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Autore: Temperina    29/01/2016    1 recensioni
Vi è mai capitato di essere svegliati nel cuore della notte dal suono del citofono?
I casi sono due: o è un cretino, magari offuscato da qualche bicchiere di troppo, che si diverte a schiacciare tasti del citofono a caso mentre passa sotto il nostro portone, oppure sono cattive notizie.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTENZE: Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale

Vi è mai capitato di essere svegliati nel cuore della notte dal suono del citofono? Un rumore improvviso e fastidioso che anche di giorno, se ci coglie impreparati, ci fa sobbalzare sulla sedia. A maggior ragione quando squarcia il silenzio mentre stiamo dormendo, ci risveglia inevitabilmente con i battiti del cuore accelerati.

I casi sono due: o è un cretino, magari offuscato da qualche bicchiere di troppo, che si diverte a schiacciare  tasti del citofono a caso mentre passa sotto il nostro  portone, oppure sono cattive notizie.

A queste due possibilità pensò anche il mio amico  Felice la notte del dieci Luglio scorso quando fu risvegliato all’improvviso dal suono del suo citofono. Si alzò  di scatto e  senza accendere la luce si precipitò a rispondere, ma quando alzò la cornetta ciò che sentì furono solo i rumori della strada. Scartò l’ipotesi delle brutte notizie e optò per quella di qualche imbecille che si stava divertendo alle sue spalle.  Alzò le tapparelle, andò sul balcone e si sporse a guardare in basso.
La strada era deserta. Tornò in camera e si rimise a letto.
Chiese a sua moglie  se avesse sentito il citofono, ma lei rispose di non aver udito nulla. Era stato Felice a  svegliarla aprendo la finestra.

Prima di riaddormentarsi guardò l’ora.
Erano le tre e quindici del mattino.

Il giorno seguente non pensò più a quanto accaduto e probabilmente non ci avrebbe più pensato se  il tutto non si fosse ripetuto in maniera identica anche la notte successiva, quando fu nuovamente svegliato dal suono del citofono, fastidioso e penetrante come la lama di un coltello. Aprì gli occhi di scatto e controllò l’ora.

Erano nuovamente le tre e quindici.
Sua moglie dormiva e nuovamente sembrava non essersi accorta di nulla. Decise di andare subito al balcone, ma la strada era deserta e silenziosa. Tornò sotto le lenzuola, con una sensazione di disagio che non si seppe spiegare. 

Cercò di ricordare cosa stesse sognando prima di svegliarsi, pensando che in fondo non poteva essere sicuro da quale mondo, se quello reale o quello dei  sogni, provenisse il suono del citofono.
Il dubbio nella mente di Felice fu definitivamente sciolto la notte successiva quando, sempre alle tre e quindici del mattino, fu nuovamente svegliato dal citofono. Questa volta però sua moglie era in piedi: si era alzata per andare a prendere un bicchiere d’acqua.

Quando rientrò in camera Felice le domandò se avesse sentito il citofono, ma la sua risposta fu ancora negativa. A quel punto non c’erano dubbi: erano tre notti di fila che il mio amico sognava di sentire il suono del citofono e la sua mente lo induceva a svegliarsi, interpretandolo come un suono reale e non come parte del sogno. La cosa che comunque continuava a turbare Felice era la puntualità del suo sogno, che avveniva sempre alle tre e quindici del mattino.


Questo fu ciò che mi raccontò quando lo incontrai in un bar di Corso San Gottardo la mattina del tredici Luglio. Prendemmo assieme un caffè e alla fine del suo racconto mi chiese cosa ne pensassi. Sapeva che sono affascinato dalla mente umana e da ciò che è in grado di comunicarci durante la sua attività onirica. Ho anche scritto vari libri sull’argomento. Gli risposi che c’erano pochi elementi per trarre delle conclusioni su ciò che era accaduto. Poteva anche essere che la prima volta qualcuno avesse realmente suonato al citofono e che le notti successive avesse semplicemente rivissuto in sogno quanto accaduto.
Può accadere che un suono concreto s’intrufoli gradualmente nei nostri sogni e ci induca a svegliarci, ma può anche capitare di sognare un rumore che la nostra mente classifica come proveniente dall’esterno, mentre invece è parte del nostro viaggio onirico.

Il confine tra sogno e realtà è spesso sottilissimo.

Quando ci risvegliamo di colpo, i ricordi dei nostri sogni svaniscono lentamente, scivolano via come una goccia d’acqua su  una foglia,  mentre la percezione della realtà comincia a riaffiorare gradualmente.  In questi momenti è come se ci trovassimo al confine tra due stati,  in uno di quei punti in cui fisicamente si può stare con il piede destro in una nazione e con il sinistro in un’altra, ma in questo caso è la nostra mente che si ritrova al confine tra due mondi: quello reale e quello sconosciuto in cui nascono e muoiono i nostri sogni.

Sul fatto dell’ora in cui puntualmente Felice seguitava a svegliarsi, non ero poi così stupito: se ogni giorno puntiamo una sveglia sempre a una certa ora per un lungo periodo, quasi sicuramente inizieremo ad aprire gli occhi sempre due o tre minuti prima del suo suono. È come se avessimo un orologio biologico che sa quando dobbiamo alzarci.

