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Autore: Diomache    29/01/2016    3 recensioni
Immaginate una prima stagione diversa da quello che abbiamo visto. Viserys muore, il matrimonio con Drogo salta, Sir Jorah deve consegnare Daenerys ma la porta al Nord, da Eddard Stark, che sa che non l'ucciderà mai. Dany viene accolta ed adottata dal Nord, ma la sua vita ha un prezzo per la casata Stark e tutto sembra andare a rotoli. Sansa la odia, Catelyn deve darle in sposa il suo primo figlio, eppure lei si innamora del bastardo, Jon, che la ama dal primo momento ma ha già promesso che prenderà il nero e mai nella vita tradirebbe suo fratello. Con i Lannister di nuovo sul piede di guerra, i sensi di colpa, le strane visioni, e le uova di drago, sarà così semplice per loro mettersi contro il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Eccomi tornata con una nuova storia che prende origine da un gigantesco What if, che ho sempre avuto in testa guardando la serie ed immaginando che Jon e Dany un giorno potessero incorntrarsii!

Mi sono divertita davvero tanto a scriverla e spero che possa almeno un po’ emozionare e divertire anche voi!

Aspetto i vostri commenti nelle recensioni, perdonatemi l’OOC ma sono situazioni lontane a quelle vissute dai nostri protagonisti, ho cercato di immaginare pensieri e reazioni!Ah la foto che ho inserito più in basso a mo' di copertina non mi appartiene, l ho trovata girando qua e là su internet!

Con affetto,

D.

 

 

I’m Daenerys Stark.

(After all, dragon plants no tree)

 

 

 

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PART 1

 

 

“Ed ora un altro punto, proprio lì di fianco al primo….ma! Signorina Arya! Che sgorbio è quello?!- Septa Mondane tirò via con sgarbo il piccolo lavoretto sgualcito dalle mani sgraziate di Arya e se lo portò proprio vicino agli occhi, penetrandolo maglia per maglia, con lo sguardo – incredibile, signorina, che ancora non abbiate imparato questo semplicissimo punto. Di nuovo, ricominciate da capo!”

Arya si incastrava con la sedia nervosamente, come sempre. “Non lo so fare, è inutile accanirsi!”

“Ho il dubbio che non lo sappiate fare perché seguiate l’esempio sbagliato, signorina. Vostra sorella Sansa è bravissima. Guardate che maestria!” come sempre, il lavoro di Sansa era ricamato alla perfezione. Lei ne godeva in silenzio, abbassando lo sguardo per timidezza, certo, ma senza fare a meno di tradire un piccolo sorriso soddisfatto. “Ma non mi pare che voi seguiate il suo retto esempio, Arya. Invece di vostra sorella, voi guardate lei, non è così?”

Gli occhi dei presenti caddero per l’appunto su di lei, la terza sorella. Il suo lavoro era quasi peggio quello di Arya, i punti erano palesemente messi a casaccio, le maglie tirate nei punti sbagliati ed era perfino sporco del sangue che era uscito tante volte dai suoi polpastrelli distratti. Daenerys  si accorse dei loro sguardi solo una manciata di secondi più tardi, fece per nascondere il ricamo ma la septa glielo prese con slancio.

 "Guarda qua! Guarda qua! Un disastro! Un vero disastro! Le vostre mani, signorina, zapperebbero meglio i campi da dove la nostra famiglia vi ha accolta!”

Sebbene le urla di septa Mondane fossero sinceramente accalorate, quegli accessi di disperazione erano talmente teatrali che riuscivano solo a far ridere Arya ed erano molto lontani dall’offendere Daenerys. I suoi occhi diversi si giravano complici verso Arya, bisbigliando “ogni giorno le sue prediche durano di più o sbaglio?”

“Dovreste vergognarvi.” Sansa era glaciale. E distante. Daenerys l’osservò per un secondo, poi tornò a guardare fuori, come faceva abitualmente.

Sansa aveva scelto di odiarla, alla fine. Ma non era sempre stato così.

 

***

 

“Oh per gli dei, allora è vero. Ospiteremo una principessa. Una principessa vera! Una principessa sarà nostra sorella!” 

Mesi prima l’arrivo di quella ragazzina sudicia, legata dalla testa ai piedi, con i capelli bianchi e gli occhi viola avevano suscitato nella ragazza Stark tutta una serie di emozioni contrastanti, ma l’eccitazione era stata sicuramente quella predominante.

Il racconto della sua cattura era stato fenomenale e se l’aveva fatto ripetere tre volte da suo fratello Robb.

Si diceva che gli emissari di Re Robert l’avessero trovata in un posto molto lontano, nascosta da un uomo, Magistro Illiryio, assieme a suo fratello, il Re Mendicante. Questi, folle dagli anni di vagabondaggio, aveva finito per rivelare a tutte le puttane del luogo la sua identità e le sue intenzioni, vendere sua sorella ai Dothraki, popolo rude e guerriero, per avere un’armata, per riconquistare Westeros, insieme a lui, c’era anche un uomo, un cavaliere dannato, Sir Jorah Mormont, suo servitore fedele.

“Ebbene- qui Robb faceva sempre una pausa- tutte quelle chiacchiere gli costarono caro, gli emissari del Re lo trovarono in un bordello e gli tagliarono la testa che consegnarono in un sacco come dono per sua maestà. I Dothraki rifiutarono l’accordo.”

“Khal Drogo non l’ha più voluta?” più che la morte del fratello, era questo il passaggio che più turbava Sansa ogni volta. L’abbandono del futuro sposo.

“No. Per le tradizioni Dothraki un simile lutto nella famiglia della sposa alla vigilia delle nozze… è un presagio infausto. Sarebbe stato come se portasse in dote la morte. L’abbandonarono tutti. E il resto, Sansa, lo sai.”

Poi Magistro Illiryo si pentì dell’aiuto che aveva dato ai Targharien e anche Sir Jorah cambiò partito. Prese in custodia la ragazza e la portò a Westeros per consegnarla al Re. Si racconta però che alla fine fu mosso a pietà per lei e che, rincorrendo il perdono di Eddard Stark più che quello di Re Baratheon, uccise le guardie reali che l’accompagnavano e fece di testa sua, portando la ragazzina a Grande Inverno. Facendo ciò ottenne quello che voleva: il perdono e la vita della ragazza.

“Già.”

