ci… riesco- ansimò Mika, afferrando il bagaglio per la maniglia e cercando di sollevarlo.
-Ti farai male, aspetta che ti…- ma il greco non fece in tempo a finire la frase; un lamentoso grugnito seguì la rovinosa caduta della valigia, abbandonata dal riccio nel momento in cui il braccio aveva iniziato a dolergli.
Un tonfo non troppo lieve annunciò la fine della corsa del bagaglio, pochi centimetri davanti ai piedi di Andy.
-…aiuto- terminò il biondo, osservando il suo ragazzo con un mezzo sorriso.
-Beh, almeno è giù dalle scale- si difese il libanese, con un’alzata di spalle.
Andy rise, osservando poi la sua metà guardarsi in giro in uno stato di evidente agitazione.
-Abbiamo tutto, Mika- tentò di rassicurarlo, iniziando a chiudere tutte le finestre e a spegnere gas e luci.
Ma nonostante le sue parole, il riccio continuava a controllare e ricontrollare ogni angolo della casa, come se in realtà dovessero stare via per mesi.
-I biglietti?- chiese poi il maggiore dei due, controllandosi le tasche del giubbetto.
-Qui!- rispose prontamente il biondo, sventolandoli davanti al suo naso.
-Hai preso i vestiti pesanti? Anche il tuo avere eccessivamente caldo in ogni mese dell’anno là non…-
-Mika- lo bloccò immediatamente il greco -Ho quasi ventinove anni, sono in grado di preparare una valigia- gli fece notare con un mezzo sorriso.
Sapeva perfettamente cosa stava succedendo al ragazzo; negli ultimi giorni, quella casa aveva fatto da sfondo ad un Mika un po’ isterico e ad un Andy che, chiamando a sé tutta la pazienza di cui era capace, aveva cercato di stargli il più possibile vicino senza impazzire di fronte ai suoi sbalzi d’umore e di motivazione improvvisi.
-Dobbiamo andare, o faremo tardi- gli fece notare Andy, dando uno sguardo all’orologio.
La sola idea di poter perdere l’aereo e di non fare in tempo a recuperare il fuso orario prima delle prove generali, convinse Mika ad uscire finalmente da quella casa, dove un taxi li stava già attendendo per portarli in aeroporto.
Quando arrivarono, trovarono la famiglia di Mika al completo, pronta a partire insieme a lui.
Erano dei concerti importanti, rappresentavano una tappa della carriera del ragazzo che nessuno voleva perdersi e perfino Paloma aveva accettato di affrontare il viaggio con il bambino.
Quando presero posto sull’aereo, né Mika né Andy si presero la briga di prestare attenzione alle solite avvertenze prima della partenza.
Il riccio aveva preso posto vicino al finestrino, convinto che poter osservare il panorama esterno lo potesse aiutare a distrarsi da quello che avrebbe dovuto fare da lì a un paio giorni.
Il greco aveva invece preso posto accanto a lui e lo stava osservando attentamente in volto.
-Dovresti dormire un po’- gli disse, quando ormai volavano già alti nel cielo e il compagno non sembrava intenzionato a chiudere occhio -Il viaggio sarà lungo- tentò ancora di convincerlo.
La risposta di Mika fu un sospiro. Si appoggiò a lui, permettendogli di passare una mano tra i suoi capelli ricci e disordinati, tenendo gli occhi fuori dal finestrino.
Inspirò profondamente il profumo di Andy, che ormai per lui significava casa, sicurezza, amore. Chiuse gli occhi, lasciandosi solo cullare dalla mano della sua metà e dal suo profumo rassicurante. Era anche consapevole che tutta la sua famiglia lo stava seguendo: era in ansia, sì, ma sapere di poter contare sull’appoggio delle persone a cui teneva di più, in quel momento riuscì a tranquillizzarlo quel tanto che bastava per cadere in un sonno che, seppur leggero, riuscì comunque a rilassarlo.
 
