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Autore: Dalhia_Gwen    23/01/2016    3 recensioni
La vita è così complicata da capire: ci mette di fronte a tanti ostacoli, impegnandoci a superarli tutti e per il meglio. Ma cosa accade se si perde ogni speranza? Cosa succede se la vita, che ti ha regalato una cattiva stella, continua ad ostacolare la tua felicità? Sembra che ti stia facendo sprofondare nel buio più totale. E se ti facesse ritornare a sognare, magari proprio quando sembra che non ci siano vie d'uscita?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Courtney, Duncan, Geoff, Gwen | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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You're my dream come true
 
 
Chapter 10

 
 
 
Dolore.
Angoscia.
Sensi di colpa.
Tutto in un unico momento, e racchiusi nella stessa stanza.
 
Duncan ascoltò il triste racconto di Gwen col cuore in gola, impressionato dalle raccomandazioni che la ragazza fece poco prima, senza mai intervenire o farle perdere il filo, ma con un peso all’altezza del torace che si intensificava ad ogni parola da ella pronunciata.
Fuori pioveva in maniera insistente, e per questo motivo circolavano poche auto. Tutto intorno a loro sembrava tacere di fronte alla storia della ragazza, che aveva oramai perso ogni minima forza di combattere, vedendo tutto avverso nella sua vita.
E più cercava di andare avanti nel modo migliore, più sembrava che il destino volesse contrastarla, fino a quel colpo di grazia.
 
Il ticchettio della pioggia contro le vetrate di quella stanza, scandivano quegli attimi in cui lei prendeva fiato e coraggio per continuare, mescolandosi con le lacrime che man mano nascevano e ricadevano sul suo viso.
Il punk non riusciva a dire nulla, ogni volta che tentava le sue parole gli morivano dentro, reputando qualsiasi cosa potesse dire inappropriata per il momento.
 
- Ecco, questo era il tassello della mia vita che ti mancava, quello che io avrei preferito di gran lunga non farti sapere… -.
Finito il racconto, calò un silenzio tombale, a volte smorzato dai singhiozzi di Gwen, che nel frattempo aveva consumato la manica del felpone nero che era solita indossare, quando era a casa, con le lacrime che non cessavano di cadere. Anche la pioggia finì, ma del tempo nessun miglioramento, così come in quel appartamento.
Duncan continuava a guardare la sua dolce metà inerme di fronte a lui, con le gambe incrociate e il capo chinato, entrambi seduti sul letto, mentre cercava di far calmare rabbia e frustrazione che diventarono protagonisti nella sua mente durante il racconto raccapricciante. Stringeva i pugni, raccogliendo le lenzuola tra essi e rilasciandole quando avvertiva abbastanza dolore all’interno dei palmi delle sue mani.
 
Perché? Perché il destino doveva esserle tanto avverso?
 
Lei non meritava tutto quel dolore, e non meritava nemmeno la sua scenata.
Provava ammirazione, tuttavia, nei confronti di lei, così minuta e così tanto forte.
Era un paradosso, un contrasto che non reggeva.
Eppure esisteva, e ce lo aveva di fronte.
Sapeva che Gwen fosse speciale, in tutti i sensi, e adesso poteva giurarci di non averlo mai messo in dubbio.
Lì si rese conto di avere di fronte una roccia, una piccola ma grande roccia che stava vivendo tutte le intemperie possibili, e con la constatazione di essere rimasta sempre in piedi.
 
In piedi, ma non immune.
 
Infatti, poteva chiaramente avvertire il suono dello sgretolamento all’interno di lei, che avrebbe ceduto di lì a poco, se nessuno sarebbe arrivato in suo soccorso a sorreggerla.
Ed eccolo lì, il suo sostentamento, era proprio di fronte a lei.
Adesso che Duncan sapeva tutta la sua storia, che ha vissuto e che continua ancora a vivere, sentiva la responsabilità di proteggerla e di aiutarla.
 
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma proprio qualsiasi...
 