 

***

 

“Posso?” Sansa era stata la prima persona ad avvicinarla. Il secondo giorno, aveva bussato alla sua porta, portando il sorriso più rassicurante che aveva ed un dono in mano.

Daenerys si era alzata a fatica dal letto. L’avevano delegata lontano dalle Stark, in una camera singola, da sola, con quasi niente dentro.

Quando aveva aperto, i suoi occhi violetti avevano fatto sciogliere Sansa. “Ciao” disse. “Io sono Sansa. Oh non pensavo che questa storia degli occhi fosse vera, sai? Oh ma non importa, scusa, non voglio farti sentire osservata. Posso entrare?”

Era un mare in piena. Talmente entusiasta che la Targaryen la lasciò entrare nella sua piccola stanza vuota. Sansa lo notò “Poi potrai addobbarla. Potrai metterci tutto quello che vuoi”.

Daenerys ripensava alla sua stanza con la tenda porpora, a Penthos, dove indossava leggeri abiti di seta e non tremava di freddo tutto il tempo. “Grazie” disse comunque. “è sempre così freddo?”

“Oh siamo al Nord. È sempre freddo ma ora è diverso, mio padre dice che l’Inverno sta arrivando.” Dany annuì senza capire. “Penthos era molto calda, invece.”

“Anche al Sud lo è. Ad Approdo del Re. Lì è sempre caldo. Oh ma io non ci sono mai stata, ancora, è quello che mi racconta Septa Mondane. È la nostra tutrice, la conoscerai. Questo è per te.”

Dany la guardò interrogativa e prese in mano quello che sembrava un vestito, molto semplice ed essenziale ma lavorato con grande cura. “Grazie. È bellissimo”

Ripensò a Viserys però, che le portava doni, quando voleva comprare la sua obbedienza.

“L’ho fatto io, è uno dei miei. Quando sarai brava col ricamo potrai farne da sola.” La prospettiva non le sembrava allettante come le suggeriva Sansa, ma sorrise. “Certo. Perché me lo regali?”

La ragazza rise, un po’ stranita. “È una domanda strana, la tua. Un regalo è un regalo. Per darti il benvenuto, credo. Non posso crederci che avrò come sorella una principessa vera.”

Era quello che le avevano ripetuto dalla nascita, ma Dany non era sicura che fosse vero. “Non credo di essere una principessa…”

“Oh certo che lo sei. E, ascolta, ma è un segreto, lo sarò anche io, molto presto.” I suoi occhi brillavano di gioia nella cupa luce fredda della stanza, ed era quasi coinvolgente la sua felicità. “Sposerò il principe Joffrey!” gridacchiò ridendo. “Avevo tanta voglia di raccontarlo a qualcuno, sai mia sorella Arya non mi capisce del tutto, lei è… beh lasciamo stare. Ah, credo che dovrai insegnarmi qualcosa… qualcosa da principessa, no? Qualcosa che ti hanno insegnato quando ti hanno educata. Così sarò pronta. Tra sorelle si fanno queste cose, dico bene?”

“Sì, certo.”

Si rese conto che non aveva senso dire a quella ragazza così piena di immotivata felicità che lei non sapeva nulla, né sulle principesse, sull’educazione, o su quello che fanno o no due sorelle. Viserys le aveva insegnato ad obbedire e a mantenere fede alla loro eterna missione, riprendersi Westeros, per tutta la vita, che gli Stark erano i cani dell’Usurpatore e che meritavano di morire, tutti. Questo era per lei essere una principessa, ricordare che erano i draghi coloro che dovevano regnare e non altri, ricordare la sua famiglia, che non aveva mai conosciuto, e suo fratello, la cui testa era stata consegnata quasi putrefatta al Re Baratheon. Avrebbe dovuto esserci anche la sua, di testa, in quel sacco di juta, così doveva finire.

Ma adesso era lì. Nel posto più freddo del mondo, adottata da coloro che Viserys le aveva detto la odiavano di più. Non aveva senso. E questa ragazza dagli occhi scintillanti le aveva regalato un vestito, chiedendo in cambio che le fosse amica, sorella, e basta.

Tutto questo l’avvolse, come un abbraccio.

“Posso vedere i tuoi vestiti?” chiese Sansa ammiccando all’unico oggetto nella stanza, un baule di legno.

“In realtà non ne ho. Li ho lasciati a Penthos, mi hanno detto che sarebbero stati inutili qui, sai, per il clima.”

“Ah, certo.” Sansa appariva delusa. Vedere dei veri vestiti da principessa poteva essere un’occasione per lei, un’ispirazione per i suoi ricami. Daenerys se ne accorse e provò a rimediare “Ma se vuoi posso mostrarti il contenuto del baule. È l’unica cosa che ho, è il mio dono di nozze.”

Sansa riacquistò colore nelle gote. La storia delle sue mancate nozze la commuoveva sempre. “Oh, se non ti turba troppo!”

Dany aprì il baule, orgogliosa. Dentro, in mezzo alla paglia, c’erano tre grandi uova di pietra, di una manifattura unica. “Sono delle vere uova di drago” spiegò “ il tempo le ha pietrificate ma sono bellissime, non trovi? Mi hanno permesso di tenerle. Vi sono molto grata, anche per questo.”

Anche se non voleva darlo a vedere, Sansa era di nuovo delusa “Già.” Se non ci fosse stata la storia del matrimonio, la vista di quelle uova sarebbe stata addirittura inquietante, per lei.

“Avrai anche tu un marito, presto o tardi, non temere! Oh, perché tu lo vuoi un marito, vero?”

Pensare di essere la regina di Drogo le aveva tolto il sonno, ma sapeva che prima o poi sarebbe capitato, di essere di nuovo di qualcuno. “ Suppongo di sì.” Disse quindi e non immaginava che questo avrebbe reso di nuovo entusiasta Sansa.

“Oh siano lodati gli dei. Arya non vuole un marito, non è assurdo? Arya è mia sorella ma a volte credo che non lo sia affatto, ha delle idee così strane. Ma credo che sia solo invidiosa, quando parlo di Joffrey si agita tantissimo.” Dany iniziava ad avere nostalgia del letto scomodo che aveva lasciato, ma non osava interrompere il flusso elettrizzato dei pensieri della Stark. “Comunque, arriverà anche per te il momento. Forse non sarà un principe, anche perché il principe Tommen è troppo piccolo per te, dico bene?”