Il giorno seguente però, quando si svegliò nella sua camera d’albergo, nemmeno la presenza del biondino che dormiva profondamente accanto lui gli impedì di schizzare fuori dalle coperte, vestirsi in tutta fretta e iniziare a ripassare i testi di quelle canzoni che non cantava spesso ai concerti e per le quali aveva più timore di commettere degli errori.
Quando il biondo, un’oretta dopo, aprì gli occhi e trovò l’altra metà del letto vuota, già sapeva dove avrebbe potuto trovare il compagno.
Quando si alzò, confermò i suoi sospetti non appena le sue iridi color del mare si posarono sulla figura slanciata della sua metà, che misurava la stanza a grandi passi, osservando concentratissimo dei fogli che teneva tra le mani e borbottando qualcosa che Andy, ancora troppo addormentato, non riuscì a comprendere.
Mika, con la mente completamente immersa in quei pezzi di carta, non lo notò. Così Andy aspettò che il ragazzo si voltasse di spalle e lo raggiunse, cingendogli la vita da dietro e lasciandogli un bacio sul collo, prima che avesse il tempo di protestare per l’interruzione di quello che sembrava a tutti gli effetti uno studio matto e disperatissimo.
Funzionò: gli ormai familiari brividi che lo percorsero lungo la schiena a quel contatto lo distrassero dai testi delle sue canzoni, facendogli desiderare per qualche secondo di poter passare la giornata avvolto in quell’abbraccio e a baciare quelle labbra.
-Ehi- mormorò il libanese, quando sentì l’abbraccio farsi un po’ più stretto.
-Buongiorno- sussurrò il biondo, soffiando quella semplice parola sussurrata proprio sul suo orecchio, facendolo rabbrividire di nuovo.
Incredibilmente, Mika appoggiò i fogli sul tavolo vicino e si voltò tra le braccia di Andy, prendendo il suo viso tra le mani e mettendosi fronte contro fronte: una reazione che il greco non aveva osato sperare.
Il biondo, notando quel comportamento del tutto inaspettato, alzò entrambe le sopracciglia, assumendo un’espressione sorpresa.
Mika però aveva deciso di dare ascolto al suo ragazzo per una volta: accantonare per un po’ l’ansia e godersi ogni singolo momento di quei giorni. Aveva ancora un paio d’ore prima dell’inizio delle prove e aveva già ripassato i testi delle sue canzoni: si sarebbe dedicato a lui per un po’.
Andy non ebbe il tempo di chiedersi cosa aveva spinto Mika a non occuparsi dei concerti per qualche minuto, perché le labbra del ragazzo erano sempre più vicine.
Il biondo si era alzato con l’idea di distrarlo un po’, ora invece era Mika che lo stava completamento conducendo lontano dalla realtà. Il riccio si avvicinò lentamente alle sue labbra, catturandole poi in un leggero bacio, allontanandosi quasi subito, ma tenendo sempre il volto sorpreso di Andy tra le sue mani, ormai completamente in balia dei suoi gesti.
Mika sorrise lievemente di fronte a quella reazione e si avvicinò nuovamente a lui, tornando a godersi le labbra morbide del ragazzo, in un bacio questa volta più lungo e anche più intenso, ma sempre di una dolcezza che stava rapendo Andy sempre di più, forse perché era l’ultima cosa che si aspettava quella mattina. Non si fece troppe domande, strinse la sua metà ancora più forte, portando le braccia dietro la sua schiena e approfondendo il bacio, lasciandosi spingere delicatamente verso il divano, sul quale si sedettero senza mai allontanarsi.
I gesti di entrambi continuarono a conservare la lentezza e la dolcezza di quel primo lieve bacio; non vi era l’intenzione di andare oltre, c’era solo la voglia di sfiorarsi e stringersi delicatamente.
Quando si allontanarono, qualche minuto dopo, Andy gli rivolse un sorriso radioso e portò una mano ad accarezzargli la guancia: erano dall’altra parte del mondo, ma si sentiva a casa. Questo il biondo aveva sempre apprezzato di Mika: il fatto che fosse in grado di farlo sentire nel suo posto sicuro ovunque si trovassero.
 
