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Autore: TsubakiDream    25/01/2016    2 recensioni
"[...]La mano era ancora calda della stretta di Kohaku quando giunse al di là della galleria scura, e questo le regalava la certezza che sì, non era tutto un sogno.
Non si era voltata indietro, fidandosi delle parole del suo caro, adorato amico.
Tornerà.
Si ripeteva, mentre saliva in macchina, per raggiungere quella che sarebbe stata la sua nuova casa.
Tornerò. [...]"
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chihiro, Haku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guarda indietro.

 
 
Quando uscì da quel tunnel, Chihiro non era così piccola da considerare ciò che aveva vissuto solo un gioco fantastico, ma nemmeno così grande da metterne in dubbio la realtà.
Non lo fece mai, nonostante il passare del tempo.
Quando aveva visto i suoi genitori che l’aspettavano all’uscita non si era sentita triste, ma anzi, era piena di carica.
Ce l’aveva fatta.
Era sempre lei, sempre la stessa ragazzina un po’ goffa, ma ora combattiva, e pronta ad affrontare la sua nuova sfida: la vita.
La mano era ancora calda della stretta di Kohaku quando giunse al di là della galleria scura, e questo le regalava la certezza che sì, non era tutto un sogno.
Non si era voltata indietro, fidandosi delle parole del suo caro, adorato amico.
 
Tornerà.
 
Si ripeteva, mentre saliva in macchina, per raggiungere quella che sarebbe stata la sua nuova casa.
 
Tornerò.
 
Per quel giorno la tristezza non arrivò, ma rimase l’euforia di un’azione eroica appena compiuta, di un mondo magico da amare, con l’unico difetto di non poterlo a raccontare a nessuno.
Il senso di mancanza iniziò a farsi sentire la mattina seguente, al risveglio.
Aveva aperto gli occhi aspettandosi di trovare Lin accanto a lei, come ormai era abituata dopo quel tempo, ma invece aveva trovato solo il muro di un delicato color pesca.

Li rivedrò presto.
 
Si disse, mentre seguiva il richiamo di sua madre.
In fondo, il parco divertimenti non era distante, anche se tutto sommato per qualche ragione non era ancora pronta per tornarci.
Quando lo fece, qualche mese più tardi, lì non trovò altro che pietre e gli edifici malandati che lei vide pieni di vita tempo prima.
Il buio non portò nessuno spirito, né lo stridio delle ruote del treno sulle rotaie, e Khoaku non venne a prenderla.
Lo chiamò piangendo, con le mani strette a pugno contro gli occhi e le ginocchia tremanti.
La statua dal viso inquietante che stava all’ingresso e che al giorno del suo arrivo l’aveva spaventata tanto ora non era altro che una pietra liscia e anonima.
Davvero era tutto finito?
Davvero ora la sua vita era un’altra? Davvero avrebbe dovuto andare avanti come se fosse stato tutto un sogno?
Ma Kohaku glielo aveva promesso. L’aveva fatto solo per farla tornare a casa?
E Kamaji? Davvero le sue lamentele erano pura illusione, come le rassicurazioni di Lin?
No, non erano solo delle fantasie lontane.
Ma ora lei doveva andare avanti. Se avesse continuato a piangere le speranze sarebbero andate distrutte.
Lei ora doveva vivere la vita, doveva crescere e camminare con le sue gambe. E così fece.
Rise, pianse, sopportò, reagì e protestò rimanendo sempre la stessa semplice ma forte Chihiro che era nata in quei giorni.
Tre anni passarono, tre anni di vita di alti e bassi, felice e disperata, come per ogni altro essere umano.
Tre anni in cui Chihiro sorrideva alla gente, mentre fugacemente scrutava ogni vicolo buio e ogni uscio un po’ strano, per vedere se dall’oscurità avrebbe fatto capolino un bizzarro topolino o una pallina saltellante tutta nera.
Controllava ogni fiume o ruscello, nell’illusione di vedere il muso di un grande drago bianco guardarla da sotto il pelo dell’acqua.
Era sempre stata attenta ad ogni rumore, ad ogni alito di vento.
 
Eppure…
 
Eppure fu proprio nel momento di distrazione, quando se ne stava tornando a casa, con le braccia incrociate ed un broncio infantile per uno scherzo subito, che si presentò ciò che non si aspettava.
Non ci fu alcun movimento né suono, solo l’occhio di lei che cadde tra i tronchi degli alberi più nascosti.
Non c’era nessuno, nessuno che conoscesse, ma quella cosa la guardava.
Quel grottesco sorriso di pietra che sì, poco più di tre anni fa l’aveva accolta, e nella sua immobilità spinta ad attraversare quel finto tunnel.
Si chiese se avesse senso ciò che stava pensando, si chiese se stava per fare la cosa giusta.
 
Non voltarti indietro.
 