Dany sentì come se tra le sue vertebre reggesse tutta la fatica del mondo, mentre annuiva per l’ennesima volta. Anche se non voleva, iniziava ad infastidirsi. Il pensiero di un Baratheon nel suo letto era troppo, persino per l’entusiasta Sansa Stark. “Scusami, ho voglia di rimettermi a letto.”

E in uno scintillio di sorrisi, la ragazza tornò a lasciarla sola, nella sua stanza di legno e pietra.

 

 

***

 

S’accorse che non era più sola quando sentì il ringhio sommesso di un lupo alle sue spalle.

Lo riconobbe e riconobbe il passo leggero di colei che lo accompagnava. Non si mosse quindi, si strinse di più nelle ginocchia e continuò a fare quello che stava facendo. Tirare sassi nello stagno.

Ogni tanto il gracidare dei rospi le ricordava quanto si fossero stancati del suo passatempo.

Si avvicinarono a lei, ma non il lupo, e Dany seppe con certezza che si trattava di Nymeria. Quel cucciolotto non si fidava di lei, per nulla al mondo. Nonostante Arya avesse cercato in tutti i modi di fargli capire che Dany non lo minacciava, il lupo le era ostile. Si fermava a distanza e le mostrava i denti; sempre.

Anche lui, che era un lupo, si accorgeva di come fosse diversa. Anche lui sapeva che non poteva mimetizzarsi tra di loro, neppure volendolo.

La piccola Stark colmò la distanza che c’era tra loro. Come faceva spesso, non si sedette accanto a Daenerys ma si sedette appoggiandosi direttamente alle sue spalle.

La Targaryen era con loro da un paio di mesi soltanto ma Arya non aveva potuto resistere dal notare come fossero simili loro due, come due animali in gabbia, decontestualizzati, strani e diverse da tutto.

I capelli della giovane Stark si confusero col marrone scuro della tunica dell’altra, ma qualche ciuffo bianco, sfuggito alle severe acconciature del Nord, scese sulla sua fronte, solleticandola.

“Vi ho sentito urlare.” Iniziò Arya. Sentì alle sue spalle che Daenerys tirava l’ennesimo sasso e allora anche lei, nervosamente, prese mano alla sua occupazione abituale, tirò fuori Ago dalla tasca e, sottraendo un sasso dall’imminente volo nello stagno, prese a lisciarla. “Sansa l’ha saputo.”

Le vibrazioni della sua schiena le comunicarono che Dany annuiva.

“Non è colpa tua.”

“Sì, lo è.” Ribatté l’altra e il sasso questa volta nemmeno centrò lo specchio d’acqua. I rospi ne furono felici.

“Le hai fatto un favore. Quell’uomo è rivoltante, il principe Joffrey è la persona più schifosa mai vista prima. Tutti i Lannister sono così. E non credere che sia una coincidenza quello che è accaduto a Bran, quando sono venuti qui. Tu non c’eri, ma io sì. C’entrano qualcosa.“ 

La bionda si strinse nelle spalle. “Mi odia.”

“Le passerà”

“Era il suo sogno.”

“Spero che il prossimo sia un sogno migliore…” concluse Arya strappando un ciuffo d’erba. Lo porse a Nymera facendogli cenno di avvicinarsi, perché amava masticare l’erba e poi risputarla, l’erba era curativa per i lupi e rinfrescante. Ma Nymera non si mosse. “Questo lupo è terrorizzato, non c’è niente da fare. Sansa avrà convinto anche lui?”

Daenerys sorrise alla battuta. “Sarebbe capace, sai. - continuò la Stark, che l’aveva sentita sorridere.- in nome di tutti i lupi Stark vi ordino di temere la donna straniera! Ha ucciso i nostri sogni! Buuu non potrò più essere la signora Baratheon!!!” gridacchiò gesticolando e Dany, seppur non volendo, si lasciò sfuggire più di una risatina.

“Lei lo sa.”

“Oh certo che lo sa. Gliel’ha detto nostro padre, in privato, ma credo che …”

“No, intendo il tuo lupo, Arya. Lui lo sa”

“La storia di Sansa?”

Dany si mosse per guardarla negli occhi ed Arya, che poggiava il suo peso sulla sua schiena scivolò all’indietro, ritrovandosi la testa sulle sue gambe della bionda. “Sa che non sono una di voi. Sa che sono un drago.” Disse guardandola dall’alto, inaspettatamente seria.

Ma lei rise. “È la cosa più assurda che abbia mai sentito dire!”

 

 

***

 

“Non puoi farlo, Eddard.”

La sua voce indignata, ma sempre composta e dura come Eddard l’aveva conosciuta infranse il buio della sua camera. Ned era appoggiato alla finestra, gli occhi puntati sul piccolo manipolo di uomini che sostavano ancora nel suo cortile.

“Cat ne abbiamo già parlato, è deciso.” Disse voltandosi verso la moglie. I suoi occhi avvampavano come le sue guance. “Terremo anche lei, dunque. Terremo tutti, qui!” gridò sommessamente. “Le nostre disgrazie sono iniziate quando hai portato qui quel ragazzo ed ora…”

“Non voglio parlare di Jon.” Una fitta strinse come una morsa il cuore di Ned “Non ora, Cat.”

“L’ho accettato.” Disse lei, gli occhi gonfi e la voce ridotta ad un sibilo. “L’ho tenuto qui, con i nostri figli…L’ho fatto perché me l’avevi chiesto e per amor tuo. Ma adesso non puoi chiedermi…”

“Le cose stanno degenerando.”

“Bran si è appena ripreso. È tornando dalla morte, gli dei ce lo hanno ridato. Non possiamo affrontarli, accettando…”

“Catelyn.” Eddard le prese le mani. Era buio, nella loro stanza, c’era solo la fioca luce di una candela ad illuminare il suo volto stanco, teso, duro e freddo come le terre che governava da sempre. “So cosa hanno fatto i Targaryen a questa famiglia, meglio di chiunque altro. Ma qualsiasi cosa, non l’hanno fatta i loro figli appena nati o non ancora nati. Pensaci, Cat. Di quante orribili cose può essere responsabile un uomo o una donna, e nessuna di queste cose ha a che fare con i suoi bambini. “

La donna distolse lo sguardo ma non riuscì a liberare le sue mani, ancora prigioniere della stretta di Ned. L’uomo continuò “Eppure li abbiamo uccisi. Abbiamo frugato sotto i letti, la principessa era una cosina talmente piccola… li hanno uccisi tutti. E Viserys che minacciava Westeros, è morto.”

