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Autore: ValorosaViperaGentile    21/01/2016    5 recensioni
Primo capitolo (1/?) di una piccola raccolta dedicata a Viola, prima principessa e poi regina di Altomonte, dal film Il racconto dei racconti.
[La prima flashfic è stata scritta per l'evento Drabble Days 27-30 dicembre, indetto dal gruppo We are out for prompt.]
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CAPITOLI:
I. Regina Vergine ◆ {post film}
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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I

Regina Vergine
 
 
 


 
 
Aveva trascorso anni con occhi sgranati, a sognare l'amore.

Quello sciocco, dei racconti: l'arrivo del principe perfetto, col più nobile fra gli animi, bello e forte e coraggioso. Il genere d'amore per cui ogni fanciulla sospira, affacciata alla finestra, occhi al cielo, in attesa di un segno benevolo; la favola che ognuna segretamente sogna, sdraiata sul letto ancora vuoto, vergine, e che dipinge con la mente, quando, fra le pagine dei libri, scopre le cortesi fortune altrui. Aveva a lungo atteso l'uomo perfetto, che alla fine salva la principessa – da un nemico mortale, o da una terribile maledizione.

Ma la vita non è una ballata[1].


Nessun principe era venuto, quando la figlia del Re di Altomonte era stata portata via dal più orribile dei mariti.

Morta vivente, sepolta in un cimitero rupestre, un insieme di grotte inospitali, pura roccia nuda e umidi burroni assediati dal muschio; regina stracciona d'un villaggio fantasma, fatto di primitive case disposte a schiera, scavato da un popolo mostruoso, con le mani troppo rudi e cervelli poco fini.

Da lassù, prigioniera, col corpo schiacciato contro le fredde pareti, ascoltava il vento urlare e, più lontano, il sussurro del torrente, che scorreva sul fondo della gravina. Ma mai alcuno squillare di trombe, né lo scalpitio continuo e serrato della cavalleria.

Lancilotto, Orlando, Tristano e gli altri grandi eroi si erano rivelati distanti da lei un intero mondo.

Questo è il marito che voi avete scelto per me, aveva ricordato a suo padre, quando era tornata a casa, esibendo la testa pesante dell'orco, stretta fra le braccia: non faceva più paura, quella cosa gigantesca – non staccata dal resto del corpo, brutale e sporco con le palpebre abbassate e la bocca chiusa; non senza occhi che saettavano da una parte all'altra, in cerca della povera sposa da violare nell'ombra, né lingua raccapricciante, grossa come quella di un vitello, e disgustosa quanto quella di un rettile. 

Ebbene, lei viveva ancora e lui, l'orrido sposo, era morto, e la sua testa le apparteneva.

E dell'amore, ammantata di porpora, Viola credeva di non sapere più che farsene: inutile orpello su di un vecchio abito passato di moda, da dismettere.

Preferirei essere mendicante e sola, che regina e maritata[2], aveva risposto alle proposte di nuove nozze, non appena incoronata.

Signora senza padrone, né cuore – di ragazza, fragile e sciocco.

«Abbiamo molte debolezze, proviamo molte emozioni, moriamo. Ma certo abbiamo la possibilità di amare[3].»

Le parole di suo padre, uomo e sovrano, così grande e infinitamente piccolo – con tutti i suoi sbagli e la saggezza di chi ha visto tanto, eppure sempre un poco fatua. Parlava di nuovo d'amore, il vecchio Re, alla figlia troppo cresciuta, che non voleva più ascoltare storie sulla tenerezza. 

Ma col capo cinto di regalità, un pensiero alla volta, e un giorno alla volta, la nuova Regina aveva ascoltato – infine compreso.

Nel silenzio delle notti solitarie, aveva sentito pulsare qualcosa, sotto il seno. Un ticchettio rivelatore: non solo possedeva un cuore, ancora, ma si scoprì totalmente e irrimediabilmente piena d'amore.

Le sgorgava da dentro, dal paradigma di ogni ferita, ed era copioso, più immenso dell'oceano senza fine: quello legato al sangue, che pompava dritto al cuore, facendolo battere come un tamburo, veniva dal petto; l'altro, gemello più razionale e pieno di luce, fluiva dal cervello; mentre il ventre, culla di tutto un popolo, ispirava l'amore più antico, quello di una madre. 

E col cuore, la testa e il ventre lasciò quindi che l'amore scegliesse il futuro, proseguendo l'opera del padre, la pace di Altomonte e il suo stesso destino di donna.

 



Note:

[1] Citazione da Il grande inverno, il secondo volume dell'edizione italiana della saga fantasy di George R. R. Martin: come Sansa, anche Viola, all'inizio della storia, è una fanciulla un po' sciocca, con la testa piena di versi cortesi, tornei e relazioni romantiche, ma entrambe si scontreranno assai presto con la brutale realtà, imparando che la vita è molto diversa dalle ballate che tanto amano.

[2] Parole, in verità, di Elisabetta I Tudor.

[3] Citazione da Elizabeth: The Golden Age.
   
 
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