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Autore: Amarida    25/01/2016    0 recensioni
E se il mastino di Baskerville si rivelasse essere davvero una creatura sovrannaturale, chi si troverebbe ad intrecciare turbinosamente la strada dell'unico consulente investigativo al mondo? Gli unici cacciatori di mostri con un angelo in trenchcoat al seguito, ovviamente...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“No!” gridò Sherlock correndo verso John.
“Fermo!” lo bloccò Castiel, trattenendolo per un polso con una forza inaspettata.
“Ma io… lui… devo…” balbettò l’investigatore, perdendo la sua corazza impassibile.
Castiel ne ebbe pietà: “Lascia fare a loro” disse, allentando la presa e indicando i Winchester che, nel frattempo, si erano posizionati di fronte al mastino, il più vecchio davanti, il più giovane a guardargli le spalle.

“Ehi, brutto bastardo, ti ricordi di me?” disse Dean sguainando un pugnale.
La bestia ringhiò, sollevando il muso insanguinato dal petto del dottore.
“Oh, Sam, guarda: si ricorda!” esclamò compiaciuto, strizzando l’occhio al fratello, che alzò lo sguardo al cielo: un teatrino ben collaudato, che anche stavolta funzionò.
La creatura, infatti, calpestò senza tanti complimenti il corpo di John, che scricchiolò sinistramente, e si diresse verso il cacciatore.
“Sì, bello, sì, da bravo, vieni qui: abbiamo un conto in sospeso noi due…” lo incitò Dean, senza scomporsi.
Il mastino avanzò ancora, abbandonando del tutto la sua preda e fissando gli occhi rosso fuoco in quelli di Dean, che sorrise: “Che c’è, cucciolone, hai paura?”

Il mastino allora ringhiò e spiccò un poderoso salto. Dean si scansò, lasciando spazio al fratello che, con un solo movimento del polso lanciò la rete delle Parche dritta sulla belva.
Questa tentò di divincolarsi, ma invano: i suoi poteri erano indeboliti. Subito lo videro rimpicciolirsi e perdere consistenza. “Presto, imbottiglialo!” gridò Dean al fratello.
“Con piacere.” Rispose Sam avanzando con la teca di cristallo aperta davanti a sé. Raccolse con circospezione i lembi della rete. Attese qualche istante che il mastino – che ora guaiva - rimpicciolisse ancora e poi li aprì, facendo rotolare la bestia nel vaso e tappandolo immediatamente.

Solo allora Castiel mollò la presa sul polso di Sherlock, che corse ad inginocchiarsi accanto a John.
Cercò con due dita la giugulare costatando che c’era ancora battito, poi i suoi occhi scorsero gli enormi squarci d’artigli sulla gola e i morsi sul petto dell’uomo, che sanguinavano copiosamente.
D’istinto si tolse la sciarpa tentando di tamponarli con quella: “No, no, no, no, John, no! Ti prego: resta qui, testa con noi… resta… con… me!” ripeteva ossessivamente.
Anche gli altri nel frattempo s’erano avvicinati.
“Opporca!” esclamò Dean.
Sam, invece, se ne stava zitto e impietrito ad occhi spalancati.
L’altro lo guardò e comprese: “Come me?” chiese al fratello.
“Come te…” sussurrò l’altro pianissimo.

Dean fu preso da un brivido, ma si riscosse puntando un dito verso Castiel: “Ma stavolta abbiamo il nostro asso nella manica! Avanti, bello, che aspetti, dagli una mano!”
“Come mi hai chiamato? Oh, sì, certo!” rispose questi inginocchiandosi lui pure accanto a John e facendo il gesto di posargli le mani sul petto; ma Sherlock, inaspettatamente, reagì: piantò i suoi occhi chiarissimi, palesemente velati di lacrime, in quelli blu dell’angelo e strinse a sé John, nascondendolo tra i lembi del cappotto.

“Lascialo stare! Cosa credi di fare? Presto! Chiamate un’ambulanza!”
“Voglio… posso curarlo, Sherlock” disse Castiel con voce incerta, ma senza distogliere lo sguardo.
“Tu cosa?!”
“Sono un angelo, ricordi? Forse sono ancora in tempo per…”
“Piantala con queste scemenze!” gridò il detective. “Non toccarlo, non… I soccorsi, ora!”
Castiel si ritrasse sconcertato e toccò a Dean intervenire.

“Ascolta, zuccone di un inglese! Sei troppo intelligente per non capire che sta perdendo molto sangue: i soccorsi non arriveranno mai in tempo! Se non vuoi vederlo morire tra le tue braccia, fidati di Cas!” disse il cacciatore, guardando ora lui ora l’angelo, ora il fratello, che annuì, rassicurante.
Sherlock lesse sincera preoccupazione in quegli sguardi, fiducia reciproca e affetto: proprio come quando guardava negli occhi di John. E cedette.