“Lei doveva sposare un Dothraki. Anche lei minacciava Westeros”

“Era il piano di suo fratello, Daenerys è una bambina. E non ha mai visto Westeros se non nei rocamboleschi sogni di suo fratello.” Cat spinse all’indietro e si ritrovò libera finalmente, anche se lo slanciò minacciò quasi di farla cadere. “Perché qui, perché a Grande Inverno?”

“Robert l’ucciderà. È ossessionato dai Targaryen…”

“Non mi interessano le sue ossessione ma le tue!”

Ned non lo sapeva spiegare. Era qualcosa di contradditorio e di inspiegabile, un dubbio arcaico che lo tormentava nel profondo. Aerys era pazzo, questo si sapeva, eppure, Rhaegar cantava per i suoi sudditi, era un uomo d’onore, ma aveva rapito Lyanna, la sua sorellina,  promettimi….Eppure. “Non posso essere responsabile di questo omicidio. Nessun altro Targaryen morirà per mano mia. L’hanno portata qui e qui resterà. È deciso.”

“E quel cavaliere, Sir Jorah, l’hai perdonato alla fine.”

“Non ho potuto diversamente. Per Robert è un salvatore della patria.”

La donna gli voltò le spalle. L’ira rischiava di far traboccare di lacrime i suoi grandi occhi verdi.

L’uomo tirò un sospiro e si avvicinò a piccoli passi fino a circondare le spalle della donna con le sue braccia. Sulle prime lei tentò di resistere a quell’abbraccio, ma poi si sciolse, sospirò anche lei, qualche lacrima sfuggì dai suoi occhi stanchi e rimase lì tra le braccia di suo marito. “Sei sicuro che Robert lo permetterà?”

“Ha parecchio sbraitato, nelle sue lettere. Ma poi siamo giunti ad un accordo.”

“Un accordo, Robert?”

“C’è lo zampino della Lannister.”

“Sicuramente.” Catelyn strinse le mandibole. “Robert non avrebbe mai messo da parte il suo odio. Dimmi Ned, cosa ci aspetta.”

L’uomo girò delicatamente la donna per poterla guardare negli occhi. Catelyn non fece in tempo ad asciugarli e lui li trovò umidi. Questo lo strinse nel cuore, come sempre. “Robert ha accolto la mia rinuncia all’incarico di primo cavaliere. Con Brandon in queste condizioni e con la Targaryen qui, è d’accordo con me che non sia più il caso che io lasci Grande Inverno. “

La donna sentì un turbine diverso di emozioni. “Ma Sansa andrà da sola, dunque? Devo far partire mia figlia tutta sola per Approdo del Re?”

“No.” Fuori un tuono distante annunciò l’imminente arrivo di un temporale. “L’accordo è rotto. La madre non vuole che il figlio sposi una famiglia che ancora protegge i Targaryen.”

Cat iniziò a camminare nervosamente, avanti e indietro. “Non so se lamentarmi di questo.”

“Nemmeno io.”

“Ma per Sansa sarà una delusione terribile.”

Eddard annuì. Un lampo illuminò a giorno la stanza. “Glielo dirò io”

“Non farlo subito- suggerì Cat- prima vorrei che trovassimo un nuovo matrimonio, per Sansa. Così potrà compensare la delusione, pensando ad un altro uomo.” Infondo era quello che era accaduto anche a lei. Ed aveva funzionato, alla fine. Eddard capì i pensieri della moglie e si sentì decisamente nervoso a riguardo. “Bene. Non è tutto.”

“Cosa?”

“Mettono alla prova la nostra fedeltà.”

Lei rise, incredula. “Questo è assurdo. Se non fosse per te, il culo grasso di Robert non sarebbe durato un giorno su quel Trono!” Gli echi della battaglia del Tridente erano ancora molto freschi nelle orecchie di Ned. “In ogni caso, ci proibiscono di ottenere per Robb un matrimonio… pericoloso per la corona.”

“Che cosa intendi?” chiese, ma Cat sapeva benissimo dove la Lannister era arrivata a parare. Era il Nord, il loro pericolo adesso? Sicuramente non avrebbero voluto un matrimonio tra ex-alleati del Nord, come invece avevano pensato da sempre, per Robb.

“Niente matrimonio con casate affiliate. Per Robb c’è la mano di Daenerys.”

Questo era troppo persino per lei. La leonessa Lannister aveva affondato duramente il coltello nella piaga: non solo aveva dato a Robert una ragione per non uccidere la piccola dei draghi, ma aveva trovato il modo di mettere a cuccia il Nord, una volta per tutte.

Cercò il letto e vi si appoggiò fino a sedersi. Fuori ormai pioveva forte. “Quindi sei disposto a tutto, per salvarla. Sei disposto anche a sacrificare il futuro di tuo figlio e delle Terre del Nord.”

“Non è l’unico figlio che abbiamo, altre alleanze possono essere strette e non solo per vincoli matrimoniali”

“Ma è il tuo primogenito!” urlò, più forte della pioggia. “È un simbolo!”

Ned non poteva negarlo. Non aveva nulla con cui controbattere. Cat si alzò di scatto dal letto e fece per raggiungere la porta.

“Cat…”

“È deciso, no?- lui non smentì- vado da Bran. Ha bisogno di me.”

La stanza sembrò ancora più buia, quando rimase solo.

 

***

 

“Pensavo che Jon partisse e prendesse il nero.” Daenerys masticava una stecca delle spezie che normalmente si mettevano nella vasca per fare il bagno. Era immersa fino al collo. Arya stava per entrare nella propria catina ma ancora desisteva, l’acqua per lei era bollente. “Lo farà la prossima volta che lo zio scende. “provò ad immergere un piede. “accidenti è ancora caldissima! Come fai?”

“Lo sai che ho sempre freddo.”

“sì e l’acqua calda non è mai troppo calda per chi ha sempre freddo, giusto?” La Stark iniziò a sciogliersi le trecce. “perché mastichi le spezie?”

“In Oriente si usa.”

“Siete proprio dei barbari!”

Iniziarono a schizzarsi quando una dei servitori entrò nella stanza con una catina di acqua tiepida “ Per gli dei, signorina Daenerys uscite subito o vi ustionerete!”