- Scusami, scusami davvero per averti depresso in questo modo. Faccio a tutti lo stesso effetto, e li allontano senza accorgermene… - disse dopo qualche minuto di silenzio Gwen, non vedendo in lui alcuna reazione, tentando invano di abbozzare un sorriso ed ottenendo una smorfia.
Ma il ragazzo continuava a non proferire parola, mentre con lo sguardo vispo la squadrava e cercava di prendere quel coraggio necessario per smorzare quell’atmosfera diventata impossibile ancora da sopportare.
- Gwen, ascoltami… - iniziò allora lui, con voce seria, avvicinandosi a lei e prendendole delicatamente le mani, per poi baciarle.
- So che in questo momento nulla può farti stare meglio, neanche le parole, ma volevo dirti che mi spiace, per tutto. Ho sbagliato, ho peccato di presunzione, pensando di avere il diritto di sapere ogni cosa di te, non immaginando minimamente che dietro alla tua piccola e dolcissima figura si nascondeva un passato ed un presente orribili. Perdonami. – mentre parlava, il ragazzo l’aveva avvicinata sempre più a sé, coccolandola, depositando poi sul suo capo un piccolo bacio, che lei avvertì come necessità vitale. Ma dopo aver fatto ciò, la costrinse a guardarlo negli occhi, opprimendo la voglia di piangere anche lui.
- Ma non posso assolutamente permettere che tu continua a lavorare in quello schifo di locale, perché è lì che eri diretta, non è così? – lei, che aveva tanto bisogno di avvertire protezione, la trovò in quegli occhi dalle iridi di un colore azzurro tendente a quello dell’oceano. Ogni volta che li guardava, si sentiva travolta da una pace e da una tranquillità devastanti. E in quel momento, più che mai, sentiva di poter esserne al sicuro. Quando si rese conto di essersi persa nei suoi sogni, per l’ennesima volta e solo per colpa sua, sorrise imbarazzata e velocemente annuì, seppur debolmente.
Duncan avvertì perdere un battito, quando la vide finalmente sorridere, un sorriso rivolto esclusivamente a lui, e fu lì che trovò altra forza per continuare.
- Voglio che tu denunci quel bastardo, lui e tutta la sua razza. – quasi parve un ordine, il suo, talmente penetrante fu il suo sguardo. Gwen rimase con la bocca semichiusa, e sbattè più volte le lunghe ciglia.
- P-Perché…? –
- Perché quel figlio di puttana deve pagare per quello che ti ha fatto. – a quelle parole lei abbassò lo sguardo, divenuto cupo, ma il punk non si fece intimidire, e con altrettanta sicurezza la costrinse di nuovo a guardarlo.
- Non sei sola Gwen, non più. Devi capire che io ho preso una decisione, quella di stare con te. Con un passo alla volta si sistemerà tutto, insieme. Ti fidi di me? – le chiese poi baciandole la fronte. A quel contatto Gwen poté giurare di sentir librare la propria anima, e il proprio cuore trovare di nuovo un sostentamento.
- Mai avuto dubbi. – rispose, senza alcuna esitazione, con gli occhi umidi.
- Brava, piccola. Ti amo. – le disse, per poi avvertire il buon sapore delle labbra della gotica, tornata di nuovo a sorridere. Dopodiché si vestirono, ed insieme andarono verso la loro prossima destinazione: il commissariato.
 
Arrivati davanti l’edificio, il punk parcheggiò l’auto nell’area apposita, non nascondendo un certo fastidio.
Conosceva bene quel posto, Duncan, non era la prima volta che lo frequentava, ma ogni volta che lo faceva la sua mente veniva travolta da ricordi spiacevoli.
 
Quanti sbagli aveva fatto nella sua vita, quante volte si era legato a persone sbagliate che lo misero nei guai.
 
E malgrado la giustizia, si dicesse, fosse la miglior arma contro i torti subiti, lui non era affatto d’accordo.
Anche la giustizia aveva dei limiti, e lui lo sapeva bene: per questo dovette ricorrere a metodi “alternativi”, talvolta pericolosi, per salvare lui e anche altre persone.
 