Erano le parole che le aveva detto Kohaku, e in quel momento le tornarono chiare alla mente.
Forse non doveva farlo. Forse continuare a fissare quella statua significava fare esattamente l’opposto di ciò che lui le aveva detto. Forse lui l’aveva spinta a vivere…eppure…
Prima ancora che lei decidesse le sue gambe presero a correre lungo quel sentiero. A piedi la strada era ancora più lunga, ma non le importava, anche se la milza iniziava a dolorare.
Si fermò di colpo, ansimante.
Eccolo quel viso di roccia, scolpito su quella pietra. Di nuovo lì, ad aspettarla.
Il sole era ancora alto, e sapeva che l’attesa sarebbe stata pungente e spaventosa.
Attraversò nuovamente quel tunnel, a passo calmo e insicuro.
Qualcosa era diverso, questa volta. O meglio, era tornato come doveva essere.
Non c’era il silenzio tombale del vuoto, o forse era solo la sua impressione?
Corse sull’erba in salita, rischiando quasi di cadere, aggrappandovici con le mani nella sua disperata speranza.
Eccola, la città.
Le ombre iniziavano già ad allungarsi, presto il cielo si sarebbe tinto di rosso e il suo sogno sarebbe tornato da lei, forse.
Fu improvvisamente presa dal panico, e le sue gambe si immobilizzarono, impedendole di raggiungere i negozi abbandonati.
Era lì, ferma nel punto preciso in cui Kohaku le aveva lasciato la mano quel giorno.
Che stava facendo?
Si lasciò scappare un lamento, mentre volgeva le spalle alle costruzioni, senza però muoversi.
Le braccia tese lungo i fianchi mentre le mani si stringevano a pugno. La testa china e gli occhi serrati, mentre le lacrime scorrevano libere sulle sue guance.
Che diavolo stava facendo?
La luce iniziava a sparire, e lei aveva paura di alzare il viso.
Non lo avrebbe sopportato di ritrovarsi sola al buio ancora una volta.
Ma…
 
Il fischio di un treno?
 
Cos’era? C’era qualcosa di diverso, ma i suoi occhi non volevano aprirsi.
Un vociare lontano? Il rumore dell’acqua?
No…è un sogno.
Se avesse aperto gli occhi tutto sarebbe svanito.
 
Voltati.
 
Ah…quella voce.
L’avrebbe riconosciuta dovunque.
Quella voce dolce che l’aveva accompagnata per tutto il tempo.
 
Guarda indietro Chihiro.”
 
Pian piano le palpebre si alzarono, ma le pupille continuavano a fissare l’erba, ora dipinta da strane sfumature rossastre e gialle.
 
È tutto un sogno.
 
Guardami.
 
Quello fu l’ultimo ordine.
La testa lentamente ruotò con il busto, mentre lo sguardo si alzava.
Ah…era un po’ più alto, ma il suo volto era sempre lo stesso.
Era davvero lì?
O era un sogno?
Non ebbe il coraggio di avvicinarsi.
 
Chihiro?
 
Oh, è vero.
Lui ricordava il suo nome, lui l’aveva impresso nella mente, lui lo aveva custodito perché lei non lo perdesse.
 
Chihiro? Che ti prende?Ti sei forse dimenticata di me?
 
Kohaku. Com’era possibile dimenticarlo?
Dolce, dolcissimo Kohaku.
Kohaku…
Kohaku…
“Kohaku!”
 
Non ebbe il tempo di metabolizzare quel suo movimento brusco, quella sua corsa slanciata che le fece quasi male alle ossa.
Prima che se ne rendesse conto la sua vista era nuovamente oscurata, ma ora nelle narici vi era il suo dolce profumo, e le dita stringevano il tessuto chiaro che avvolgeva il corpo del ragazzo.
Pianse come la bambina che era rimasta, nascosta nel suo petto, borbottando di tanto in tanto il suo nome tra i singhiozzi.
Non era difficile per lei chiamarlo con il suo vero nome, in fondo con quello lo aveva conosciuto, molto tempo prima.
Già, erano riusciti a ritrovarsi quella volta, e ora lo avevano fatto di nuovo.
Le mani delicate e gentili dello spirito le accarezzavano le spalle, come fecero quella volta in mezzo ai fiori.
“Va tutto bene Chihiro, sono qui.” Sorrise lui, allontanandola appena per poterle vedere gli occhi.
Già, era proprio uguale ad allora. Non avevano importanza le ciocche di capelli raccolte dietro la testa, quelle dolcissime iridi verdi erano le stesse.
“Kohaku…” singhiozzò nuovamente lei, tirando su col naso, per poi scoppiare di nuovo e rifugiarsi nuovamente contro il giovane.
“Non sei cambiata.” Disse delicatamente lui, con una leggera nota divertita, mentre la accoglieva nuovamente, accarezzandole teneramente la testa.
Sbirciando da sopra la spalla di Kohaku, Chihiro potè vedere le luci allegre e colorate della città degli spiriti, dove laggiù aveva vissuto per quel breve ma assoluto periodo.
“Sarei venuto a prenderti molto presto, ma tu sei stata brava. Alcune cose sono cambiate qui, ma lo vedrai tu stessa, ti stanno già aspettando.”
La stavano aspettando?
Quanta voglia aveva di vederli tutti.
Strinse di più l’abbraccio, percependo chiaramente il battito del cuore del ragazzo. Non era solo un’immagine onirica.
Quindi avrebbe potuto correre ancora con la mano stretta nella sua? E volare rannicchiata sulla sua groppa?
Finalmente, quanto aveva aspettato.
E lì, tra le braccia di Kohaku, con gli occhi ancora umidi, si rese conto che una sensazione inaspettata si era fatta strada nel suo cuore; uno strano sollievo, e un forte desiderio.
Come se fosse appena tornata a casa.


Buonasera.
Grazie a chiunque legga questa storiella, dedicata al mio film d'animazione preferito in assoluto.
Mi dispiace, ma io necessitavo di un lieto fine.
   
 
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