“No lei è una barbara” disse Arya prima di ricevere una manciata d’acqua in faccia.

“Va bene, basta così!” urlò la tutrice mischiando in entrambe le catine l’acqua a temperatura ambiente. Anche Arya iniziò il suo bagno. Due servitrici iniziarono a lavare i capelli e le schiene di entrambe. “Quand’è il matrimonio?” chiese Arya quando fu certa che la schiuma non rischiasse di strozzarla.

Dany perse il suo sguardo nell’acqua, cercando il proprio mancato riflesso. “Tra quattro mesi, ha detto tua madre. Se Robb non si oppone”

“Può opporsi? Non credo, l’ha deciso il Re.”

“Beh potrebbe scrivergli o andare ad Approdo del Re a cambiare gli accordi presi”

“Hai paura di questo?”

“In realtà… non mi importa”. Ammise onestamente. Una delle serve iniziò a sfregarla con meno grazia, dopo quella rivelazione. “Tuo fratello è un bravo ragazzo”

“è anche un bell’uomo” interloquì la serva, incapace di trattenere la lingua. Arya ridacchiò.

“Certo” ammise Dany. “Ma sono stanca di farmi odiare.”

Era così.

Aveva passato la sua intera vita a scappare, a credere di dover odiare tutti coloro che non fossero suoi sostenitori, a non conoscere la vera storia di suo padre, Aerys, con tutto il regno che la voleva morta e questo non smetteva di accadere. Non riusciva ad interrompere la spirale d’odio che la sua presenza innescava, anche la calda amicizia con Sansa era andata in frantumi prima ancora di iniziare ed era davvero stanca di lotte. Aveva voglia di trovare il suo posto. E anche se nemmeno tra gli Stark si sentiva più a casa che in quella afosa stanza di Penthos, voleva il loro rispetto. E il loro amore.

“Il matrimonio con Robb sistemerà ogni cosa.”

“Anche con tua madre?”

“Sicuro” Arya ci credeva poco ma aveva voglia di ottimismo.

“E tu?” Daenerys soffiò una bolla di sapone fin dentro la vasca di Arya. “Cosa hanno scelto per te?”

La ragazza abbassò lo sguardo. Una serva rispose per lei. “La signorina Arya quando verrà il momento andrà in sposa e diventerà una bellissima lady”

Dany la guardò preoccupata. Arya non emise più un fiato.

 

***

 

Lei e Bran uscivano spesso in passeggiata. Lui poteva montare cavallo su una sella costruita appositamente per lui da Tyrion Lannister, che doveva aver preso a cuore la causa del piccolo Stark, e lei aveva imparato presto a cavalcare un cavallo grigio e vecchio che nella scuderia non montava nessuno. 

Ma quel giorno, Catelyn aveva altri progetti per suo figlio. “Bran ha le sue lezioni, Daenerys. Non è il tuo passatempo.”

Così si era decisa ad uscire in passeggiata da sola, col “Vecchio”, come lo aveva chiamato. Non era ancora arrivata alle scuderie che si rese conto che non era affatto sola. Voltandosi di scatto si trovò davanti la solita faccia di cane di Theon. “Ciao”

Lei inarcò un sopracciglio. “Ciao.”

“Che fai? Esci in passeggiata?”

“Fatti gli affari tuoi, Theon” non era mai riuscita a legare con quel ragazzo. Ogni volta si sentiva minacciata dalla sua presenza, si sentiva nervosa e strana se erano soli. Non si fidava di lui e si chiedeva come in famiglia fosse più tollerata la sua presenza che quella di Jon.

Theon la precedette di qualche passo, frapponendosi tra lei e il Vecchio. “Vengo con te. Una signorina non dovrebbe restare da sola.”

“Una signorina non dovrebbe restare con te.”

Theon rise stringendo i suoi piccoli occhi. “Te lo permetto solo se mi darai un bacio”. Lei rise nervosamente. “Scordatelo.” Theon avanzò verso di lei mettendole le mani in vita. “Non prenderti gioco di me.”

“Sarebbe fin troppo facile.”

Theon la spinse a terra e Dany non potè far altro che cadere tra la paglia e la roccia.

“Che succede qui?”

Jon Snow era alla porta della scuderia, appoggiato all’architrave. “Niente” rispose Theon, con prontezza. “Aiutavo sua dragosità ad alzarsi da terra. Sono piuttosto ciaffoni questi Targaryen, questo è quello che succede quando cercano di montare a cavallo.” Porse la sua mano alla ragazza ma lei la rifiutò palesemente e gli lanciò uno scintillante sguardo viola che non sfuggì al giovane Snow.

“D’accordo. Ora vai Theon” sospirò Jon e il Greyjoy fu costretto ad andarsene, con una strana risatina dipinta in faccia.

“Non è vero che non so montare a cavallo” era una cosa stupida da dire, ma Dany non sapeva come rompere il ghiaccio. Gli occhi cupi di Jon l’osservavano come si osserva qualcosa che si è rotto e non si sa come rimediare, e lei mal sopportava la pietà.

“Certo” rispose lui. “Ti ha fatto male?”

“Sono inciampata sui miei piedi.”

“Non lo crederei nemmeno se ti vedessi. Non sei imbranata.”

“Che ne sai”

“Beh, ti ho vista cavalcare e me l’ha detto anche Bran, che hai imparato in fretta.”

“Beh, si sbaglia” tagliò corto lei, ma le sue guance si erano stranamente scaldate d’orgoglio. Si era rialzata da sola ma adesso Jon si stava occupando del cavallo Vecchio, quello che lei aveva imparato a montare. “Tieni” disse quando finì di liberarlo, consegnandogli le briglie. “Posso venire con te? - si affrettò ad aggiungere- sei la futura sposa di Robb, non sta bene che cavalchi sola nel bosco.”

La Targaryen si strinse nelle spalle. “Come vuoi”

 

***

 

Non era stata l’unica cavalcata che avevano condiviso insieme. Ormai avevano l’abitudine di farlo spesso e a turno anche Bran ed Arya si univano a loro, Dany lo trovava molto rilassante ma molto di più amava ritrovarsi sola con Jon. Avevano velocemente sviluppato una certa alchimia e, raccontava ad Arya, le loro chiacchierate erano molto stimolanti.

“Tra bastardi ci si capisce” aveva commentato Sansa, un giorno.

Infondo era anche un po’ vero.