“Va bene” sussurrò, scostandosi un poco dal corpo del dottore, ma continuando a tenergli sollevata la testa, posandola delicatamente sulle sue ginocchia.
Sherlock vide gli occhi di Castiel illuminarsi della stessa luce azzurra che aveva già osservato quando erano nello sgabuzzino della base di Baskerville; ma ora la luce pareva uscire anche dai suoi palmi aperti, con i quali sfiorava il viso, il collo e il petto di John.
E ovunque il suo tocco, insieme gentile e deciso, si posava, il detective vide le ferite chiudersi e scomparire.
Sentì, prima ancora di vederlo, il corpo di John rilassarsi e il suo respiro farsi più regolare.

Castiel si rialzò e s’allontanò di due passi, barcollando leggermente: le ferite erano tante e profonde e aveva dovuto impiegare una buona dose di grazia per sanarle; ma prima che potesse incespicare in un sasso o in un cespuglio di quella radura selvaggia si ritrovò accanto i due Winchester.
“Stai bene?” gli chiese Dean.
“Sì, sì: ora che il mastino è di nuovo rinchiuso i miei poteri sono tornati.”
“Così mi piaci, pulcino!”
“Come, prego?”
“Niente, Cas, niente: era una specie di complimento.”
“Ah, beh, grazie”.

Sam si diede una manata in fronte. Poi si mise a ripiegare con cura la rete impalpabile.
Raccolse da terra la teca di cristallo e la osservò con cura: della solida belva pelosa, tutta denti, artigli e occhi feroci non era rimasto che un vapore nerastro, che vorticava sempre più lentamente, intervallato di tanto in tanto da bagliori rossi e bluastri.
Il cacciatore saggiò la tenuta del coperchio e sospirò, soddisfatto.

Appena Castiel s’era allontanato, Sherlock s’era messo ad esaminare John, sollevandogli senza tanti complimenti maglione e maglietta e constatando che la pelle del suo dottore era effettivamente intatta.
La sfiorò persino con le dita, ripetendo senza rendersene conto i gesti di Castiel.
Poi alzò lo sguardo.
“Ma come è possibile?” esclamò sbalordito.
“Angelo” disse Dean serrando una spalla di Cas e guardandolo con un sorriso pieno d’orgoglio.
L’altro si limitò a inclinare il capo senza dire nulla.
“Gli angeli non…”
“Sherlock?”
La voce flebile di John lo distolse all’istante da una delle sue filippiche.
“Oh, John, John, John, stai bene?” disse stringendolo a sé in un abbraccio senza nemmeno pensarci.
“Sì, sì, Sherlock, se non mi strozzi…”
“Scu… scusa.”
“Cosa diavolo è successo? Il mastino ti stava attaccando e io…”
“Tu hai fatto l’idiota, come al solito!” disse Sherlock, scoccandogli un’occhiata severa: “Non riprovarci mai più!”
“Dovevo lasciarti sbranare?”
“Sì: meglio un detective sociopatico in meno che un dottore morto”.
“Non dirlo neanche per scherzo!”

I due uomini si rivolsero un sorriso sghembo. Poi il detective aiutò l’altro a rialzarsi.
John oscillò un poco e fu scosso da un lungo brivido.
Senza dire una parola Sherlock si tolse il cappotto sgualcito e insanguinato e glielo mise sulle spalle; quindi gli passò un braccio attorno alla vita per sostenerlo.
Appena si fu ripreso sia dallo shock subito sia dall’inedita gentilezza di Sherlock, John rivolse la sua attenzione a Castiel.
Nel delirio della sofferenza era certo di averlo visto avvicinarsi a lui, con una luce azzurra negli occhi, e di aver sentito le sue mani posarsi sul suo petto, altrettanto luminose e calde.

“Sei stato tu?” chiese incredulo.
L’altro annuì.
“Allora sei davvero un angelo!”
Altro cenno del capo di Cas, seguito da un breve sorriso stupito di John.
“Oddio, beh, che dire? Grazie.”
“Prego.”
“Ah, menomale che qui c’è qualcuno che ragiona!” sbottò allora Dean con un sorriso che dalle labbra gli si allargava agli occhi.
Sorriso che diventò una risata quando vide l’espressione assolutamente sbalordita e oltraggiata del detective: “Tu, tu gli credi?”
“Perché non dovrei? L’hai visto anche tu: mi ha salvato la vita!”
“Ma John, gli angeli non…”
“Sherlock, piantala! Un’altra parola e non andrò mai più a fare la spesa al tuo posto!” disse John deciso.
“Ma…”
“Zitto ora. E torniamo in albergo”.

Il broncio infantile che si dipinse sul lungo viso del detective era quanto di più buffo avesse visto da molti giorni a questa parte e Dean non poté proprio trattenere un’altra risata.
Anche Sam, dopo una breve occhiata di rimprovero, si unì a lui. E un piacevole senso di sollievo li invase.
Persino Castiel sorrise, dimentico per un attimo del fardello oscuro che ancora avevano con loro e di cui, presto, avrebbero dovuto decidere cosa fare.



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Nel caso a qualcuno interessi, questo dovrebbe essere il penultimo capitolo. Per l'ultimo... si vedrà. Perché, come dice il buon Chuck: "I finali sono difficili!"
Nella speranza che vi sia piaciuto almeno un pochino, vi auguro la buonanotte e... sogni piumati! ;-)
L'attempata autrice.
  
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