Dissi comunque a Felice di tenermi informato e, poiché non ricordava il sogno legato al momento in cui sentiva il suono del citofono, gli consigliai di puntare la sveglia qualche minuto prima delle tre e quindici. In questo modo, interrompendo il sogno in anticipo rispetto al risveglio, avrebbe avuto più probabilità dipoterlo ricordare.

Tre giorni dopo ricevetti una chiamata da Felice. 

Mi trovavo a casa, al telegiornale stavano parlando di quello che è passato alla storia come  “Il delitto di Cogne”.  Ricordo che rimasi sconvolto profondamente non solo per l’atrocitàdel fatto in sé, ma soprattutto dal cinismo e dalla ricerca continua di particolari macabri da parte dei media.  La cronaca nera italiana si era sbizzarrita l’anno prima nel raccontare i fatti di Novi Ligure, dove una sedicenne e un diciasettenne avevano ucciso la madre e il  fratellino di lei, e ora trovava nuova linfa in quest’ atroce omicidio di un bimbo di soli tre anni. Cambiai canale e in quel momento  squillò il cellulare.  Riconobbi a stento la voce di Felice,  in lacrime, che  proferiva parole sconnesse e senza senso. Riuscii comunque a capire che era ricoverato all’Ospedale di Niguarda e che mi stava chiedendo di andare  a trovarlo. Spensi la Tv e chiamai un Taxi.

Quando arrivai nella stanza in cui era ricoverato, lo trovai in condizioni disperate. La maggior parte del suo corpo, con ustioni di quarto grado, era ricoperto da bende. Del suo viso solo gli occhi e la bocca erano scoperti. Quando mi vide, scoppiò in lacrime e passarono parecchi minuti prima che riuscissi a calmarlo. Quello che mi rivelò mi lasciò senza parole e mi confermò come secoli di studi sui sogni e sulla mente umana non hanno ancora portato a nessun risultato.
La nostra mente ha dei poteri che non possiamo neanche immaginare e durante la notte spesso ci manda dei segnali che dovremmo imparare a interpretare.
Felice mi  raccontò  che la notte successiva al nostro incontro fece come gli avevo consigliato: puntò la sveglia alle tre e tredici minuti. Si risvegliò con un tremendo mal di testa e una sensazione d’intorpidimento in tutto il corpo.  Nella sua mente aveva qualche immagine vaga e appannata del sogno che stava facendo prima del risveglio: sua moglie, in camicia da notte, che volava sopra la loro casa. L’immagine lentamente svanì e dovette sforzarsi per riuscire ad alzarsi e ritrovare un minimo di lucidità mentale. 

Appena riuscì a mettersi in piedi, con la testa che gli pulsava incessantemente, percepì un odore di gas molto intenso. Si precipitò in cucina, dove vide un fornello rimasto acceso, senza fiamma. Lo spense e spalancò la finestra. Poi tornò in camera e cercò di svegliare sua moglie, che si mosse, mugugnò qualcosa, ma non ne volle sapere di alzarsi.  Felice sentiva le sue forze scemare ed era sul punto di perdere i sensi. Aprì anche la finestra della stanza da letto e uscì sul balcone per respirare un po’ d’aria pulita. Non appena si fosse ripreso, aveva intenzione di trascinare di peso anche sua moglie fuori. Ma non ne ebbe il tempo.
Udì delle voci dalla strada. Si sporse e vide un gruppo di ragazzi che si stavanoavvicinando al suo portone. Barcollavano ridendo, inebriati da qualche bicchiere di troppo. Sentì un crampo allo stomaco, intuendo che qualcosa di brutto stava per accadere.
Guardò l’ora.
Erano le tre e quattordici minuti e in quel preciso istante capì anche cosa stava per succedere. I ragazzi si erano fermati proprio sotto casa sua  e sembravano guardare i nomi sul citofono.  Sapeva che se stavano scegliendo qualcuno a cui citofonare per svegliarlo nel cuore della notte, la scelta sarebbe stata sul suo nome. Felice di nome. Russo di cognome. “RUSSO FELICE” sull’etichetta del citofono.
Come resistere alla tentazione di svegliare un “Russo Felice” nel cuore della notte?
Riuscì a urlare solo due parole. “Fermi! Non...” poi il dito di uno dei ragazzi premette il tasto accanto al suo nome. L’appartamento era saturo di gas. La scintilla del suo vecchio citofono fece il resto. Sentì l’esplosione e si rannicchiò nell’angolo del balcone. Vide una luce intensa provenire dall’interno, poi iniziarono a volare fuori oggetti, scarpe, vestiti, la sua sveglia, il suo comodino e infine sua moglie.
Il suo corpo gli passò davanti agli occhi, volando al di là della ringhiera del balcone e percorrendo una traiettoria verso l’alto per qualche metro. Lei aprì gli occhi e incrociò lo sguardo di Felice per l'ultima volta, prima di iniziare a precipitare per sette piani. Cadde sul marciapiede dalla parte opposta, sotto l’insegna di una farmacia su cui era montato un orologio digitale.

Segnava le tre e quindici.

   
 
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