Zenzero intinto nel miele.
Come al suo primo concerto.
Andy seduto in un angolo del suo camerino.
Come al suo primo concerto.
La sua famiglia tra il pubblico.
Come al suo primo conc… -MIKA? La mamma ha detto… Sei rotolato in un prato con quel vestito?-
Fortuné interruppe bruscamente quel suo associare la situazione, anche per la quantità d’ansia, al suo primo piccolo concerto in Scozia.
Tuttavia, il riferimento al rotolarsi nel prato venne accolto da una risata sia da Mika che da Andy, che si scambiarono uno sguardo eloquente che il più piccolo dei Penniman non riuscì a comprendere.
-Lascia in pace i miei quadrifogli- gli rispose seccamente Mika, prima che Fortuné avesse il tempo di chiedere il motivo di quelle risate, aggiustandosi meglio il vestito di Valentino che mostrava, appunto, dei quadrifogli verdi su sfondo blu scuro.
-Comunque la mamma ha chiesto se ti serve ancora qualcosa o possiamo andare a sederci- continuò poi il più piccolo, tornando serio.
-Sono a posto, grazie Fort- gli rispose Mika, rivolgendogli un lieve sorriso tirato.
-Allora buona fortuna. Andy, ci vediamo di là- e dicendo queste ultime parole, uscì dal camerino chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli di nuovo soli.
-Mancano dieci minuti, meglio che vada anche io- disse Andy, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a lui, prendendo le mani tra le sue.
Si fermò ad osservarlo ancora una volta, pronto per salire sul palco: allungò una mano e lasciò che uno dei ricci dei capelli del compagno scendesse sulla sua fronte.
Mika si lasciò andare ad una leggera risata: sapeva bene che verso metà concerto i suoi capelli lo avrebbero completamente abbandonato, ma se ci si metteva pure Andy, non aveva speranze.
-Molto meglio così- dichiarò però il più piccolo dei due, soddisfatto.
-In bocca al lupo- gli sussurrò poi, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
-Crepi- sussurrò Mika, rendendosi conto che ora che anche Andy stava andando a prendere posto, il momento di salire sul palco era sempre più vicino.
-Andrà tutto benissimo, ne sono sicuro-
E il libanese si limitò ad annuire, avvicinandosi a lui un’ultima volta per poi lasciare le sue mani.  
 
Da dietro il palco poteva sentire il borbottare frenetico della sala, interrotto poco dopo da un applauso: l’introduzione strumentale era iniziata ed ora era calato il silenzio, a riempire l’aria solo la musica.
Mika chiuse gli occhi, perdendosi in quella melodia che apriva ufficialmente il primo dei suoi tre concerti.
Quando li riaprì, scambiò uno sguardo d’intesa con Max e Ida, pronti ad uscire poco prima di lui.
Fece un sospiro profondo, concentrandosi sulla prima strofa di Toy Boy, la canzone con cui aveva deciso di iniziare.
La musica dell’apertura era quasi giunta al termine.
Osservò Max e Ida sorpassarlo ed entrare sul palco.
Aspettò qualche secondo e poi li seguì.
Il teatro era pieno e la gente stava accompagnando il suo ingresso con un applauso che lo incoraggiò e che gli diede la forza di lasciar da parte gran parte dell’ansia che sentiva.
Dietro di lui l’orchestra era pronta.
Vide Simon alzare le braccia e le prime note di Toy Boy riempire l’atmosfera.
E poi la musica fece il suo corso, trascinandolo in una magia che non aveva mai provato prima.
Alla fine di ogni canzone, quando guardava sorridendo il pubblico, non poteva non rivolgere lo sguardo soprattutto alla sua famiglia e, in particolare, alla persona che ormai da quasi nove anni condivideva la vita con lui.
Il sorriso soddisfatto sul suo volto e i suoi occhi pieni di orgoglio mentre lo applaudiva insieme a tutti gli altri: non poteva desiderare nulla di più dalla vita.
Fu quasi a metà concerto che si prese qualche secondo tra una canzone e l’altra per guardarsi intorno e realizzare e godersi la perfezione di quel momento. Un’orchestra che suonava le sue canzoni, lui sul palco di un teatro con la sua famiglia e con la gente che lo ascoltava e lo applaudiva: aveva tutto quello che aveva sempre desiderato e si sentiva talmente tanto a casa, da desiderare che quel momento durasse il più a lungo possibile.




