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Autore: KH4    28/01/2016    1 recensioni
L’aria puzzava d’umidità chiusa. L’odore tipico di un luogo non esposto alla luce, riluttante alla freschezza dell’ossigeno, dove le ombre covavano putridume maleodorante. A un certo punto l'olfatto vi si abituava, più per rassegnazione che per accettazione. Il buio diveniva parte integrante del proprio essere e si scordava quanto piacevole fosse il calore della pelle a contatto con il sole, per non parlare della brezza primaverile in mezzo ai capelli o il corpo libero di muoversi con solo i suoi limiti a fargli da freno. Lo smarrimento diveniva lucidità priva di increspature e il tempo si elasticizzava per abbracciare tutte le consapevolezze annidatesi nell’animo con la cattura forzata. Se il suo attaccamento all’esterno fosse stato intimo a tal punto, forse avrebbe pianto con più rammarico tutte le piccole forme di libertà di cui aveva inconsapevolmente goduto, ma accovacciato su un giaciglio di paglia dai fili asciutti, accatastati sopra quelli umidi e con le punte degli arti molli a sfiorare il metallo delle sbarre, Rasiel pensò soltanto che sarebbe dovuto succedere prima o poi.
Spin Off di Hell's Road.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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introduzione chimera

ChImErA.

01 / PrEcIoUs.

 

L’aria puzzava d’umidità chiusa. Odore di un luogo non esposto alla luce, riluttante alla freschezza dell’ossigeno, dove le ombre covavano putridume maleodorante. A un certo punto ci si abituava, più per rassegnazione che per accettazione: il buio diveniva parte integrante del proprio essere e si scordava quanto piacevole fosse il calore della pelle a contatto con il sole, per non parlare della brezza primaverile in mezzo ai capelli o del totale arbitrio che il corpo esercitava sui limiti nati per porvi freno; lo smarrimento diveniva lucidità priva di increspature e il tempo si elasticizzava per abbracciare tutte le consapevolezze annidatesi nell’animo con la cattura forzata. Se il suo attaccamento all’esterno avesse vantato tale intimità, forse Rasiel ne avrebbe pianto tutte le piccole forme di libertà di cui aveva inconsapevolmente goduto con più rammarico, ma accovacciato su un giaciglio di paglia dai fili asciutti, accatastati sopra quelli umidi e con le punte degli arti molli a sfiorare il metallo delle sbarre, pensò soltanto che sarebbe dovuto succedere prima o poi. Perpetrare una fuga senza conoscerne la ragione aumentava le possibilità di farla fallire e l’unica motivazione mai datagli era inerente agli sciocchi vanti che la sua famiglia troppo spesso aveva ricordato con il desiderio di riappropriarsene, carezzando i pochi ori salvati dai continui spostamenti, come se lo splendore dei loro avi, gli sfarzi e la gloria, fossero stati i loro. Era arrivato a odiarlo il suo nome, il passato che aveva segnato presente e quel presente che condannava il futuro senza che potesse remare contro la marea. L'unica cosa che gli fosse rimasta per non perdersi nella pazzia e la stessa che ce lo aveva gettato prima ancora di nascere.
In sottofondo si udì un cigolio e una strisciolina di aria fresca gli solleticò le narici. Aveva smesso di immaginarlo, l’esterno, di percepirlo o di provare, in generale, qualcosa che lo aiutasse a rimanere a galla mentre l’unto gli colava fra i capelli nodosi - ciocche di soffice luminosità castana destinate a ricrescere a velocità inaudita – e la testa penzolava in un vuoto di nuvole dall’odore dolciastro che ne aveva ammansito gli organi.
 
- Allora? A che punto siamo? -
Un grugno avanzò a grandi falcate lungo il piccolo sotterraneo, mal illuminato dalla fiocca luce di una lampada a olio appesa al soffitto. La sua forma grossa e tonda ricordava quella di un'enorme botte per il vino.
- Abbiamo appena finito di allestire il palco e gli ultimi pezzi sono arrivati giusto dieci minuti fa. - Una seconda figura fece capolino dalla prima come se ve ne fosse appena staccata, più bassa e sottile - Lui? -
 