“Allora” quella era una mattinata soleggiata ma le montagne intorno a loro allungavano le loro cupe ombre su tutto il bosco. “Gioco della verità. Sei pronta?”

“Quando vuoi” rispose lei stringendo gli stivali attorno ai fianchi del suo cavallo. “Ma è valido il solito patto?”

“Ogni cosa che diremo rimarrà segreta” cantilenò Jon, falsamente infastidito. Lei rise. “Non si è mai troppo prudenti con te. Inizio io”

“No, dovevo farlo io.”

“Prima le signore.” Il vento intanto si stava alzando. “Perché non stai cercando moglie?”

Jon roteò gli occhi. “Perché voglio prendere il nero.”

“Sbagliato, la risposta è: perché non mi piacciono le ragazze” gridacchiò ridendo Dany e Jon in risposta allungò un braccio e tirò un ramo che finì dritto nella sua direzione colpendola in testa. “Ahi, sei scemo del tutto?”

“Sul mio onore non si scherza, biondina”

“Sposo tuo fratello tra un mese, ti pare possibile che tu debba rovinarmi la faccia?”

“È il cognome il tuo problema, non la faccia” Questa volta fu il suo turno e lei gli tirò la sua borraccia d’acqua. Jon la schivò con facilità. “Tocca a me. È vero che ti sei presa la colpa quando uno dei servi ha gettato la portata di carne addosso agli ospiti provenienti da Delta delle Acque?”

Dany rise. “Era davvero colpa mia! Ho allungato un braccio mentre lui passava e…”

“… e tu hai davvero un cuore gentile!”

La ragazza inarcò un sopracciglio.  “Io non ho nessun cuore gentile.”

“Sì, certo…”

“Non quanto te. Si sa che tu sappia a memoria quasi tutti i libri contenuti in casa Stark, in particolare tutte le novelle del Nord ... scommetto che sono novelle romantiche! Vero o falso?”

“Stronzate!” gridò lui interrompendo il trotto per una passeggiata a passo lento. “E questa è bella ma devi essere sincera: corrono voci che di notte prendi le tue sacre uova di drago e te le metti a letto, vero o falso?”

Rideva quando aveva terminato la frase ma Dany aveva fermato il cavallo e non aveva affatto l’aria di chi vuole scherzare. Jon notò che sembrava terrorizzata. “Chi te l’ha detto?” Il vento stava alzandosi minacciosamente, nuvole nere solcavano l’orizzonte. Jon si strinse nelle spalle.

“Che hai?”

“Ti ho fatto una domanda!”

“Non lo so, è un pettegolezzo di palazzo!” cercava di tranquillizzarla, banalizzando la cosa, ma lei sembrava ancora più disperata. “Pensi… pensi che me le toglieranno? Mi toglieranno le uova?”

Jon era incredulo. “Cosa? No! Perché dovrebbero farlo?”

“Io non posso farne a meno!” aveva gli occhi gonfi e sembrava inconsolabile.

“Dany senti…”

“Proseguo sola.”

“Non puoi sta per piovere forte.”

Ma la ragazza era già partita al galoppo e in poco tempo molte leghe di distanza si erano già frapposte tra i due.

 

***

 

 La donna le passò velocemente il palmo della mano sulla fronte, lanciandole uno sguardo più che eloquente. “Stai bene.” Sentenziò, anche se Dany si sentiva ancora congelata, dalla testa ai piedi. Catelyn doveva averlo intuito visto che cercò velocemente una coperta da gettarle addosso. “Tieni e rimettiti” disse, freddamente, andando verso l’uscita della sua stanza. 

Dany aveva galoppato nella pioggia per un’ora e si era portata a casa un febbrone esemplare.

“Lady Stark.” La richiamò dolcemente, deglutendo la saliva che era aumentata nella sua bocca. Catelyn si fermò all’uscio. “So che stai per ringraziarmi. Lo fai sempre. E come sempre, sai che non dovresti essere grata a me.”

Furono le ultime parole che udì, prima di vederla uscire dalla stanza.

La testa le pulsava con un certo fastidio.

“Posso?”

Dany si trovò a pensare di essere molto delusa nel vedere che si trattava di Robb. E non di Jon. Non l’aveva più visto da quel giorno nel bosco ed era davvero dispiaciuta per com’era andata. “Certo.” Disse.

Robb si avvicinò a lei, la luce della lampada illuminava i suoi lineamenti gentili e il suo volto perfetto. “Come stai.”

“Io? Bene.” Daenerys si sentiva nervosa. “Senti, hai parlato con Jon ultimamente?”

“A che proposito?”

Lei si rese conto di essere stata un po’ affrettata a porre quella domanda senza saper come affrontare i discorsi a venire. “Oh niente di che, abbiamo litigato e…“si strinse nelle spalle, concludendo così un racconto un po’ imbarazzante.

Robb le accarezzò il volto. Era forse la prima volta che si avventava ad una tenerezza con lei, che pure doveva essere sua moglie. “Stai tranquilla, Jon non serba racore” si sentì veramente più leggera. “Bene.”

“Finalmente un sorriso” commentò Robb ed inaspettatamente attrasse il suo viso a sé per un bacio. Fu veloce, dolce e bellissimo ma Dany continuava a sentirsi a disagio, continuava a pensare a Jon, voleva chiarirsi con lui e parlare solo con lui, in quel momento.

“Che c’è?”

“Niente, è che sono malata, non vorrei contagiarti.”

“Se la malattia rende così belli forse farebbe bene a tutto Grande Inverno, contagiarsi.” Lei rise.

In quell’istante sentirono dei passi svelti in avvicinamento, passi che poi si bloccarono all’istante, sull’uscio. Dany e Robb scoprirono Jon, in piedi vicino all’architrave, con in mano tre fiori di campo.

“Jon” disse lei, in un sussurro. Dentro di sé si chiese da quanto tempo fosse lì e si sentì pervadere dall’ansia.

“Fratello, stavamo parlando di te.”

“Sono sicuro che tra futuri coniugi c’è di meglio di cui discutere.” Abbozzò lui, palesemente stranito. “Per te.” Le disse, appoggiandoli ai piedi del letto. “Da parte di Arya” mentì.

“Ringraziala da parte mia.” I loro occhi si tenevano agganciati, senza sapere cosa davvero comunicarsi.