Ribuonasera
Ho fatto un sacco di fatica a scrivere questo capitolo e per alcuni passaggi, non ne sono per niente soddisfatta; ma sono ormai un po’ di giorni che ci tento e a quanto pare questo è il massimo che riesco a fare ora.
Volevo che fosse un capitolo, dato che è l’ultimo, che si contenesse un po’ di tutto: questo il motivo delle scene fluff, che non sono mancate in questa storia, un minimo di quotidianità con le valigie, i concerti e ovviamente il concetto di casa. Nonostante l’ispirazione mi abbia abbandonato, questo era comunque il significato che volevo dare al concerto di Napoli anche prima di decidere che sarebbe stato l’ultimo capitolo e anche il salto temporale in un certo senso era già in conto.
Nonostante non sia riuscita a fare un ultimo capitolo come lo volevo io, spero comunque che possa essere stata una buona conclusione per voi che leggete.
E siamo di nuovo ai momenti dei ringraziamenti, che io non so davvero come fare e con cui entro in crisi ogni volta.
Un anno fa in questi giorni iniziavo a scrivere le prime frasi di You Made Me mentre me ne stavo rannicchiata sotto tre strati di coperte con la febbre (ecco, questa storia è tutta colpa di quattro giorni di influenza, sappiatelo xD) e adesso se do uno sguardo alle visualizzazioni della storia, non mi sembra quasi vero.
In realtà è ben inutile che io mi metta qui a scrivere ringraziamenti come se fosse un addio, perché non lo è, non rimango troppo senza scrivere.
Ma penso che sia davvero il punto finale a questa storia, quindi i ringraziamenti sono assolutamente d’obbligo.
L’ho detto per messaggio privato ad una ragazza qualche giorno fa e lo ripeto qui: siete stati proprio una bella sorpresa e io non finirò mai di dirvi grazie, anche e soprattutto per come, nel momento in cui vi ho chiesto un aiuto, avete lasciato davvero un sacco di idee. Che non ho dimenticato e che, probabilmente, porteranno a delle OS in futuro. Quindi ovviamente ringrazio tutti voi che avete letto e anche chi ha deciso di lasciarmi le sue idee in una recensione (risponderò presto a quelle del capitolo precedente).

Un grazie enorme va anche a VvFrehiet (spero di aver messo h e i al posto giusto, ho sempre i miei dubbi esistenziali) per le sue opinioni sempre puntuali e perché non appena nel gruppo arrivavo io con qualche domanda su dove trovare interviste o cose dette da Mika poi arrivava lei con i suoi link pronti pronti. Per non parlare del fatto che ha passato una serata a tradurmi canzoni dal francese.
A Life In Fangirling Motion per gli stessi motivi, ma anche e soprattutto per i recenti consigli su continuare/smettere e i pareri su cose che tengo nel cassetto da un po’ e a cui tengo parecchio.
A LoveMika, che si è presa la briga di leggere una buona parte di questi capitoli in anticipo e di farmi avere i suoi commenti sempre sinceri, che ho apprezzato.
E poi come sempre lascio per ultima lei, che in realtà dovrei ringraziare all’inizio e alla fine di ogni capitolo; perché oltre agli aiuti che ho ricevuto da voi per la storia, oltre alle idee che anche lei mi può dare, alla fine io scrivo quando sto bene, perché se ho qualche problema e mi metto a scrivere una storia come questa escono solo cose catastrofiche; e questa tranquillità me la riesce a dare solo lei e quindi, anche se ora mi sta rompendo perché vuole che io pubblichi e ride da sola davanti alla televisione, un grazie enorme a Marauder_
 
E basta, mi fermo qui.
Ci sentiamo alla prossima ;)
Buonanotte.
   
 
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