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Autore: KuromiAkira    19/01/2016    4 recensioni
[Osomatsu-san]
[Osomatsu-san]Girava un virus molto fastidioso negli ultimi tempi, e il secondo dei gemelli Matsuno aveva avuto la sfortuna, sua la solita, proverbiale e ormai attesa sfortuna, di essere colpito in pieno dal forte malanno causato dal virus, con conseguente KO.
Arrivato a casa con un febbrone da cavallo, la madre l'aveva fatto mettere a letto e i suoi fratelli, al momento perfettamente in salute, erano stato lontani tutto il giorno dalla stanza per evitare, a loro dire, di essere contagiati.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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'E se uno di noi morisse, che farebbero gli altri?'

Per qualche strana ragione, Karamatsu non riusciva a togliersi dalla testa quelle parole pronunciate da Todomatsu chissà quanto tempo prima.
Ricordava che tutto era nato da qualcosa che il più giovane dei gemelli aveva letto su internet; avevano passato buona parte della giornata a parlarne e, nonostante l'argomento, anche a scherzarci sopra.
Però non rammentava cosa avessero risposto, alla fine.
Lui non aveva mai pensato seriamente all'eventualità di perdere uno dei suoi fratelli, anche se più di una volta aveva temuto che loro, se lui fosse morto, non ci avrebbero sofferto poi così tanto.
Per quanto non volesse arrendersi a quell'evidenza, quante volte quei bastardi avevano dimostrato di fregarsene di lui?
Il fatto che, in quel momento, quella parole risuonassero così insistentemente nella sua testa, rendeva la situazione opprimente.
Girava un virus molto fastidioso negli ultimi tempi, e il secondo dei gemelli Matsuno aveva avuto la sfortuna, sua la solita, proverbiale e ormai attesa sfortuna, di essere colpito in pieno da un forte malanno, con conseguente KO.
Arrivato a casa con un febbrone da cavallo, la madre l'aveva fatto mettere a letto e i suoi fratelli, al momento perfettamente in salute, erano stato lontani tutto il giorno dalla stanza per evitare, a loro dire, di essere contagiati.
Ormai era sera, sentiva la sua famiglia ridere e scherzare al piano inferiore e Karamatsu, nel buio della sua stanza, si lamentava per un incubo che disturbava il suo riposo, un sogno in cui lui moriva e i suoi fratelli, invece di compiangerlo, festeggiavano.
- Non gli importa di me - mormorava affaticato e dolorante, rigirandosi, ormai sudatissimo, nel futon troppo grande. Nessuno di loro si era anche solo affacciato in camera per sincerarsi delle sue condizioni. A nessuno di loro era venuto in mente di chiedergli se volesse qualcosa da bere o se avesse fame. - Anche se morissi adesso... non importerebbe nulla ai miei fratelli... - ripeteva tra i singhiozzi, in quel momento più che mai incapace di nascondere il dolore che l'indifferenza dei suoi gemelli gli provocava.
- Sei proprio un idiota, Karamatsu - mormorò qualcuno.
Il secondogenito aprì gli occhi, o almeno ci provò, poiché si accorse solo in quel momento che la luce era accesa e dovette nascondere il volto sotto la coperta per evitare di esserne accecato.
Dopo qualche istante, intontito, sbirciò nuovamente nella stanza: i suoi cinque gemelli erano inginocchiati attorno a lui, sorridendo.
- Come puoi pensare che non soffriremmo, se tu morissi. Siamo fratelli, no? - riprese Osomatsu, che aveva parlato anche prima.
- V-voi... - biascicò, la voce bassa e roca, la gola dolorante.
Ichimatsu, col suo solito sguardo indifferente e fintamente seccato, gli scostò con poca grazia le coperte dal volto e subito dopo Jyuushimatsu, una volta tanto senza fare troppo casino ma con la solita veemenza che lo caratterizzava, gli poggiò un panno fresco sulla fronte.
- Mamma ci ha detto di non entrare in camera per non disturbare il tuo riposo - confessò Choromatsu, benché gli altri l'avessero preso in giro dicendo che non volevano che gli attaccasse il malanno. Come se fosse possibile: quando uno di loro si ammalava, era scontato che, nel giro di pochi giorni, si sarebbero tutti ritrovati a letto. Era una cosa a cui non si poteva sfuggire, sopratutto quando si faceva parte di una sestina di gemelli con un incredibile quantità di tempo libero e una scarsa varietà di hobby.