“Perché non facciamo un qualche gioco con le carte, così teniamo compagnia a Dany?- propose Robb-  Chiama anche Arya e Sansa, portiamo Bran, Rick e…”

“Dubito che la Lady Stark voglia i suoi figli al capezzale di una persona con la febbre.” L’interruppe Jon. “E poi io devo andare.”

“Anche io vorrei un po’ riposare” sospirò Dany lieta di tirarsi fuori da questa assurda situazione.

“Bene” Robb le stampò un bacio in fronte, davanti a Jon, “Ti lasciamo riposare.”

Entrambi uscirono velocemente dalla stanza richiudendo l’uscio.

La ragazza avrebbe tanto voluto chiedere a Jon di fermarsi per qualche istante ma sarebbe stato un vero oltraggio a Robb, suo futuro marito, allora avrebbe potuto chiedergli di passarle un uovo di drago, da mettere nella coperta insieme a lei, e Jon sarebbe stato l’unica persona a cui chiederlo, senza vergogna.

Ma adesso era sola e lui non c’era. Quindi sgattaiolò veloce dalle coperte, aprì il baule, prese una delle uova che trattava come figli e se lo portò in grembo, nel suo letto, lasciando che la sua mente si perdesse nei suoi sogni.

 

 

***

 

“Ho parlato al vostro cerusico delle mie visioni”

Arya credette di potersi slogare la mandibola. “Non l’hai fatto davvero!”

La sarta nel frattempo stava facendo le prove del suo abito da sposa, e Daenerys era ferma e dritta davanti ad uno specchio, vestita di bianco ed avorio. Vestito elegante, lungo e drappeggiato.  “Invece sì.” Rispose Dany cercando di muoversi il meno possibile o la sarta l’avrebbe di nuovo punta. Di proposito.

“E perché non sei già legata e imbavagliata in una torre?”

La bionda rise e la sarta emise un sonoro sbuffo. “Se sua signoria si vuole stare ferma!”

“Certo certo.” Rispose frettolosamente Arya al suo posto. “Allora?”

“Ha detto che è un buon segno”

“Assurdo.”

“Ha detto che vuol dire prosperità, che Robb avrà figli maschi.”

“Ma tu gli hai detto tutto? Del fuoco, dei draghi.”

La sarta rise. “Draghi? I draghi sono estinti!”

Dany s’aggrottò. “Per l’appunto, è un sogno. Ma un sogno benaugurante.”

Arya si lasciò ricadere a terra e si rimise tra le pagine del libro che stava leggiucchiando. “Buon per Robb, allora. A meno che tu non partorisca draghi, Grande Inverno potrà avere presto degli eredi.”

“Pensavo che tua madre preferisse i figli di Sansa.”

“La vedo dura, ha deciso che non sposerà nessuno che non sia Joffrey”

La sarta punse Dany, volontariamente. “Si stia un po’ ferma! E lei signorina Arya, non è carino da parte sua parlare in questo modo di sua sorella, dato che nemmeno lei si sta affrettando nel trovare marito.”

“Ad ogni modo” continuò la Stark, annoiata. “Mia madre non farebbe mai un torto così grande a Robb, estromettendolo dall’eredità di Grande Inverno.”

“Anche se i suoi figli sono per metà Targaryen?”

“Beh cerca di non farli con i capelli bianchi, magari. Aiuterebbe molto.”

Dany rise.

E la sarta la punse di nuovo.

 

***

 

A molti dei pasti ufficiali lei e Jon non si potevano unire al resto della famiglia. Mangiavano in disparte, come due ospiti fissi e sgraditi, come era da sempre stato deciso da Catelyn.

Quella sera c’erano una delegazione dall’Isola dell’Orso e lei e Jon erano in disparte, in un tavolo con septa Mondane, il cerusico ed altri servitori di primo livello. Da quell’episodio nel bosco e poi nella sua camera non si erano parlati molto. Anzi si erano parlati poco e sempre nervosamente.

“C’è quel cavaliere che non fa che fissarti.”

Jon trovò finalmente qualcosa da dire. Ci pensava da tutta la sera e gli sguardi insistenti di quello straniero gli avevano dato lo spunto. Oltre che il nervoso.

“Lo so. Lo conosco. È quello che mi ha venduto a tuo padre.” Dany non riuscì ad alzare gli occhi dal piatto.

“Scusa” disse Jon, impacciato. Si trovavano al cospetto dei Mormont e delle loro meschine, stupide scelte.

“Suo padre è alla barriera, lo sai? Jeor Mormont, me l’ha raccontato lui durante il viaggio.”

“No, non lo sapevo.”

“Beh lo conoscerai.” Dany si stava facendo parecchio nervosa. Quasi senza conoscerne il motivo.

“Già.”

“E, per quando è prevista la partenza?”

“Dopo il tuo matrimonio, credo. Mio zio verrà a trovarci in quell’occasione e io ripartirò con lui.”

La Targaryen scoprì di non avere più nessuna fame. Nessuna voglia di sposarsi, di fare dei figli che potessero ereditare Grande Inverno, di niente. Voleva di nuovo essere a Penthos a guardare il vento muovere i drappi porpora della sua stanza, a pensare ad un futuro che non conosceva, quando ancora era felice e suo fretello era un brav’uomo e ancora non sapeva come ci si sente quando il tuo posto non è in nessun luogo, nemmeno dall’altra parte del mondo.

“Signorina Daenerys si sente bene?”

Il suo turbamento non era sfuggito ai presenti. “No- disse alla septa- è tutto a posto ma uscirò a prendere un po’ d’aria.”

Dany uscì e Jon interloquì spiegando il suo comportamento. “È l’uomo che l’ha rapita da Penthos. Si è agitata per questo” ma non ci credeva molto. “Vado a vedere come sta.”

 

***

 

 

Fuori l’aria pungeva le sue guance.

“Dany…”

Lei sentì Jon dietro di sé e gli occhi diventarono improvvisamente traboccanti di ansia. “Nel bosco, mi dispiace io…”

“È tutto passato. Non ne parliamo, dai.”

Lei si voltò. E vederla turbata lo trafisse più di quello che pensava. “Quelle uova sono importanti per me.”

“Lo so.”

“Mi ricordano chi sono.”