Ed era per questo motivo che era lì, di nuovo, non certo per la denuncia.
 
Mentre era assorto nei suoi pensieri Gwen, che avanzava insieme a lui con una mano intrecciata a quella del punk, si guardava intorno spaesata.
Al contrario del suo ragazzo, la fanciulla non era mai entrata in un posto simile, né tantomeno ci teneva a frequentarlo.
 
Entrarono così in commissariato, squadrati da occhi curiosi di uomini in divisa: alcuni erano affaccendati nell’amministrazione, alcuni facevano semplicemente capolinea nei lunghi corridoi, probabilmente a causa di un’operazione in corso, altri ancora erano i soliti nulla facenti. Intanto Duncan non li degnò nemmeno di uno sguardo, li conosceva tutti oramai, e con fare esperto si muoveva in quel luogo che tanto odiava con una certa fretta, cosa che non sfuggì a Gwen.
- Amore, ma conosci già questo posto? – chiese lei con voce bassa, non prima di essersi stretta con maggior forza a lui.
- Lunga storia Dolcezza, devo solo trovare… - le rispose senza staccare gli occhi cristallini dai corridoi, mentre la sensazione di non trovarlo cominciò a balenargli in testa. Ma proprio quando stava per tornare indietro, ecco che lo vide.
- Alejandro! Ehi! -  lo chiamò, scostando alcune persone che gli si paravano davanti.
Dopo essere stato incitato anche da alcuni compagni, il ragazzo in questione, che in quel momento era in pausa caffè, volse lo sguardo là dove si sentì chiamato, per poi sgranarlo.
 
Non poteva crederci, non poteva essere lui…
 
- D-Duncan?! -  domandò sorpreso il ragazzo dalla carnagione scura, posando il suo caffè caldo sulla macchinetta. Nel frattempo i due fidanzati lo raggiunsero, parandosi davanti.
- Già, in carne ed ossa, amico! – esclamò il punk, sorridendo beffardo.
- Chi non muore si rivede, eh Duncan? -  chiese il poliziotto sogghignando.
Dopo uno sguardo d’intesa, del tutto ignaro alla fanciulla, i due scoppiarono a ridere, per poi scambiarsi un caloroso abbraccio, in nome della loro vecchia e profonda amicizia.
Il poliziotto, Alejandro Burromuerto, era un ragazzo di origini spagnole, trasferitosi a New York all’età di dieci anni, per seguire il padre a seguito di una separazione, ed era soprattutto grande amico di sventure del punk. Il loro incontro fu particolare, dettato più che altro da un destino comune che purtroppo, all’epoca, non era roseo per nessuno dei due. Si parla infatti di adolescenza, che spesso e volentieri porta ad azioni incoscienti e incoerenti, finendo poi in guai più grossi di loro.
- Cazzo, da quanto tempo che non ti vedo? Secoli? – chiese lo spagnolo in maniera scherzosa, dando una pacca sulla spalla al compagno, che sorrideva malinconico.
- Da troppo tempo, lo so. – annuì l’altro, passandosi una mano tra i capelli colorati, ma oramai Alejandro era intento a guardare qualcos’altro, o meglio qualcuno, che si trovava accanto al suo amico d’infanzia.
- E tu? Come ti chiami hermosa chica? – chiese, mostrando il suo sorriso mozzafiato, rapito dalla bellezza della compagna che Duncan teneva gelosamente avvinghiato a sè, con l’intento di fare breccia in lei col suo accento spagnolo che non l’aveva mai deluso. D’altro canto Gwen non sembrò avvertire proprio nulla, anzi, in un primo momento rimase impassiva, e proprio mentre stava per dire qualcosa, il punk rispose al suo posto.
- Non ci provare, mio caro dongiovanni dei miei stivali. Lei è proprietà privata del sottoscritto. -  chiarì velocemente Duncan, indicandosi, abbastanza infastidito da quel suo lato da predatore di donne che constatò non aver mai perso.
Nemmeno mettendo la testa a posto con un lavoro del genere.
Intanto Gwen sentì le gote prendere letteralmente fuoco, e per l’imbarazzo cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli colorata, mentre Alejandro indietreggiò alzando le braccia in segno di finta innocenza.
- Comunque... – riprese il punk, non prima di volgere uno sguardo innamorato verso la fidanzata, che ricambiò timida.
- Sono venuto qui perchè Gwen deve sporgere una denuncia. A chi ci dobbiamo rivolgere? – chiese in tono serio Duncan.
- Dovete andare in quella stanza, e chiedere di Brick. – li informò allora lo spagnolo, tornando in sè.
A quel punto Duncan congedò l’amico e riprese a camminare, accompagnando così Gwen di fronte ad una scrivania, dietro la quale vi era un ragazzo dall’aria molto curiosa: egli infatti consultava e riconsultava documenti presi da pilastri di fogli innanzi a lui, dando l’aria di non capirci nulla, e non rendendosi conto di avere due presenze di fronte a lui che lo guardavano stranito.
Il punk roteò gli occhi spazientito, constatando di avere l’ennesimo imbranato a svolgere un lavoro che non gli si addiceva per niente. Si schiarì allora la voce, facendo sobbalzare il poliziotto.
- Oh buongiorno! Cosa posso fare per voi? – chiese in maniera cordiale e un po’ impacciata Brick, facendo spazio sulla scrivania.
- La ragazza deve fare una denuncia. – rispose Duncan, per poi guardare Gwen negli occhi sorridendola, ed incitarla a sedersi.
A quel punto il poliziotto stava per prendere un’altra sedia per fare posto anche al ragazzo, ma si fermò nel momento in cui lo vide accovacciarsi innanzi alla fanciulla seduta.
- Bambolina, racconta tutto quello che è successo per filo e per segno, senza paura. Io intanto ti aspetto fuori, ho bisogno di fumarmi una sigaretta. Mi raccomando, mh? – la rassicurò lui accarezzandole il viso, per poi congedarla con un dolce bacio sulle labbra, gesto che imbarazzò persino il poliziotto.
 
