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Autore: Serenelyinsane    19/01/2016    0 recensioni
I pensieri di una giovane si fondono in una mescolanza di solitudine e malinconia e scorrono, inarrestabili, come la pioggia faceva sul suo corpo, in quella fredda notte di gennaio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avanzavo nell'oscurità, guidata dai sensi.
Gli occhi erano socchiusi, mi bastava scorgere le ombre per orientarmi in quella grande casa, che conoscevo in ogni più piccolo anfratto.
Mi muovevo in silenzio, i piedi nudi scivolavano nella notte, senza il minimo rumore.
Tutto era avvolto nel silenzio più assoluto.
Tutto era immobile.
Anche fuori tutto taceva.
La vita era ferma, addormentata.
Non una macchina per strada, non un'anima.
Anzi, un'anima c'era. Osservava tutto dall'alto, immersa nel freddo di una notte di gennaio, a piedi nudi, con dei semplici shorts e la sua maglietta preferita.
Lasciava che i pensieri fluttuassero liberi nella sua solitudine, si affollassero, finissero per sopraffarla, come al solito.
Trovavo delizioso il freddo.
Quella dolce sensazione, provocata dai brividi che percorrevano ogni singolo centimetro del mio corpo.
Quando una folata di vento li intensificò, chiusi gli occhi e inspirai a fondo, assaporando il momento.
Mi passai una mano tra i capelli e percepii nettamente il contatto fra il cuoio capelluto e la mia mano gelida.
Mi ricordò di quel pomeriggio, quando, sdraiate, una accanto all'altra, la sua mano aveva percorso lo stesso tragitto, lenta, dolce, meravigliosa. 
Sorrisi.
Mi trovavo bene, avvolta nel gelo di quella silenziosa notte di gennaio. 
Incrociai lentamente le braccia, rabbrividendo al tocco delle dita su di esse. Le mie mani sarebbero state sempre più fredde di qualsiasi cosa.
Anche se, in quel momento, sentivo il mio corpo, tutto, ghiacciato.
 
"Ma tu sei fredda.."
 
L'eco di quella frase, detta con quel tono sarcastico, mi fece rabbrividire, ma quella volta fu diverso.
Fu come se solo in quel momento mi rendessi conto.
Ora il freddo faceva male.
Lo sentivo penetrarmi le ossa e non potei fare a meno di tremare.
 
"Adori il freddo, che cosa stupida."
 
Le braccia, nuovamente lungo i fianchi.
Le mani, si strinsero a pugno.
 
"Non ha senso. Come te, del resto."
 
Non ressi e dovetti sfregarmi le braccia, in un vano tentativo di riscaldarmi.
Sarei potuta rientrare, la vetrata, spalancata, era dietro di me, a un passo, sentivo ogni tanto il tessuto morbido della tenda blu sfiorarmi i polpacci, ma i miei piedi erano inchiodati li.
Il mio corpo, dal bacino in giù, era immobile.
 
"Sei fredda, glaciale, non esprimi emozioni. È per questo che nessuno ti vuole."
 
No..
 
I brividi si susseguivano sulla mia schiena, stava diventando insopportabile.
Faceva male.
 
"Ma perché tu sei fredda.."
 
Quello sguardo, quella voce.
Furono molto più taglienti del freddo.
 
No!
 
Le lacrime si condensavano, rimanevano sul mio viso e si congelavano.
Come il mio corpo.
Come il mio cuore.
 
"Perché?"
 
L'eco di quelle parole si sostituiva al freddo pungente, s'insinuava nel mio corpo, sembravano tanti spilli che affondavano nella mia carne, lentamente, uno dopo l'altro.
Singhiozzavo, nella più amara solitudine, nel buio di una fredda notte di gennaio.
Mi lasciavo annegare nello sconforto e nella depressione.
 
Mi odiavo per quello che ero diventata.
 
Mi odiavo perché non ero capace di lasciarmi andare.
 
Mi odiavo per quel maledetto orgoglio. 
 
Mi odiavo perché aveva ragione, ero una fredda acida del cazzo.
 
Mi odiavo perché non meritavo nulla.
 
Singhiozzavo nel buio di una fredda notte di gennaio.
Il mio petto era scosso da sussulti che lo facevano vibrare in modo innaturale.
 
Le gambe, salde, rimasero tali, anche quando la pioggia iniziò a sferzare il mio viso ed il mio corpo.
 
Nell'oscurità, interrotta ogni tanto da un lampo che illuminava a giorno lo spazio circostante, le mie lacrime si confondevano con la pioggia battente.
 
Rimasi così, con le gambe piantate sul marmo, cercando di coprirmi come meglio potevo, cercando di nascondermi. 
Di nascondermi da non so cosa.
 
Fu un attimo.
 
Il dolore squarciò il mio petto con una tale intensità, che scosse le fondamenta del mio corpo e della mia stessa anima.
 
Urlai.
Affondavo le unghie nelle braccia, le stringevo forte, troppo.
Non sapevo più se lo stessi facendo per coprirmi o perché volevo davvero farmi male.
I miei lamenti, le mie urla di dolore riecheggiavano nel temporale.
Guardavo verso il cielo, che quella notte aveva inghiottito le stelle. 
 
Urlavo.
 
Richiusi la vetrata alle mie spalle, ansimando.
Quando fui totalmente sfinita, fisicamente ed emotivamente, mi lasciai scivolare giù, in silenzio, come silenzioso era il mio dolore, come silenziose, ora, erano le mie lacrime che rigavano delicatamente le mie guance.
Rimasi lì, accasciata, con la schiena contro la vetrata, la testa poggiata su di essa, rivolta verso l'alto.
 
Sentivo le gocce infrangersi violentemente contro il vetro, fuori, e contrapposi quel rumore al dolce ticchettio delle gocce che, dai miei abiti, rovinavano al suolo, allargando gradualmente la piccola pozza che andava via via formandosi.
Sentii le ciocche dei miei capelli, fradici, sfiorarmi le tempie e le sentii gelare.
 
Mi addormentai così, cullata dal suono della pioggia, che, piano piano, attutì il frastuono dei pensieri. 
E il freddo, il mio adorato freddo, mi avvolse compassionevolmente, irrigidendo gli arti senza che me ne accorgessi, fino a quando muovermi risultò troppo faticoso.
E le mie labbra, loro non avevano freddo.
Gonfie, violacee, erano riscaldate dal sangue, che lentamente si espandeva, tingendole di rosso. 
Non smisi di mordermi le labbra finché non venni sopraffatta dal sonno e allora anche la depressione, anche il rimorso verso me stessa, anche la rabbia, anche l'angoscia, anche il dolore.
Anche loro, insieme ai pensieri, tacquero.
   
 
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