- S-sto sognando? - annaspò Karamatsu, incredulo. Quand'era stata l'ultima volta che i fratelli erano stati davvero gentili con lui? - S-sto morendo e vi siete pentiti di avermi trattato così male e ora cercare di rimediare? - si agitò, in evidente stato di delirio, il secondogenito, guardandoli adirato uno per uno.
Ciò causò le risate degli altri e un conseguente singhiozzo da parte del malato.
- Non stai morendo, deficiente. È solo influenza - gli fece notare Ichimatsu, rannicchiato proprio accanto all'altezza della testa del fratello.
- Vedi, Karamatsu-niisan, tu sei il fratello sfigato. Il tuo ruolo è quello che essere maltrattato dai tuoi fratelli - disse Todomatsu in un tono talmente amabile e innocente che era incredibile che stesse dicendo quelle cose così ingiuste. Come sarebbe a dire 'il suo ruolo'? pensò Karamatsu.
- Lo facciamo con affetto - bisbigliò Ichimatsu in tono volutamente inquietante. Karamatsu rabbrividì. Chissà perché, non li trovava per nulla convincenti!
- È ovvio che siamo preoccupati per te - insistette Osomatsu.
- N-non è vero! Se mi voleste bene mi trattereste meglio, come fate tra voi! Io sono sempre stato affettuoso con voi! E quella volta che sono stato rapito...! - volle obbiettare Karamatsu, ma un violento attacco di tosse gli impedì di continuare. Choromatsu, sospirando, gli rimboccò meglio le coperte e Jyuushimatsu raccolse il panno caduto dalla fronte a causa del movimento improvviso del fratello, lo bagnò nuovamente con l'acqua fredda e glielo ripose sulla fronte.
- Ma dai! Pensi ancora a quella storia? - rise Osomatsu, e il secondogenito sentì la rabbia offuscargli la sua già ben poco lucida mente. Come poteva ridere di quella volta? Aveva rischiato sia di annegare sia di morire carbonizzato! E loro non avevano mosso un dito! Li odiava! Tanto evidentemente anche loro odiavano lui.
Ma Osomatsu lo guardò senza perdere il sorriso e continuò: - Si trattava di Chibita! Sapevamo che non saresti stato davvero in pericolo con lui. Se a rapirti fosse stato uno sconosciuto, sarebbe scoppiato il caos in casa! -
- Non avremmo potuto pagare alcun riscatto, ma ci saremmo mobilitati subito per salvarti in qualche modo - lo informò Todomatsu.
- Avremmo fatto quel tipo nero! - esclamò Jyuushimatsu con l'orgoglio di chi è consapevole di essere abbastanza forte e folle da riuscire a mettersi contro un pericoloso malvivente e averla pure vinta.
Karamatsu, pur ancora intontito ma rincuorato dalle loro parole, tornò a singhiozzare commosso. Era davvero così? Era sempre un'ingiustizia, ma davvero non era indifferente ai suoi fratelli?
- Karamatsu-niisan, se tu morissi morirebbe anche una parte di noi - bisbigliò Todomatsu dolcemente. E improvvisamente Karamatsu ricordò che fu proprio quella la conclusione a cui erano arrivati quel giorno, quando proprio il sestogenito aveva porto quella famosa domanda.
- Ti vogliamo bene, nii-san! - esclamò Jyuushimatsu praticamente buttandoglisi addosso, causandogli un gemito di dolore e le risate degli altri.
- Non esageriamo - sogghignò Ichimatsu. - Ti sopportiamo, in qualche modo - scherzò.
- Sei importante tanto quanto gli altri! È solo più divertente prenderti in giro! - esclamò Osomatsu, rovinando l'atmosfera con la sua proverbiale mancanza di tatto.
- Vi odio... - gemette Karamatsu poggiando la mano destra sulla schiena del fratello minore ancora sopra di lui, chiudendo gli occhi pieni di lacrime, ma addormentandosi con un sorriso più sereno.
- Sì, sì - sospirò Osomatsu, alzandosi e facendo cenno agli altri fratelli di fare lo stesso. - Guarisci presto, Karamatsu - mormorò, lasciando la stanza insieme agli altri e spegnendo la luce, per permettere al fratello minore di dormire tranquillo.
  
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