- Docile come un agnellino e tale rimarrà per tutta la durate dell’asta. L’ho imbottito di anestetici appositamente. -
Parlavano di lui, ovviamente, e chiunque fossero non escludeva la possibilità che si trattasse della stessa feccia inutile premuratasi di ingabbiarlo in quella scatola dalle pareti pietrose e con la nuca a bruciare per le continue punture fattegli. Gli esseri umani sono deboli, Rasiel. Non hanno che l'arroganza per fingersi grandi. L’avidità che scivolava sulle loro lingue sghignazzanti non ne nascondeva le disgustose fattezze; di quelle ombre sfocate, che si agitavano con compostezza davanti alla sua prigione, aveva sempre diffidato, riconoscendogli un’esistenza dalla spavalderia tutt’altro che stabile. Fantocci, e di quelli malriusciti, tuttalpiù; carne che si divertiva a fare la voce grossa, vite insignificanti che traevano soddisfazione nel dominare gli altri. Ma erano deboli, nel profondo, codardi, come gli era sempre stato insegnato; glielo aveva letto negli occhi sporchi quando aveva strappato gambe e braccia ai loro subalterni e fracassato il cranio del loro compagno contro una delle tante gabbie usate per contenerlo, prima che potesse soltanto calargli i pantaloncini. Le sue orbite lo aveva fissato con la materia celebrale a lacrimargli dalle iridi.
- Che diavolo hai per fare quella faccia? - Sbottò il carceriere corpulento.
- Lo sai come la penso, no? -
Un tremolio inervosito scivolò lungo la voce della più esile delle sagome, incespicante nei movimenti quanto nella parlantina - Sei sicuro che non possa muovere un solo muscolo? -
- Certo, sono io che mi occupo della somministrazione: l’ho raddoppiata proprio per scongiurare qualsiasi imprevisto -
, assicurò il primo, infervorato. Seppur privato della concezione del tempo, Rasiel riconobbe in quel tono gracchiante e profondo la stessa persona che si era sempre assicurata del suo continuo e regolare respirare. Al capo sarebbe dispiaciuto che il loro pezzo forte tirasse le quoia, sarebbero stati nei guai.
- Voglio ben sperare -
, si augurò il complice - Questo mostriciattolo ha fatto fuori nove dei nostri uomini ed era già parecchio anestetizzato. E Sergei…-
- Sergei ha avuto quello che si meritava -
, sentenziò stizzito l’altro - La sua morte e quella degli altri è cosa di poco conto, se pensiamo a cosa sarebbe potuto succederci se fosse riuscito a stuprarlo. Sua Signoria è stato molto chiaro: lo vuole vergine, non avrebbe senso sborsare tanto denaro per un articolo già testato. Questa... - E Rasiel sentì le dita ruvide di quell'essere carezzargli la testa con i denti cariati ben in mostra - Erk erk! Questa è merce preziosa. -
Lo lasciarono lì, portandosi via il circolare lumino; la vecchia serratura fu chiusa con un catenaccio ancor più consumato, ma sufficiente a bloccare la porta massiccia. Sì, era merce preziosa, lui, non un comune bambino con comuni fantasie o comuni ingenuità di un qualunque suo coetaneo; era prezioso come il gioiello più sfavillante che un nobile avesse per vantarsi, angelico per quei suoi tratti efebici che celavano l’istinto di spezzare altre ossa e dare sfogo a un’anima insofferente, in attesa di esplodere ancora. Tutta la sua famiglia era stata preziosa ed era alquanto ironico, se si teneva conto che il suo essere contraria a ogni genere di morale nemica della natura stessa, ne avrebbe dovuto pretendere la morte istantanea anziché l’indiscussa protezione. Sotto la pelle di porcellana sporca e gli occhi smeraldini si nascondevano proibite potenzialità a cui sapeva appena imporre la propria autorevolezza - benché ne avesse sempre attinto d’innanzi a bisogni primari -. Il genere di eredità che implica segreti arcani il cui recupero, tuttavia, è secondario perfino alla puzza della gabbia che ne ispirò la deduzione. I pensieri non hanno concentrato la poca lucidità racimolata sui doni divenuti un tutt'uno con il suo corpo
, ma sul disgusto provato nel sentirsi addosso quelle mani lerce ora sicuramente intente a sfregarsi i palmi e i menti incolti per i soldi in procinto di ottenere. Rasiel aveva sempre speso fin troppi minuti a osservare i suoi lineamenti piacenti e le forme acerbe del suo corpicino per non immaginare che, in quella gabbia, difficilmente vi sarebbe tornato. Se vi era certezza assoluta nella morte, altrettanta sicurezza l’aveva trovata nella recente consapevolezza che l’essere umano viveva per i suoi bassi istinti e amava affondarci.

Note di fine capitolo:
Secondo capitolo giunto in porto. So bene che la faccenda, in alcuni punti, possa non essere del tutto chiara; quello che posso subito dirvi è che Rasiel è Pierre e il perchè di questi due nomi, verrà alla luce più avanti, conto di scrivere ancora tre o quattro capitoli, tutti già più o meno abozzati. So che gli aggiornamenti sono lenti, ma spero abbiate molta pazienza al riguardo. Prima di lasciarvi, magari qualcuno lo sa, ma sto cercando di creare un'intestazione decente di questa storia, ovvero che i caratteri siano corsivi e in grassetto come quando li preparo su word, soltanto che quanto faccio la trasposizione non compie la formattazione. La stessa cosa per le immagini; spero di poter risolvere la questione, ma se qualcuno ha dei suggerimenti li avanzi pure: io sto attualmente usando come programma Nvu. Un ringraziamento a tutti i lettori, aspetto di conoscere i vostri pareri. Alla prossima ^^ (e come sempre, spero non ci siano errori!)!

 

  
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