Una volta ritrovatosi fuori da quella stanza, cercò nuovamente il compagno e lo trascinò all’aperto, con la scusa di rimembrare i vecchi tempi.
- Allora, amigo, come vanno le cose? – chiese l’ispanico, guardando in direzione del punk e riducendo gli occhi ad un’unica fessura per via dei raggi luminosi del Sole.
In tutta risposta, Duncan estrasse un pacchetto di sigarette e ne prese una, invitando l’amico a fargli compagnia.
- No, non posso fumare in servizio, lo sai… - disse con rammarico Al, guardando con un tantino di invidia il compagno che con molta teatralità se la portò alla bocca e l’accese.
- Peggio per te, io ne ho bisogno. – confessò Duncan, aspirando e gettando una nuvola di fumo, guardando la strada di fronte a lui. Al lo guardò di sottecchi, ghignando.
- Sei di nuovo nei guai, eh? – gli domandò, quasi divertito.
- Non io, la mia ragazza. E tu devi aiutarmi. – incastrò i suoi occhi chiari in quelli verdi smeraldo del poliziotto, e subito un brivido lo percorse lungo tutto il corpo dello spagnolo.
- Duncan, lo sai che io non… - ma il punk scosse spazientito il capo, parandosi di fronte a quello che, tempo addietro, era considerato un delinquente agli occhi della polizia.
- Forse non ci siamo capiti Al: non era una domanda, era un ordine. – prese una nuova boccata, e stavolta se ne liberò investendo il compagno, che in tutta risposta tossì.
- Da ora in poi, devi osservare con attenzione un locale, un certo “Charlie's Pub”, e quel gran bastardo del proprietario. Lì Gwen ed altre ragazze lavorano come cameriere, e sono costrette ad indossare indumenti indecenti, con la scusa di fare anche altri tipi di servizi. Prima che io lo ammazzi con le mie stesse mani, ho bisogno che tu lo incastri. Deve chiudere il locale e rimanere con senza neanche un soldo, e deve scontare quello che si merita, e visto che io non posso farlo, chiedo l’aiuto alle “forze dell’ordine”. – spiegò lui determinato, non risparmiandosi però l’ironia nei confronti dell’arma. L’altro lo guardò, per poi sospirare.
Era ovvio che Duncan non aveva bisogno della Polizia per fare giustizia, ma era altrettanto normale che lui non aveva alcuna intenzione di passare un altro solo minuto in quelle schifose celle.
- La tua ragazza sta facendo una denuncia, aspetta almeno che la Polizia prenda in considerazione il verbale e… - non fece neanche in tempo a finire la frase che il punk scoppiò a ridere, piagandosi addirittura in due dalle risate.
- Mio caro Al, questa era proprio forte, sai?! Quanto tempo dobbiamo aspettare perché lo faccia? Sappiamo come va la burocrazia...Nel frattempo quello stronzo avrà già spostato il suo culo in un’altra nazione, scomparendo anche tra i radar dei militari dell’Area 51… Non mi prendere in giro Al, non me lo merito, o devo forse ricordarti che mi devi un favore, amigo?  - lo canzonò Duncan, mettendolo con le spalle al muro. A quel punto lo spagnolo venne spiazzato, sentendo il fiato smorzarsi ad ogni ricordo che piano si faceva largo nella sua mente.
Ebbene sì, Alejandro aveva un conto in sospeso con Duncan. Era solo grazie a lui se adesso era in quel posto, a lavorarci. Per come era destinato, all’epoca, doveva ritrovarsi in una putrida cella a scontare ben quindici anni, a causa di azioni non compiute da lui, almeno non direttamente. Sì, perché il ragazzo fu incastrato ed incolpato di rapina a mano armata, e se non fosse stato per il punk che, malgrado fosse anche lui all’interno della faccenda come complice, testimoniò a suo favore, lo spagnolo si sarebbe trovato ancora in carcere. Non fu una cosa semplice, poteva rimetterci anche lui, ma nonostante tutto Duncan preferì rischiare per l’amico, salvandogli così la vita. La questione si chiuse lì, infatti, per entrambi, non essendoci state abbastanza prove che potevano affermare il contrario.
 