Lui si avvicinò. Avrebbe voluto dirle tante cose. Raccontarle della paura che aveva sempre avuto quando si rendeva conto che non era accettato, voluto, che non era uno Stark come suo padre e che Catelyn lo odiava, perché era il tradimento di suo marito che aveva ogni giorno sotto gli occhi e che mangiava alla sua tavola, e che lui prendeva il nero- sempre più dolorosamente. - per questo. Per trovare il suo posto. Ma lei questo lo sapeva già.

“Io non sarò una buona moglie per Robb. Ho delle visioni, dei sogni… in cui tutto va a fuoco e…”

Jon le prese la mano. “Stai esagerando. Arya me l’ha detto e mi ha anche detto qual è la risposta che ti ha dato il medico.” La fine della sua frase risultò parecchio amara.

“Si sbaglia. Io lo so. Io non sono fatta per questo posto. I draghi non piantano alberi, Jon.”

“Ma tu non sei un drago, mi spiego? Sei solo una ragazza.”

“Forse devo fare dell’altro, nella vita. Sono destinata ad altre cose.”

“E a che cosa?”

“Non lo so!”

“E allora che vorresti fare?”

“Forse potrei partire con te.”

L’aveva detto di getto, senza pensarci. Il cuore sembrava esploderle nel petto, nelle orecchie fischiava forte il rumore di tutte le sue inquietanti visioni.

Jon si sentiva ubriaco. Aveva bevuto una volta sola nella vita ma sapeva che era esattamente quella la sensazione. Sapeva esattamente cosa dire, cosa fare, ma non poteva farlo.

Il dovere verso suo fratello, verso suo padre, dove poteva lasciare il suo onore? Poteva dimenticarlo così facilmente?

“Hai… hai idea di quanto sia freddo alla Barriera? Lì non ci sono catini d’acqua bollente”

Daenerys capì. E sorrise.  “Rientra pure se vuoi. Io prendo un po’ d’aria.”

“Dai facciamo due passi, sono stanco anche io della cena.”

Camminarono sotto una luna languida e lontana.

Daenerys continuava a sentirsi in trance, la pelle le scottava e l’aria che cercava non arrivava mai a saziarle i polmoni. Si sentiva di nuovo come quando aveva le sue visioni, quando sentiva attorno a lei il fuoco di un incendio, quando nella sua mentre rimbombavano dei forte CRAC e poi generalmente si svegliava, confusa e sudata. Ma adesso era sveglia e non aveva idea di quando sarebbe passata quella assurda miriade di sensazioni.

Jon silenziosamente la spiava. Passo passo le era accanto lasciandole i suoi spazi e senza sottolineare mai troppo i suoi turbamenti. “Mi ha detto Bran che parli due lingue, non lo sapevo.”

“La lingua di Valyria è la mia lingua madre. Me l’ha insegnata mio fratello.”

“Ti manca?”

“… no. Lui non era un vero drago.”

“Non ti capisco mai quando lo dici. Ma una volta ho sentito mio padre dirlo.”

“Dire cosa, a proposito di chi?”

“Di veri draghi o cosa. Scusa, non ricordo altro.”

Lei si fermò. Avevano camminato parecchio. “Non fa niente.”

“Quel cavaliere, Jorah Mormont. Ti ha fatto del male?”

“No. Perché me lo chiedi?”

“Ti fissava.”

“Si sente in colpa. Per il perdono di tuo padre, ha rinnegato il giuramento che aveva fatto a mio fratello.”

“Tradire è forse la cosa peggiore che possa fare un uomo.”

Daenerys aveva gli occhi gonfi e il cuore a mille. “Ora vai, dai. Si chiederanno perché non torniamo.”

“Certo.” Ma esitava. “Dany, dobbiamo parlare.”

La ragazza afferrò al volo il punto ma non si sentiva affatto pronta a farlo. “Noi parliamo sempre, di tutto.”

“Tranne che di questo.”

“Di che cosa.”

“Della mia partenza.”

“Non ora, Jon. Parleremo degli scheletri ghiacciati e dei giuramenti di sodomia eterna un’altra volta, adesso sono davvero…” lui le prese la mano. “Non adesso.” Ripeté lei.

Ma lui non aveva intenzione di rimandare. “Chiedimelo e non partirò.”

Lei rise, nervosa. “E perché dovrei chiedertelo? Sei così eccitato dall’idea di andartene e di lasciarmi qui da sola!”

“Penso che Robb ti terrà compagnia.”

Lei tirò via la mano. “Ti ho detto, non adesso, Jon” I suoi occhi viola sembravano iniettati del sangue che scorreva a tutta nelle sue vene. Attorno a loro vedeva i draghi e sentiva le urla di suo fratello, mentre veniva ucciso. Non era presente ma evidentemente il suo subconscio aveva una buona immaginazione.

“Io non sono sicuro di voler partire se anche tu non lo sei! È la scelta definitiva e non posso rimanere col dubbio che…” Jon era implacabile ma Dany non amava che non gli si desse retta.

Prese slancio e mentre nelle sue orecchie le urla si facevano insopportabili e si mischiavano alle parole di Jon, si puntò alle sue spalle e lo baciò.

Sparì tutto quanto.

La sua voce, il fuoco, le fiamme, tutto quanto, senza nemmeno sentire un CRAC.

Si staccò piano, ma s’accorse che Jon l’aveva circondata in un abbraccio.

Era pallido, e lei poteva vedere lo sgomento e l’eccitazione nei suoi occhi grigi. “Scusa.” Disse lei, ma non fece nulla per sottrarsi alle sue braccia. Lui sospirò, come se trattenesse il respiro da tutta la vita, le prese il viso tra le mani e la baciò di nuovo, profondamente, divorando con la sua quella bocca su cui aveva fantasticato da sempre, per mesi, giorni, accarezzando con le dita quel volto perfetto ed impossibile per lui. Dany si sentì di nuovo che si stava perdendo, come se stesse cadendo da un dirupo ed aspettasse solo di toccare terra.

Quando si staccarono, si riconobbero per la prima volta, si guardarono davvero negli occhi per la prima volta da quando era arrivata.

Dany sentì il panico salirle di nuovo a chiuderle la gola “è meglio che vada.”

Disse frettolosamente correndo verso il castello, i suoi passi suonavano come il suono di un tamburo nella mente e nel petto di Jon, mentre aveva ancora nelle orecchie la frase che lui stesso aveva detto poco prima: “Tradire è forse la cosa peggiore che possa fare un uomo.”

Era veramente così?

 

 

 

 

 

 

[… to be continued…]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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