Deglutì rumorosamente, mentre un sapore amaro si fece largo nella sua bocca.
Era il sapore della paura e della consapevolezza che, per il gesto fatto a quest’ora, in quella divisa da poliziotto, doveva esserci Duncan, non lui.
 
- No, ricordo benissimo del favore da ricambiarti. Mi hai salvato le chiappe, e di questo te ne sarò grato per sempre. – parlò dopo attimi di silenzio Al, tornando a guardare negli occhi il punk.
- Conta su di me. – terminò infine, facendogli l’occhiolino.
- Grazie, davvero. – il punk sorrise, per poi abbracciare fraternamente l’amico.
 
Nel frattempo, uno strano tizio incappucciato e dall’aria minacciosa, spiava ogni singolo movimento dei due piccioncini, ed ora era anche lui davanti la caserma, ad osservare dentro ad una vettura, strofinandosi le mani vittorioso.
- Bene bene, le cose cominciano ad andare nel verso sbagliato per il “Charlie's Pub”. Bravo Mal, vediamo cosa ne pensa la padrona Courtney… -.

 
 
 



Angolo dell'autrice
 
​Ehilà miei cari!
Come state? Spero elettrizzati, dopo questo nuovo capitolo! ;)
Cosaa vi avevo detto? Avrei aggiornato MOLTO prima, regalandovi un capitolo ancora più lungo :D
La storia va avanti, e le cose si complicano. Ho introdotto Alejandro e Brick, che ve ne pare?
E...Mal, con la sua padrona...ahah ne vedremo delle belle!
Beh spero che l'aggiornamento sia stato di vostro gradimento, e malgrado siate davvero pochi a seguirmi, mi auguro che possiate apprezzare lo sforzo che sto compiendo.
Bene, allora aspetto le vostre considerazione...a presto!
 
Dalhia_Gwen
 
  
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